Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: sabato 18 febbraio 2017 16:10
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: “ L’Italia è fatta………” da Massimo D’Azeglio.
Caro Vittorio,
in qualità di perugino etrusco scrivo all’orobico e terrone Vittorio, mangiatore di pizza napoletana , avendo preso spunto dal suo articolo odierno sulla pizza napoletana e le sue influenze di stile di vita dal mezzogiorno al nord. E finalmente prendo atto che , salvo un ininfluente ed estemporaneo riferimento di Socci nel suo pezzo odierno , Libero almeno per oggi ha tralasciato di accanirsi su EU/€. Così posso concentrarmi sulla pizza.
Il fenomeno della diffusione della pizza napoletana, che poi è il paradigma della dieta mediterranea, in tutte le propaggini di influenze di costume del made in Italy nel mondo , denota , negli anni ’50 la capacità di innovazione nelle abitudini alimentari delle varie aree geografiche del territorio nazionale. In due città, Bergamo e Perugia, entrambe di poco più di 100.000 abitanti, l’innovazione “terrona” della pizza napoletana arriva nei primi anni ’50, cinque anni prima nella città del nord rispetto a quella del centro. La razza orobica si è dimostrata più permeabile di quella etrusca verso l’innovazione nella dieta alimentare . “E questa è una notizia” direbbe il cronista in cerca di scoop sui fenomeni della storia. Io avevo 14 anni , nel 1956, quando mangiai la prima pizza da asporto (e non “da taglio”). Fu l’occasione per cui il primo bar-pasticceria di Corso Vannucci, nel centro storico di Perugia, si integrò e diversificò in pizzeria, avendo a fianco del forno a legna un pizzaiolo napoletano di nome Gennaro. L’iniziativa fu del titolare, Marcello Ferrari, suocero di Nino Manfredi.
La morale di questo ricordo è che per rendere omogeneo il tessuto socio economico della Nazione occorrerebbero almeno altre 10 ideone come quella della pizza meridionale. Così verrebbe meno la famosa esclamazione di Massimo D’Azeglio: “ L’Italia è fatta………”.
Cari saluti
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RINO FRUTTINI