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Sinossi di “Advertising[1] ROBOT: Mr. Adrob e l’avvitamento dell’intelletto e della politica”
Adrob è il prototipo della generazione prossima ventura . Il suo nome, già nell’anagramma : Ad.. (advertising) .. rob (robot) è l’esemplificazione di come il fenomeno dell’advertising possa condizionare l’uomo, e renderlo dipendente dai massmedia. Questa assuefazione è controversa, la personalità e la coscienza dell’uomo libero emerge a tratti, e nello stesso tempo auspicata, poiché l’advertising è la molla del consumismo e del benessere. Ormai lo Stato dell’Advertising si è consolidato in uno stato di polizia, con il Capo della Reclame che fa il bello e il cattivo tempo, dirigendo una Polizia che pervade nel tempo e nello spazio ogni istanza di vita individuale e sociale dei suoi sudditi. I quali sono contenti di tale assetto di governo della cosa pubblica . Infatti l’elettore del governo è come un bimbo, che va saputo premiare con promesse di carriera nell’organizzazione del suo ciclo di vita, per ottenerne la fiducia e la più ampia disponibilità alla collaborazione. Poche regole, semplici e concise. Il Capo della reclame è il duce supremo. Egli governa il suo popolo con la politica e la legge dell’Advertising. Essa deve far conto sul modello economico cosiddetto “dell’avvitamento”: lavoro/Produzione/Consumo/Soddisfazione/ /gratificazione/lavoro. Se lo schema circolare funziona, il popolo dell’Advertising raggiunge la felicità. Ma la disciplina verso ogni stimolo, raccomandazioni, consigli del Capo della reclame deve essere ferrea e indiscutibile. Infatti il sistema funziona con un rigido “top down”, ed esso non può essere contestato, né tanto meno scalzato, poiché la formazione del consenso segue il processo sopra evidenziato. Come a dire: il cittadino,“utente/consumatore/suddito dell’Advertising State”: se la canta e se la suona. Egli stesso è inserito in un meccanismo di società in cui l’autogestione, nell’espressione dei desiderata dello stile di vita, si confonde e si consolida con un’organizzazione della società piramidale.
Adrob, che ricopre un posto di alta responsabilità nello Stato dell’Advertising , tuttavia si discosta da tale uniformità di apparato che toglie personalità e libero arbitrio all’uomo. Si dedica nascostamente a letture, meditazioni, anche con la sua amante; che però potrebbe essere anche una spia del regime. La conclusione del libro, anche nella sinossi, è coperta dal segreto professionale dell’autore che s’immedesima in Adrob, pur vivendo in una società dell’advertising che precede quella di Adrob di almeno trenta anni.
[1] Advertising (che deriva dal verbo to advertise, cioè avvertire, far conoscere), solitamente ci si riferisce alla pubblicità, pianificabile sui media di massa, quali televisione, radio, stampa, pubblicità esterna e internet.
DOCUMENTO PROGETTUALE “ENCLAVE ARTIGIANATO CASA & BOTTEGA IN UN RIONE DEL CENTRO STORICO[1] DI PERUGIA” (PRIMA BOZZA)
PREMESSA
Il presente documento è strutturato evidenziando due obiettivi, entrambi innovativi. Il primo di metodo, nel senso che questo documento propone contenuti di implementazione funzionali in immobili del C. S. perugino, pubblici e privati, bisognosi di restauro conservativo e/o ristrutturazione in immobili. Si pone dunque come prioritaria la “business idea” di insediamenti imprenditoriali produttivi che precede l’intervento architettonico/ingegneristico ad essa funzionale . Il secondo è un obiettivo innovativo, tecnologico di “smart city”[2], conseguibile con finanziamenti del MIUR o del MISE [3] per questa tipologia di progetti e imperniato sulle capacità dei soggetti coinvolti di svolgere con competenza i rispettivi ruoli. I soggetti sono: enti territoriali (Comune), associazioni di categoria ( CNA, Confartigianato, Confedilizia, Confapi), mentori per incubatori di nuove imprese artigianali (alcune imprese manifatturiere) e giovani potenziali artigiani in start up per insediamenti stabili di nuovo lavoro della manualità creativa. Lo scenario nel quale si andrà a svolgere in tempi medio-lunghi il processo di rilancio quali-quantitativo è quello del C.S. di Perugia, partendo da un rione pilota: Porta Sant’Angelo. L’obiettivo finale sarà conseguibile attraverso un complesso itinerario metodologico, indispensabile sia per verificare gli step intermedi del processo gestionale rispetto al business plan (outlook), sia per contabilizzare le spese previste nel piano di finanziamento. Per tutto ciò detto, il presente documento è corredato di complessi schemi di pianificazione.
Tutti i ragionamenti che seguono , è bene che il lettore di questo documento lo sappia in anticipo, sono volti a sviluppare un concetto, una necessità impellente : riposizionare, in chiave moderna il C.S. di Perugia, da area espositivo-fieristica, attrattiva per la domanda in arrivi e presenze, e renderlo un centro di aggregazione di offerta di artigianato locale ripristinato, in chiave vocazionale nelle botteghe e nelle residenze domestiche dei borghi del primo ‘900 ed in sinergia con le attività commerciali prestigiose dell’acropoli.
1)OBIETTIVO PRIMARIO DEL PROGETTO
Vogliamo progettare nel rione di Porta Sant’Angelo un “enclave” di insediamenti residenziali e artigianali di qualità denominata : “Casa & Bottega” ? (Vedi allegato in 6, itinerario di Porta Sant’Angelo)
L’idea nasce dalla considerazione di un C.S. perugino che dal primo dopoguerra (primi ‘900) si è visto gradualmente svilire, nelle sue identità e prerogative originali. La sua innata e atavica fisionomia la disegna con perizia Luigi Catanelli nel suo prezioso libro “ Usi e Costumi nel Territorio Perugino agli inizi del ‘900”. Ne emerge un profilo dei nostri avi, ai primi del ‘900 che vissero all’interno della cinta muraria medievale dei cinque rioni (Porta Sole, Porta Eburnea, Porta Santa Susanna, Porta Sant’Angelo , Porta San Pietro) con un assetto urbanistico nato e vissuto in funzione dell’organizzazione di vita associativa che si erano dati: “casa e bottega”. E questo ne è il remake, nel titolo del mio progetto che vado a sintetizzare. Un passo del libro di Catanelli ci dice due cose. La prima : la popolazione della città ai primi del ‘900, compresa nei cinque rioni, era di 20.000 unità: Il rione di Porta San’Angelo, il più popoloso: era di 5.400 abitanti. La seconda: la città, con le porte daziarie era simile ad un’enclave in cui la maggior parte delle risorse per il fabbisogno alla sopravvivenza del popolo venivano dalla campagna di prossimità e dalle attività economiche artigianali cittadine. Le derrate alimentari quali cereali, olî e grani, cacao, caffè, zucchero sottoposte al dazio entravano nell’enclave e si vendevano nella piazza del Sopramuro (Piazza Matteotti), così pure le carni, frutta e verdura ed il pesce del Lago Trasimeno. Tutti i “prodotti finiti” dell’ agroalimentare erano frutto dell’attività artigianale svolta all’interno delle mura: fornai , norcini, pasticceri :dolci rituali, apicoltori … Anche l’abbigliamento derivava da forme autarchiche di produzione: la seta dai bachi e loro sapiente bachicoltura, collegata alle copiose foglie raccolte dai floridi gelsi della campagna ; la lana con i suoi filati, dalla tosatura delle pecore del contado. Anche la trasformazione del cotone era all’ordine del giorno. Racconta Catanelli: “Affinché le maestranze non rimanessero durante la stagione invernale inoperose e disoccupate, organizzò nei locali della Mercanzia in Corso Garibaldi[4] la fabbricazione, con circa 25 telai manuali a spola volante e sotto la guida di Ida Volpi, delle stoffe di cotone, la cosidetta cotonina”. Anche la produzione di cuoio per le calzature e del pellame per accessori e vestiario: le conce delle pelli degli animali “extra moenia” erano attività locali ,sparse per tutte le cinque contrade cittadine: “ Intensa è la lavorazione delle pelli da concia. Lavoro ingrato per la condizione disagiante in cui viene eseguito. L’acqua, il freddo e la porcheria circondano i lavoranti delle pelli verdi. In Via XIV Settembre nella casa in fondo a Via della Conce c’è un’antica conceria gestita da Ugo Boveri. Alla fine della Piaggia Colombata un’altra è condotta dai fratelli Luigi e Federico Cominazzini. A San Galigano, Luigi Mattioli oltre ad essere proprietario dei bagni, lo è anche della locale conceria’. Infine lungo la Via Alessandro Pascoli, in un casamento che sarà demolito, a ridosso dell’orto del Carluccino, c’è quella di Giovanni Fagioli”. Dunque, il Catanelli registra almeno una conceria per il fabbisogno di ogni rione.
Da questo scenario incastonato in quel periodo di storia perugina, brevemente tracciato , torniamo ai giorni nostri. Il problema più critico della società post industriale è il “mallevare “, in modo organico e finalizzato, nuovi posti di lavoro che diano un’occupazione attiva e continuativa nel tempo. Tutti i settori di impiego tradizionale, sia nell’industria che nei servizi, finanche nell’agricoltura, con l’evoluzione dell’informatica, della telematica e della robotica si sono riconvertiti tecnologicamente alla competizione globale con l’incremento della produttività. Il che significa sviluppare produzione e ricchezza, con la riduzione della mano d’opera per unità di tempo e di produzione. Né vale l’assunto, che alcuni economisti, soloni nella materia, hanno voluto divulgare, secondo il quale il cyber progresso andrà a vantaggio dello studio e sviluppo di sempre più sofisticati software e hardware, al servizio delle produzioni tradizionali e loro derivati. E ciò avrebbe portato più competenze e più occupazione. Il che non sembra che abbia un riscontro in stato di fatto, attuale e potenziale. Vale allora la pena riprendere uno schema di solide basi della conoscenza delle antiche produzioni tradizionali locali e sperimentare, in un ambiente rimasto intatto nelle sue strutture murarie e suoi anfratti culturali , un’organizzazione di giovanile esuberanza ed entusiasmo per le nuove start up della nuova manualità e creatività artigianale e conseguenti incubatori di new entry.
Non a caso ho introdotto la fase propositiva dell’idea, con neologismi di marketing. Poiché essa, se parte da una ricognizione quasi dietrologica del “come eravamo”, ad essa va fatto seguire un iter progettuale che tenga conto delle tecniche consolidate dello start up, per la pianificazione di risorse organizzative della nuova impresa artigiana, con le implicazioni residenziali dei suoi titolari e con le indispensabili acquisizioni di know how attraverso i corsi di formazione e le esperimentazioni proprie dell’incubatore[5] di nuove iniziative imprenditoriali (new entry).
Il progetto, con il suo indispensabile “Studio di fattibilità” verte sull’implementazione graduale di residenze abitative e artigiane, in un’area particolarmente vocata all’artigianato come gli innumerevoli “loci” del rione di Porta Sant’Angelo[6]. Lì ritroviamo nel tempo, insieme ai ricordi di Luigi Catanelli, figlio di questo borgo, una serie di mestieri da far rivivere come: artigiani della falegnameria, della rilegatura di libri, fornaciai, vetrai, arredamenti del legno a personalizzare ambienti e funzioni abitative, incisore, doratore,ombrellaio, decoratore, cuoiami, i corami (di Orlando Civi) [7]. Ed inoltre calzolai sarti, stampatori ,ciabattini, calderai (‘artigianato artistico del rame), mobilieri e tappezzieri, etc..
E’ solo un elenco parziale dal quale fare emergere alcune combinazioni attitudinali, di cultura e manualità, fra potenziali giovani artigiani e uno sbocco economico di attività imprenditoriale, opportunamente mallevata nei primi due anni di start up da finanziamenti di MIUR o MISE (Sviluppo Italia) o Sviluppumbria: dipende da chi verrà esaminato il progetto e dalla sua esaustività di convincimento della bontà dell’idea business.
A tale elenco va aggiunto quello delle planimetrie dei locali, tuttora sfitti o inutilizzati, parzialmente o totalmente, se non abbandonati[8] come potrebbe essere, secondo una valutazione esterna, parte dell’ex distretto militare, della ex Saffa, dell’area ex Officine Piccini in via del Fagiano, di alcuni conventi, dell’ex collegio Penna Ricci e di altre numerose civili abitazioni e negozi tuttora sfitti. Ad una prima valutazione sembrerebbero “loci” adatti ad incubatori delle start up di artigianato che emergessero quali soluzioni vincenti dello studio di fattibilità. Naturalmente un elenco e planimetrie certe per la destinazione d’uso individuata si potrà avere solo dopo l’avallo alla fattibilità progettuale dall’ente finanziatore del progetto[9].
La strategia complessiva e l’obiettivo da conseguire si possono sintetizzare in un numero ed in un concetto. Il numero è quello di far emergere nell’arco di un quinquennio dall’inizio delle prime attività almeno 200 nuovi insediamenti fra residenze abitative e artigianali e attività indotte dall’agricoltura di prossimità. La strategia si richiama a quella istitutiva e organizzativa dei Kibbutz o se volete meglio a quella degli enclavi. Il termine e il concetto vanno letti e interpretati secondo l’ottica che serva a identificare un’area che abbia le potenzialità a contraddistinguersi per alcune eccellenze nel campo dell’artigianato. L’identificazione, forte e precisa sotto l’aspetto ambientale, socio demografico, paesaggistico e monumentale-storico che promana dal rione di Porta Sant’Angelo sarà un eccezionale biglietto da vista per un completo processo di marketing dei prodotti artigianali ad esso sotteso, fruendo dello strumento dell’e-commerce per gli acquisti via internet e quello dell’incoming turistico, legato agli eventi, alle occasioni sociali e delle festività che tradizionalmente rende effervescente tutta la città. Saranno dunque sinergie permanenti e /o ricorrenti a legare il borgo con il resto della città e viceversa.
Ma il borgo dovrà implementarsi di botteghe artigiane e residenze ad esse relative e trovare sbocchi alla propria vocazione di produzioni a ciclo completo, tali da giustificare un marchio indelebile di “artigianità perugina indiscussa”. Ad esempio. Se vogliamo sposare la causa dell’integrazione agricoltura/allevamento di prossimità, una piccola conceria, seppure con gli accorgimenti di un moderno processo antinquinamento, collegato con la vicina sede della Gesenu per lo smaltimento delle acque reflue, potrà nascere alla base del fosso del Bulagaio, e da lì la materia prima per gli artigiani della lavorazione del cuoio, e del pellame per borse e calzature potrà giungere rapidamente a destinazione , passando dalla porta del Cassero, evitando l’intasamento da traffico della via del Corso Garibaldi, simile alla suggestiva via del Fillungo di Lucca e pertanto preservata alle botteghe artigiane ed alla loro esigenza di esporre i propri prodotti, senza l’assillo del traffico automobilistico. L’enclave del Borgo sarà circoscritto al rione di Porta Sant’Angelo, contrassegnato dalla spada in campo rosso, che nei secoli ha ospitato molta plebe della città. E proprio per questo più vocato ad attività dell’artigianato di pregio. Nei tempi che furono il rione fu rifugio dei fuoriusciti, anche nobili. Infatti lungo la strada si incontra ancora qualche palazzotto con le finestre grandi, regolari, il portone, l’architrave o l’arco ricco di travertino. Fu l’occasione di fraternizzare con i plebei perugini “di prossimità”. Malgrado le defezioni, l’abbandono e la profanazione di chiese e conventi, nel luogo rimangono attivi i monasteri di San Benedetto, di Santa Caterina, di Santa Lucia, di Sant’Agnese e i frati a Monteripido. Non sarà difficile fra tanti edifici rimasti parzialmente inutilizzati trovare la sede anche per un artigianato della lavorazione della seta, integrato con la bachicoltura alimentata dai bachi, divoratori di foglie di gelso “a far bozzoli”; foglie che proverranno dai nuovi impianti a valorizzare le terre incolte fra Montelaguardia, Montebagnolo, Monte Nero fino alla Pieve del Tezio, e attraverso le vie interne di Cenerente-San Marco-Ponte Doddi giungeranno fino al Cassero di Sant’Angelo. E sappiamo quanto raffinata fosse tale lavorazione presso i laboratori dei bachicultori perugini Rodolfo Pucci, Vittorio Cesarei, Antonio Mollaioli e Giulio Bellini. Nell’enclave così descritto già opera da tempo Giuditta Brozzetti con il Museo-Laboratorio di tessitura a mano in Via Berardi.
Ma l’enclave di Porta Sant’Angelo si dovrà qualificare non solo per l’offerta di prodotti artigianali di alta qualità del borgo, che si andrà a svolgere lungo le sue vie e vicoli ma anche per l’organizzazione della sua viabilità, per lo smaltimento dei residui solidi urbani, per la comune partecipazione agli eventi ed alle occasioni sociali della sua comunità. Ci sarà anche un organigramma gerarchico-funzionale con componenti elettivi per il governo del borgo, che andranno a scandire tutte quelle necessità impellenti a far consolidare e prosperare la sua economia diffusa. E soprattutto, stante la religiosità dei membri della corporazione fin dai tempi di Braccio Fortebracci da Montone, tant’è che ogni tipo di artigiano ha il suo Santo Protettore, l’enclave si identificherà, per il suo indispensabile imprinting spirituale e religioso, nella parrocchia di Sant’Agostino e dei suoi amministratori della Congregazione Agostiniana.
2)RICOGNIZIONE STORICO-CRITICA DEL C.S. CON I SUOI RIONI NEL ‘900 SECONDO LUIGI CATANELLI [10]
I borghi ed i borgaroli nei limiti dei rispettivi cinque rioni ancora ai primi del ‘900 hanno caratteristiche di società e comportamenti quasi medievali . I borgaroli sono molto superstiziosi. Basta la combinazione di due suoni : che la civetta abbia gracidato tre volte sopra il tetto dello sventurato o il cane ha latrato all’ora di un fattaccio e il baccano aumenta e il racconto dell’avvenimento si propaga, e che e tutti sappiano e ne interpretino il collegamento.
Queste voci curiose per la loro fantasia finiscono per essere filtrate nei luoghi ove l’ubicazione delle strade e l’affollamento formano i punti nevralgici della città. Infatti ai «crocevia», in Corso Cavour, Porta Pesa, in Piazza Grimana, da quando si fa giorno fino a tarda sera e nella stagione buona anche dopo mezzanotte è un continuo succedersi di gente di ogni età e sesso. I lattai, gli scopini, i contadini, gli ortolani, gli artigiani, gli operai, i vagabondi occupano i crocicchi per conoscere i fatti del giorno, gli interessi degli altri e magari per strizzare l’occhio a qualche donna. È un mercato continuo di chiacchiere, di maldicenze e di ozio.
Il rione di Porta Sant’Angelo, contrassegnato dalla spada in campo rosso, ospita nel borgo omonimo molta plebe della città. Nei vecchi tempi è stato rifugio dei fuoriusciti, anche nobili, della classe dei “becherini” . Infatti lungo la strada si incontra ancora qualche palazzotto con le finestre grandi, regolari, il portone, l’architrave o l’arco ricco di travertino.
Malgrado le defezioni, l’abbandono e la profanazione di chiese e conventi, nel luogo rimangono attivi i monasteri di San Benedetto, di Santa Caterina, di Santa Lucia, di Sant’Agnese e i frati a Monteripido. Un’oasi di religiosi incuneata nel borgo più irrequieto della città. Il borgo incomincia a salire da Piazza Grimana, ingentilita da un lato dal superbo palazzo degli Antinori e mortificata dall’altra parte dal miserabile Bulagaio. “Tolte dunque poche case gentilizie, il borgo su fino alla Torre è un ammasso di muri storti, irregolari, rabberciati alla meglio. Le finestre e le porte sgangherate, vecchie, cadenti, malamente svolgono la funzione a cui sono destinate. A destra e a manca i vicoli girano, continuano in lunghi meandri popolati dai gatti e da qualche cane stecchito. Ogni angolo è ingombro di porcherie, pozzanghere e di ogni luridume umano.Non c’è un colore vivace, allegro. Tutto è freddo e consumato. Anche il verde del basilico ed il rosso dei gerani, piantati nei reci pienti di latta arrugginita, non riescono a colorire la cornice delle finestre. Il rigido ed il vento noioso striscia sui muri, sbatte sul viso sfigurato da una cattiva smorfia. Nel rione vivono pigiate più di cinquemila persone. Il giovane parroco di Sant’Agostino, Don Nazzareno Sisti, coadiuvato dal Provinciale, padre Nicola Mercuri, ha un bel da fare con i parrocchiani che non credono il belzebù nè i santi, mentre tremano e fanno le corna davanti a un gatto nero che attraversa loro la strada. Piazza Grimana è il ritrovo di tutti. Arrivano i contadini e i lattai dalle porte dell’Elce e del Bulagaio; transitano i soldati accasermati nell’ex convento di Sant’Agostino, i carrettieri con i carri colmi di pietra e di calce viva di Monte Malbe”. Questa parte della descrizione del rione che fa il Catanelli è davvero negativa, frutto di un’osservazione di un borgo cittadino, il più popolare e malandato. Poi ripresosi e rivalutato negli anni delle amministrazioni socialcomuniste del dopoguerra. Riprende il Catanelli :
“All’angolo di Via Pinturicchio, Amalia Signorini conduce il caffè del «Folignate». Subito dopo il forno con il pastificio in Via del Melo di Giuseppe Passerotti. Davanti al palazzo Antinori, poi Gallenga, e sotto la lapide dedicata a Francesco Morlacchi, la farmacia di Candido Vannoni.
Per tutta la giornata è continuo il va e vieni delle persone di ogni età nelle botteghe dei fratelli Decio e Aristide Bindocci. Nel loro negozio, sito nella piazza, all’inizio di Corso Garibaldi, si trova ogni cosa. I sigari, il sale, il tabacco da fiuto, i fiammiferi di legno, le cartoline, la carta da scrivere, l’inchiostro, la carta bollata, i chiodi, le bullette, il lucido e i lacci per le scarpe, le terre colorate, il gesso, il petrolio, il carburo, l’alcool denaturato e sopra il bancone, tra la bilancia romana e la carta gialla, sonnecchia un bel gatto. I Bindocci noleggiano le torce a calo. Un perditempo per le noie e i rimbrotti ricevuti dai clienti sconosciuti ai quali chiedono la caparra. L’uso è antico. I familiari di un defunto, per onorare la sua memoria, assoldano le persone disposte a precedere il feretro con le torce accese prese a nolo. Il commerciante, alla riconsegna, controlla il peso e si fa pagare la cera consumata. Nell’angolo di fronte, con due ingressi, c’è il Caffè gestito da Nazzareno Taburchi detto il «Morino». Sopra l’ingresso, dalla parte di Via Fabretti, rimane in vista l’insegna con la scritta «Caffè del Moro». Accanto è disegnata la figura di un moro con i pendenti dorati alle orecchie. Nel retrobottega borbotta la caffettiera del caffè sopra il fornello a carbone. Sul banco i «maritozzoli» forniti da un artigiano pasticciere. La mattina, all’ora della colazione, il macellaio Annibale Dominici, detto il «Peto», nella bottega sita sui primi tratti del borgo, vende il migliaccio[11] nella teglia di coccio. La sera il garzone del sor Giovanni Milletti, sulla soglia del «bottegone», strilla «…ciccioli, ciccioliii…». Dalla mattina alla sera inoltrata il commesso Lorenzo Biscarini, chiamato «Misdea», è impegnato a «fettare» salami e prosciutti, lavorati in quel locale. Poco distante c’è la trattoria di «Marchino» e di fronte quella di Daniele Cardinali detto il «Picchio». Ambedue frequentate da chi è amante del buon vino. Più avanti, al numero 36, prospiciente la piazza dove ha sede il Distretto Militare, Alessandrina Gatti, aiutata dal commesso Giustiniano Bindocci, oltre la mescita dei vini e liquori, gestisce la tabaccheria e vende articoli ad essa inerenti. Più tardi passerà al Bindocci e alla sua morte che avverrà nel 1911, continuerà la gestione sua moglie, la «sora Emilia», una Gambarotta di Ponte Valleceppi.
A metà borgo il vecchio patriota Marino Fagioli vende il pane, il vino e tutti i generi alimentari. Aiutato dall’uomo di fatica, Giulio Bindocci3, detto «Lullo», distribuisce con pochi centesimi, come usano tutti i pizzicagnoli, una cartata di ritagli rancidi, di culaccietti di salami, di mollichelle di tonno. Tutti i rifiuti che in qualche modo riempono lo stomaco alla povera gente”.
Nella lapide di Corso Garibaldi, posta su una casa di fronte alla chiesa agostiniana è scritto “Qui visse fino al 13 maggio 1889 Giuseppe Minottini , orafo cesellatore per opere pregevoli insigne. La nepote Elena Vitaletti”. Anno 1899.
In Via Ariodante Fabretti, al numero 67, in una ex bottega di mascalcia dai primi del secolo e per oltre cinquantanni, Tito Ciarfuglia con la moglie Elisa, gestiscono un negozio di generi alimentari, la mescita del vino e una forte macellazione di maiali. Accontentano una vasta clientela compresa dalle zone del Viale Zeffirino Faina, dell’Università e delle frazioni che confluiscono nella strada dell’Elce.
Il popolare rione comprende anche il rigido Verzaro, ricco una volta di belle donne e palazzi. Il migliore rimane quello degli Aureli, passato poi agli Alfani e infine agli Ansidei di Monte Marte. Lo segue tutto d’un corpo il Teatro Morlacchi4, che i perugini grassi vollero eretto per mortificare la superbia dei nobili proprietari del Teatro Pavone’.
Il rione di Porta Sole, con lo stemma del sole raggiante in campo bianco, comprende il crocicchio di Porta Pesa. I grandi cancelli del Dazio, che tagliano di traverso la piazza, sono al limite di parecchie botteghe artigiane. Da lì incomincia il Corso Bersaglieri.
È una via popolata da numerose vecchie famiglie tra cui i Truffarelli, i Bastianelli, i Cimbelli, i Marrani, gli Staffa, i Pilini, i Fiandra, i Pennicchi. Numerose sono le botteghe artigiane. Ciabattini, sarti, falegnami, caldarellai, fabbri e calzolai. Nella strada di transito e di sosta non mancano le stalle e gli stallieri. A metà via la bottega dei fratelli Baldella, detti «Baldellino». Menchino celibe e Gaetano con la moglie Lisa lavorano centinaia di maiali. La carne è trasformata in salsicce, salami, coppa e prosciutti nella soffitta di una ex chiesa, il cui accesso è in via del Cane. Più avanti, sulla parete adiacente alla canonica di Sant’Antonio, rimane incastrato il maialetto di pietra, una volta al centro della piazzetta.
La sera, all’ora dell’Ave Maria, la porta sotto il cassero viene chiusa dalla guardia del Dazio. I viandanti sono costretti a ripiegare per la strada di sotto che conduce a Porta Pesa.
L’altro crocevia importante, che raccorda Corso Cavour con il centro, appartiene al rione di Porta San Pietro, distinto con lo stemma di un sasso in campo giallo.
In quello spazio animato, dominerà per molto tempo il bottegone di Ernesto Burattini, chiamato «Panzanella». Fornito di ogni genere alimentare, con la mescita del vino è assiduamente frequentato dai borghigiani e dalla servitù delle famiglie blasonate, numerose nella contrada.
Poco distante Tiberio Lemmi fabbrica e vende alcool, liquori e mistrà di vino garantito. Vecchia ditta che ricorda il padre Rufino, fabbricante il cremore tartaro.
Segue il borgo detto «Bello», la vecchia Via Papale, sede di molte case religiose, tra cui dominavano i Domenicani e i Benedettini. Oggi ospitano le caserme dei soldati. Risiede il 59° Reggimento di Fanteria, accasermato a San Domenico nella caserma Biordo Michelotti e in quella Umberto I, ex monastero delle Colombe. Poi due batterie distaccate da Foligno della 2° Brigata di Campagna, accasermate nella caserma Regina Margherita, ex convento di Santa Maria Maddalena. Per tutta la giornata carriaggi, soldati e muli, vanno e vengono dalle caserme e dal magazzino di casermaggio, dove confezionano anche il pane. La sera, all’ora dell’uscita, le reclute sembrano fantocci vestiti a nuovo. Indispettiti da tutto quello che viene loro imposto dalla vita militare, rimangono confusi in un mare di guai. Con la divisa tesa, le scarpe grosse verniciate alla punta e malamente sul dietro del tacco, le suole inchiodate, la giacca abbottonata fino al collo, stretto dalla fascetta colorata, diritti come i pali, gironzolano mesti e sperduti. Cercano le cartoline, i francobolli, affollano le botteghe, mangiano e si rinfrancano. Sono gli anni più duri della giovinezza, i primi avvisi della vita che incomincia sul serio.Una imponente organizzazione amministrativa regionale sopraintende questa moltitudine grigioverde, con a capo il Comando di Divisione con stanza in Via degli Offici, nell’ex monastero dei Padri Cistercensi. In piazza Cavallotti c’è il Comando della Brigata Calabria. A Sant’Agostino, nell’ex convento dei Padri Minori Osservanti, il magazzino di casermaggio; in piazza Baldassarre Ferri la Direzione del Commissario Militare e infine nell’ex convento di Santa Giuliana a Piazza d’Armi l’Ospedale Militare.
Il rione di Porta Eburnea o di Bornia è contraddistinto da un elefante in campo verde.Tutto è uguale nei borghi. Anche qui i borghigiani vivono sotto il tetto di un cumulo di case e casupole a ridosso le une sulle altre. La zona rimane collegata al centro da un tessuto viario, formato da vicoli stretti e tortuosi, i quali in gran parte rimangono nascosti nella penombra. Il sole non arriva mai ad illuminarli per intero. La vicinanza dei tetti non lascia spiragli di sorta. Le vie principali, in forte pendenza, quella del Paradiso e quella di San Giacomo, fanno l’unione con il «Bucaccio» e quindi sono frequentate dalla gente che a piedi si avvia alla stazione ferroviaria.
Tra le mura dei rione è compreso l’Ospizio degli Incurabili ed il carcere femminile, meno tetro del vicino carcere maschile, progettato per la segregazione cellulare nel 1870. A poca distanza in Via del Parione rimane la caserma centrale dei Carabinieri, con la residenza del Comandante. In Via del Circo, l’oste Domenico Vergoni’ detto «Sbobba» è conosciuto per le colazioni a base di legumi e la mescita dei vini dei colli perugini.
Anche il rione di Porta Santa Susanna, con lo stemma contrassegnato da una catena in campo azzurro, è tra i più laboriosi per le botteghe artigiane nascoste nelle medioevali straduzze del rione. La Via degli Sciri per tutta la lunghezza taglia a metà il rione, per congiungersi, attraverso l’arco di San Luca, con via della Sposa. Con il romantico nome confina la Via dei Piscinello, dove la fantasia popolare vuole che arrivasse a scorrere il sangue dei perugini, quando in alto gli arrabbiati si scannavano a vicenda. Potrà sembrare un assurdo, però il sangue, quando le liti violente vertevano tra le varie fazioni, senz’altro macchiava le contrade cittadine. Oggi non si incontrano più gli incappucciati della Confraternita di Sant’Andrea della Giustizia, provenienti o di ritorno alla sede accanto all’oratorio di San Bernardino.
Al loro posto una folla giovanile percorre e si disperde per le vie e le viuzze che portano alle scuole elementari e alla Scuola Tecnica, alloggiata nell’ex convento dei Carmelitani Scalzi, all’Istituto Tecnico «Vittorio Emanuele II» nell’ex convento dei frati a San Francesco al Prato, al Liceo Ginnasio in Piazza San Paolo, alla Scuola Musicale in Via dell’Oratorio.
Conviene ricordare la Scuola Tecnica’ la quale eccelle per il programma didattico, reputato il migliore per l’istruzione dei giovani del ceto medio. Sono tre anni, «duri» per l’insegnamento della lingua italiana e francese, della matematica, computisteria, storia, geografia, scienze, calligrafia, disegno e ginnastica. Gli ottimi risultati raggiunti permettono alla scuola di raccogliere una forte percentuale di giovani d’ambo i sessi. Artigiani, liberi professionisti e delle pubbliche amministrazioni hanno raggiunto o raggiungono qualifiche da permettere l’onere di impegnative responsabilità.
3) ANALISI CRITICA DEL C.S. DAL 1960 . ALCUNI SPUNTI CRITICI RIPRESI DA UNA MIA LETTERA DEL 2007 AL SINDACO LOCCHI
Occorre una premessa: l’evoluzione del C.S. perugino, dal 1960 in poi, è stata schizofrenica, a causa di riconversioni urbanistiche che non hanno tenuto conto della sua naturale conformazione organizzativa di cittadinanza medievale e destinazione d’uso: residenze abitative stabili e servizi ad esse connessi, artigianato in particolare in un contesto storico critico nel rispetto dell’equilibrio di strutture medievali . Furono gli anni, i decenni in cui l’espansione economica e l’evoluzione dei consumi pretesero di trasformare il C.S. perugino da contesto medievale a centro commerciale e di traffico automobilistico (vedi foto di Corso Vannucci sommerso dal traffico automobilistico dell’epoca) .
Ha iniziato il rettore dell’Università Giuseppe Ermini, con gli insediamenti delle docenze e delle aule universitarie in vari palazzi nobiliari del C.S. (Manzoni, Donini,Verzaro,etc.).Gli appartamenti popolari del C.S., trasformati in precari posti letto, vennero richiesti tumultuosamente da migliaia di studenti Le abitazioni dei residenti, spesso proprietari , invece si spostarono in nuovi complessi limitrofi , in concomitanza allo sviluppo edilizio di nuovi insediamenti abitativi nei sobborghi, tali da agevolare la mobilità , che sottende l’industrializzazione del mezzo secolo scorso. Iniziò un processo di speculazione immobiliare, tuttora in corso.
Negli anni ’70 il nefasto programma di spopolamento dei soggetti residenti, unici strumenti di governo e controllo permanente del territorio, e pertanto deterrente di ogni forma di criminalità, è stato potenziato dal nuovo ente regionale, con l’appropriazione di altri palazzi di elevata immagine di prestigio (Palazzo Cesaroni, Donini) e di altri siti minori, sparsi per tutto il C.S.. Contemporaneamente anche gli altri enti territoriali (Comune, Provincia) e strumentali (Sviluppumbria, Ente del Turismo, Esattoria,… ..) e istituzioni, ( in particolare la Magistratura), espandevano la loro influenza insediativa su tutte le opportunità di affitto e/o acquisto di beni immobili. In tal modo i prezzi degli affitti si sono evoluti in progressione geometrica, precludendo ai nuovi potenziali insediamenti ,ogni scelta abitativa permanente .
Da tale inconsulto fenomeno di rivoluzione urbanistica è derivato uno spopolamento (lo potremmo definire anche “esodo” ) di residenti. Da oltre 40.000 degli anni ’70 si sono ridotti ai poco più di 8.000 di oggi, con un’età media di oltre 60 anni. In nessun’altra città d’arte italiana ed europea è accaduto tale fenomeno in tali dimensioni.
Se al cambiamento epocale delle destinazioni d’uso, di carattere strutturale, aggiungiamo le congiunture politico-sindacali-culturali e di marketing che in occasione dei cosiddetti “eventi” ,di operatività organizzativa tumultuosa e frenetica , trasformano il centro in una grande platea di spettatori o in una area espositiva di prodotti dolciari da banco, come in una fiera paesana, ma di incredibile attrattiva per sciami di consumatori spesso maleducati (perché non sanno vivere educatamente l’ampio tempo libero a loro disposizione) e inconsapevoli, soprattutto del rapporto prezzo qualità dei prodotti offerti dall’organizzazione di eventi , allora possiamo toccare con mano a quale livello sia giunto il tanto conclamato concetto di “fruizione popolare e democratica delle bellezze architettonico-paesistiche-culturali” del C.S.. Né d’altra parte si comprende come l’offerta dei mercatini festivi , in occasioni sociali e religiose, Pasqua, Natale, Tutti Santi, di generi alimentari e di abbigliamento , che si sovrappongono all’offerta dei commercianti “indigeni” possano soddisfare le attrattive attese da questi ultimi dal flusso di domanda e non invece provocare sofferenze inconsulte per la “cannibalizzazione” dell’offerta di medesime merceologie delle bancarelle allestite.
Siamo dunque giunti ai giorni nostri. Ed è bene che si venga a rappresentare tutta la schizofrenia che va a cadenzare le giornate del centro, pur in un contesto di ZTL (zona a traffico limitato) che copre soltanto la mattina, fino alle ore 13 e solo nei giorni dal lunedì al venerdì. E anche questa è una prerogativa tutta perugina. Nelle altre città, di analoghe dimensioni, la ZTL è estesa a tutta la giornata. Ma a Perugia occorre soddisfare le esigenze degli automobilisti della notte, e permettere loro di scorrazzare a piacimento.
La mattina è tranquilla, almeno sotto il profilo del traffico per il trasporto delle persone. Diviene caotica, almeno fino alle ore 11, per il trasporto delle merci. Ancora l’amministrazione comunale non è riuscita ad impostare un’organizzazione di distribuzione fisica in piattaforme-deposito pluri-merceologiche, in grado di soddisfare la domanda giornaliera di consegne agli operatori commerciali del C.S.[12]. Si dà invece permesso di transito e sosta a qualsiasi mezzo di consegna ,dal camion “articolato” ai furgoni di tutte le dimensioni. Dalle ore 13 per tutta la giornata, essendo il traffico aperto a tutti i veicoli, la situazione diventa ancor più caotica. ( Nella foto a sinistra riporto una foto dei giorni scorsi- aprile 2018- di un autofurgone rimasto letteralmente incastrato in fondo a Via Alessi all’inizio di via delle Conce. Mentre occorre rilevare un altro fenomeno di logistica, questa volta positivo: la consegna di pacchi mediante una bici facilitata fotografata in Via Maestà delle Volte. Questi due fenomeni li riporto in data diversa da quella della redazione di questo capitolo, che è del 2007, come evidenziato nel titolo)
Ma non solo problemi di traffico, che appaiono i più eclatanti, data la dimensione fisica e volumetrica dei danti causa, ovvero automobilisti titolari dei più svariati modelli, dallo Smart che ti entra fin dentro casa, al fuoristrada sempre in posizione da guerriglia urbana sui marciapiedi di Piazza Matteotti e Piazza Italia. Ben altro, e ben più grave è un altro problema: quello della droga. Ed è giunto a livelli tali di assuefazione al servizio degli spacciatori e sfacciataggine nell’erogazione che soprattutto dal giovedì alla domenica le zone di Via Alessi, e vie sottostanti (Cartolari, Viola, Imbriani) , quelle di Piazza Grimana ( soprastanti Corso Garibaldi e vie adiacenti) , quelle della Canapina e scala mobile di Via Pellini-Via dei Priori, ed infine la zona di Piazza IV Novembre e Piazza Danti , sono LETTERALMENTE presidiate dagli spacciatori di droga (per lo più magrebini) con buona pace di chi vede negli extra comunitari del popolo islamico dei poveracci sopraffatti dalla civiltà occidentale del benessere.
Ed il fenomeno sta raggiungendo livelli tali di diffusione e di colposa accettazione dei cittadini e delle autorità , che è facile vedere siringhe usate per terra , come residui di gomma da masticare. L’altra sera ne ho segnala una in via dei Priori ai carabinieri del 112, sulla base dell’art. 77 della legga 162/’90, raccolta nel DPR 309/’90 , articolo che recita : “Chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico (..) getta o abbandona in modo da mettere a rischio l’incolumità altrui siringhe o altri strumenti pericolosi utilizzati per l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire centomila a lire un milione” Basta questo articolo per determinare un procedimento di indagine verso ignoti. Ebbene,il centralino del 112 mi ha detto di chiamare la Gesenu per la rimozione di tale oggetto , facendomi capire quanto fosse ridicola la mia segnalazione di un oggetto che, come già detto equivale ad una “gomma da masticare usata” (sic!). Ho poi parlato con il maresciallo in servizio alla caserma di via Ruggia proprio in un momento in cui doveva effettuare un sopraluogo per un morto per overdose; e in pochi minuti mi ha rappresentato uno scenario incredibile: arrestano per spaccio di droga , soggetti colti in flagranza di associazione a delinquere, li portano davanti al giudice e la pena più dura è massimo 45 giorni di carcere. Poi tutti fuori, come le svendite di fine stagione, per ricominciare daccapo. La legge c’è, è quella sopra indicata, che prevede pene detentive e sanzioni per tali reati. Ma sembra che o la tolleranza o la interpretazione buonista della legge da parte dei giudici elida ogni attività di contrasto, di prevenzione e di repressione della legge. E’ la tela di Penelope, il giorno una mano tesse, la notte una manina guasta. Le Forze dell’Ordine dicono di contrastare, reprimere, e poi arrestano; la Giustizia, nel suo corso ineluttabile giudica e rimette in libertà i delinquenti. Probabilmente il Giudice dirà che la legge è fatta male. Ma basta leggere quella citata per rendersi conto che la legge, prima di essere interpretata, va applicata alla lettera.
Passiamo ora a fenomeni di malcostume e tolleranza indebita ed alle loro conseguenze. L’imbrattare i muri ed i portoni dei palazzi della città ( con il massimo dell’accanimento nel C.S.) ormai ha passato il segno. Dieci anni or sono (anno 1997) il vicesindaco Sereni pensò che gli autori dei graffiti andavano sponsorizzati, destinando alla loro creatività gli spazi murali del sottopasso ferroviario di via Cortonese. Si pensava che in tal modo venisse meno l’attività demenziale di firme “a tutto tondo” su palazzi e monumenti. Da allora il fenomeno , anziché contrarsi si è ulteriormente dilatato. Tant’è che il sindaco Locchi ha allestito una task force di imbianchini i quali, come appare il graffito sul muro, lo ricoprono con una mano di vernice. Ma il fenomeno evidentemente, ancorché rappresentare un atto di “occultamento di prove di reato” penalmente perseguibile (che in questa sede segnaliamo alla Autorità Giudiziaria), anziché essere disincentivato, viene promozionato ripristinando lo spazio originario all’iniziativa del giovane demente “graffittaro”. Come abbiamo avuto modo di evidenziarlo, anche in altre occasioni, basterebbe qualche iniziativa di “intelligence” delle Forze dell’Ordine e cogliere in flagranza di reato il graffittaro, portarlo dal giudice e dargli una sanzione esemplare. Poi, con il “passa parola” nessuno dei “giovinetti” in cerca di identificazione della propria personalità, ci riproverebbe. Ma purtroppo Polizia e Carabinieri, avendo le mani legate, assomigliano sempre di più ad un’opera pia, di assistenza sociale, anziché a severi tutori dell’ordine e della legge.
Un altro esempio di inciviltà e diseducazione di chi “fruisce” ( sa fa per dire!) del C.S.: ormai i cani in circolazione sono più dei loro padroni. Queste bestioline lasciano i loro escrementi in tutte le strade e marciapiedi. Pochi sono quegli urbani dei loro padroni che si preoccupano di rispettare le leggi, che prevedono la immediata raccolta, con apposita attrezzatura, degli escrementi della loro cara bestiola. Ed anche in questo caso , fatta la legge, non c’è poi alcun vigile urbano e/o tutore del rispetto delle leggi che sappia intervenire, applicandola.
Per amor di patria, non ci dilunghiamo su quello che accade nottetempo nel C.S., in particolare durante i cosiddetti “eventi”: concerti in piazza IV novembre per manifestazioni sindacali, Umbria Jazz, eurochocolate, notti bianche e quant’altro per il consumismo di massa orientato al “panem et circenses”.
Ebbene in tale scenario, il marketing territoriale potrà avere un sensibile sviluppo anche con il recupero e valorizzazione dell’area dell’ex mercato coperto, con le sue connessioni logistico-funzionali ed economico-sociali verso il minimetrò.
Tale strumento della mobilità ettometrica è inserito in una filiera di logistica che è mal posta rispetto al flusso della mobilità urbana verso il C.S., tutto incentrato su un 70% rappresentato dall’area di collegamento Ponte San Giovanni –Perugia centro, mentre quella dell’aerea Ferro di Cavallo-Perugia centro pesa solo il 30% . In altri termini il minimetrò, destinato a soddisfare la moblità di un‘area minoritaria, nasce con un errore di posizionamento geo-urbanistico.
Nell’assetto attuale delle presenze del C.S., articolate in residenti temporanei (studenti) residenti fissi, turisti, colletti bianchi delle amministrazioni pubbliche e soggetti che gravitano nel “pianeta giustizia” , l’unico business emergente che caratterizza il centro è la ristorazione del “fast food” . Da una relazione dell’allora sostituto Procuratore dr. Cardella (ci riferiamo a dieci anni or sono) un altro interessante business (si fa per dire) era quello della droga, stimato in oltre 40 milioni di lire giornalieri . Oggi , data l’evoluzione progressiva di tale commercio, potremmo stimarlo a non meno di 40.000 euro. Una cifra da meditare, soprattutto perché coinvolge i nostri giovani : i magrebini sono qui solo per spacciare e riportare la valuta pregiata al proprio paese d’origine !
Eppure il mercato coperto è oggetto di molti legittimi interessi, privati e pubblici. Viene prefigurato come sede permanente di una città del cioccolato, ovvero un’eurochocolate permente e “spalmato” nell’anno in una fenomenologia accettabile di arrivi e presenze . E’ una soluzione monotematica, nella quale innestare , finalmente, iniziative di artigianato locale che la scuola della bontà e del buon gusto nata con Luisa Spagnoli e Annibale Buitoni potrebbe stimolare, anche con escursioni verso il pianeta moda.. La Spagnoli Spa, attiva nel tessile-abbigliamento, è una delle industrie più importanti della regione. D’altra parte una sede del “club del gusto” potrebbe coinvolgere anche altre tematiche che al gusto palatale del cioccolato si abbinano bene , come il design dell’abbigliamento e dell’arredamento. In tal modo l’area del mercato coperto diverrebbe un centro di interessi legati sia al marketing di beni di largo consumo, sia alla ristorazione nella ricettazione di specialità locali (il fenomeno Carla Shucani, della prestigiosa pasticceria Sandri va in qualche modo salvaguardato e perpetuato) sia alla valorizzazione di tutto il settore delle PMI della maglieria perugina, che rappresenta l’unico esempio di distretto industriale nella nostra città da potenziare ulteriormente nel marketing.
Un mercato coperto, dunque destinato non a scimmiottare in modo improbabile (stante le osservazioni di cui sopra) un centro commerciale secondo gli standard della Grande Distribuzione, ma ad un’implementazione di modi innovativi del fare filiera, secondo le antiche tradizioni della nostra terra e dei nostri progenitori che , con la loro inventiva e intrapresa artigian-industriale hanno saputo valorizzare le risorse perugine ed umbre.
In tale configurazione di valorizzazione e promozione delle risorse imprenditoriali, perugine in primo luogo e comunque umbre, l’offerta commerciale è indirizzata verso una domanda che a sua volta ha necessità di un impatto propulsivo, incentrato sul marketing territoriale. Ed il primo soggetto , per ruolo istituzionale e responsabilità progettuali e gestionali è il Comune. Un ente che da troppo tempo si è sottratto alla responsabilità di far progredire un piano urbanistico della città che finalmente rinvenga nel C.S. la valorizzazione e promozione della prima categoria che lo possa implementare in indotto e sinergie economico: i residenti. Purtroppo non è mai stata intrapresa una politica di ammodernamento funzionale dei palazzi e delle abitazioni delle vie meno prestigiose , rispetto a quelle centrali. Tutta l’area che parte da Via Alessi e coinvolge tutte le vie limitrofe , vicoli e violetti, di una grande suggestione paesistica , monumentale e urbanistica , con suggestive propagini nei borghi di Porta San’Angelo, Porta Sant’Antonio e Porta San Pietro è abbandonata al degrado, e soggetta a piccoli fenomeni di pura speculazione edilizia, non essendo i proprietari in condizione di adeguare i siti alle moderne esigenze di vita. La ristrutturazione dei vecchi edifici, con i servizi indispensabili, come l’ascensore, il metano, il parcheggio pertinenziale poteva essere a portata di mano, quando vent’anni or sono vi fu una ripresa in tutta la zona di attività commerciali e di piccole ed embrionali iniziative artigianali. Bastava che l’Amministrazione comunale desse l’abbrivio all’intrapresa privata, potenziando la domanda, agevolando l’ammodernamento di nuove residenze di giovani famiglie. Una considerazione che vale sia per la zona di Via Alessi che di quella di Via Bontempi, dell’anello di Via della Cupa. Lasciamo l’aera di Monteluce e dell’ex Policlinico ad un altro intervento, stante la sua speciale collocazione nel piano urbanistico cittadino.
C’è , insomma, tutta l’area di ex insediamenti popolari dei perugini che andava per tempo ristrutturata e/o ammodernata e/o riconvertita verso le forme moderne di insediamenti residenziali, Si è invece privilegiato, nel piano urbanistico del comune, l’insediamento delle istituzioni (regione, provincia, comune, magistratura) , creando non solo un’ immeritata residenza di prestigio alla rappresentanza di un potere che è l’emblema della irrazionalità e della improduttività (si pensi solo al rapporto tasse-imposte-tariffe /qualità del servizio che tali soggetti erogano al cittadino) ma destinando, ai vari livelli dell’organigramma egemone del potere locale , spazi (come i parcheggi pertinenziali e le prerogative di sosta connesse alla titolarità dei permessi ZTL), sedi di lavoro (i palazzi degli enti , anzichè essere sede di attività legate al turismo, sono destinati a tanti “monsu travet” che deprimono il livello culturale della città e le sue potenzialità culturali).
Poi le mostre e le iniziative legate al turismo vengono allestite in quei tetri locali recuperati dagli scantinati della Rocca Paolina !!
Ed allora si cerca di rianimare questo C.S. moribondo inventando i cosiddetti eventi i quali, come picchi incredibili di super affluenza di fruitori di “panem et circenses”, provocano la discesa di frotte incommensurabili di gente , alla ricerca dell’evasione domenicale e di gratificazione pseudo culturale.
E’ inutile osservare che tale impatto provochi, in un’area così delicata per i suoi pregi monumentali , effetti di degrado inimmaginabili, meno che a chi scrive, avendone avuto modo di osservare e documentare, insieme alla Gesenu, lo stato di sporcizia che segue a tali manifestazioni di massa.
Ed eccoci allora , di nuovo all’ex mercato coperto. Prima di pensare a come organizzarne l’offerta, occorre dunque ripensare e riapprezzare la domanda che con esso si interfaccia. Altrimenti rischiamo di cadere ancora una volta nell’errore di sbagliare nella sua destinazione d’uso, come già fatto dalle amministrazioni degli anni ’70, quando decisero di trasformarlo in un parcheggio (un degrado ancor più nefasto di quello già descritto) , spinti da pessimi consigli sul come soddisfare la domanda di mobilità privata su gomma che allora prepotentemente si poneva sulla scena dello sviluppo economico, ideologizzato sul “senza se e senza ma”. Ed il che, per un’amministrazione social-comunista, che avrebbe dovuto essere orientata al “de marketing” del consumismo, senza voler fare dietrologia, appare perlomeno sorprendente.
Per essere realisti, e considerando che soltanto con dieci anni di incisiva politica delle nuove residenze si potrà ridare un po’ di decoro al centro, l’unica soluzione per il mercato è quella prospettata : valorizzare un’offerta di filiera localistica, che abbia serie e durature valenze nella soddisfazione di una domanda che sarà soprattutto di turisti, con arrivi e presenze il più possibile stratificati nel corso delle settimane e delle stagioni, evitando i picchi dei cosiddetti eventi di massa, e sollecitando una fedeltà , anche di tipo stagionale, alla fruizione delle sue caratteristiche.
In altri termini se riusciamo a incentrare organizzazione merceologica, spazi espositivi, iniziative propagandistiche e promozionali nell’ambito di un merchandising legato alla scansione naturale della stagionalità ripropositiva dell’offerta , incentrata sulle tradizioni,le ricorrenze e le “occasioni sociali”, potremmo dire di essere nella strada giusta per garantire agli operatori delle attività economiche produttive (non a quelli delle speculazioni edilizie) che investiranno le proprie risorse nell’area dell’ex mercato coperto, un “business” remunerativo ai loro sforzi ed alla loro attesa di imprenditori .
Per realizzare tale ipotesi di lavoro occorrono due cose: un gruppo di imprenditori delle filiere già indicate compatto, convinto e deciso su una precisa strategia di marketing; ma soprattutto una mente (singola e/o di gruppo) che potremmo definire come “unità centrale” che sappia progettare un piano di marketing, indicando programmi di attività promozionale, e coordinare la gestione della loro attuazione , e controllarne i risultati con regole, modalità e professionalità proprie di una organizzazione commerciale svincolata da remore provinciali e singolarità di proposte estemporanee, ma correlata nelle strategie commerciali ad un monitoraggio continuo e periodico della tendenza della domanda del target group di riferimento. Evitare pertanto di ricadere nella prassi di aperture commerciali facilmente improvvisate e chiusure altrettanto repentine, che sviliscono sia il prestigio del C.S. sia la capacità di intrapresa del commercio cittadino.
Ed infine, attenzione: si eviti di pensare in termini di speculazione edilizia, dimensionando il progetto solo alla cubatura. Prima del progetto architettonico ed esecutivo viene lo studio di fattibilità, dal quale, mediante una seria ricerca di marketing, si deve evincere quali siano le caratteristiche dell’offerta da presentare sul mercato, per posizionarsi con successo nella soddisfazione di precise istanze della domanda dei fruitori-consumatori.
4) ANALISI DEL FENOMENO DEGRADO DEL C.S. NELLE SUE MANIFESTAZIONI INCREMENTALI PER PENETRAZIONE E DIFFUSIONE DEL CONSUMO DI DROGA E DEL PROBLEMA DELLA SICUREZZA A PERUGIA.
Avendo in evidenza il dibattito e le polemiche sul triste fenomeno del business della droga nella nostra città e sul degrado del C.S. perugino, vorrei entrare nel merito elaborando, seppure in estrema sintesi, in qualità di esperto di marketing territoriale e di residente da 4 generazioni nel C.S., un documento che con rigoroso metodo di analisi del fenomeno, cerca di fornire qualche spunto di terapia, volta al miglioramento dell’attuale stato di crisi.
Tale contesto nazionale incide ben poco, se è vero, come è vero che il fenomeno proliferava , in misura più che proporzionale, rispetto alla media dei centri storici dei comuni del centro nord. Oltre dieci anni fa (anno 2001) il Dr. Fausto Cardella, allora PM a Perugia, denunciò l’entità preoccupante e in netto incremento dello spaccio di droga, in particolare nel C.S. di Perugia. Il magistrato è tornato poi sull’argomento in una recente intervista (esattamente un anno fa: anno 2011) affermando fra l’altro: che “… reprimere non basta. Ecco perché bisogna decidere che tipo di frequentatore del centro si vuole avere. Se si accetta di trasformare l’acropoli in un grande caffè a cielo aperto, non ci si può poi stupire del fatto che venga invaso da gente col bicchiere in mano o in cerca di stupefacenti“. Ed inoltre suggerendo come rimedi strutturali :” Politica residenziale e decoro del centro. Ecco, decoro. Se questo è l’obiettivo: riportare famiglie, professionisti e anche un certo tipo di attività commerciali in centro, bisogna intervenire e non tollerare più che alle 2 del mattino ci sia chi suona il tamburo sulle scale del Duomo o chi occupa le piazze trasformandole in un’immensa pattumiera…”. “Più cultura e meno kebab?” Domanda il giornalista. E Cardella risponde “Non sono razzista. Ma il fatto che ce ne siano tanti è un’ulteriore prova che qui gravitano molti clienti di quel target. Intendiamoci, a me non dispiace avere gente giovane in giro la sera. Mi dà molto fastidio però svegliarmi la mattina e vedere la piazza lastricata di cicche di sigarette, bicchieri di plastica e bottiglie vuote. A proposito, che fine ha fatto l’ordinanza che vietava di girare con le bottiglie in mano?”.
b)Carenza ( se non assenza) di presidio del territorio, soprattutto nelle ore notturne data la progressiva erosione delle residenze, la scomparsa delle botteghe artigiane, la crisi delle attività commerciali sollecitate al decentramento della loro attività , piuttosto che ad una diversificazione e/o riconversione e/o ammodernamento di struttura e di metodo della propria offerta commerciale.
Ebbene, prima ancora che attivarsi per un loro doveroso restauro conservativo e ricercarne, attraverso i canali dell’intermediazione immobiliare tradizionale, nuovi fruitori, magari senza la precisa conoscenza di quale e quanta sia la crisi della domanda di beni e/o servizi attesi, è bene che il Comune si prenda carico di elaborare un piano di marketing territoriale, non come quello teorico e approssimato che leggiamo sul sito www.comune.perugia.it ma che sia approfondito e specifico in una corretta analisi critica che magari tenga conto di bench marking , quale buona sponda di best practice di amministrazioni comunali virtuose . A volte una compiuta e non acritica conoscenza di ciò che fanno altri comuni, città d’arte come la nostra, può essere di ammaestramento.
5) ALCUNI MESTIERI DELL’ARTIGIANATO TRADIZIONALE, PIÙ CONNESSI E INTEGRATI CON L’ECONOMIA PERUGINA DEL ‘900 DESCRITTI DA LUIGI CATANELLI NEL SUO LIBRO : Usi e Costumi nel Territorio Perugino agli Inizi del ‘900
Il cuoio ha un ruolo importante nell’esigenze della vita. Il cuoio grosso viene adoperato per le calzature, serve ai sellai per i finimenti ai cavalli e le cinghie; il più fino per fare i soffietti ai mantici, i vestiti, le corde, le bisacce e altre cose. Il lume a olio o a petrolio, munito di un paralume di carta, illumina il centro del banchetto, lasciando nella penombra i visi scarni e barbuti dei calzolai. Non essendoci ancora la produzione di fabbrica, tutto il fabbisogno è fatto a mano. Taluni artigiani sono abilissimi per le scarpe la donna e da uomo, altri non trascurano le risolature, le rimonte, i tacchi. I ciabattini in quantità, patiti e affamati, si adattano a cucire e rattoppare le scarpe che non hanno più ragione di essere. Il mestiere di conciatore richiede un fisico molto robusto per maneggiare le pelli verdi, facilmente alterabili e ripugnanti per il puzzo della carne selvatica. Le pelli di coniglio, lepre, faina, volpe e gatto vengono essiccate all’aria per conservare il pelo. Le pelli degli animali piccoli vengono lavorate intere, rivoltando nella parte interna la parte del pelo e riempendole di paglia o di erba secca. Quelle più grandi, invece, vengono tagliate sulla pancia e stirate con le cannucce di legno secondo la forma più lunga e più larga. Quando il tempo lo permette vengono esposte all’aria aperta, mai al sole, con parte del pelo verso terra, ad una dovuta distanza.
Oltre alle pelli, rimangono lì il carniccio, i peli, gli animali scorticati e sventrati, presi d’assalto dai vermi, topi, mosche bleu e grige, scarafaggi, ragni ed altri animalacci. Gli animali da pelliccia e specialmente la faina e la puzzola sono quelli più puzzolenti. Il fetore di selvatico vuota gli stomaci più refrattari. L’ambiente di lavoro del conciatore è invaso dal puzzo di carne selvatica e fradicia, per cui esce continuamente dalla porta e dalla finestra un tanfo disgustoso e soffocante. In mezzo a tanta porcheria si trova anche il pelo della martora, del tasso, morbidi e ottimi per i pennelli e le spazzole. Il calzolaio trova le setole del maiale per irrobustire la punta allo spago; inoltre le pelli di trippa, essiccate all’aria servono a fabbricare la carta pecora. Per avere la superficie lucida ed adatta a scriverci vengono coperte di creta, mentre il tipo su cui spalmano l’olio rimane più pastosa e serve per coprire i libri. Le pelli d’asino e di lupo, più resistenti, vengono adoperate per confezionare i tamburi. (nella foto: Scarnatura delle pelli in una ricostruzione storica)
Le pergamene, sottili, usate dai battitori per fabbricare l’oro in fogli, si ottengono dall’intestino ceco del bue e del montone. Le budella dei capretti e delle pecore sono utilizzate per le corde degli orologi e quelle del gatto per le corde degli strumenti musicali.
Le corna dei buoi, immerse per più giorni nell’acqua, per distruggere il tessuto cellulare interno, vuotate e pulite, servono per conservare oggetti vari, polveri ed amuleti. In qualche casa fanno Bella figura le coppia di corna, fasciate con i nastri rossi e posti in bella vista sopra i mobili.
Il conciatore di pelli lavora sempre in pessime condizioni ambientali, in mezzo all’acqua e all’umidità; alle pelli salate, taglia i peli, toglie il carniccio e il sangue per far si che rimanga pulito il derma, unica parte della pelle che si trasforma in cuoio.
L’insegna di una testa di cavallo indica la bottega di Camillo Mingucci, patriota, evaso con Demetrio Inglesi dalle carceri di Assisi. Alle sue dipendenze è Paolo Rampiella, che morirà nel 1912, detto «Braccino», per la imperfezione di un braccio. Formidabile mangiatore, all’ora della colazione, con la bombetta e il grembiule da lavoro, gironzola per la Piazza del Sopramuro e tanto è l’appetito che un cesto di fichi non lo sazia. Compagno di lavoro è Icilio Rocchi che in seguito aprirà la bottega per conto proprio in Piazza degli Aratri. Seguono nella stessa via il Chelazzi. Il padre Filippo di Magione (1847-1922), oltre a gestire una fiaschetteria in Piazza del Sopramuro, con i figli Zeno ed Ezio, conduce una bottega di selleria. Tutti e tre bravi suonatori di strumenti a fiato. Il Filippo nel 1884 suonava il bombardino al Concerto Municipale composto da 34 elementi’. In Piazza Vittorio Emanuele, al palazzo Calderini, la selleria valigeria di Alessandro Sabbioni, reduce, che si trovò all’assedio di Roma del 1849. Poi troviamo Angelo Faina, in Via Ariodante Fabretti, Vincenzo Guerri in Via Vecchia e Alessandro Senesi in Piazza Garibaldi.
Al principio di Via Danzetta, entrando dal Corso, a destra, una porticina immette in un mezzanino che corrisponde sopra l’agenzia. Nel passato e per molte ore del giorno e della notte i sellai ivi lavoravano per aggiustare i finimenti ai cavalli che all’agenzia facevano recapito.
Dove maggiore è il traffico e il deposito giornaliero dei cariaggi e delle bestie, hanno bottega i maniscalchi. Oltre ad adattare allo zoccolo qualunque ferro, da buoni mediconi, conoscono i mali, consigliano le terapie e i medicamenti. Tra i più noti Annibale e Angelo Cruciani, chiamati i «Toscanino», con la bottega in Corso Cavour, dopo la Piazza Giordano Bruno, Mario Sargentini ai «Tre Archi» e più tardi Aristide Senesi in Via del Maneggio.
Altre botteghe da falegname sono condotte da Giuseppe Rondolini, sotto gli archi della Piazzetta di Santa Croce. È tra i primi a lavorare il legno con le macchine. Seguono il simpatizzante repubblicano Ferdinando Maiarelli, detto «Fiorino», padre di Icilio, in Via Cartolari; Florido Biagiotti in Via Baldeschi; Annibale Bianchi in Piazza Morlacchi; Vincenzo Buranelli in Corso Cavour; Roberto Carloni in Via della Stella; Nicola Pirchi in Via Pinturicchio; Tommaso Ticchioni in Piazza degli Aratri ed altri.Di grande iniziativa il mobiliere Giuseppe Pieroni in Via del Cortone. Lo segue Nazzareno Ricotti, mobiliere e tappezziere con il laboratorio in Piazza Grimana, che sarà poi la caserma dei carabinieri e il negozio in Via Vecchia. Suo allievo per qualche tempo è stato il bravo Guglielmo Rufi.
f)Gli intarziatori .Fra tutti questi più o meno bravi artigiani, si distingue ed emerge per tutta la sua grande perizia l’intarsiatore Alessandro Monteneri. È facile incontrarlo per la strada, vestito alla meglio, con la sporta sotto il braccio. Conta sessantasette anni. Molti curiosi aneddoti si raccontano per il suo strano carattere. Sommo maestro nell’arte dell’intarsio, geniale e ardito, ha realizzato capolavori che hanno varcato i confini nazionali. Povero di nascita, a dodici anni rimasto orfano, frequentò in qualità di «ragazzino» la bottega di Federico Lancetti. La sua genialità e inventiva lo portò ben presto ad applicarsi all’arte dell’intarsio, adoperando i legni naturali da lui stesso ricercati. La sua arte cominciò a trionfare con lo stipo[14], acquistato nel 1865 per lire 5.000 e offerto dal Comune di Perugia a Vittorio Emanuele II per conservare la corona reale. Nel 1878 alla esposizione di Vienna inviò in tarsia policromata un pannello il cui disegno, eseguito da Domenico Bruschi, rappresentava il trionfo di Aureliano in Roma. Acquistato dalla cassa di Risparmio, poi Banca Commerciale Italiana, servì di dorsale ad un seggio.
La sua arte raggiunse il culmine della magnificenza nella realizzazione di un seggio nel cui schienale riproduceva in quattro pannelli lo Sposalizio della Vergine, il Deposto di Croce, La Scuola di Atene e la Trasfigurazione di Raffaello.
Alla Esposizione Umbra del 1879 presentò la riproduzione in- tarsia della Madonna con il Bambino e San Giovanni del Pinturicchio, ritratta per lo scopo dal pittore Clemente Marini. L’opera con la cornice disegnata da Nazzareno Biscarini venne portata a termine in un mese.Bravissimo e geniale quanto lui è Venceslao Moretti, nativo di Pozzuolo Umbro, figlio di un falegname; più giovane del Monteneri, fu nella sua bottega che imparò le prime nozioni dell’intarsio. Dotato di uno squisito senso organizzativo e commerciale, nel laboratorio di Via Boncampi realizza meravigliosi lavori di intarsio e di falegnameria. Portato in modo particolare al restauro è consi derato tra i migliori artisti del nostro tempo. Morirà a 57 anni nel 1920.
Annibale Bachiorri lavora l’intaglio. Per qualche anno è stato alle dipendenze del Ricotti, per poi trasferirsi a Sant’Anna, in Via Appia ed infine in Via Vecchia. Lavora d’intaglio anche Roberto Rapetti con la bottega per la Cupa; con il fratello Ivo, sarto (1853-1906), che occupa il posto del padre Davide come bidello al Liceo, fanno parte del Concerto Municipale. Chi non conosce il bravo e tanto modesto Lanciotto Lancetti? Esile ed asciutto, è distinto dall’inseparabile bombetta e da un vestito di buon taglio sciupato dall’uso e dall’incuranza. Nel negozio vicino al Teatro Pavone vende e ripara le macchine da cucire. Le donnette non gli danno tregua per l’ago, la spoletta, l’olio e tutti gli inconvenienti che una macchina con l’uso ed il cattivo uso alla fine presenta.
Dal padre Francesco e dallo zio Federico imparò l’intarsio. Nel 1890 allievo dell’Accademia di Belle Arti, ottenne dal Ministero della Pubblica Istruzione, senza subire esami, la patente di insegnamento nelle scuole secondarie e normali. Insieme al Lancetti ebbero la patente anche Alberto Luchetti e Odoardo Muzi. Lavora di grafito e intarsia di madreperla i piani dei tavoli e di altri mobili. Come suo padre è custode del Teatro Pavone. I proprietari gli hanno concesso l’abitazione. Vive solo. Morirà povero a 83 anni all’Ospedale degli Incurabili.
Nei cantieri edili, qualsiasi costruzione richiede una mano d’opera sottoposta ad un lavoro intenso e pesante.
Il manovale, servo del cantiere, incomincia a spicconare la terra e il tassello nelle fondamenta. Trasporta arrampicandosi sulle scale a pioli o tirando in alto con la corda il materiale necessario. Nessuno parla di lui. Non è un’artista e nemmeno un artigiano. Non ha una qualifica professionale anche se la sua fatica lo rende essenziale nella realizzazione dell’opera. Nella classifica della forza muscolare ha un valore inferiore e diventano effimeri i patti contrattuali intesi soltanto per coordinare il lavoro.
(Nella foto: a sinistra: Piatto con putto che scrive , maiolica a lustri metallici, diam. cm 43,8. Gubbio, collezione privata. Foto di G. Pauselli).
Così l’architetto Guglielmo Calderini commentò i lavori della fabbrica perugina su «Il Giornale dell’Esposizione Provinciale Umbra» (1879): «Resta ora da dire della fabbrica di Monte Vile
, ossia di quella iniziata da fu Carlo Giovio di Perugia. Non è certamente l’amore di patria che mi fa
affermare essere i lavori di questa fabbrica i migliori degli altri esposti, tanto per la nitidezza e vivacità dei riverberi, quanto per l’eleganza artistica con cui sono condotti i disegni. Qui veramente si rialza l’animo dell’artista nel vedere entrare così bene l’arte a fecondare l’industria, e questo pregio lo si deve al valente disegnatore e pittore sig. Cleomene Marini , il quale con tanta pulitezza e con tanta sicurezza di contorno, dipinse quei piatti. Grande lode pure si deve al sig. Fortunato Vatti, che spalmò con pulitezza veramente commendevole il lustro a riverbero e se una maggiore iridazione esso fosse riuscito ad ottenere, potrebbe ben dire di avere raggiunto la forza e bontà degli antichi lustri ad iride di Mastro Giorgio, quali si veggono nella tegolina che il Marchese Ranghiasci ha esposto nelle sale dell’arte antica»
All’Esposizione del 1899 il Vatti espose una vernice igienica, priva di piombo, per vetrificare le stoviglie di cucina. La produzione è ancora intensa perché il «coccio» non ha lunga durata. Però le marmitte, le pignatte, i tegami incrinati o rotti vengono riparati dall’artigiano girovago, che le va a rivestire, di casa in casa, con filo di ferro intrecciato a rete. Il prodotto per le sue caratteristiche non cede il primato al rame e all’alluminio. In alcuni casi è insostituibile. La terra cotta infatti mantiene il calore e, quando è verniciata, non altera gli alimenti. Una coppia di uova «al tegame» è appetitosa e, a dir del volgo, più salubre.
A Piscille la ditta Rodolfo Ferrini e F. Paolotti è all’avanguardia per la cottura del materiale edilizio con una fornace a fuoco continuo. Impiega le macchine per la fabbricazione dei mattoni. Attinente a questa attività semimeccanizzata, è in pieno sviluppo quella dei mattoni modellati a mano, asciugati al sole e cotti nella fornace a legna.
I mattonari si mobilitano al principio della stagione calda. Vengono anche da lontano per contrattare con il padrone della fornace. I contratti a cottimo li obbligano a lavorare come bestie nelle buone giornate, anche al pieno di luna. Questi miserabili artigiani approfittano della stagione estiva, la quale per le scarse precipitazioni offre la possibilità di una intensa produzione. Invece con il tempo cattivo il materiale non asciuga al sole e si appiccica alle mani. I calcinari a legna di Monte Malbe forniscono la calce viva e a Ferro di Cavallo la ditta Paolotti e Pimpinelli tiene in attività una fornace per la calce a ciclo continuo.
Il nipote Ludovico Caselli, allievo prediletto di Francesco, lo segue ed in alcuni lavori lo supera. Il capolavoro del Caselli rimane il finestrone circolare con il diametro di metri 4,38 nella Cattedrale, raffigurante il martirio di San Lorenzo.
Anche sua madre Irene è abile ricamatrice. Lo dimostra la meravigliosa tovaglia che figura sull’altare della Madonna delle Grazie.
Luigi Bartolini, cremato nel 1911, garibaldino, è rilegatore in Via Pinturicchio. Con l’aiuto finanziario di Ezio Vaiani, cremato nel 1918, con bottega per la Conca ha tentato con scarso successo la fabbricazione delle carte da gioco.
In Piazza del Sopramuro, all’angolo di Via Baglioni, abbiamo l’orologiaio Ezechiele Chiocci, mentre sotto l’orologio municipale c’è Alessandro Dragoni. Davanti all’ingresso del Duomo Luigi Fermani. Gran nome lo riscuote l’orologiaio e accordatore di pianoforti Socrate Casti di Deruta. Non è però l’arte professionale a renderlo famoso, ma perché, quale prima tromba al Concerto Cittadino, ha vinto alcuni anni or sono il concorso nazionale dei solisti d’Italia. Abilissimo nel mestiere e geniale costruttore è invece Ariodante Batoteri con la bottega in Via dell’Ospedale. Pasquale Di Giuseppe di Teramo, trasferitosi a Perugia per il servizio militare, apre bottega da orologiaio in Piazza Garibaldi, vicino alla farmacia Teyxeira. In seguito subentrerà a quella del Batoteri, non avendo questo figli,,.
La «Filanda», così chiamata, ha dato lavoro per un cinquantennio a centinaia di unità, a maggioranza donne. Durante la gestione il Faina chiamò da Fossombrone sette ragazze specializzate. Di queste Eleonora Bachiocchi sposò il fabbro Giuseppe Antognelli, un’altra il manescalco Giuseppe Broccoletti, Giulia Mei il lustrotto Ricciotto Giorgelli e un’altra ancora il macellaio Dario Ghigarelli. (nella foto un’immagine di una filandina, piccolo impianto per la trasformazione dal bozzolo al filo del bozzolo con la trattura e incannatura della seta (avvolgimento delle matasse su rocchetti) ripreso nel 1972 per realizzare il talled anche definito scialle di preghiera, un indumento rituale ebraico )(. www.rai.tv/…/ContentItem-e895b190-4b14-4896-90c2-bc3484cd2a…)
u)Le «sartrici» assommano ad una cinquantina, sparse al centro e nei rioni. L’arte del merletto, oltre ad essere largamente praticata nei monasteri, viene esercitata anche da abili ricamatrici. Dal tombolo, con il punto veneziano, antico, a reticella o rosolino, escono le tovaglie per gli altari, i camici per i sacerdoti, i corredi delle spose. Frequentatissimo il laboratorio in Via dei Priori condotto dalle sorelle Paoletti, maestre nei corredi da sposa, per i ricami a mano e la biancheria in genere. Altre virtuose del ricamo sono le maestre Elena Schioccolini, moglie di Gustavo Carboni ed Elettra Agostini, consorte del dottor Giuseppe Teyxeira, cremata nel 1903.
L’attività nel campo industriale è limitatissima. A Ponte Felcino Lucio Bonucci, nato nel 1859 e morto nel 1920, dirige la fabbrica di tessuti impiantata dal padre Leone insieme al fratello Alessandro.
6) SINTESI PROGETTO “ENCLAVE CASA & BOTTEGA” NEL RIONE DI PORTA SANT’ANGELO DEL C.S. DI PERUGIA”
1a) Premessa:
In questo capitolo non si ha la pretesa di individuare nuove idee progettuali , nei loro dettagli di tecnologia innovativa di prodotto/processo, o di mercatistica orientata alla domanda dell’e-commerce o del turismo incoming ma semmai di sottoporre alla attenzione degli interessati alcune ipotesi di lavoro: l’idea (o le idee) progettuale, nei suoi dettagli anche esecutivi, deve venire dal soggetto titolare dell’impresa artigianale, investito della sua realizzazione, anche derivante da un corso intensivo di apprendimento nei vari incubatori di settore.
Il progetto prende forma da un’ inquadratura problematica e prospettica del C.S. Perugino ed il rione di Porta Sant’Angelo in particolare, nel quale presumibilmente si potrà innestare, insediare e fruttificare l’enclave artigiana pilota che , almeno secondo la valutazione di chi scrive, ne è parte integrante. Il tutto subordinato alla potenzialità che la nostra comunità ha di esprimere nuovi imprenditori dell’innovazione artigiana, in grado di assimilare la sapiente e paziente manualità di realizzazione del prodotto finito, accompagnata da un senso dell’economia aziendale e degli affari. Sarà questa una fase di scouting dell’equipe di programmazione e gestione dell’attività progettuale al momento in cui tutti i soggetti ad esse preposti avranno trovato la combinazione di cofinanziamento necessario al conseguimento dell’obiettivo.
Il C.S. perugino con i suoi rioni dovrebbe fare perno sui risultati di specifiche ricerche, volte ad indagarne gli aspetti demografici, sociali, urbanistici ed architettonici, e le evoluzioni economiche e culturali. Nel progetto si cercherà di fare una netta distinzione fra progetto estetico- architettonico-strutturale, ovvero il contesto di scenario, necessariamente statico, in cui si andrà a movimentare l’evoluzione social-economico-popolare dei comprimari che riparte dalla narrazione rinascimentale del Pellini prima e ottocentesca del Bonazzi poi, per giungere, attraverso la parentesi pre e post bellica del’900, fino a giorni nostri. L’altra distinzione sarà rappresentata dal progetto nella sua implementazione di proposte e contenuti in chiave di marketing territoriale: si parte da una corretta analisi fra offerta attuale e potenziale di merci e servizi per correlarla alla analoga domanda dei soggetti di cui ai precedenti punti evidenziati. Si eviterà, in sostanza, di concludere su proposte di innovazione strutturale e/o infrastrutturale, senza aver prima focalizzato nel centro di interesse “C.S.”, e nella fattispecie il rione di Porta Sant’Angelo, le funzioni socio-economiche che possano dar vita al dinamismo di una sua ripresa. Una particolare attenzione sarà pertanto dedicata allo studio delle attività economiche (private e pubbliche) , culturali e ricreative ad ora insediate secondo i seguenti parametri: i campi di indagine, le metodologie seguite, i risultati ottenuti. I risultati delle indagini saranno svolti mediante la metodologia dell’analisi S.W.T. L’acronimo sta per Strengths (punti di forza ) weaknesses (debolezze), opportunities (opportunità) , threats(vincoli)) atta a fornire uno schema logico molto efficace e soprattutto rispondente all’esigenza di interpretare e portare a sintesi i risultati delle indagini svolte, delle informazioni raccolte ed anche delle indicazioni emerse nei focus group e nelle altre occasioni di consultazione dei cittadini. Con l’analisi Swot si rilevano ed evidenziano: funzioni interne al progetto di forza o debolezza: per l’analisi delle risorse ; fattori esterni di impedimento o di successo alla realizzazione del progetto : per il conseguimento dell’obiettivo della strategia, concretizzabili nell’identificazione delle categorie di soggetti interessate al miglioramento della qualità della vita nell’area interessata ed all’innovazione delle opportunità di business . Soggetti che evidentemente si identificano in altrettanti obiettivi progettuali di settore. Il quadro interpretativo della realtà che ne risulterà ci porterà una sorta di mappa cognitiva cui rapportarsi al momento di svolgere l’analisi di scenario, sulla quale elaborare una strategia di rilancio del C.S. perugino, attraverso priorità attuative come quelle dell’enclave del rione di Porta Sant’Angelo che terrà conto della metodologia di project management del WBS (work breakdown structure, già collaudata in altri progetti finanziabili dal Mise e dal Miur, che riportiamo nelle pagg. seguenti, necessaria per programmare e gestire il progetto di riqualificazione del C.S., secondo un preventivo di Piano di Sviluppo Cittadino, nella interrelazione della commistione /contaminazione privato/pubblico, basata su una contabilità costi/benefici con la quale il rapporto economico di convenienza spese/costi viene integrato dal parametro di valutazione del valore aggiunto : che deriva dalla coniugazione “benefici sociali” nella redditività di capitali privati e pubblici investiti nella realizzazione del progetto. Si vuole anche evidenziare come qualsiasi iniziativa di ricerca industriale e sviluppo sperimentale[16] , pur necessariamente supportata da strumenti di ICT (Information ,Comunication, Technology) della moderna cibernetica, non si può esaurire in essi, confondendo mezzi strumentali e obiettivi di un qualsiasi progetto di innovazione tecnologica. Siamo invece alla ricerca di idee progettuali che rappresentino, di per sé, già nella loro genesi naturale, lo sforzo imprenditoriale-artigianale di chi ricerca “nuovi prodotti, nuovi usi, nuovi mercati “ per sviluppare l’economia reale cittadina.
2) Lo scopo del presente documento è di convincere gli enti finanziatori del progetto di riqualificazione del C.S. di Perugia, partendo dal rione di Porta Sant’Angelo orientato al miglioramento della qualità di vita (sicurezza, servizi, risorse per l’occupazione, valorizzazione dei beni monumentali – paesistici) dei “soggetti gravitazionali”attuali e potenziali (residenti,operatori economici, turisti,studenti, operatori della burocrazia), che esso rappresenta una premessa per sviluppare attività di edilizia ecosostenibile e certificata con classificazione ad elevato rendimento energetico, ottenuto mediante l’utilizzo di materiali estremamente innovativi, tale da recuperare ad una destinazione d’uso attrattiva per la domanda potenziale di nuovi insediamenti di gran parte del patrimonio abitativo e a destinazione artigiano-commerciale, delimitato dalle 5 porte medievali : Porta Sole, Susanna, Eburnea, Sant’Angelo,San Pietro. Comunque sarà data priorità al rione più adatto alla prototipazione, ovvero, quello di Porta Sant’Angelo. Nell’ allegato 6 a fronte di una ricognizione, i vari immobili sfitti e/o abbandonati al degrado del rione sommano a non meno di 2.500 mq.
3) Schema dell’Analisi Swot del C.S.
L’analisi Swot delle funzioni interne governate dal progetto e dei fattori esterni, non governati dal progetto si svilupperà dunque prendendo in considerazione due piani, uno di carattere spaziale, distinguendo tra ambiente interno (strutture e infrastrutture cittadine del borgo e loro titolari) ed ambiente esterno (flussi dell’incoming turistico , degli arrivi, presenze e permanenze alberghiere ed extra alberghiere, ed inoltre contesto territoriale, economico, sociale, … con cui il C.S. interagisce : periferia della città, la realtà provinciale, quella regionale, ecc.) e l’altro piano di carattere temporale-dinamico, ovvero delle funzioni socio-economiche operative, nella ,loro dinamica di svolgimento, distinguendole tra passato e presente. L’incrocio dei quattro piani di analisi porterà ad identificare punti di forza (plus) e di debolezza (minus), riferiti all’ambiente interno nella situazione attuale, con le sue opportunità e minacce emerse nell’analisi, ampliandone le considerazioni strategiche funzionali al futuro secondo le prospettive dell’ambiente esterno in divenire, ovvero al più generale contesto territoriale, economico, sociale, …, con cui il C.S. interagisce (il resto della città, la realtà provinciale, quella regionale, nazionale e internazionale).
L’esplicitazione di tali elementi è funzionale all’elaborazione delle seguenti linee di evoluzione della strategia:
– esaltare i punti di forza del contesto locale, quali sintesi della correlazione strutture/funzioni (Plus) ;
– contrarre ed elidere i punti di debolezza laddove esiste la correlazione negativa strutture/funzioni (Minus) ;
– approfittare delle opportunità che si potranno presentare, anche secondo il bench marking (Fattori di successo) ;
– cercare di contrastare le minacce future, in relazione a ipotesi di fattibilità (Fattori di vincolo).
L’analisi critica del C.S. farà perno su sette ambiti:
La ricerca si articola in:
Dimensioni geo-demografiche :va rappresentato il contesto geografico come da PRG.; va rappresentato il contesto socio-culturale dei soggetti che si interagiscono; ne va contestualizzato il ruolo e vanno misurate le priorità verso l’assesment organizzativo-gestionale dell’area, identificata nelle sue strutture e infrastrutture, secondo le categorie dei seguenti fruitori , attuali e/o potenziali :
4) Il nostro progetto di “Enclave Casa & Bottega in un rione del C.S. di Perugia” con le sue implicazioni metodologiche della “smart city”
Fondamentalmente sono 6 i parametri di identificazione e misura delle smart cities, analizzati nel rapporto “European Smart Cities” realizzato dall’Università di Vienna in collaborazione con quelle di Lubiana e Delf (www.smart-cities.eu) ovvero: mobility, environment, people, living, governance, economy.
Nel caso specifico va svolta l’analisi swot, come impostata nei paragrafi precedenti, per verificare come i punti di forza e/o debolezza e i fattori positivi (opportunità) e/o negativi (condizioni) si pongono nella realtà del C.S. di Perugia. rispetto agli indicatori di smart city seguenti.
Smart mobility
Local accessibility (Inter-)national accessibility Availability of ICT-infrastructure. Sustainable, innovative and safe transport systems
Smart mobility significa spostamenti agevoli, buona disponibilità di trasporto pubblico innovativo e sostenibile con mezzi a basso impatto ecologico, regolamentazione dell’accesso ai centri storici a favore di una maggiore vivibilità, adozione di soluzioni avanzate di mobility management e di infomobilità per gestire gli spostamenti quotidiani dei cittadini e gli scambi con le aree limitrofe.
Il C.S. di Perugia, nonostante il moderno mezzo ettometrico (minimetrò) lo colleghi con un grande parcheggio periferico, presenta , per le sue caratteristiche orografiche ancor oggi notevoli problemi sulla mobilità di persone e cose.
Smart environment
Attractivity of natural conditions.Pollution. Environmental protection Sustainable resource management.
Una città smart promuove uno sviluppo sostenibile puntando alla riduzione dell’ammontare di rifiuti e alla raccolta differenziata, alla riduzione delle emissioni di gas serra attraverso la limitazione del traffico e all’ottimizzazione delle emissioni industriali. A questi obiettivi si possono aggiungere la razionalizzazione dell’edilizia ed il conseguente abbattimento dell’impatto del riscaldamento e della climatizzazione, la razionalizzazione dell’illuminazione pubblica, la promozione, la protezione e la gestione del verde urbano nonché la bonifica delle aree dismesse.
Rispetto agli indicatori suddetti vi sono alcuni sviluppi virtuosi verso come la raccolta differenziata “porta a porta” dei residui solidi urbani; la qualità della vita , dal punto di vista delle emissioni è accettabile; così pure rispetto agli altri indicatori, salvo quello dell’edilizia, ancora molto indietro sia pèer gli ammodernamenti e restauri conservati di immobili sia per il recupero di alcune aree lasciate
degradato (mercato Coperto, ex Carcere di Piazza Partigiani, etc.) .
Smart people
Level of qualification. Affinity to life long learning.Social and ethnic plurality.Flexibility.Creativity.Cosmopolitanism/Open-indedness.Participation in public life.
Una ritrovata consapevolezza e partecipazione nella vita pubblica, alti livelli di qualifica dei cittadini, pacifica convivenza di diversi portatori di interesse e comunità sono alcune delle caratteristiche smart che si possono trovare in una “città intelligente”.
Il C.S. di Perugia rappresenta due enormi contraddizioni: ampia apertura ad eventi (Umbria Jazz,Eurochocolate, Sagra Musicale; festival del Giornalismo…) e inconsistente presenza di residenti, a salvaguardia e presidio del territorio verso le “razzie” degli spacciatori di sostanze stupefacenti. La presenza di migliaia di studenti delle due università (Italiana e stranieri) non riesce a fare da virtuoso cuscinetto a tale dicotomia strutturale e culturale.
Smart- living
Cultural facilities. Health conditions. Individual safety. Housing quality. Education facilities.Touristic attractivity.Social cohesion
Una città smart fonda la propria crescita sul rispetto della sua storia e della sua identità; promuove la propria immagine turistica con una presenza intelligente sul web; virtualizza il proprio patrimonio culturale e le proprie tradizioni e le restituisce in rete come “bene comune” per i propri cittadini e i propri visitatori; usa tecniche avanzate per creare percorsi e “mappature” tematiche della città e per renderle facilmente fruibili ecc.
Smart-governance
Participation in decision-making. Public and social services.Transparent governante.Political strategies & perspectives
Un governo smart ha una visione strategica del proprio sviluppo e sa definire in base a questa scelte e linee di azione, è in grado di coinvolgere i cittadini nei temi di rilevanza pubblica, promuovere azioni di sensibilizzazione ed utilizzare le tecnologie per digitalizzare ed abbreviare le procedure amministrative, ecc.
Smart-economy
Innovative spirit.Entrepreneurship.Economic image & trademarks.Productivity.Flexibility of labour market.International embeddedness.Ability to transform.
Il progetto di “ENCLAVE ARTIGIANATO CASA & BOTTEGA IN UN RIONE DEL C.S. DI PERUGIA” va esattamente in questa direzione
Sulla base delle analisi suddette e delle suggestioni di percorsi strategici che da essa si possono prefigurare, si potranno sviluppare due modelli: statico-strutturale (restauro conservativo e/o ristrutturazione dei volumi di bottega e di residenza) e dinamico-funzionale ( organizzazione del processo produttivo e del marketing).
c Analisi critica del modello statico-strutturale, per un progetto di innovazione della configurazione dell’esistente.
5) Analisi critica del modello dinamico-funzionale, per una strategia di ammodernamento, diversificazione e riconversione a implementazione nel rapporto domanda/offerta in merci e servizi della nuova configurazione dell’esistente statico.
5a) Analisi critica dell’esistente socio-economico, per una strategia di implementazione delle risorse gestionali
5b) Analisi Swot per il supporto scientifico alla modulazione della strategia: mezzi/obiettivi
5c) Ipotesi di strategia per l’innovazione del sistema organizzativo-strutturale: “Inserimento nel contesto urbano”, “Qualità delle infrastrutture e degli spazi pubblici”, “Equilibrio degli interessi”
6) Sintesi descrittiva dell’idea progetto “Enclave casa & bottega nel rione di Porta Sant’Angelo” e dei collegamenti con i progetti di innovazione sociale previsti da provvidenze analoghe a quelle del Decreto Direttoriale 5 luglio 2012 n. 391/Ric del MIUR. (vedi allegato 2)
Realizzare una serie di prototipi di fulcro di attività artigianale di qualità, espressione di assetto strutturale e linee di produzione per prodotti a buon contenuto di innovazione tecnologica, nei settori del sistema moda (maglieria , pelletteria, sericolo-tessile) , dell’arredamento , dell’agroalimentare (dolciario in particolare), o di altro settore da identificare, in cui si verifica la sintesi della qualità della vita, fra il vivere in casa-famiglia (tempo libero e degli affetti ) e il vivere la propria professione creativa nella bottega ad essa contigua. Il contesto dell’aggregazione di vita associativa e di opportunità mercatistica, con tutte le connessioni concettuali verso gli ambiti dell’art. 1 del D.D. in oggetto, è il C.S. di Perugia, in cui far rivivere l’antica tradizione di “arti e mestieri” , avendo riapprezzato gli spazi naturalmente “vocati” a dette attività e riprogettato, secondo i criteri della “Domotica” e della “Architettura sostenibile e materiali, strutture , strumenti e funzioni organizzative, diretti ad attività produttive, secondo presupposti di successo che partono dall’area della produzione (offerta del prodotto/servizio) riprogettata secondo tecnologie di avanzata impostazione strutturale delle attrezzature, con tecniche di concetto e formulazione di prodotto e con articolate attività di vendita e promozione “ marketing oriented” (destinate alla domanda): clienti locali, incoming turistico, “e commerce” .
Tale proposta di idea progetto poggia anche su uno scenario cittadino futuribile, di “smart city” , in cui non vi sia contrapposizione tra visione “fat” (infrastrutture, banda, tecnologia) di città intelligente e “lean” della smart city (sostenibità ambientale, semplificazione, vivibiltà). Infatti il presupposto perché gli elementi funzionali essenziali per la nascita e lo sviluppo di una “smart city” e precostituirne il successo (lean, senseable, sustainable, green, regenerative, smartgrid oriented, CO2 footprint reducing) siano una vera potenzialità da mettere in campo è costituito da una equilibrata e consistente aggregazione di soggetti vocati, interessati, diremmo, quasi antropologicamente, a vivere intensamente il C.S. DI PERUGIA, attraverso la sperimentazione nel rione di Porta sant’Angelo dell’enclave artigianato casa & bottega .
6a I destinatari di tale documento, per quanto riguarda le strutture e infrastrutture sono imprenditori umbri interessati a rinvenire, nell’ambito dei benefici che il suddetto D.D. del MIUR prevede, uno strumento di intervento strutturale a medio termine, facente perno sull’idea progettuale : “Casa e Bottega”, da allocarsi nell’ambito principale dell’art. 1 del succitato D.D. per il comma 5: ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI (La bioedilizia utilizza materiali ecologici e non inquinanti, cercando di ridurre e limitare il più possibile il consumo di energie non rinnovabili : coibentazione, igroscopicità, isolamento e accumulo del calore) ; [18]mentre come ambiti secondari si indicano in ordine di importanza : DOMOTICA ( l’abitazione ed il luogo di lavoro antropizzati e organizzati secondo i criteri funzionali alla smart city) , LOGISTICA LAST MILE ( organizzazione infrastrutturale intermodale, materiale e immateriale, degli spostamenti di persone e merci ) , CLOUD COMPUNTING ( “I principali attributi di un’infrastruttura cloud comprendono il provisioning automatizzato e on-demand delle risorse, che garantisce il raggiungimento dei livelli di servizio, e il modello pay-as-you-go, che consente di legare le risorse ai servizi e ai costi associati in base all’utilizzo progressivo”).
Si auspica che possa aprire varchi di nuove opportunità verso ristrutturazione , ammodernamento ampliamento e riconversione edilizia nel C.S. [19], ed in particolare nell’area del rione di Porta Sant’Angelo,. Sulla base di tale intervento e delle analisi di marketing e delle suggestioni di percorsi strategici che in essa si prefigurano, si potranno sviluppare due modelli di “sviluppo sostenibile” : statico-strutturale e dinamico-funzionale.
6b Analisi critica del MODELLO STATICO-STRUTTURALE, per un progetto di innovazione della configurazione dell’esistente. DI PRECIPUO INTERESSE DELLE IMPRESE EDILI A TECNOLOGIA AVANZATA.
6c Analisi critica del MODELLO DINAMICO-ORGANIZZATIVO/FUNZIONALE, per una strategia di ammodernamento, diversificazione e riconversione a implementazione nel rapporto domanda/offerta in prodotti,merci e servizi della nuova configurazione dell’esistente statico, di precipuo interesse delle imprese manifatturiere e del terziario avanzato.
7) L’idea forza del progetto “Enclave Casa e bottega”
7a.1. Dimensioni concettuali e strategiche dell’idea forza : rendere attrattive le strutture di proprietà privata e/o pubblica verso nuovi insediamenti,prototipi propulsivi di altre e più numerose “location” nell’alveo degli antichi insediamenti artigianali e commerciali del ‘900, con riferimento a quanto descritto nelle pagine precedenti. Si fa riferimento a quelli di nuove attività artigiane di qualità (tessile- abbigliamento,arredamento ,restauro mobili ,agroalimentare). Il concetto di “casa e bottega” parte dal presupposto che fino a 80 anni or sono molte attività artigianali del C.S. perugino facevano perno su un’organizzazione familiare, per cui l’insediamento casa e bottega erano contigui: bottega a livello strada , come espressione di attività di trasformazione e commercializzazione, senza soluzione di continuità.
Ebbene, tale “stile di vita” si può replicare sulla scia di un rinnovamento, da contestualizzare, in chiave moderna, nell’ambito dei due modelli (statico-strutturale e dinamico organizzativo/funzionale). In altre parole, una volta verificato che i soggetti della offerta ( imprenditori-artigiani : giovani di nuova imprenditoriali e/o di esperienza consolidata) rappresentano una “massa critica”, interessante per soddisfare il fabbisogno di nuovi insediamenti nel C.S. e altresì avendo dimostrato che esiste anche una massa critica della domanda (residenti, turisti, acquirenti/consumatori occasionali dell’e-commerce) con propensione all’acquisto/consumo e adeguata capacità di reddito per soddisfare l’offerta prodotta, avremmo in tal modo dato un’assicurazione/contributo di conoscenza/indirizzo strategico :
Tali nuovi insediamenti renderanno il C.S. attrattivo (o più attrattivo di quanto non sia ora), attraverso il progetto pilota “Enclave artigianato casa & bottega” del rione di Porta Sant’Angelo verso nuove residenze e di conseguenza si determina la prospettiva incrementale di una “cubatura” di innovazione edilizia ,da ristrutturare, ammodernare , ampliare verso le esigenze di vivere ed operare in chiave moderna.
7a.2Alcuni “amarcord” significativi per un salto di qualità alla vivibilità ed attrattività del C.S.
Non c’è iniziativa, privata e/o pubblica che, sul tema del C.S. non riprenda temi e remake e mock up fotografici e filmati del “come eravamo”; quasi a cercare , nella memoria delle antiche radici, un nuovo stile di vita, una nuova prospettiva di crescita cittadina.
Di contro , il C.S. come appare oggi, nei suoi aspetti commerciali, si evidenzia o per le chiusure a ripetizione delle saracinesche dei negozi, con un “effetto domino” che ti immelanconisce, o con iniziative drastiche sui prezzi, quasi a voler indicare una stagione di crisi epocale, che preannunci una nuova dimensione dell’offerta commerciale. Ed il nuovo modello di commercializzazione delle risorse, anche attuali, nel C.S. dovrebbe “saldare” definitivamente la vecchia tecnica dell’”outlet e sconti-fuori tutto” ed invece fare perno, ad esempio, su un’alleanza fra artigianato e commercio, per articoli del sistema moda (maglieria, camiceria, capi spalla, calzature su misura e su commessa della domanda) dell’arredamento e dell’agroalimentare (un esempio su tutti: enfatizzare in luoghi deputati il commercio dei “rapi del lago e della fagiolina del Trasimeno” oppure lo sfruttamento delle terre incolte. Fintanto che le terre incolte umbre superano di gran lunga l’incidenza sulla SAU a livello nazionale, non vedo la nostra ‘agricoltura regionale in chiave strategica. Mi hanno impressionato quegli enormi trattori e macchine agricole, che per la verità già concoscevo, allocati per protesta di fronte ai palazzi della Regione. E mi sono chiesto quale potesse essere il punto di pareggio nel conto economico di una media azienda, dovendo ammortizzare simili costi fissi degli investimenti di processo di produzione agricola. Certo, la CE, a mezzo Regione, copre i disavanzi. Ma ormai è passata ai posteri la storia della filiera dell’agribusiness, del ciclo di produzione integrato agricoltura/industria alimentare, delle specificità alimentari umbre. Per l’intanto , in Piazza Matteotti apre la “prosciutteria toscana”, un franchising che ha realizzato quello che ho affermato sopra. E la sua offerta è il frutto di una filiera completa, dall’allevamento al prodotto finito,un ciclo di produzione integrato, tutto nazionale. Non hanno suini a balia presso i grandi allevamenti intensivi dell’Olanda come avviene per le produzioni norcine, e pertanto umbre. Chissà le vaste terre dell’Umbria incolta come sarebbero vocate per allevamenti suinicoli allo stato semibrado. Quando vado in campagna, osservo querceti con prati di ghiande a marcire. Ahimè! Quante risorse perdute.
Ci limitiamo a questi significativi suggerimenti, ben consapevoli che qualsiasi progetto di business comporta una serie di “plus” ed una consapevolezza dei “fattori di rischio” contrapposti a quelli di successo, per cui scendere dalle parole ai fatti può essere anche drammatico. Ma tant’è : “chi non risica, non rosica” dice il proverbio. E il peggiore dei consigli da dare, sarebbe quello di lasciare che tutto si evolva naturalmente, senza incentivi, promozioni, ricerche sulla svolta da intraprendere per superare la crisi.
8) Ipotesi di strategia per l’innovazione del sistema organizzativo : “Inserimento nel contesto urbano”, “Qualità delle infrastrutture e degli spazi pubblici”, “Equilibrio degli interessi” da far valere nel progetto “Enclave Casa & Bottega in un Rione del C.S. di Perugia”
8a) Ipotesti di business plan per una stima dei costi/benefici progettuali
8b) Metodologia di Project Management per elaborazione del progetto :
La organizzazione del lavoro di progettazione , secondo i work package del Work Breakdown Structure, potrà essere adottata per la realizzazione del progetto , secondo le funzioni e i fattori evidenziati nei capitoli precedenti.
Le funzioni a cui abbiamo fatto riferimento, suddivise per tre fasi : analisi, mezzi e obiettivi, per la scomposizione in pacchi di lavoro è la seguente :
Elaborazione ed approvazione del Programma Definitivo |
Fase di pianificazione di ruoli e funzioni (pacchi lavoro) |
Fase di gestione dei pacchi lavoro ripartiti per le tre fasi :analisi, mezzi e obiettivi. |
Fase di redazione, validazione e finanziamento Piano industriale |
Approntamento documentazione per tipologia di analisi. |
Attività di consulenza ex post per lo start up dell’impresa |
Attività di assistenza all’elaborazione del business plan |
Ricerca ed acquisizione di ipotesi di estensione partnership |
Approntamento documentazione contabile per ogni partner |
Fase di rendicontazione SAL |
Posizionamento de i Mezzi progettuali nello start contesto operar start up |
Verifica partecipazione
partners |
Verifica del successo dello start up
|
Verifica ammissioni ai finanziamenti
|
Verifica continuità del piano
|
Verifica “pre Sal”
di consunti-vizzazione corretta
|
La Work Breakdown Structuredi un progetto di insediamenti artigiani
Un sistema o un prodotto complesso è di norma costituito da numerose componenti (elementi di attività), ognuna delle quali deve essere progettata, realizzata, collaudata e monitorata (anche ai fini degli adempimenti verso il finanziamento di enti o ministeri ); tutte queste attività devono essere “governate”, tramite il processo di project management, in termini di risorse, tempi e risultati. Per far questo è utile suddividere il complesso dei componenti in gruppi omogenei (pacchi di lavoro), dal punto di vista delle attività di progettazione e controllo, secondo una logica gerarchica top-down.
Le varie attività da svolgere, devono essere organizzate gerarchicamente ed inserite nel piano del progetto, per completare il prodotto finale previsto.
Questa struttura gerarchica è la “Work Breakdown Structure”, cioè la struttura in cui le varie attività da svolgere per completare il prodotto finale vengono organizzate in fasi, sottofasi ed attività di dettaglio. La WBS aiuta pertanto ad identificare tutte le attività necessarie a completare il processo di gestione delle attività del progetto, e quindi anche ad effettuare una stima basata sulla valutazione dell’impegno di risorse umane richiesto per lo svolgimento delle singole attività identificate, da mettere a confronto con la stima effettuata in base al “dimensionamento” del prodotto.
I “pacchi di lavoro”, ovvero raggruppamenti di elementi di attività, rappresenteranno il primo livello di scomposizione al termine dei quali vengono effettuati dei controlli formali dello stato di avanzamento del progetto e prese conseguentemente delle decisioni su come procedere nelle fasi successive. La struttura delle WBS, cioè delle fasi e sottofasi da inserire nel piano di realizzazione, corrisponde nella sostanza alla struttura del processo di progettazione e realizzazione del prodotto.
8c Struttura di riferimento
La scomposizione in pacchi di lavoro del programma, presuppone dunque l’adozione di una struttura di project management e di una metodologia che, nel caso specifico è la Work Breakdown Structure (WBS).
8d Istruzione per la preparazione della work breakdown structure (wbs)
Le Funzioni della Ricerca di MKT, che corrispondono ciascuna ad un obiettivo realizzativo da conseguire per ogni singolo progetto di artigianato, saranno contraddistinte da un codice alfa numerico e saranno così suddivise:
Aree funzionali di attività aziendale riferite alle Funzioni della ricerca di MKT contraddistinte da lettere minuscole a, b, c, d, e:
Raccoglie sotto di sé tutti i pacchi di lavoro riferiti alle attività di progettazione e formazione , finalizzate al programma definitivo di sistema ed è suddiviso in tre tipologie di attività:
a.1. Subsystem Management
Raccoglie sotto di se tutti i pacchi di lavoro per le attività di coordinamento e supervisione delle attività tecniche di formazione , di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, sia nella fase di incubatore che in quello degli start up, e d’interfaccia con l’ ente finanziatore incluso il Project Control ed il Contract Administration fra i partner dell’ATI e verso l’ente finanziatore .
a.2. Subsystem Engineering
Raccoglie sotto di se tutti i pacchi di lavoro per le attività di formazione e progettazione dei prototipi , ovvero le attività di sviluppo sperimentale indicate nella tabella .
a.3. Subsystem Product Assurance
Raccoglie sotto di sé tutti i pacchi di lavoro per le attività di qualità del sistema relative a:
Questo nodo raccoglie sotto di sé tutti i pacchi di lavoro per le attività di costruzione, ed integrazione dei vari sottosistemi che formano il sistema. Il nodo dovrà avere almeno due sottopacchi distinti, uno dedicato alle attività di prove ambientali del sistema integrato (termiche, vibrazioni, EMC,. . .), e l’altro dedicato alle attività di costruzione ed integrazione.
Sotto questo nodo sono raccolti i pacchi di lavoro relativi al software di sistema a partire dalla fase di sviluppo del concetto, seguita dalla definizione e preparazione dei requisiti, per concludersi con le prove funzionali.
Sotto questo nodo si identificano due categorie:
d.1 Sub system product test support
Questa categoria raccoglie i pacchi relativi alle attività di supporto alle operazioni di Ricerca di Marketing attinenti il supporto di Marketing Operativo (studio del marchio e sviluppo dell’immagine coordinata ). Da questo filone requisiti per la fruibilità dei prodotti finiti (user benefit) strumenti fondamentali delle argomentazioni di vendita e post vendita.
d.2. Sub system Area test Support
Sotto questa categoria si trovano i pacchi relativi alle operazioni di supporto al lancio del prodotto in area test. Questo nodo raccoglie sotto di sé anche tutti i pacchi di lavoro relativi alla pianificazione, definizione e sviluppo delle attività di logistica integrata (ILS, Integrated Logistics Support).
Sotto questo nodo sono raccolti i pacchi di lavoro relativi ai modelli-prototipi del sistema utilizzati per la campagna di sviluppo e prove dello stesso. Alcuni esempi sono: Modelli Strutturali che simulano le proprietà meccaniche e sono utilizzati per la qualifica strutturale del sistema, Modelli Termici che simulano le proprietà termiche e temo-ottiche del sistema utilizzati per verificare il progetto termico, Mock-up per verificare e sviluppare requisiti funzionali, etc.. .
8e Gli elementi fondamentali del progetto e del suo business plan a fondamento del suo diagramma di flusso
Analisi dell’ Offerta
bottega “ da posizionare in start up (esercizio di costruzione) per almeno due anni dall’inizio di attività gestionale.
Analisi della domanda
TABELLA A : CONTO ECONOMICO DEL PROGETTO “ENCLAVE ARTIGIANATO CASA E BOTTEGA NEL RIONE DI PORTA SANT’ANGELO”. (ipotesi di investimento minima: €. 12.000.000 di cui lo 20% per l’attività di coordinamento e impostazione scientifica dell’Università. €. 3.000.000 per n. 10 progetti di innovazione sociale giovani di età < 30 anni) per i primi due esercizi di costruzione (Start up fase organizzativo-strutturale) | |||||
Totale investimento di competenza dei soggetti indicati: Tot. 12.600.000 | Confartigianato + N. 2 imprese edili + Università ++ 1 imp. ICT | N. 10 imprese manifatturiere per incubatori | N. 10 imprese di giovani * progetto innovazione sociale (start-up) | TOTALE | TOTALE inc. % SU INV. |
Investimento di ricerca industriale | 2.400.000,00 | 2.400.000,00 | 0 | 4.800.000,00 | 38,1% |
Investimento di sviluppo sperimentale | 2.400.000,00 | 2.400.000,00 | 0 | 4.800.000,00 | 38,1% |
Progetto di ricerca e formazione (art. 12 D.M. 593/’00 | 3.000.000,00 | 3.000.000,00 | 23,8% | ||
A) Totale investimento | 4.800.000,00 | 4.800.000,00 | 3.000.000,00 | 12.600.000,00 | 100,0% |
MIUR: Contributo alle spese | 720.000,00 | 720.000,00 | 2.400.000,00 | 3.840.000,00 | 30,5% |
MIUR : Mutuo a tasso agevolato (65% medio) | 3.120.000,00 | 3.120.000,00 | 0 | 6.240.000,00 | 49,5% |
B) Coperture finanziarie del MIUR | 3.840.000,00 | 3.840.000,00 | 2.400.000,00 | 10.080.000,00 | 80,0% |
Autofinanziamento per costo investimenti, interessi passivi, e start up | 960.000,00 | 960.000,00 | 600.000,00 | 2.520.000,00 | 20,0% |
TABELLA B Conto Economico del business C.S. Casa e Bottega – Previsione quinquennale (con start up fase gestionale che decorre da start up fase organizzativo-strutturale). | A Previsione di giro di affari (a 5 anni) | B Previsione di costi industriali (a 5 anni) | C Margine lordo prima dell’ammortamento mutuo (a 5 asnni) | D Rate N. 5 di ammortamento mutuo MIUR | E Capitale investito dall’imprenditore (autofinanziamento) | F Margine lordo al netto di D+E |
Per le due imprese edili: a breve termine: realizzazione delle strutture dei tre progetti di innovazione sociale .A medio termine : collocamento sul mercato di aree immobiliari ristrutturate (o ristrutturabili) di pregio secondo i parametri dello smart city . | 9.000.000,00 | 5.850.000,00 | 3.150.000,00 | 1.560.000,00 | 991.200,00 | 598.800,00 |
Per le 10 imprese manifatturiere artigiane “casa & bottega” : realizzazione di franchising con le imprese di innovazione sociale. Sperimentazione di nuove forme di “e marketing” urbano . | 10.511.850,00 | 6.832.702,50 | 3.679.147,50 | 1.560.000,00 | 991.200,00 | 1.127.947,50 |
Per le tre imprese di innovazione sociale: sviluppo di n. 10 progetti innovativi “casa e bottega” da idee di interesse sociale, collegabili alle 10 imprese . | 7.500.000,00 | 5.625.000,00 | 1.875.000,00 | 0 | 800.000,00 | 1.075.000,00 |
Totale | 27.011.850,00 | 18.307.702,50 | 8.704.147,50 | 3.120.000,00 | 2.782.400,00 | 2.801.747,50 |
Nella presente tabella si evidenzia che , nell’ipotesi di accordo fra le imprese industriali e di sinergie con le tre imprese di giovani , si può sviluppare un business che, dopo ca. 5 anni dall’inizio della fatturazione delle commesse e delle vendite delle 10 imprese di giovani , si ottiene un margine lordo (colonna F) che va a ripagare sia le prime cinque rate dell’ammortamento del mutuo del Miur, o di ALTRO ENTE FINANZIATORE, sia il capitale proprio investito nell’iniziativa.
CONCLUSIONI
Per le imprese dell’edilizia interessate al presente progetto potremmo anche affermare, per evidenziare e motivare la loro partecipazione in profit minded, che almeno il 50% del costo del progetto potrebbe essere destinato, per la parte di riferimento allo sviluppo sperimentale, alla realizzazione di 10 prototipi di “casa e bottega” ( una cifra orientativamente intorno, nel caso di soglia massima di investimento ammissibile, ai €. 3.000.000), ovvero ristrutturare e/o rimodulare e/o riconvertire una cubatura del Rione di Porta Sant’Angelo C.S.[23] con una tecnologia all’avanguardia, mentre l’ implementazione del processo di produzione verrebbe realizzata con attrezzature (della maglieria ad esempio) di avanzata tecnologia e con una qualche implicazione di carattere sociale[24] con i finanziamenti del Progetto di innovazione sociale , di giovani di età inferiore ai 31 da compiere, collegato alla idea progettuale in oggetto. Dovrebbe essere un progetto da “best practice “ per interventi analoghi nel C.S. come da D.D. (vedi nota 1). Una volta resa adattabile tale location strutturale all’attività dei 10 progetti di “casa e bottega”, il titolare di ciascuno di essi dovrà aver già presentato al Miur il suo progetto di innovazione sociale, ovvero di costituzione di una nuova impresa di giovani, collegato alla idea progettuale in essere, pari ad un investimento massimo di €. 1.000.000, con copertura del finanziamento in contributo a fondo perduto dello 80%. I due soggetti delle imprese edilizie insieme agli altri tre del manifatturiero,le prime per la realizzazione delle strutture, le seconde per lo start up organizzativo-gestionale degli incubatori, entrambe nel ruolo di tutor nella innovazione di impresa di giovani, avranno tutto l’interesse a sostenere le 10 imprese artigiane almeno per gli anni di rientro del proprio piano di ammortamento mutuo del MIUR. Nel frattempo si saranno resi virtuosi i comportamenti di altri soggetti che , per attrazione delle 10 “best practice” (in gergo di MKT si definisce “me too”) vorranno investire le proprie risorse economico-finanziarie e di know how nel C.S. giunto si presume a livelli attrattivi di rilievo per nuovi insediamenti in immobili di sicura ristrutturazione, data la ripresa della domanda.
Abbiamo reso queste ipotesi in numeri che riportiamo nei conti economici delle due tabelle precedenti.
(Allegato N. 1)
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Decreto Direttoriale 5 luglio 2012 n. 391/Ric.
IL DIRETTORE GENERALE
VISTO il D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e ss. mm. e ii. sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
VISTA la Legge 14 luglio 2008 n. 121 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008 n. 85, recante “Disposizioni urgenti per l’adeguamento delle strutture di governo in applicazione dell’art. 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” con la quale, tra l’altro, è stato previsto che le funzioni del Ministero dell’Università e della Ricerca, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, sono trasferite al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
CONSIDERATA la Comunicazione COM(2011) 808 def della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Horizon 2020” nella quale viene illustrato il quadro strategico comune in materia di ricerca e innovazione per il periodo 2014-2020, e che prevede tre priorità che si rafforzano reciprocamente: 1. generare una scienza di alto livello finalizzata a rafforzare l’eccellenza scientifica dell’UE a livello internazionale; 2. promuovere la leadership industriale mirata a sostenere l’attività economica, comprese le PMI; 3. innovare per affrontare le sfide sociali, in modo da rispondere direttamente alle priorità identificate nella strategia Europa 2020 per mezzo di attività ausiliari che coprono l’intero spettro delle iniziative, dalla ricerca al mercato;
VISTA la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico Sociale e al Comitato delle Regioni “Un’agenda digitale europea” COM/2010/0245f/2;
VISTE le strategie, le finalità e gli obiettivi in cui si articola il Piano e-government italiano e gli orientamenti della Agenda Digitale Europea;
VISTO l’Avviso 84/Ric. del 2 marzo 2012 con il quale il MIUR ha attivato interventi, nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competitività” 2007/2013, finalizzati al sostegno di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nel settore delle Smart Cities and Communities;
VISTO il Decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297 recante “Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori” e ss.mm.ii.;
VISTO il Decreto Ministeriale 8 agosto 2000, n. 593 e ss.mm.ii, pubblicato nel S.O. n. 10 alla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2001 relativo alle «Modalità’ procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal Decreto Legislativo 27 luglio 1999, n. 297» entrato in vigore il 17 febbraio 2001, e successive modifiche ed integrazioni;
VISTO il Decreto Ministeriale n. 362/Ric. del 22 maggio 2012, registrato dalla Corte dei Conti in data 28 giugno 2012, Reg. 10 foglio 137, con il quale il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, del richiamato DM n. 593/00 e ss.mm.ii, ha individuato la necessità di interventi nell’ambito “Smart Cities and Communities”, relativamente all’intero territorio nazionale, con una conseguente allocazione di risorse a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR) pari a 655 milioni di euro;
RITENUTO la necessità di procedere alla adozione e pubblicazione del presente Bando, in coerenza con le disposizione dell’articolo 12 del predetto Decreto Ministeriale n. 593/00 e ss.mm.i;
DECRETA
Articolo 1
Finalità e oggetto dell’intervento
TECNOLOGIE WELFARE E INCLUSIONE: sostenere l’inclusione di categorie a rischio e prevenire forme di disagio sociale, attraverso lo sviluppo di servizi innovativi basati sull’impiego di tecnologie ICT e diretti alla soluzione dei problemi delle persone diversamente abili, all’inserimento sociale e lavorativo di immigrati provenienti da paesi esteri, al sostegno delle famiglie a basso reddito, al reinserimento nel sistema dell’istruzione di giovani che hanno anticipatamente abbandonato la carriera scolastica (drop-out), al miglioramento dell’accesso ai servizi assistenziali e sanitari.
DOMOTICA: promuovere lo sviluppo di nuove conoscenze, soluzioni tecnologiche innovative, impianti, costruzioni e prodotti altamente innovativi che, secondo uno schema di Ambient Intelligence ed “Ambient Assisted Living”, permettano di ridisegnare l’ambiente di vita domestico in modo da garantire una migliore qualità della vita delle persone, l’inclusione, la sicurezza, nonché una piena autonomia delle persone diversamente abili.
GIUSTIZIA: promuovere l’innalzamento dell’efficienza del sistema giudiziario attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie e sistemi innovativi interoperabili per il miglioramento dei modelli organizzativi e gestionali, per l’ottimizzazione della gestione documentale e la sua dematerializzazione, per l’informatizzazione dei servizi al pubblico, anche in un’ottica di contenimento dei costi del sistema.
SCUOLA: sostenere la progettazione di devices innovativi destinati agli studenti, in grado di supportare sia la lettura del libro elettronico, con schermi e risoluzioni idonee, sia l’accesso e l’utilizzo, con architetture aperte ai principali sistemi operativi, di contenuti digitali multimediali accessibili in rete; Learning Management System (LMS) in grado di supportare tutte le funzioni di gestione necessarie alla personalizzazione dei percorsi di apprendimento, in termini di flessibilità degli orari e affiancamento alle attività in presenza, articolazione dinamica dei gruppi e strumenti per la gestione degli studenti; sistemi di Content Management System(CMS), integrabili in ambienti LMS, rivolti agli insegnanti per lo sviluppo di contenuti digitali multimediali.
WASTE MANAGEMENT: sviluppare in un’ottica eco-sostenibile nuove modalità di gestione e valorizzazione dei rifiuti, attraverso lo sviluppo di sistemi tecnologici innovativi integrati per la raccolta, il trasporto, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti materiali; lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio, controllo e riduzione dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi derivanti dall’impiego di sostanze pericolose; la messa a punto di soluzioni tecnologiche per il riutilizzo dei reflui e degli scarti della lavorazione industriale, anche in chiave energetica; lo sviluppo di tecnologie per la realizzazione di nuovi prodotti derivanti dal riciclo dei materiali di scarto.
TECNOLOGIE DEL MARE: coniugare la promozione della tutela dell’ambiente e delle risorse marine con l’innovazione dei settori marittimo e della cantieristica navale attraverso lo sviluppo di nuovi sistemi e tecnologie per la sicurezza, il monitoraggio, la bonifica e la conservazione dell’ambiente marino; lo sviluppo di sistemi innovativi integrati per la gestione delle emergenze; la messa a punto di nuovi metodi e di tecnologie per il miglioramento della qualità del prodotto ittico e il rafforzamento del settore della pesca secondo un approccio di filiera; la realizzazione o ottimizzazione di sistemi e tecnologie innovativi per la navigazione di superficie e subacquea.
SALUTE: promuovere nuovi modelli del sistema sanitario, attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie, soluzioni e componenti ICT funzionali e abilitanti che consentano l’attivazione di nuovi modelli di attività nell’area della salute e del benessere, lo sviluppo di servizi di e-sanità a livello sovra/regionale, locale e individuale, il miglioramento del modello di interazione tra strutture sanitarie.
TRASPORTI E MOBILITÀ TERRESTRE: promuovere, nell’ambito della mobilità marittima, urbana, su gomma e/o su rotaia, lo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni ICT innovative finalizzate a migliorare l’interoperabilità dei sistemi informativi logistici marittimi o tra i sistemi di infomobilità marittima, urbana, su gomma e/o su rotaia, anche in attuazione delle disposizioni della normativa comunitaria vigente in materia.
LOGISTICA LAST-MILE: promuovere nuovi modelli nel settore della logistica in chiave eco-sostenibile anche attraverso lo sviluppo di sistemi e tecnologie in grado di innalzare l’efficienza nella gestione dei circuiti di distribuzione dei beni.
SMART GRIDS: promuovere lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche e gestionali in grado di favorire la produzione e la gestione integrata a livello locale delle diverse fonti energetiche rinnovabili e dei relativi sistemi di distribuzione, e la loro integrazione con i sistemi nazionali e europei.
ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI: promuovere, nell’ambito del settore edilizio e in chiave sostenibile, lo sviluppo di nuove soluzioni, tecnologie e nuovi materiali ad alte prestazioni, diretti, secondo il principio dello “Zero Impact Building”, al miglioramento dell’efficienza energetica, alla riduzione dell’impatto ambientale, al controllo e abbattimento dei fattori di inquinamento, al miglioramento delle condizioni di salute nei luoghi abitativi e di lavoro, nonché ad assicurare agli utilizzatori maggiore sicurezza e comfort.
CULTURAL HERITAGE: promuovere lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche per la diagnostica, il restauro, la conservazione, la digitalizzazione, la fruizione dei beni culturali materiali e/o immateriali, al fine di valorizzarne l’impatto in termini ambientali, turistici e culturali, e di favorire l’integrazione di servizi pubblici e privati innovativi, anche con riferimento alla capacità attrattiva dei territori.
GESTIONE RISORSE IDRICHE: promuovere la tutela delle risorse idriche attraverso lo sviluppo di sistemi e tecnologie innovative per il miglioramento della gestione delle acque attraverso un incremento dell’efficienza della rete e degli impianti di distribuzione esistenti nel territorio; lo sviluppo di nuovi sistemi e tecnologie per il monitoraggio, il controllo e la riduzione dei carichi inquinanti; lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche volte alla riduzione dell’impiego dell’acqua destinata all’agricoltura e all’industria.
CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT: promuovere lo sviluppo di servizi innovativi al pubblico, con particolare riguardo al settore E-government, e alle imprese, con particolare riferimento alle PMI, mediante lo sviluppo di prototipi funzionanti che contribuiscano ad adottare e diffondere piattaforme “cloud” e le relative applicazioni e servizi. Le nuove tecnologie dovranno essere in grado di migliorare la qualità e l’accessibilità dei servizi, garantire elevati standard di interoperabilità tra sistemi “cloud” differenti, promuovere implementazioni di riferimento basate su soluzioni “open source”, ridurre i costi di adozione da parte delle imprese di nuove tecnologie ICT, incrementando il ritorno degli investimenti e riducendo il “time to market” dei loro prodotti/servizi.
6. Le Idee Progettuali dovranno prevedere lo sviluppo di attività di ricerca industriale, estese ad attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, finalizzate a nuovi prodotti, processi, servizi, contribuendo anche a far crescere un capitale umano specializzato nell’economia dei servizi che rappresenta la premessa per innestare a livello nazionale meccanismi di “crescita intelligente”. Gli stessi dovranno caratterizzarsi per il ricorso prevalente a tecnologie ICT e i risultati delle attività di ricerca dovranno essere validati mediante sperimentazione condotta con il coinvolgimento delle amministrazioni interessate.
7. Le Idee Progettuali dovranno, altresì, caratterizzarsi per la capacità di potenziare e valorizzare i suddetti ambiti di cui al precedente comma 5 del presente articolo, con specifico riferimento a quelli di particolare rilevanza economica a livello regionale, con contestuale capacità di ricadute su altri ambiti e/o su altre Regioni.
8. Le Idee Progettuali saranno valutate e selezionate sulla base dei criteri di cui al successivo articolo 6 del presente Avviso e secondo le modalità previste dal DM 593/2000 e ss.mm.ii.
Articolo 2
Soggetti ammissibili
3. Il partenariato di cui al precedente comma 2 del presente articolo deve rispettare i seguenti elementi:
a) la componente industriale del partenariato (articolo 5, comma 1, lettere da a) a d) del DM 593/2000 e ss.mm.ii.), nel suo complesso, anche associata in forma contrattuale e/o societaria, dovrà farsi carico di almeno il 50% dei costi complessivi riferibili alle attività di ricerca e sviluppo sperimentale enucleate nella proposta, ivi inclusi i costi di sperimentazione che non devono essere inferiori al 5%, né superiori al 10% del costo totale della proposta;
b) nell’ambito del predetto 50%, una quota non inferiore al 10% deve essere sostenuta direttamente da una o più PMI, come definite nella normativa comunitaria di riferimento, richiamata dal DM 593/2000 e ss.mm.ii.;
c) nell’ambito del predetto 50% lo stesso soggetto industriale non può sostenere costi per un importo superiore ai 7,5 milioni di euro per l’insieme dei progetti dello stesso ambito;
d) una quota non inferiore al 20% del costo totale della proposta deve essere sostenuta direttamente da Università e Istituti Universitari statali e/o da Enti e Istituzioni Pubbliche Nazionali di Ricerca vigilati dall’Amministrazione Pubblica Centrale.
4. Lo stesso raggruppamento di soggetti di cui al comma 2 del presente articolo non può presentare più di n. 1 Idea Progettuale per ogni singolo ambito.
Articolo 3
Caratteristiche delle Idee Progettuali
3. Le Idee Progettuali devono prevedere il completamento delle attività entro il 30 dicembre 2015.
4. Al fine di garantire la massima efficacia delle attività di sperimentazione in ambito territoriale, ogni raggruppamento deve prevedere il coinvolgimento di una o più delle Pubbliche Amministrazioni operanti nei territori ove si svolgeranno le previste attività progettuali, secondo le modalità descritte ai punti h) e i) del successivo comma 5 del presente articolo.
5. L’Idea Progettuale deve essere strutturata sulla base dei seguenti elementi, ognuno dei quali dovrà essere descritto in un massimo di 4.000 caratteri:
a) una complessiva descrizione dell’Idea Progettuale che evidenzi la tipologia di beni e servizi che si intende sperimentare, valorizzando la ricerca riferita ad un ambito prioritario e, eventuali a ulteriori ambiti secondari, tra quelli indicati all’articolo 1, comma 5, dell’Avviso;
b) l’esplicitazione degli obiettivi di ricerca che si intendono perseguire, evidenziando, le attività di ricerca necessarie per la realizzazione di ciascun obiettivo e le ricadute positive in termini di impiego delle risorse e di qualità della vita della collettività, concretamente dimostrabili attraverso la fase di sperimentazione, la novità, originalità e utilità delle attività e delle conoscenze acquisibili, con riferimento allo stato dell’arte internazionale;
c) la descrizione delle competenze scientifico-tecnoloco-gestionali dei soggetti coinvolti, le motivazioni che sono alla base della loro partecipazione al progetto, le eventuali esperienze di realizzazione di proposte equivalenti, l’impegno dei singoli soggetti partecipanti in ciascuna delle attività ricomprese nell’Idea Progettuale;
d) il programma temporale della proposta, articolata per fasi realizzative, la cui fase di sperimentazione non deve essere di durata inferiore a un quarto della durata complessiva prevista;
e) le modalità di valorizzazione dei risultati della ricerca in termini di trasferimento tecnologico, nascita di nuove imprese, spin-off industriali originati dalle attività di ricerca proposte, e la relativa sostenibilità nel tempo dell’iniziativa attraverso l’indicazione schematica della “business idea”, sottesa al progetto di sviluppo sperimentale;
f) il livello di coinvolgimento dei soggetti proponenti in partenariati scientifico-tecnologico-industriali su scala europea e internazionale, con particolare attenzione alla eventuale esplicitazione dei futuri programmi di sviluppo e di investimenti nelle aree territoriali di interesse dell’Avviso, da parte dei soggetti industriali, in forma individuale e/o consorziata, finalizzati a sostenere l’effettiva implementazione sul territorio dei risultati del progetto;
g) il collegamento organico e coerente con altre azioni di sviluppo urbano in via di attuazione nell’ambito internazionale, nazionale, regionale;
h) l’indicazione della Pubblica Amministrazione presso cui si prevede di svolgere le attività di sperimentazione, accompagnata da un atto dell’organo deliberante della stessa Amministrazione attestante la propria disponibilità alla partecipazione, l’inserimento dell’intervento all’interno dei propri strumenti di programmazione e pianificazione relativi agli ambiti dell’Idea Progettuale, nonché l’interesse ad acquisire il servizio sperimentato, eventualmente secondo le forme e le modalità del Precommercial Procurement;
i) la descrizione del modello e dei meccanismi di governance fra il raggruppamento proponente, la Pubblica Amministrazione coinvolta e l’eventuale partenariato locale;
j) l’obbligo di pubblicità sulla piattaforma nazionale per il riuso della descrizione dell’applicazione sviluppata, delle relative specifiche tecniche e delle funzionalità; l’obbligo di includere nel contratto di sviluppo delle clausole che garantiscano il diritto di disporre dei programmi ai fini del riuso da parte della medesima o di altre amministrazioni; nel caso l’applicazione sia rilasciata con una licenza aperta, l’impegno a condividere il codice sorgente o in ogni caso le informazioni necessarie per il riutilizzo da parte di un soggetto terzo.
Articolo 4
Determinazione e ammissibilità dei costi
b. costi degli strumenti e delle attrezzature nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il progetto di ricerca. Se gli strumenti e le attrezzature non sono utilizzati per tutto il loro ciclo di vita per il progetto di ricerca, sono considerati ammissibili unicamente i costi di ammortamento corrispondenti alla durata del progetto di ricerca, calcolati secondo i principi della buona prassi contabile;
c. costi dei servizi di consulenza e di servizi equivalenti utilizzati esclusivamente ai fini dell’attività di ricerca e per una quota non superiore al 10% delle altre spese ammissibili;
d. spese generali supplementari derivanti direttamente dal progetto di ricerca, imputate con calcolo pro-rata all’operazione, secondo un metodo equo e corretto debitamente giustificato. Tali spese dovranno essere valorizzate in una percentuale del costo del personale che sia adeguatamente supportata dalla contabilità aziendale (generale e analitica) e comunque non eccedente il 50% delle spese di personale. Tale incidenza sarà determinata in base al rapporto esistente tra le spese generali aziendali (riconducibili ad attività di ricerca e sviluppo) e il costo del personale (dipendente e non dipendente), sulla base dei dati contabili relativi all’esercizio di riferimento durante il quale è stato svolto il progetto di ricerca;
e. altri costi di esercizio, inclusi costi di materiali, forniture e prodotti analoghi, sostenuti direttamente per effetto dell’attività di ricerca, costi di fidejussione e di informazione e pubblicità;
2. I costi afferenti le diverse tipologie di spesa sono al netto di I.V.A. nel caso in cui tale imposta risulti trasferibile in sede di presentazione di dichiarazione periodica; sono, invece, comprensivi di I.V.A. nel caso in cui tale imposta non sia trasferibile.
Articolo 5
Risorse finanziarie disponibili e forme e modalità di agevolazione
3. Nei confronti dei soggetti proponenti di cui al precedente articolo 2, comma 3, lettera d), il MIUR interviene nella misura dell’80% dei costi giudicati ammissibili. Fino al limite del 20% dei costi l’agevolazione predetta è riconosciuta nella forma del contributo alla spesa; per eventuali quote aggiuntive di costo giudicato ammissibile l’agevolazione predetta è riconosciuta nella forma del credito agevolato.
Articolo 6
Modalità e criteri per la valutazione delle Idee Progettuali
a. qualità della proposta (max 25 punti) in termini di:
– grado di innovazione dei contenuti e delle metodologie, tenuto conto dell’articolazione delle attività proposte e del loro livello di integrazione;
– novità, originalità e utilità delle attività e delle conoscenze acquisibili, con riferimento allo stato dell’arte internazionale;
– congruità economica delle attività progettuali proposte;
b. qualità dei soggetti proponenti (max 25 punti) in termini di:
– competenze coinvolte, anche attraverso lo sviluppo di forme di partenariato con soggetti pubblici e privati comunitari e internazionali nel quadro di collaborazioni in atto o in fase di avvio a livello europeo e internazionale;
– meccanismi di governance e di coinvolgimento degli stakeholders locali;
c. rilevanza e significatività delle Pubbliche Amministrazioni di cui alla lettera h) del comma 5 del precedente articolo 3 del presente Avviso, nonché grado di coerenza della proposta con la programmazione regione e di rispondenza ai fabbisogni di competitività e di crescita dei territori di riferimento, con specifico riguardo alla evidenziazione delle esigenze delle pubbliche amministrazioni coinvolte nella fase di sperimentazione e di sviluppo di potenziale “domanda pubblica”, con contestuale capacità di ricaduta su altri ambiti e altri territori regionali, così da precostituire i presupposti per successivi interventi di “PreCommercial Procurement” (max 25 punti);
d. grado di collegamento organico e coerente con altre azioni in corso di finanziamento o di valutazione proposte nell’ambito di programmi regionali, nazionali e comunitari con particolare riferimento alle azioni in tema di Cluster Tecnologici Nazionali e Smart Cities già avviate dal MIUR (max 25 punti).
3. Con proprio provvedimento, da adottarsi entro e non oltre 30 giorni dal termine per la presentazione delle Idee Progettuali indicato al successivo articolo 8, comma 1, del presente Avviso, la competente Direzione generale del MIUR procede all’eventuale approvazione delle proposte del panel. Contestualmente, e nei limiti delle disponibilità di cui al precedente articolo 5, comma 1, maggiorate del 100%, invita i soggetti proponenti delle proposte che abbiano conseguito un punteggio complessivo di almeno 70 punti sui 100 conseguibili, comprensivo di almeno 20 punti per il criterio a., di almeno 15 punti per il criterio b., di almeno 10 punti per il criterio c., di almeno 15 punti per il criterio d, a presentare i relativi progetti esecutivi.
4. Saranno invitati a presentare i progetti esecutivi anche i soggetti proponenti delle proposte idonee che avranno ottenuto lo stesso punteggio globale dell’ultima proposta invitata ai sensi del precedente comma 3.
5. La elaborazione dei progetti esecutivi potrà avvenire anche attraverso una attività di concertazione e negoziazione condotta in modo condiviso tra i soggetti proponenti delle relative Idee progettuali in coerenza con le motivate valutazioni di cui al precedente comma 3.
6. La valutazione degli specifici progetti esecutivi sarà condotta secondo quanto previsto dalle vigenti disposizioni normative e regolamentari in materia: in tale quadro, la valutazione tecnico-scientifica dei progetti esecutivi sarà affidata allo stesso panel di esperti di cui al comma 1 del presente articolo, attraverso l’utilizzo degli stessi criteri e punteggi di cui al precedente comma 2.
7. All’esito delle valutazioni di cui al precedente comma 6, il Ministero disporrà l’ammissione al finanziamento dei migliori n. 2 progetti esecutivi per ciascuno degli ambiti di cui al precedente articolo 1, comma 3 del presente Avviso.
Articolo 7
Progetti di Innovazione Sociale
3. I Progetti di Innovazione Sociale debbono intendersi quali workpackages formativi delle Idee Progettuali richieste con il presente Invito e che, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 12 del DM n. 593/00 e ss.mm.ii, all’esito delle valutazioni di cui alle disposizioni seguenti, saranno funzionalmente e strutturalmente collegati dal MIUR all’interno dei progetti esecutivi di cui al comma 7 del precedente articolo 6.
4. I “Progetti di Innovazione Sociale” (di seguito “progetti”) debbono avere un costo massimo di 1 milione di euro e debbono essere proposti da giovani residenti nel territorio nazionale di età non superiore ai 30 anni di età.
5. I “progetti” debbono prevedere lo sviluppo di idee tecnologicamente innovative per la soluzione nel breve-medio periodo di specifiche problematiche presenti nel tessuto urbano di riferimento, con specifico riferimento agli ambiti indicati nell’articolo 1 del presente Avviso.
6. I “progetti” debbono essere strutturati sulla base dei seguenti elementi, descritti complessivamente in non più di 40.000 caratteri:
a. una complessiva descrizione delle attività progettuali che evidenzi le idee tecnologiche individuate e le problematiche urbane alla cui soluzione sono rivolte;
b. le competenze e l’impegno dei soggetti coinvolti nelle attività progettuali;
c. il programma temporale delle attività;
d. la descrizione dei costi previsti;
e. la capacità di auto-sostenibilità nel medio-lungo periodo delle soluzioni previste, attraverso la elaborazione di uno specifico business-plan delle attività post-progettuali.
7. Per la determinazione e ammissibilità dei costi si applica quanto previsto al precedente articolo 4 del presente Avviso. L’intervento agevolativo previsto è pari all’80% dei costi ritenuti ammissibili e sarà erogato ai soggetti di cui al precedente comma 4 secondo modalità definite nei successivi Atti Disciplinari.
8. I “progetti” sono valutati dal panel di esperti di cui al precedente articolo 6 del presente Avviso secondo i seguenti criteri di valutazione:
a. qualità delle attività progettuali proposte, in termini di innovatività e originalità delle soluzioni tecnologiche proposte, e in termini di coerente capacità di dare risposte positive e fattibili alle problematiche individuate (max 30 punti);
b. congruità economica delle attività progettuali (max 30 punti);
c. rilevanza del business-plan relativo alle attività post-progettuali, in termini di necessaria auto-sostenibilità e capacità strutturale nel medio-lungo periodo (max 30 punti).
9. I “progetti” che conseguono il punteggio minimo di 60 punti sui 90 conseguibili, sono approvati con Decreto Ministeriale entro e non oltre 30 giorni dal termine di presentazione di cui al successivo articolo 8 del presente Avviso.
Articolo 8
Modalità di presentazione delle Idee Progettuali e dei progetti
3. Tutto il materiale trasmesso, considerato rigorosamente riservato, sarà utilizzato solo dal MIUR per l’espletamento degli adempimenti connessi alle assegnazioni di cui all’Avviso.
4. I proponenti dovranno fornire in qualsiasi momento, su richiesta del MIUR, tutti i chiarimenti, le notizie e la documentazione ritenuti necessari dallo stesso.
Articolo 9
Informazioni
3. Ogni richiesta di informazioni può essere inoltrata al MIUR via e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica: smartcitiesnazionali@miur.it.
Roma, 5 luglio 2012
IL DIRETTORE GENERALE
(Dott. Emanuele Fidora)
ALLEGATO 3
ALCUNI PROCESSI DI LAVORAZIONE COMPLESSI DA INSEDIARE NEL TERRITORIO DEL RIONE DI PORTA SANT’ANGELO E CAMPAGNA DI PROSSIMITA’
DESCRIZIONE E AMBIENTAZIONE PRODUTTIVA DELLA BACHI-SERICOLTURA FINALIZZATA ALLA TESSITURA DELLA SETA
L’allevamento del baco da seta fino all’ attività della bachicoltura è stata un’industria familiare fino al secondo dopoguerra di grande importanza economica. La coltura del baco da seta o filugello parte dalle uova che ora si possono acquistare presso varie aziende (ad esempio Smart Bugs s.s. p.iva: 04659080263 Via Cave, 66 31020 Villorba (TV). «Ripartiamo dai bacolini, i bachi nati da un giorno. Li prendiamo al Cra di Padova, dove sono conservate 193 razze in purezza. Un bozzolo di baco puro produce un filo di 250 metri. Quelli ibridi, che noi usiamo, arrivano a 1.200 metri. Non è una vita bella, quella dei nostri “cavalieri”. Dalla nascita alla morte, passando da uovo, bruco, crisalide, falena, passano appena 28 giorni. Il baco è però come un piccolo maiale, non si butta via nulla. La crisalide viene usata nei mangimi animali e si fa anche un olio per l’industria della cosmesi». Una testimonianza ci arriva da una filanda attiva della Lombardia: «Le filandere — racconta Ugo Franco, il titolare — hanno cominciato a lavorare qui già alla fine dell’800. Una vita dura ma si portava a casa il pane. C’era il ciclo completo, dall’essicatoio che faceva morire la crisalide prima che forasse il bozzolo di seta fino alla filanda vera e propria, con le donne che cercavano nell’acqua calda il capo — filo da avvolgere poi nella matassa». Altre donne avrebbero indossato quella seta. Prima di proseguire nella descrizione
Schema di diagramma di flusso, allevamento primario zootecnico di bachi da seta in azienda agricola da 1500 mq.[25]
Cos’è la Seta?
La seta è una fibra proteica di origine naturale, prodotta da alcuni insetti e utilizzata dall’uomo per realizzare filati e tessuti pregiati. La maggior parte della seta si ricava dai bozzoli dell’insetto Bombyx mori, volgarmente chiamato bombice, filugello, baco del gelso o baco da seta.
Nell’allevamento controllato in un’ azienda agricola di 1500 mq circa coltivato a rete e in serra, per il contenimento e frazionamento degli insetti allevati si utilizzano inoltre box in materiale plastico per un maggior contenimento e controllo della densità dei bachi prodotti; tale sistema consente inoltre una maggiore salubrità per la vita dei bachi e condizione igienico sanitarie per la facilità di lavaggio e pulizia del materiale. Le fasi di produzione sono:
I fase: ovatura (semina)
Certificata e verificata con analisi parassitologiche e microbiologiche il materiale ha origine interna per deposizione degli ovodepositori allevati o nel caso di carenza con introduzione di materiale seminale acquistato presso fornitori qualificati (vedi elenco fornitori ) il materiale viene messo a dimora nei locali adibiti a nursery ad una temperatura di 35°C con umidità relativa 80% ed una luminosità di circa 1 W si utilizzano circa 500 ovuli per mq (nel caso dei bachi). “Le ovature / o riproduttori provengono da aziende certificate “CRA di Padova” che rilasciano le uova di bachi .
II fase: alimentazione ed allevamento del baco
I bachi vengono nutriti, per i primi anni e in attesa che i gelsi messi a dimora nelle terre limitrofe a Porta Sant’Angelo producano le foglie per la loro alimentazione per un economico e qualitativo processo di produzione a ciclo chiuso, , con formulati dedicati per fase di crescita, all’interno del locale adibito nursery ed allevamento ,utilizzando un mangime biologico a base di farine di soia, grano e mais con l’aggiunta di foglie di gelso, vitamine e sali. Il prodotto viene sottoposto ad analisi per accertare la provenienza da agricoltura biologica delle materie prime ma anche per calibrare il corretto apporto nutrizionale e funzionale alla vitalità dei bachi. La larva di questo insetto elabora la bava all’interno di due ghiandole (dette seritteri o ghiandole della seta), che si aprono all’esterno con due orifizi posti ai lati inferiori della bocca. Da queste aperture fuoriescono le due bavelle che, a contatto con l’aria, si rapprendono e si saldano fra loro in un unico filo continuo detto bava; tale unione è garantita dalla presenza di una sostanza gommosa, detta sericina, prodotta da ghiandole localizzate in prossimità dell’uscita dei seritteri.
Muovendo la testa attorno al suo corpo, come a formare un otto, la bava viene lavorata dal baco per costruire un involucro protettore, chiamato bozzolo, che lo imprigiona e lo protegge durante la metamorfosi in farfalla. All’interno di questo bozzolo, nel giro di 2-3 settimane il baco della seta si trasforma prima in crisalide e poi in farfalla; quest’ultima si apre meccanicamente una via d’uscita dal bozzolo e si libera in volo.
La larva di questo insetto elabora la bava all’interno di due ghiandole (dette seritteri o ghiandole della seta), che si aprono all’esterno con due orifizi posti ai lati inferiori della bocca. Da queste aperture fuoriescono le due bavelle che, a contatto con l’aria, si rapprendono e si saldano fra loro in un unico filo continuo detto bava; tale unione è garantita dalla presenza di una sostanza gommosa, detta sericina, prodotta da ghiandole localizzate in prossimità dell’uscita dei seritteri.
Muovendo la testa attorno al suo corpo, come a formare un otto, la bava viene lavorata dal baco per costruire un involucro protettore, chiamato bozzolo, che lo imprigiona e lo protegge durante la metamorfosi in farfalla. All’interno di questo bozzolo, nel giro di 2-3 settimane il baco della seta si trasforma prima in crisalide e poi in farfalla; quest’ultima si apre meccanicamente una via d’uscita dal bozzolo e si libera in volo. La falena vive al massimo una settimana, durante la quale si accoppia e depone le uova (da 300 a 700 uova per farfalla). L’anno seguente, in aprile-maggio, in coincidenza con la germogliazione delle gemme del gelso, le uova si schiudono facendo nascere i giovani bachi. Per circa un mese, le giovani larve si nutrono avidamente delle foglie di gelso, passando attraverso quattro mute (o cambiamenti di “pelle”). Dopo l’ultima muta le larve di quarta generazione raggiungono dei ramoscelli dove tessono il proprio bozzolo. E il ciclo ricomincia. Il bozzolo del baco della seta è formato da un unico filamento continuo, di lunghezza variabile da poche centinaia di metri a tre chilometri, avvolto in 20-30 strati concentrici. La bava è di natura proteica ed è composta soprattutto da due proteine, la fibroina (72-76%) e la sericina (21-25%); in minima percentuale (2%) si ritrovano anche sostanze grasse cerose, sali minerali e pigmenti naturali. Non tutta la bava può però essere utilizzata; inoltre è necessario rimuovere la componente gommosa data dalla sericina. Pertanto, alla fine del processo produttivo, da 10kg di bozzoli si ottiene indicativamente 1 kg di seta. Per una razza particolare di baco Giapponese la resa è nettamente superiore (bastano 6kg di bozzoli per ottenere 1kg di seta).
III fase: Lavorazione del prodotto eseguita nel locale “laboratorio”.
Vediamo ora le fasi produttive che dal bozzolo portano ai fili di seta utilizzati dall’industria tessile.
IV fase: Confezionamento del prodotto
Al termine delle lavorazioni viene sottoposto a controllo visivo e per lotti omogenei, inviato a laboratorio di analisi per la verifica dei parametri microbiologici funzionali alla vendita dei lavorati o semilavorati da confezionare. Il confezionamento avviene manualmente su confezioni da 500 grammi. Tale confezione oltre alle indicazioni merceologiche relative al prodotto compare il lotto di produzione necessario al controllo della filiera di produzione.
Come del maiale, è il caso di dire che del bozzolo della seta non si butta via niente. I cascami della seta (sono così chiamati i rifiuti dei bozzoli e i residui della filatura) rappresentano fino al 60-70% del totale ottenuto dai bozzoli. I filati ottenuti dai cascami vengono generalmente denominati schappe. Questi “spezzoni” non vengono utilizzati per produrre fili di seta, ma vengono lavorati – cardati e pettinati come nel caso delle altre fibre naturali spezzate – per ottenere il filo di seta a fibra discontinua; si tratta di una seta di seconda qualità, che comunque al tatto risulta molto fine e più calda rispetto alla seta grezza. Questa seta si usa per tessuti non troppo leggeri – come frange, nastri e passamaneria – ed è chiamata “seta schappa”. I cascami di lavorazione delle schappe sono a loro volta chiamati bourette e, opportunamente lavorati, danno vita a tessuti irregolari, poco luminosi e opachi, con dei nodi che provocano dei forti ingrossamenti. Al tatto, questa seta di terza qualità risulta resistente e piuttosto calda. Altri sottoprodotti sono quelli ottenuti dai ritagli e dai sfridi di lavorazione dei tessuti di seta; il prodotto che se ne ricava è detto seta rigenerata. In Cina e Giappone, lo strato interno del bozzolo che non è dipanabile viene sottoposto ad idrolisi enzimatica e utilizzato come integratore alimentare, poiché ricco di amminoacidi. Dalla crisalide si può ottenere un olio utilizzato per saponi, cosmetici e candele; se fritta in olio, la crisalide è considerata una prelibatezza locale, particolarmente nutriente grazie all’alto contenuto proteico. Può essere anche macinata e utilizzata nell’alimentazione del bestiame.
Impieghi della Seta
La seta viene utilizzata pura per tessuti pregiati, biancheria di lusso, abiti femminili, cravatte, camicie e foulard, lenzuola, tende e tappezzerie (rivestimenti di poltrone e divani o di altri mobili). In particolare, per cravatte e foderami si utilizza soprattutto la seta raddolcita.
La seta può essere utilizzata anche in mischia con la lana, per drapperie e lanerie estive, con il cotone oppure con fibre artificiali (Rayon viscosa, modal o tencell) o sintetiche (poliestere).
Caratteristiche e Vantaggi della Seta
La seta è un materiale leggero, morbido, elegante, sottile, abbastanza elastico e piuttosto resistente allo strappo. Riguardo a quest’ultimo punto, all’inizio del Novecento venne a lungo utilizzata per tessere i paracadute, prima di essere sostituita dal nylon a causa del blocco delle esportazioni orientali durante il secondo conflitto mondiale.
Tra tutte, la lucentezza è una delle caratteristiche più apprezzate di questa fibra naturale, considerata la più nobile e preziosa tra tutte le fibre. La lucentezza è tanto maggiore quanto più è pulita la superficie del filato e quanto più è rotonda la sua sezione.
Freschissima d’estate, la seta è anche calda d’inverno. Analogamente alla lana, nonostante la sua sottigliezza, è infatti straordinariamente isolante; ha cioè caratteristiche coibenti (cattiva conduttrice di calore).
La più nobile tra le fibre naturali può assorbire l’umidità fino a quasi un terzo del proprio peso, risultando per questo particolarmente adatta nei climi caldi e umidi.
I Simonetti di Ponte Pattoli e Pieve Pagliaccia e la coltura dei gelsi
Questa elegante struttura un tempo completamente affrescata veniva utilizzata dai nobili per prendere il sole e ripararsi dal vento. Si ha notizia che nel 1763 la Chiesa fu ammirata dal Vescovo di Perugia Conte Amadei durante la visita pastorale alla parrocchia di Pieve Pagliaccia e ne lodò i tre splendidi altari ed i delicati dipinti alle pareti. Nell’anno 1875 tutta la proprietà fu acquistata da Francesco Simonetti e dalla sua sposa Stella Luporini, che ne fecero l’abitazione loro e dei loro figli sviluppandone il complesso agricolo, adornando la villa e la Chiesa che rimase cappella privata ma aperta al culto. Giovanni Simonetti unico erede fondò nel 1915 uno dei primi conservaturifici di pomodoro d’Italia e Jolanda sua moglie si dedicò intensamente alla coltura dei gelsi per la lavorazione della seta e alla cura meticolosa del parco: l’omonima sala dell’albergo era impiegata nella stagione invernale per mettere al riparo dal gelo le piante di limoni. Nel 1985 uno dei nipoti eredi, Giancarlo Simonetti, imprenditore del legno (tutti i pavimenti in legno dell’albergo sono stati prodotti dalla sua fabbrica di parquet) ebbe l’idea ardita e geniale di trasformare la ricca, elegante, artistica villa ed i caseggiati ad essa adiacenti in un Relais che intitolò a San Clemente appunto perché completato dalla spaziosa e artistica Chiesa omonima. Il Relais San Clemente ha aperto i battenti il 25 aprile 1990. Carlo il più giovane dei pronipoti cura ora, per conto della famiglia Simonetti, l’accoglienza degli Ospiti.
La bachicoltura e la tessitura della seta sono stati per molti secoli il motore dell’economia del nord est italiano. I paesaggi della pianura non erano prati come siamo abituati a vederli ma erano caratterizzati da alberi di gelso le cui foglie fornivano nutrimento ai bachi.
Cogliendo il vero significato della parola crisi, la cui etimologia greca vuol dire cambiamento, alcuni sono tornati a percorrere nuove/vecchie strade cercando opportunità nelle tradizioni locali. Seguendo questi sogni, da un paio di anni sono nate cooperative di bachicoltori e sono tornati ad allevare i “prodigiosi vermetti” che producono il più resistente, lucente e sottile filo che esiste al mondo.
Ci sono molti motivi differenti per cui si era interrotta la filiera della seta, e possiamo riassumere le principali cause del declino nella stupidità e avidità dell’uomo: guerra dei prezzi delle produzioni di massa e inquinamento dovuto ad insetticidi. I bachi da seta, infatti, sono animali molto delicati e non amavano particolarmente un insetticida che per molti anni si è usato in agricoltura. Nonostante sia proibito da più di un decennio su tutto il territorio nazionale tranne la provincia di Bolzano, si è continuato a utilizzarlo illegalmente e solo ora l’utilizzo si è ridotto abbastanza da permettere di ripartire con nuovi allevamenti.
Tutto sembrerebbe semplice: coltivo un albero, prendo le foglie, nutro i bachi e aspetto che questi producano i loro bozzoli. Ma non è così. Dietro ogni azione c’è una profonda conoscenza e chi vuole avviare una attività deve farsi guidare da esperti che possano dargli i giusti consigli.
Ci sono molte varietà di gelso ognuna delle quali predilige certe aree climatiche e ci sono diverse razze di bachi in funzione del tipo di foglia di gelso e del tipo di seta che si vuole produrre. Ci sono le uova del baco da seta da scegliere per far partire gli allevamenti ogni nuova primavera, le cure e i controlli sanitari per i bachi (nell’ottocento quasi tutti gli allevamenti europei del baco furono distrutti per una malattia di questi insetti) e infine le tecniche per la scelta e la selezione dei bozzoli.
La conoscenza e il “saper fare” sono la ricchezza di una persona e di una comunità e per fortuna nel Veneto questa conoscenza è stata custodita, accresciuta e ora è a disposizione di coloro che vogliono tornare ad allevare bachi e a produrre seta. Ci sono due istituzioni che sono un punto di riferimento internazionale in Europa: il CRA-API di Padova e Veneto Agricoltura.
Il CRA-API di Padova è un centro fondato nel 1871 proprio a seguito dei problemi sanitari nella bachicoltura europea ed è specializzato nello studio dell’intero ciclo. Conserva le uova di molte varietà e nel corso degli ultimi anni ha studiato forme di utilizzo dei bozzoli nella farmaceutica e cosmetica e nuovi “mangimi” per poter allevare i preziosi bachi anche durante i mesi invernali. E’ il CRA-API che nel corso degli ultimi anni ha supportato tutti coloro che hanno riattivato le produzioni di bozzoli ed in particolare la Cooperativa sociale “Il Cantiere della Povvidenza SPA – società persona ambiente” di Belluno che oggi è pronta a sua volta a formare nuovi imprenditori agricoli.
Il secondo centro è Veneto Agricoltura che nella azienda agricola pilota di Villiago (70 ettari nel comune di Sedico) ha piantato 2600 alberi di gelso per avviare una produzione consistente e dare vita ad un centro di formazione e informazione di bachicoltura per tutti coloro che vogliono tornare a operare in una delle fasi del ciclo della seta.
Nell’antico borgo interno dell’azienda, infatti, potrebbe nascere un centro di bachicoltura dove riprendere a riprodurre i Bachi da seta e contemporaneamente diffondere la cultura della seta a nuovi futuri imprenditori. Le richieste di supporto arrivano in continuazione, e non solo dall’Italia, e serve un luogo dove poter imparare e sperimentare tutte le opportunità offerte dalla coltivazione dei gelsi con l’assistenza di una guida esperta. Dalla seta alla tessitura, dalla cosmetica all’alimentare, dalla formazione al turismo.
Forse sono proprio vicini i tempi in cui il paesaggio del Veneto possa tornare ad essere caratterizzato da gelsi e il frusciare della seta italiana torni a far sognare le dame di tutto il mondo.
Il gelso (Morus L.) è un genere di pianta originario dell’Asia ma anche diffuso allo stato naturale in Africa e in Nordamerica. Comprende alberi o arbusti di taglia media. Le foglie sono caduche, alterne, di forma ovale o a base cordata con margine dentato.
Il gelso bianco (Morus alba L.), specie originaria dell’Asia centrale e orientale, fu importato in Europa con il baco da seta in quanto quest’ultimo è ghiotto delle sue foglie.
Il gelso nero (Morus nigra L.), originario dell’Asia Minore e Iran, fu introdotto in Europa probabilmente nel Cinquecento. Ha foglie più piccole del gelso bianco e produce frutti nero-violacei saporiti.
Le specie del genere Morus vengono coltivate per diversi scopi:
i frutti (more nere e more bianche che sono eduli);
le foglie sono utilizzate in bachicoltura come alimento base per l’allevamento dei bachi da seta;
come piante ornamentali;
per ricavarne legname da lavoro, buona legna da ardere, pertiche flessibili e vimini per la fabbricazione di cesti.
Bombyx mori è una specie di farfalla della famiglia Bombycidae. La sua larva, conosciuta come baco da seta, ha una notevole importanza economica in quanto utilizzata nella produzione della seta. La sua dieta consiste esclusivamente di foglie di gelso. È originaria della Cina settentrionale. Il baco produce la seta in due ghiandole che sono collocate parallele all’interno del corpo. La seta è costituita da proteine raccolte nelle ghiandole, il baco la estrude da due aperture situate ai lati della bocca, i seritteri. La bava sottilissima, a contatto con l’aria si solidifica e, guidata con movimenti ad otto della testa, si dispone in strati formando un bozzolo di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di seta di lunghezza variabile fra i 300 e i 900 metri. Il filo microscopicamente è formato da due proteine: due fili di fibroina paralleli ricoperti da sericina. Il baco impiega tre-quattro giorni per preparare il bozzolo formato da circa venti-trenta strati concentrici costituiti da un unico filo ininterrotto, dopodiché si trasforma in crisalide e poi questa in farfalla. I bachi da seta hanno un notevole appetito, mangiano foglie di gelso giorno e notte, senza interruzione, e di conseguenza crescono rapidamente. Il loro pasto è interrotto solo quattro volte, le dormite, in corrispondenza di altrettante mute. Le quattro mute suddividono la vita della larva in cinque cosiddette età. Dopo la quarta muta (ovvero nella quinta età) il corpo del baco diventa giallastro per la turgidità delle ghiandole della seta all’interno del corpo e la pelle più tesa; a questo punto il baco è pronto per avvolgersi nel suo bozzolo di seta (in gergo si dice anche che il baco sale al bosco, in quanto il bozzolo viene costruito attorno a rametti secchi).
Prima della filatura del bozzolo la larva deve eliminare tutti i liquidi in eccesso e le feci che non possono essere contenute nel bozzolo, questo momento viene definito dagli allevatori purga.
A questo punto il baco, che fino ad ora si è nutrito sulla foglia fornita dal bachicoltore su ripiani orizzontali, il letto, inizia a cercare un luogo adatto alla filaturata verso l’alto, lontano dal letto di allevamento. Se la metamorfosi arriva a termine e il bruco si trasforma in falena, l’insetto adulto uscirà dal bozzolo forandolo, utilizzando un liquido e le zampe, rendendo il filo di seta che lo compone inutilizzabile. Di conseguenza gli allevatori gettano i bozzoli in acqua bollente per uccidere l’insetto prima che ciò avvenga, oppure il bozzolo viene essiccato in appositi essiccatoi per essere filato successivamente. L’immersione in acqua bollente permette il dipanamento del filo di seta sciogliendo parzialmente lo strato proteico di sericina che avvolge il filo di seta. In alcune culture la crisalide, estratta dal bozzolo, viene mangiata. Alcuni bozzoli vengono risparmiati per consentire la riproduzione del baco. La falena del baco da seta è incapace di volare e di cibarsi. Questa specie di insetto esiste ormai solo come risultato di una selezione esplicita da parte dell’uomo e ha presumibilmente perso gran parte delle sue caratteristiche originarie. Per esempio il bruco è incapace di sopravvivere in pieno campo su un gelso; il colore della sua pelle è bianco e manca del necessario mimetismo per cui è facile preda di animali.
Come per tutti gli animali allevati dall’uomo esistono moltissime razze di baco da seta. Allevato per millenni, ogni paese votato alla bachicoltura ha creato peculiari razze con caratteristiche diverse per quantità di seta prodotta, diametro del filo, colore del bozzolo. Hanno produttività superiore le razze dette poliibrido giapponese, selezionate in quel paese lo scorso secolo. A causa della sua lunga storia e della sua importanza economica, il genoma del baco da seta è stato oggetto di approfonditi studi da parte della scienza moderna. A Cinisello Balsamo, prima dell’industrializzazione, i gelsi riempivano gran parte della campagna e anche i grandi cortili contadini venivano ombreggiati dai gelsi. L’importanza che veniva data alla coltivazione del gelso si può desumere dal fatto che in passato per tale genere di pianta veniva addirittura effettuato un censimento. Si cita ad esempio quello effettuato il 16 novembre 1750, censimento che diede come risultato: Cinisello 921 gelsi per un imponibile di 70.195 scudi, Balsamo 1232 gelsi per un imponibile di 61.025 scudi.L’esistenza dei gelsi nei due borghi risale però a qualche secolo prima; si ha infatti notizia che nel 1637 la piazza Comunale di Cinisello (oggi piazza Gramsci) era circondata da quarantacinque gelsi.
IL PROCESSO DI PRODUZIONE DELLA SETA : DA BACHICOLTURA A SERICOLTURA
TERRITORIO
La Lomellina, protrusione della Lombardia nel Piemonte, delimitata ad est dal Ticino e ad ovest dal Sesia, è un territorio pianeggiante attraversato da molteplici corsi d’acqua ad andamento sub parallelo e diretti verso il Po che ne rappresenta anche il suo confine sud. La sua estensione è di 1242 Kmq. Il nome di questo territorio deriva da Lomello, cittadina risalente almeno al I° secolo a. C., che fu, fino al 1700, il centro più importante del territorio e sito di passaggio della direttrice che collegava Pavia con l’attuale Cozzo; qui la strada si biforcava nella via per Torino e in quella per Aosta.
Il sistema idrico naturale ha fortemente influenzato l’attività antropica: già i primi insediamenti umani, attraverso opere di bonifica e la costruzione di una fitta rete di canali irrigui, ottimizzarono lo sfruttamento nel territorio e la produzione primaria. L’attività agricola è stata tradizionalmente integrata con la bachicoltura che ha avuto rese crescenti nel ‘700 e nel ’800 al punto che la Lomellina, avvantaggiata della forza motrice ricavabile dalle acque correnti, da area di produzione bozzoli divenne una delle prime aree industrializzate e a maggior concentrazione di mulini, filande e opifici.
Tutto ciò è destinato, con il primo dopoguerra, a estinguersi non solo in Lomellina ma in gran parte d’Italia: i filari di gelsi, ritenuti ostacolare le pratiche agricole moderne, sono stati eliminati con poche eccezioni e le sedi di trattura del bozzolo e lavorazione del filato di seta, dismesse e destinate ad altro uso, oggi costituiscono solo la traccia di una paleo-industrializzazione ormai abbandonata per cause metodologiche, economiche, e sociali.
LA STORIA
Lo sviluppo della bachicultura nelle principali città del centro-nord, in particolare nelle zone della Lomellina, e l’invenzione dei primi meccanismi di torcitura e filatura della seta, originano nel XIV secolo per opera di Lodovico il Moro il quale, a partire dalla zona di Vigevano, crea allevamenti di bachi e semenzai di gelsi diffusi poi nel suo ducato. L’attività di gelsibachicoltura comunque raggiunse il suo primato in Lomellina, dove la bachicoltura subisce un elevato sviluppo grazie alla successiva lavorazione della seta e alla specializzazione acquisita dagli operatori nella selezione qualitativa del seme-bachi e nella gestione degli allevamenti; qui si realizzarono i primi allevamenti attraverso la strutturazione di in ambienti controllati per la crescita degli insetti e si adottarono essiccatori ad aria calda per l’essicazione delle crisalidi. La bachicoltura (o sericoltura) è l’allevamento del baco da seta (Bombix mori) per la produzione di bozzoli da cui si ricava il filo di seta. Il baco appena nato è un verme, in 3/4 settimane diventa adulto e inizia a creare un posto dove preparare il bozzolo. Da un’apertura situata sotto la bocca il baco prepara una bava sottilissima che a contatto con l’aria si solidifica e che, guidati ad otto della testa forma il bozzolo. Il baco impiega 3/4 giorni per prepararlo formato da circa 25 strati costituiti da un solo filo. All’interno del bozzolo si trasforma in crisalide e poi in farfalla. In genere la farfalla vive qualche giorno per poi deporre da 300 a 800 uova prima di morire. La larva o baco è anche chiamata filugello; poiché essa fila un filo di seta.
Il bozzolo del baco da seta (materia prima dell’industria serica) è formato da un filo di seta continuo, lungo circa 700 m, detto bava. Il filo è costituito da due bavelle provenienti dalle due ghiandole del baco che si saldano a livello dello schiacciafili. Ciascuna bavella è formata da fibrille elementari ed è composta di fibroina rivestita da una sostanza di consistenza gommosa, la sericina. La seta propriamente detta è data dalla carta o involucro, cioè la parte mediana della corteccia serica. I bozzoli sono diversi per peso, che diminuisce avvicinandosi lo sfarfallamento, per volume, per forma (sferica, ovale, appuntita) e per colore. Tali differenze sono in rapporto alle razze e alle condizioni di allevamento. Il colore è dovuto alla presenza di pigmenti (carotine, xantofille, flavoni) che il baco ricava dalla foglia del gelso. La seta è prodotta dai bruchi di quasi tutte le farfalle notturne; ma la più pregiata è quella prodotta da alcune specie di saturnidi e bombicidi, in particolare dai bruchi del bombice del gelso.
Il filo serico, che può essere lungo anche 2000 m, ha le caratteristiche imposte dalla razza del baco che lo produce e che lo utilizza per produrre il proprio bozzolo che consterà di almeno una ventina di strati di seta. In merito alle razze bisogna distinguere le razze pure dagli ibridi.
IL FUTURO (ad un ettaro di terreno e 2.500 gelsi ne viene un piano economico come di seguito)
L’esigenza su scala mondiale di seta sta crescendo a causa del decremento della produzione cinese e della qualità in via di peggioramento della materia prima. Queste le premesse affinché l’attività sericola possa tornare ad essere conveniente anche in Europa, dove esiste il sostegno comunitario alla sericoltura (circa 133 euro per telaino, ovvero ogni 20.000 larve allevate, con una produzione minima di 20 kg di bozzolo fresco) , ma dove manca, tuttavia, l’anello finale della catena, il processo di trattura industriale per la trasformazione del bozzolo in seta. Probabilmente la difficoltà di vendita dei bozzoli, tra le altre cause, determina la non ripresa dell’attività e al contempo la mancanza di prodotto interno non stimola la creazione di impianti di trattura del filato.
Di seguito si propone un’analisi economica di massima, suscettibile di modificazioni ma che rispetta l’ordine di grandezza del rapporto costi/ricavi
Allevamento del baco da seta – Costo di produzione
In caso di disponibilità terriera l’analisi del costo di produzione del bozzolo viene articolata in tre parti che si cercherà di analizzare sommariamente:
Tab.1 – Spese vive per il costo d’impianto di 1ha di gelseto specializzato polivarietale in terreno pianeggiante o collinare a lieve pendenza
Spese | Importo in euro riferito alla fine dell’impianto (terzo anno) | |
Spese generali
Salario (250 ore manodopera mediamente) Stipendio (per direzione, amministrazione e sorveglianza) |
2.100,00
550,00 240,00 |
2.890,00
1.960,00 160,00 650,00 |
Costo totale | 5.660,00 |
N.B. = i costi dell’impianto sono riferiti al termine della fase improduttiva, cioè alla fine del terzo anno d’impianto; dal quarto anno in poi la produzione fogliare del gelseto si può considerare stabilizzata intorno a valori costanti per un periodo di 40 anni. Sul costo d’impianto si calcola la quota d’ammortamento. I costi così ottenuti non tengono conto di possibili redditi ottenibili nei primi anni d’impianto né di eventuali contributi a fondo perduto; se questi venissero considerati il costo dell’impianto potrebbe essere inferiore con ripercussioni anche sul costo del bozzolo.
Le spese per la produzione fogliare di un ettaro di gelseto specializzato in terreno pianeggiante o leggermente collinare sono evidenziate in tabella 2.
Tab. n. 2 – Spese di produzione fogliare ad ettaro
Spese | Importo |
Spese varie e generali (acquisto e distribuzione fertilizzanti e diserbanti, acquisto carburanti, lubrificanti e materiale vario, imposte…)
Quota ammortamento spese impianto gelseto Quote (fondiarie, di assicurazione, manutenzione e reintegra di macchine e attrezzi) Salario (100 ore manodopera mediamente) Stipendio (per direzione, amministrazione, sorveglianza) |
390,00
220,00 105,00 800,00 75,00 90,00 155,00 |
Costo totale | 1.835,00 |
L’allevatore che dispone di 1 ha di gelseto specializzato polivarietale impiantato in terreno di media fertilità, può contare in una produzione che, stimata prudenzialmente, va dai 110 ai 120 qli di foglia/ha, con cui è possibile allevare circa 25 telaini (1 telaino consuma mediamente 4 qli di foglia non considerando i rami).
La voce che incide maggiormente sul costo di produzione è la mandodopera, che, per il pezzone friulano, si aggira attorno alle 300 ore.
Per il computo dei costi si considera che l’allevatore disponga di locali aziendali non utilizzati. Ogni telaino occupa 20 mq durante la V età, che dura una settimana a 25°C.
Tab. n. 3 – Spese per l’esecuzione dell’allevamento del baco da seta con la disponibilità di foglia prodotta da 1 ha di gelseto specializzato.
Spese | Importo in euro |
Seme-bachi
Foglia di gelso Spese varie rimanenti e spese generali Quote (reintegra, manutenzione, assicurazione) Salario (circa 300 ore) Stipendio Interessi (sul cap. agrario al 2%) Beneficio fondiario |
200,00
715,00 290,00 300,00 2.400,00 105,00 495,00 350,00 |
Totale spese produzione bozzolo | 4.855,00 |
Per la realizzazione di quanto sopra bisogna prevedere una dotazione di immobili e attrezzature (di queste ultime viene fornito un preventivo di massima) da impiegare nell’allevamento dei 25 telaini di seme-bachi e che consterebbero di:
– Locale da mq 30, ricavabile anche provvisoriamente all’interno di capannoni, per l’allevamento dei bachi fino alla III età larvale.
– Capannone o tunnel in plastica (polietilene), opportunamente coibentato e climatizzato, da mq 500 per l’allevamento su pezzone a terra per bachi in IV e V età larvale.
– n. 4 graticci per l’allevamento bachi fino alla 3° età | 800,00 |
– 1 sfogliatrice meccanica | 2.000,00 |
– 1 taglierina per trinciatura foglia prima età | 1.900,00 |
– teli in pvc forati, teli in plastica a maglie fitte, termometro di max. e min., igrometro, ceste, sacchi per bozzoli, carrello |
500,00 |
– 600 raggiere in pvc per l’imboscamento | 4.200,00 |
– pettine per sbozzolare | 100,00 |
– spellaiatrice bozzoli | 500,00 |
TOTALE 10.000,00 |
Considerato che il costo dell’allevamento è riferito ad azienda diretto-coltivatrice, in cui l’allevatore è anche proprietario del fondo, la voce di bilancio che maggiormente interessa è il reddito netto (R.N.) dell’imprenditore, ossia la differenza tra la produzione lorda vendibile (P. L. V.) e i costi diretti dell’impresa.
Tali costi sono rappresentati dal costo diretto (o esplicito) della foglia (715,00 euro), dalle spese varie (290,00 euro), dalle quote (300,00 euro), dal seme-bachi (200,00 euro). Pertanto, il R.N. = PLV – Costi espliciti o diretti = 7.075,00 euro – (715,00 + 290,00 + 300,00 +200,00) = 7.075,00 –1.505,00 = 5.570,00.
La PLV è rappresentata dalla somma del contenuto comunitario (133,27 euro per telaino con produzione non inferiore a 20 kg di bozzolo fresco) e il prezzo di mercato del bozzolo fresco (circa 5 euro). Tale somma corrisponde a 7.075,00 euro.
Tenuto conto della forma imprenditoriale a cui ci si riferisce è utile precisare che il reddito comprende: salario, stipendio, interessi, beneficio fondiario, che afferiscono tutti ad unica persona fisica, ovvero il gelsi-bachicoltore. Allo stato attuale, tuttavia, questo costo di produzione è completamente teorico, perché il prezzo internazionale del bozzolo presuppone che sul posto ci sia una filiera che vada dalla produzione seme-bachi all’essiccazione cooperativa e trattura industriale.
Tuttavia non bisogna accantonare l’interesse crescente per gli ulteriori usi della seta che potrebbe e dovrebbe essere anch’esso stimolo per la valutazione della ripresa di una produzione interna della materia prima; anzi, poiché la sintesi di membrane in fibroina non necessita della trattura del bozzolo, forse proprio l’innovativo utilizzo biomedico potrebbero stimolare la ripresa dell’allevamento e quest’ultimo, se ben avviato, a sua volta stimolare il ripristino di una industrializzazione del processo di filatura, portando nel tempo il nostro paese verso una progressiva autonomia nel settore.
SETA
Il filo serico, che può essere lungo anche 2000 m, ha le caratteristiche imposte dalla razza del baco che lo produce e che lo utilizza per produrre il proprio bozzolo che consterà di almeno una ventina di strati di seta. In merito alle razze bisogna distinguere le razze pure dagli ibridi.
Queste prime producono bozzoli di forma sferica o con una strozzatura più o meno accentuata nella zona mediana. In realtà queste forme sono proprie anche dei primi incroci cinesi e giapponesi. La forma semicinturata, con strozzatura mediana poco marcata, è propria invece degli incroci semplici e dei poliibridi. Anche il colore tipico è prerogativa di razze diverse. Razze diverse di bachi rispondono differentemente ai pigmenti contenuti nelle foglie del gelso e possono perciò produrre bozzoli variamente colorati (gialli, rosa, verdi) oltre che bianchi. Sebbene i bianchi siano più diffusi i alcuni casi la selezione di razze in grado di produrre un filato già colorato ha consentito di ridurre i costi appunto della colorazione: è il caso della Sardegna che vede nel giallo un colore fortemente presente nei costumi tradizionali per cui l’ottenimento di bozzoli gialli significava risparmiare sulla colorazione della seta per la quale era utilizzato il costosissimo zafferano.
Non solo il colore ma anche peso e volume sono indicativi della razza: nelle razze pure questi sono sempre inferiori che non negli ibridi, sebbene risentano molto anche delle condizioni di allevamento: allevamento sano e disponibilità di cibo è sempre equivalso alla maggior resa in bozzoli e quindi in seta.
Il carattere più importante in termini economici è quello della ricchezza in seta dei bozzoli: in questo caso le razze pure hanno la supremazia sugli ibridi (25-26% vs 21-23%), sebbene in generale i bozzoli contenenti individui di sesso maschile siano più ricchi in seta di quelli con crisalide femminile.
Infine anche la lunghezza e la qualità del filato sono soggette a differenze con le razze, con un range relativo alla lunghezza che va da meno di 1000m a oltre 2000m. I poliibridi generalmente producono un filato di 1200-1300m.
Sul piano chimico i filati di seta sono essenzialmente di natura proteica e sono costituiti da filamenti di fibroina (65-70%) avvolti nella sericina (20-25%), ma anche da acqua (10-12%) minerali (1-2%), coloranti (0,5%) e grassi (0,1%). Quest’ultima viene eliminata durante un processo chiamato “sgommatura” che si attua con l’impiego dell’acqua bollente, trattamento questo che migliora la lucentezza, la flessibilità e la “mano” della fibra non alterando minimamente la fibroina, incolore e altamente resistente anche a trattamenti con alcune sostanze acide o basiche. Al contrario la sericina è sensibile non solo all’acqua calda ma anche ad acidi e basi, ragione per la quale nei processi industriali viene quasi sempre eliminata.
A seconda della quantità di sericina eliminata possiamo avere: la seta sgommata o cruda, quando la sericina è stata rimossa del tutto e la seta raddolcita o “souplè”, nella quale la sericina è stata tolta solo in parte.
L’impiego tradizionale della seta è quello tessile; tessuti di seta vengono impiegati per arredi, biancheria, tendaggi, paralumi, ombrelli, paracaduti, cravatte, foulard e camicie, tuttavia in tempi recenti le caratteristiche chimico-fisiche della fibroina sono state estensivamente studiate in ingegneria tessutale per applicazioni biomediche in quanto responsabili di biocompatibilità, lenta degradabilità e interessanti proprietà meccaniche del filato. Oggi può essere oggi modellata in vari formati (film, fibre, reti, maglie, membrane, filati, e spugne) e ha dimostrato notevoli capacità di supporto e di adesione per cellule di diverso tipo, promuovendo la riparazione dei tessuti in vivo
Come coltivare il gelso
La coltivazione del gelso, sia che si tratti del gelso bianco che di quello nero, è sostanzialmente simile si differenzia solo per qualche piccolo particolare che indicherò in questo capitolo.
Il gelso è una pianta robusta e longeva che accetta qualsiasi tipo di terreno presentando un’elevata rusticità e capacità di adattamento prediligendo però il terreno umido anche se non bagnato.
Spesso file di gelsi delimitavano i confini dei campi e venivano piantati in prossimità di canali o di fossi.
Tollera il freddo dell’inverno, il gelso bianco è il più resistente potendo resistere sino a -20° C., mentre il gelso nero e rosso preferiscono, per produrre abbondante frutta, zone con un clima meno rigido.
E’ tollerante alla siccità ma per garantire una produzione abbondante di frutta è necessario irrigare la pianta durante il periodo estivo e quando è giovane.
La potatura è una pratica importante nel gelso per ridurre l’estensione della chioma e mantenere la pianta ordinata, utile in special modo se è piantata in filari.
Questa pratica aumenta la produzione di frutta e agevola la raccolta se la coltivazione del gelso ha come finalità la produzione di frutta.
La pianta del gelso è molto vigorosa sin dai suoi primi anni emette numerosi rami laterali quindi la si pota già dal secondo anno dopo il trapianto.
Il periodo più idoneo per potarla è dopo la fine delle gelate più intense, fine febbraio primi di marzo.
Occorre potare prima del risveglio vegetativo perché questa pianta, in attività, reagisce ai tagli emettendo abbondante lattice che la indeboliscono e rendono più difficoltosi gli interventi di potatura.
C’è da tener presente che i frutti sono prodotti sui rami di un anno perciò occorre stimolare la produzione di nuovi rami che possano portare la fruttificazione dell’anno successivo.
Quindi gli interventi di potatura consistono in tagli di ritorno sulle branche di 2 o 3 anni e nello sfoltimento dei rametti dell’anno, quando si presentano troppo fitti, per arieggiare la chioma.
I rametti dell’anno che vengono lasciati non vanno spuntati.
Per quanto riguarda la riproduzione il gelso si riproduce utilizzando la talea di ramo dell’anno precedente che si preleva in estate.
Oppure, con più facilità, se la pianta ha prodotto numerosi polloni come tende a fare, è facile prelevare quelli meglio formati e più robusti forniti di radici e trapiantarli a dimora.
Il periodo migliore per eseguire questa operazione è la primavera appena le piante iniziano a “muoversi”.
La riproduzione tramite la semina non è consigliabile perché prima di vedere la pianta di gelso fruttificare possono passare diversi anni anche 7 o 8 se non di più.
Incontro con Anna Rita Melai, titolare della Conceria Annarita e figlia di uno dei fondatori
Un comparto costituito da piccole e medie imprese, ma una fama da leader mondiale per l’elevato sviluppo tecnologico e qualitativo. Si tratta dell’industria conciaria italiana che, secondo quanto riporta l’UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria), impiega 17.612 addetti in oltre 1.200 aziende, e ha un fatturato annuo di 5 miliardi di euro.
Il settore si sviluppa principalmente all’interno di distretti specializzati per tipologia di lavorazione e destinazione merceologica; quello che raggruppa il maggior numero di aziende è quello toscano, di Santa Croce sull’Arno, in cui è concentrato il 35% della produzione nazionale di pelli e il 98% di quella di cuoio da suola. Nascono proprio qui, negli anni Sessanta/Settanta, parallelamente al declino dell’agricoltura, le prime lavorazioni, tra cui la piccola realtà della Conceria Annarita, come racconta proprio Anna Rita Melai, figlia di uno dei fondatori ed oggi socia dell’azienda che porta il suo nome: «I fondatori, Alberto e Alviano Melai iniziarono la loro attività a Santa Croce, ma la Conceria Annarita nacque nel 1976. Nel 1981 entrarono a far parte dell’azienda altri due soci, Marco e Walter Melai, e nel 1986 ci siamo aggiunti io e Gianluca Melai, tutti figli dei due fondatori. Proprio quest’anno abbiamo festeggiato i 40 anni di attività». Ma come ha resistito fino ad oggi una piccola realtà artigianale che conta undici dipendenti? La chiave di volta è stato l’uso delle moderne tecnologie conciarie, che hanno reso la Conceria Annarita un punto di riferimento nella produzione di pelli bovine e vitelli per calzature, abbigliamento e pelletteria. Ciò le ha permesso di differenziarsi ed evolvere anche nella qualità dei prodotti: «All’inizio – spiega Anna Rita Melai – realizzavamo anfibi, poi ci siamo orientati verso altri articoli, e questa varietà l’abbiamo mantenuta fino ad oggi, raggiugendo un buon fatturato e mantenendo viva la voglia di migliorarsi. L’obiettivo è quello di essere sempre all’avanguardia, anche perché siamo consapevoli che al giorno d’oggi non si può fare altrimenti». Il continuo studio delle moderne tecnologie per lavorare al meglio il pellame ha fatto sì che la crisi economica non intaccasse la reputazione della conceria Annarita. «Come tutti – prosegue – abbiamo avvertito la crisi senza precedenti che ha colpito il nostro Paese negli ultimi anni, ma l’abbiamo fronteggiata cercando di accrescere la varietà degli articoli prodotti. All’inizio siamo andati per tentativi, ma alla fine abbiamo raccolto i frutti sperati. E oggi siamo perfino riusciti ad ampliare la nostra attività e la nostra presenza sul mercato». D’altronde, sempre di più, un clima di cauto ottimismo pervade il settore conciario, grazie soprattutto al dato confortante dell’export (76%) che conferma la leadership di una delle tante eccellenze manifatturiere italiane. Anche le piccole realtà come la Conceria Annarita dividono i loro prodotti al 50% tra il mercato italiano e quello estero: «Ormai siamo conosciutissimi nel mercato asiatico – spiega la signora Melai – soprattutto ad Hong Kong, e in quello americano. A livello europeo invece lavoriamo molto con la Germania».
Insomma, un successo su tutti i fronti, dovuto anche al rapporto di lunga data che la Conceria intrattiene con Euler Hermes: «Siamo assicurati dal 1999 e il nostro è un rapporto di fiducia che resiste nonostante la tanta concorrenza;ci siamo sempre trovati bene. Ci conosciamo da una vita e la relazione ormai è amichevole con lo staff che ci segue». Quindi non solo un’assicurazione sul credito, attivata per gestire gli insoluti ed avere informazioni su potenziali clienti, ma anche un partner di fiducia in grado di instaurare con gli assicurati relazioni di qualità e durature nel tempo.
Concia delle pelli – Il processo di lavorazione!
2 maggio 2015 by Donato 1 Comment
Il processo di lavorazione delle pelli è chiamato concia ed ha come scopo quello di trasformare la pelle putrescibile dell’animale in un prodotto imputrescibile, igienico, traspirante e resistente.
Le fabbriche dove si lavorano le pelli si chiamano concerie, l’attribuzione di questo nominativo proviene dal processo di lavorazione della pelle: La concia. Solitamente le concerie che si occupano dell’intero processo di concia sono aziende di medie-grandi dimensioni a causa dell’impiego di un ampia varietà di macchinari che ogni fase della lavorazione richiede.
Un’industria troppo spesso dimenticata, eppure l’industria conciaria italiana è tra le eccellenze manufatturiere più apprezzate al mondo, rappresenta il 17% dell’industria conciaria mondiale, basti pensare che ogni anno produciamo circa 129.000.000 metri quadrati di pellami finiti (fonte UNIC), per rendere l’idea, potremmo ogni anno ricoprire la superficie dell’intera Grecia con vera pelle.
Che cos’è la concia?
La concia è un’antichissima arte nata nella preistoria e divenuta mestiere nel medioevo che mira a rendere la pelle ed il cuoio un prodotto gradevole al tatto ed alla vista, versatile per l’uso quotidiano e durevole nel tempo. Nel tempo, questo mestiere si fatto spazio tra la moda e la tecnologia giungendo a risultati strepitosi che permettono al settore del cuoio e delle pelli Made in Italy di essere visto in ambito mondiale come un’eccellenza che spesso ricade nella sfera del lusso.
Qual è il processo di lavorazione delle pelli?
E’ fondamentale chiarire che non esiste un processo unico per la concia delle pelli, esso infatti dipende da moltissimi fattori, primo fra tutti è il risultato finale che si vuole raggiungere, ad esempio il processo di concia cambia se si decide di voler lasciare il pelo, se si vuole ottenere una pelle conciata al vegetale oppure al cromo ecc…
Per i motivi appena elencati, il processo di concia delle pelli si divide in 3 fondamentali macrocategorie, cioè: Lavorazioni di Riviera, Concia , Rifinizione.
Perchè conciare le pelli?
La pelle dell’animale è un materiale organico che se non opportunamente trattato in pochi giorni tende a marcire e decomporsi; nasce così l’esigenza della concia, scoperta in modo casuale dagli uomini primitivi che notarono che se la pelle veniva affumicata o immersa nell’acqua con foglie e tronchi di albero durava più a lungo, queste piccole scoperte divennero nel tempo idee e sperimentazione che fondarono quella che noi conosciamo oggi come la storia della concia della pelle.
Infografica processo produttivo della pelle.
Se l’argomento ti interessa, ma non vuoi perdere troppo tempo a leggere, ho creato per te un infografica processo di produzione della pelle con le fasi più importanti della concia, in modo che tu comprendere questo fantastico materiale e mostrarti preparato ogni qualvolta ti si presenta l’occasione di acquistare un divano, una giacca o un paio di scarpe in vera pelle. Se vuoi saperne di più puoi leggere il mio post su come riconoscere la vera pelle e non farsi ingannare durante gli acquisti.
Indice : Procedimento di concia
Quali sono gli animali usati per le pelli di giacche, divani, scarpe ecc?
Devi sapere che la lavorazione delle pelli è strettamente correlata all’industria alimentare, poiché il 99% degli animali conciati in Italia appartiene alla razza Bovina, ovina, caprina, vitellina (fonte unic) e quindi viene abbattuto prevalentemente per la sua carne, in questo contesto la pelle è vista come un prodotto di scarto che a seguito di lunghe e laboriose lavorazioni diventerà un prodotto d’eccellenza.
Dunque gli animali che verranno usati per la produzione di giacche, divani, scarpe ecc. sono prevalentemente vitelli, agnelli, maiali, capre e montoni. Per quanto possa sembrare crudele uccidere un animale ed usare la sua pelle, non lo è affatto o meglio “è crudele come mangiare un hamburger”, infondo pensa che se non verrebbe lavorata, la pelle sarebbe comunque un prodotto di scarto e verrebbe in qualche modo buttata.
Una piccola chicca: Contrariamente a quanto si possa immaginare, un vero amante della pelle e del cuoio è spesso anche un amante degli animali (io ad esempio lo sono) ed è contrario al maltrattamento degli animali; sembra strano vero? Per farti capire meglio, ti faccio un esempio: Ammettiamo che io non ami particolarmente gli animali (cosa non vera) e lavoro la pelle, ci tengo che questa sia ottima no?; Ora se l’animale è stato maltrattato, anche la pelle risente del maltrattamento, ad esempio un animale che mangia bene (es. fieno, trifoglio, erba) produce una pelle migliore di un animale che mangia rape barbabietole e patate, un animale che viene rinchiuso in una stalla dove si forma un clima secco e caldo, produce una pelle cascante e floscia, un animale che non viene curato ed è attaccato dai parassiti come l’estro bovino, produce una pelle difettosa. Quindi pur essendo una persona a cui non stanno simpatici gli animali (cosa che non sono) perché dovrei volere il loro maltrattamento? Se proprio dobbiamo dirla tutta (secondo me) la “colpa” del maltrattamento sugli animali da macello, è frutto della clientela che acquista sempre prodotti a prezzi stracciati costringendo l’economia a spostarsi a favore di chi mal nutre e maltratta gli animali solo perché le esigenze del mercato sono quelle di “fare economia” durante gli acquisti.
Ribadisco, è solo una mia ipotesi, comunque riflettici, vedrai che non ho poi tanto torto (magari fammi sapere come la pensi nei commenti).
Conservazione
Dopo lo scuoiamento, le pelli devono essere trattate, altrimenti avrà inizio il processo di decomposizione che creerà danni irreparabili al derma della pelle come: fiore guasto, struttura fibrillare vuota ed altri innumerevoli difetti. Per ovviare a questi problemi si fa riferimento alla conservazione, una lavorazione che blocca lo sviluppo e la proliferazione dei batteri. Esistono differenti metodi di conservare le pelli che prendono il nome di: Pelli Secche, Pelli Salate Fresche, Pelli Salate Secche, Pelli Arsenicate, Pelli Patinate, Pelli Piclate. Una volta finito il processo di conservazione le pelli (in gergo dette “grezze”) vengono stoccate e spedite alle concerie che si occuperanno della loro lavorazione.
Rinverdimento
Il rinverdimento delle pelli è una lavorazione utile a reintegrare l’acqua nelle fibre della pelle persa durante la conservazione, il suo scopo è quello di ridonare alla pelle la flessibilità e morbidezza (persa durante la conservazione). Esistono diversi tipi di rinverdimento delle pelli e viene preferito uno all’altro in conseguenza di due fattori: il tipo di pellame e il tipo di conservazione subito.
Calcinaio e Depilazione
Il calcinaio e la depilazione sono due lavorazioni svolte (quasi sempre) per via chimica e sebbène hanno due scopi diversi sono spesso svolti contemporaneamente. Lo scopo del calcinaio è quello di rendere la pelle pronta all’assorbimento dei concianti, mentre la depilazione (come si può immaginare) ha come scopo quello di rimuovere il pelo e l’epidermide. I prodotti più usati per calcinaio e depilazione sono idrossido di calce, solfuro di sodio, solfato di dimetilammina. Oltre che per via chimica, la depilazione può avvenire anche per via del riscaldamento che avvia il processo di decomposizione dando la possibilità ai microbi di formarsi e distruggere la parte profonda dell’epidermide.
Spaccatura
Questa lavorazione è utile nel caso in cui si lavorano pelli molto spesse, come nel caso dei vitelloni e se ne vuole ridurre lo spessore. La spaccatura è una lavorazione è di tipo meccanico e viene effettuata con un macchinario che divide la pelle in 2 o più strati; lo strato superiore è detto fiore ed è anche il più pregiato, mentre gli strati inferiori sono dette croste.
Scarnitura
La scarnitura è una lavorazione meccanica avente come scopo quello di eliminare tessuti sottocutanei ed il grasso in eccesso che restano attaccati alla pelle durante lo scuoiamento dell’animale. La scarnitura è una lavorazione che può essere svolta sia durante le lavorazioni di riviera e di concia (scarnitura in umido) che durante le lavorazioni meccaniche in rifinizione (scarnitura a secco).
Decalcinazione
La decalcinazione è un processo che avviene per mezzo chimico, la sua funzionalità è quella di eliminare la maggior parte della calce attaccata alle fibre della pelle, abbassare il ph ed ottenere uno sgonfiamento del derma. Per farlo è necessario l’impiego di acidi forti o deboli. Una curiosità sulla decalcinazione? In passato non si usavano gli acidi, ma sterco di cane o di uccelli che venivano lasciati macerare ed introdotti nei bottali insieme alle pelli e si attendeva che lo sterco dissolvesse la calce e le sostanze grasse presenti nella pelle.
Macerazione
La Macerazione completa il processo di decalcinazione agendo sulla struttura delle fibre delle pelli, in particolar modo è utile a rilassarle, in modo da preparare i pellami a ricevere ed assorbire appieno gli agenti concianti.
Sgrassaggio
Lo Sgrassaggio è una lavorazione che viene effettuata soprattutto sulle pelli molto grasse (come nel caso dei montoni provenienti dalla Nuova Zelanda). La saponificazione dei grassi> è un modo sicuro per preparare i pellami a ricevere i concianti, dato che il grasso impedirebbe la penetrazione a fondo di questi.
Pikel
La parola piclaggio deriva dall’inglese pickle (sottaceto) ed è una lavorazione che blocca definitivamente la possibile macerazione della pelle, inoltre aiuta la pelle a rilassarsi e prepararsi per la concia.
Concia al Cromo
La concia al cromo è una delle concie più utilizzate al mondo, si stima infatti che oltre l’80% delle pelli lavorate nel mondo siano conciate al cromo. Lo scopo della concia è fondamentalmente quello di dare al cuoio la maggior resistenza all’usura, la massima impermeabilità all’acqua, la giusta permeabilità all’aria ed al vapore acqueo (sudore) attraverso la porosità (quest’ultima caratteristica è tra le più importanti poichè conferisce alle pelli il vanto di essere una dei principali materiali igienici.)
La lavorazione delle pelli con la concia al cromo viene fatta per via del cromo trivalente. Alla fine di questa lavorazioni avremo dei pellami con un colore azzurro chiaro detti propriamente wet-blue.
Concia al vegetale
La concia al vegetale è riconosciuta come una dei tipi di concia più antichi al mondo, molto probabilmente perchè le materie prime con cui essa è svolta sono facilmente reperibili in natura, infatti per questa tipologia di concia vengono usati i tannini (estratti dagli alberi). L’Italia ed in modo particolare il Polo Conciario Toscano è famoso in tutto il mondo per la produzione di pregiatissimi pellami lavorati secondo le antiche tradizioni.
Altri tipi di Concia
Esistono molti altri tipi di concia a cui poter far riferimento, come ad esempio la concia alle aldeidi, la concia al ferro, allo zirconio, all’olio (soprattutto per produzione di scamosciato) e la più recente concia al Titanio.
Pressatura
Dopo aver subito il processo di concia i pellami sono impregnate ed è necessario ridimensionare la quantità d’acqua presente all’interno della pelle. Per farlo si ricorre all’uso di un macchinario che esercita una forte pressione sulle pelli(dalle 10 alle 80 tonnellate) facendo così fuoriuscire l’acqua e stendendo la pelle.
Riconcia
La riconcia è una lavorazione propensa a dare carattere e conferire particolari prorietà merceologiche alla pelle, come ad esempio maggiore resistenza meccanica, uniformità della concia in tutto lo spessore del cuoio, conferire maggiore pienezza, morbidezza, elasticità, cedevolezza, leggerezza ecc… Anche se non è strettamente necessaria, attraverso la riconcia delle pelli è possibile determinare l’alta qualità di una pelle e le sue caratteristiche.
Tintura
La tintura del cuoio può essere effettuata anche durante le operazioni di riconcia, in questo caso le pelli vengono immerse in un bottale contenente soluzioni acquose portate ad una temperatura elevata e vengono introdotti nell’acqua coloranti idrosolubili. Lo scopo principale della tintura, come si può immaginare è quello di conferire alla pelle il colore desiderato. Con questa modalità di tintura in botte è possibile far penetrare la tintura non solo superficialmente ma anche lungo tutto il suo spessore.
Ingrasso
Una delle ultime lavorazioni in umido (quando le pelli sono ancora bagnate) è sicuramente l’ingrasso, un’operazione che serve a modificare le caratteristiche fisico-meccaniche della pelle introducendo nelle fibre oli e grassi solubili che fungono da lubrificanti. Senza l’ingrasso, la pelle essiccata potrebbe non godere della morbidezza, elasticità e resistenza che caratterizza solitamente i pellami, inoltre i grassi e gli oli conferiscono una maggiore idrofobicità della pelle.
Asciugaggio
Come si può immaginare, le operazioni di asciugaggio o essiccamento hanno come scopo principale quello di far perdere alle pelli l’acqua assorbita durante tutte le precedenti lavorazioni. Questa lavorazione inizia quasi sempre con la messa al vento delle pelli dove i pellami attraversano dei rulli che pressano letteralmente la pelle stirandola ed allargandola, permettendo così la perdita di sostanze inutili assorbite precedentemente. Dopo la fase della messa al vento è necessario essiccare ulteriormente i pellami e per farlo esistono diversi metodi:
Palissonatura
La palissonatura è quella lavorazione che ha lo scopo di ammorbidire i pellami che dopo aver attraversato la fase di essiccazione risultano “duri e cartonosi” al tatto. Questa lavorazione viene svolta solitamente in apposite macchine come il palissone rotativo, dotato di rulli con lame ondulanti che svolgono la funzione di distendere e rilassare la struttura fibrosa della pelle in modo da ammorbidirla; il palissone a vibrazione dove la pelle viene inserita e grazie all’azione dei pioli di questa macchina viene allentata la struttura delle fibre ammorbidendo così la pelle.
Follonatura o Volanatura
Come la palissonatura, anche la follonatura o volanatura ha il compito di ammorbidire la pelle. La differenza risiede nella tipologia del macchinario usato e nella caratteristica merceologica che si vuole conferire al pellame, infatti nella lavorazione a follonare vi è l’impiego di un bottale (a secco) dove è possibile controllare temperatura e valori di umidità; i pellami vengono inseriti nel bottale e vengono scossi meccanicamente dall’azione rotativa facendo in modo che la pelle si ammorbidisca. E’ importante sapere che tramite questa lavorazione è possibile aggiungere prodotti chimici ingrado di stabilire gli effetti moda desiderati.
Smerigliatura
La smerigliatura è una lavorazione che viene effettuata tramite un macchinario dotato di rulli abrasivi e può essere utile principalmente in tre casi, per la creazione delle pelli con effetto scrivente (es. nabuk) dove viene appunto smerigliato (carteggiato) il fiore della pelle; per “riparare” guasti sul fiore della pelle stuccando prima la parte del fiore dove sono presenti difetti (con della speciale pasta) e poi smerigliando la pelle in modo da pareggiare la stuccatura con la superfice del fiore della pelle; Per eliminare eventuali residui sottocutanei dal lato carne della pelle.
Rifinizione delle pelli
Le lavorazioni di rifinizione possono manomettere una grandissima varietà di caratteristiche della pelle, è possibile infatti attraverso questa fase conferire il colore desiderato, l’effetto moda voluto, le prestazioni fisiche e meccaniche, il tatto , l’effetto scivolante o frenante ecc. Esistono tantissime macchine per la rifinizione, ma in questo contesto ci soffermeremo ad elencare soltanto i più importanti.
Rifinizione a Spruzzo
La rifinizione a spruzzo è effettuata per mezzo di macchinari aventi delle grosse cabine dove vengono inserite le pelli, all’interno ci sono una o più giostre di pistole che fungono da aerografi che effettuano movimenti circolatori ad alta velocità spruzzando delle finissime goccioline spinte da aria compressa sulla superfice della pelle, creando così un film sulla parte superficiale della pelle che oltre a modificare il colore, può manomettere anche il carattere della pelle. In questa fase infatti è possibile creare infiniti prodotti moda come ad esempio pellami antiappiccicanti ed antitrasudanti, è possibile manomettere l’effetto frenante al tatto, rendere la pelle impermeabilizzata, aggiungere fissativi, ammorbidire la pelle, creare effetti cerati ecc.
Proprio per la vastità di applicazioni possibili, la rifinizione a spruzzo è tra le più in voga nella produzione industriale di pellami.
Rifinizione a Velo (Velatura)
Questo tipo di rifinizione serve sostanzialmente per la produzione di pelli verniciate, poichè l’applicazione dei prodotti viene fatta tramite un macchinario “la velatrice” adoperato anche per verniciare il legno. Questo macchinario è dotato di un tappeto dove vengono fatte scivolare le pelli e di una testa che tramite delle “labbra” in acciaio fà colare sui pellami un velo liquido che tinge uniformemente le pelli e dona l’effetto desiderato.
Rifinizione a Tampone
La rifinizione a tampone ha origini antiche, infatti è una lavorazione che spesso ancora oggi viene effettuata manualmente senza l’ausilio di macchinari. La metodologia dell’applicazione dei prodotti è molto semplice, viene stesa la pelle su un pancale solitamente in truciolato laminato e tramite l’ausilio di un tampone (una specie di spugna) viene tinta la pelle per via dello strofinio effettuato ripetutamente sulla pelle per creare l’effetto moda ricercato. Oggigiorno è possibile anche l’utilizzo di macchinari appositi che si occupano di effettuare meccanicamente questa lavorazione.
Rifinizione a Rullo (spalmatura)
La rifinizione a rullo è solitamente usata per pelli che devono avere una trama particolare come ad esempio una stampa pitonata leopardata a fiori ecc. oppure per croste (cioè la parte qualitativamente inferiore delle pelli che sono state spaccate) che vogliono assomigliare al fiore.
Le pelli vengono introdotte in un macchinario che applica una carta adesiva contenente il disegno desiderato lungo tutta la superficie della pelle. Come potrete ben immaginare è possibile riprodurre una quantità infinita di prodotti finali tramite questa tecnologia. Inoltre tramite la rifinizione a rullo è possibile recuperare anche quelle pelli che hanno difetti visivamente sgradevoli.
Rifilatura
La rifilatura delle pelli è un’operazione che consente alle pelli di avere dei bordi regolari, vengono infatti ritagliate le parti ritenute inutili lungo il bordo delle pelli. Questa operazione può essere svolta sia su pelli in trippa che in rifinizione, per rifilare le pelli vengono usate solitamente delle forbici o un coltello a seconda della fase in cui vuole essere svolta.
Misurazione
Ti sei mai chiesto come si fa a misurare la superficie di un oggetto dalle forme irregolari? Nell’industria conciaria le misurazioni delle pelli si fanno sia per lo spessore che per la superficie e con le nuove tecnologie non è necessario avere due macchinari appositi per misurare entrambi i parametri.
L’unità di misura usata per la misurazione della superfice delle pelli è il pd² (piede quadrato) che corrisponde a 30.48cm oppure in m², mentre per lo spessore della pelle si usano i millimetri.
La misurazione viene calcolata tramite appositi macchinari che scansionano la superficie della pelle e lo spessore e stampano sul retro della pelle la misura calcolata.
Da: Studio Web Marketing [mailto:info@studiowebmarketing.it]
Inviato: mercoledì 18 aprile 2018 09:29
A: rino.fruttini@gmail.com
Oggetto: Richiesta di Contatto per “DEPUREStudio Web Marketing [info@studiowebmarketing.it]CO – Depuratori Acque Reflue” da Perugia – n. 59 ricevuta
Grazie per averci contattato tramite il sito web www.depurimpianti.it.
Ecco le SCHEDE TECNICHE delle tre tipologie dei nostri Depuratori per Acque Reflue Civili ed Industriali:
1. Impianti di Depurazione Biologici
2. Impianti di Depurazione a Carboni Attivi
3. Impianti di Depurazione a Flocculazione (Chiariflocculatori)
DEPURECO S.p.A. ti ricontatterà quanto prima per soddisfare la tua richiesta.
Ci hai fornito i seguenti tuoi dati di contatto:
nominativo | fruttini rino |
provincia | Perugia |
telefono | 3470431920 |
rino.fruttini@gmail.it | |
messaggio | Sto approntando un progetto di una piccola conceria. Mi occorre un preventivo di massima per lo smaltimento delle acque reflue separato da quello di trattamento dei fanghi di risulta. Grazie per l’attenzione. |
in data 16/04/2018 alle ore 16:09:10.
Per eventuali ulteriori richieste di preventivo, in futuro puoi ricontattarci più
agevolmente cliccando direttamente su questo link: www.depurimpianti.it.
Un caro saluto a te da noi tutti e a presto !
Servizio di Web Marketing a cura di www.studiowebmarketing.it – Google Partner Certificato
Allegato N. 4 al “DOCUMENTO PROGETTUALE “ENCLAVE ARTIGIANATO CASA & BOTTEGA IN UN RIONE DEL C.S. DI PERUGIA”
Tre e mail dialettiche fra Luigi Fressoia e Rino Fruttini a focalizzare ruolo, funzioni, efficienza ed efficacia del Minimetrò quale strumento di trasporto ettometrico di persone e merci. Un contributo alla soluzione con vincoli ambientali della logistica nel C.S.
Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: giovedì 19 aprile 2018 15:40
A: ‘Fressoia Luigi’
Oggetto: E mail su Minimetrò
Caro Luigi, ho molto apprezzato la tua relazione del 1995 sul minimetrò. In allegato il mio commento. Prima di postarlo in fb mi farebbe piacere un tuo commento.
Cari saluti
Rino
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RINO FRUTTINI
(allegato all’email)
Caro Luigi,
la lettura della tua relazione sul progetto del Minimetrò , 13 anni prima della sua inaugurazione , chiarisce, dopo dieci anni di esercizio della sua attività ,alcuni aspetti della efficacia della sua funzione di mobilità alternativa ad integrare quella delle scale mobili preesistenti . Tu nel lontano 1995 fai alcune osservazioni sulla validità dell’insediamento e posizionamento della linea nei suoi parametri baricentrici-strutturali ,di installazione di linea, se non antropologici e gravitazionali verso la fruizione dei bacini di utenza. E poni subito due pregiudiziali alla fattibilità del nuovo investimento, di non poco conto: l’esistenza di un’alternativa con le potenziali linee metropolitane (FS e MCU) ancora non sfruttate ed il trasferimento previsto dell’Ospedale Policlinico dalla zona di Monteluce a quella di Sant’ Andrea della Fratte.
Solo l’attenta valutazione di questi due fattori ,condizionanti la fattibilità dell’opera , l’uno sfavorevole alla sua realizzazione, l’altro di semplice analisi del valore , alla ricerca di alternative esistenti e più economiche di quella progettuale, rilevabili in una doverosa analisi Swot , che normalmente già d’allora doveva essere alla base di uno studio di fattibilità di nuovi impianti e relativi investimenti, sia pubblici che privati, avrebbe dovuto marcare una rilevante riserva alla realizzazione del progetto. Ci sono poi altre ragioni che ad oggi ne determinano notevoli criticità gestionali: il potenziale di attrattività del C.S ., in decremento da alcuni anni a questa parte, stante che la struttura è stata realizzata ad esclusivo beneficio del collegamento delle periferie con il C.S.; la capacità produttiva del mezzo che, come tu affermi nella tua relazione, potendo raggiungere 240.000 utenti nelle 24 ore è evidentemente di gran lunga sottoutilizzata; e di conseguenza il deficit di conto economico che, accumulatosi negli anni, produce l’indebitamento che conosciamo dato che il costo di gestione del Minimetrò, come quello delle strutture ettometriche è sostanzialmente un costo costante nel tempo.
Al punto in cui siamo l’unica linea di strategia di mobilità alternativa che possiamo intraprendere per garantire efficacia (collegamenti continui e certi con il C.S.) ed efficienza ( equilibrio del conto economico) del Minimetrò , visto che dobbiamo farne “di necessità virtù”, è quella di renderlo ancor di più indispensabile , sollecitandone le utenze , sia in frequenza di fermate sia nell’ampliamento dei bacini di utenza. Pertanto il parcheggio del capo linea di Pian di Massiano deve essere un hub dove convergono tutti gli arrivi automobilistici a Perugia nelle ore di punta, anche da tutti i bacini sia della E/7 che della superstrada da Foligno (snodo di Collostrada). In tal modo si eviteranno i colli di bottiglia alle ore di punta per l’accesso alla città dalle uscite della superstrada a Piscille, Prepo e San Faustino. Il collo di bottiglia unico sarà all’uscita di Madonna Alta, per il parcheggio a Pian di Massiano. Ma basterà incrementare le corsie di svincolo , e il risultato è garantito. Inoltre i vagoni del minimetrò potranno essere dedicati nelle ore di flesso delle corse passeggeri anche al trasporto merci, in arrivo e partenza dalla piattaforma di Pian di Massiano a quella del Mercato Coperto e da qui, con mezzi veloci ed ibridi di smistamento merci, risalire per Via Alessi e fare le consegne ai P.V. dell’Acropoli. Ritengo che con pochi e parziali interventi strutturali (tapis roulant) si possa risolvere il problema della continuità e integralità del servizio.
Certo è che fintanto l’Amministrazione comunale, con una politica incoerente dello “stop & go” pretende di incrementare il flusso dei passeggeri con la immaginifica campagna pubblicitaria del “torzone” e nel contempo ridurre l’orario della Z.T.L. per favorire l’accesso al C.S. agli automobilisti (da alcuni mesi anche il sabato è aperto aggli ingressi auto private) , mi domando chi sia più “torzone “ il Sindaco o i perugini che non prendono il Minimetrò?
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RINO FRUTTINI
Inviato: venerdì 20 aprile 2018 12:19
A: ‘rino.fruttini@gmail.com’
Oggetto: R: E mail su Minimetrò
Rino caro una precisazione tecnica prima di tutto: scrissi 5.000 passeggeri/ora per senso di marcia poiché nel primo progetto questi erano i dati vantati; sta il fatto che l’impianto realizzato ha una capacità dichiarata di 3.000passeggeri/ora per senso di marcia quindi 3.000x2x16ora totale 96.000 passeggeri potenziali al giorno.
Ciò premesso dico che puntare anche oggi al parcheggi di Pian di Massiano è ripetere lo stesso errore del progetto, che è errore non perché non piace a questo o a quello bensì perché non funziona, la gente non ci va e non ci va per un motivo semplice: non ha senso provenire da nord, est e sud, andare ad ovest (Pian di Massiano) per poi risalire verso nord-est (C.S.): possiamo provarci col mitra ma tanto non ci andranno lo stesso. Concetto essenziale per me è questo: giusto aiutare il Minimetrò per quanto possibile, PERO’ NON CERTO IMPONENDOSI ALTRI ERRORI STRATEGICI. Sbagliare è umano ma perseverare non è perdonabile, non possiamo piegare sul Minimetrò qualsiasi altra opera strategica di cui Perugia ha assoluto bisogno ora più che mai col fallimento Minimetrò e una mobilità automobilistica sopra il 90%. Dobbiamo cambiare passo: analizzare, capire e di conseguenza proporre IN COMPLETA AUTONOMIA DI GIUDIZIO, dopo di che quanto verrà anche in favore del Minimetrò sia benvenuto, ma nulla più. L’uso in chiave urbana e metropolitana delle ferrovie (ottimizzato dalla tecnologia TramTreno) o è valido o non lo è in sé, non per il beneficio che porta o non porta al Minimetrò. Non commettiamo altri errori solo perché è stato commesso il primo. Se il primo è un errore, per tale deve essere considerato, aiutarlo se possibile ma nulla più e se serve abbandonarlo o cose simili. Pensa che appena dopo un anno, a fronte dei dati disastrosi di utenza (1/5 dell’atteso), tutta la rete dei bus fu piegata sulle fermate del Minimetrò: grazie a ciò quest’ultimo aumentò di 1.000 utenti/giorno ma gli utenti dei bus tracollarono. Ugualmente i parcheggi a corona intorno all’Acropoli: sono tenuti semivuoti tramite prezzi esagerati proprio per non danneggiare (come facilmente previsto nel 1995) il Minimetrò. Il Minimetrò porta pochissimo, meno delle sole Scale Mobili della Rocca Paolina (12.000 utenti/giorno) pur essendo lungo sei volte di più e costato 30 volte di più: ha il difetto strutturale irrimediabile di pescare in un bacino troppo ristretto, di imporre cambio di mezzo (rottura di carico) rispetto ad altri vettori (treni e bus), di esser chiuso in se senza connessione agevole con atri mezzi: lo possiamo aiutare quanto ci pare ma non risolveremo mai i suoi deficit. Esso è un nano che per quanti tacchi gli applichiamo non potrà mai essere quel corazziere che vorrebbe essere (“Asse portante della mobilità cittadina”…). Il TramTreno lo aiuterà meglio di chiunque altro (si toccano in tre punti: alla Cupa, a case Bruciate e a Fontivegge), lo aiuterà perché sa raccogliere/portare utenti andandoli a prendere nei pressi delle rispettive abitazioni grazie al patrimonio ferroviario esistente che tra Fcu e Fs è di quasi 300 kilometri. Insomma non è –per me- accettabile, sarebbe irrazionale, giudicare il TramTreno alla luce del Minimetrò. Confido di vederti all’assemblea dei soci del 2 maggio da Umbrò, magari interverrai anche su questo argomento, se vuoi, buona domenica, luigi f
Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: lunedì 23 aprile 2018 10:12
A: ‘Fressoia Luigi’
Oggetto: R: E mail su Minimetrò
Caro Luigi,
io parto da presupposto che il minimetrò ormai ce lo dobbiamo tenere e semmai contribuire ad ottimizzare nei costi/ricavi/benefici la sua gestione a regime. E ciò si ottiene soltanto nel far confluire il flusso di automobili in arrivo delle ore di punta in uscita da Piscille, Prepo e San Faustino verso l’uscita di Madonna Alta per il mega parcheggio di Pian di Massiano. Si tratta, con poca spesa di adeguamento viario dello svincolo ed un minimo sforzo informativo a convincere gli automobilisti in arrivo su tale percorso che, sebbene si allunghi di appena 3 chilometri il tragitto, comunque semplifica di molto il collegamento con il C.S. E su tale innovazione di uscita preferenziale andava impostata la campagna promozionale: altro che suggestione del messaggio antropologico del “torzone”. Andava invece prospettata una, come dicono gli addetti ai lavori, “reason way” sui tali innegabili e consistenti vantaggi del minimetrò . Poi i ruoli pregressi e innovativi della F.S e della ex M.C.U. , quest’ultima in perenne rifacimento e sopravvivenza dalla sua precaria gestione : se ne parla da decenni, senza alcun costrutto.
Stiamo dunque con i piedi per terra e cerchiamo di valorizzare , astenendoci dal denigrare quello che abbiamo. La storia perugina , nei secoli , è ricca di episodi iconoclasti che non hanno portato buona sorte alla sua evoluzione. Comunque sempre pronto ad un confronto sereno e costruttivo. Un caro saluto,
Rino
Allegato N. 5
FORMAZIONE PROFESSIONALE, STARTUP E INCUBATORI
I Salesiani sono venuti a Perugia per essere presenti in mezzo ai giovani e per aiutarli ad essere buoni cristiani e onosti cittadini. Sono presenti a Perugia dal 1922. Sono gli anni del “Penna Ricci” che tanta commozione suscitano ancora oggi in coloro che beneficiarono della infaticabile opera dei Salesiani.
Nel 1959, con lo spostamento in Viale Pellini, sorge l’Istituto che offre alle Famiglie una Scuola Media e Superiore di qualità. Nel nuovo complesso riprende vigore nell’ambito sportivo e nell’animazione nel tempo libero. La PGS Don Bosco occupa circa 300 giovani, maschi e femmine, che praticano calcio, basket e volley.
A partire dal 1982 si apre il nuovo fronte della formazione dei giovani che sia avviano al lavoro. Il CNOS FAP offre la possibilità di qualificarsi nei diversi settori a seconda delle richieste provenienti dal mercato del lavoro (settore elettrico, meccanico, termoidraulico, controllo numerico e altre diverse) ed aiuta ai giovani al loro inserimento nel mondo del lavoro. Le altre sedi del CNOS-FAP nell’Umbria ( Foligno e Marsciano) dimostrano l’importanza e la validità di questo tipo di servizio.
Con i cambiamenti socio-culturali i Salesiani adattano le loro strategie alle nuove esigenze. Uno dei problemi, affrontano da molti anni e legato con la scarsa richiesta scolastica da parte delle famiglie di Perugia, matura con la decisione dei Salesiani di cambiare le priorità educative. Nel 2010 i Salesiani si ritirano dalla stagione delle scuole (scuola media e liceo) e passano tutta la tradizione e il patrimonio scolastico di Don Bosco di Perugia ai collaboratori laici. L’associazione Centro Studi Don Bosco, composta in prevalenza dalle ex-scuole salesiane continua a gestire le scuole nello stile di Don Bosco.
L’Istituto Don Bosco si apre di più alla cittadinanza di Perugia e, insieme con le Autorità di Perugia, entra a far parte del Progetto del Quartiere. Visti i diversi problemi legati con i parcheggi, i Salesiani mettono gratuitamente a disposizione del Comune il loro terreno, l’ex-orto, dove viene costruito un moderno parcheggio, inagurato solennemente, in presenza del sindaco di Perugia e delle altre autorità, nel mese di Maggio 2011.
Una delle scelte prioritarie del carisma di Don Bosco si rivolge attualmente al mondo del lavoro e al mondo Universitario. Le strutture delle ex-scuole vengono trasformate in una moderna Residenza Universitaria che aprirà le sue porte ai giovani universitari a cominciare dal mese di ottobre 2012.
A proposito dei “Corsi professionali regionali” per ragazzi offerti dal “Don Bosco” in Perugia (riconosciuti dalla Regione Umbria), don Colajacomo ricorda che «sono ancora aperte le iscrizioni gratuite fino al prossimo 22 novembre, finanziati attraverso Fondi europei e riguardanti i settori professionali di meccanico, elettrotecnico, termoidraulico ed ora anche di ristoratore». Sempre rivolgendosi ai parroci, il direttore dell’Istituto Salesiano sottolinea loro che «sarebbe cosa buona farlo sapere alle famiglie che hanno figli/e di 16 anni che preferiscono una scuola più operativa con possibilità di qualifica professionale che dia loro maggiori opportunità di lavoro una volta conclusa la formazione».
Cos’è una Start up.
Con il termine startup si identifica una nuova impresa nelle forme di un’organizzazione temporanea o una società di capitali in cerca di un business model ripetibile e scalabile. Inizialmente il termine veniva usato unicamente per startup operanti nel settore Internet o tecnologie dell’informazione. Oggi, con la crescente influenza del software, anche altri settori sono interessati dal fenomeno.
Come emerge dalla definizione universalmente riconosciuta di Steve Blank “la scalabilità è un elemento cardine di questa tipologia di impresa. L’avvio di un’attività imprenditoriale non scalabile, come l’apertura di un ristorante, non coincide dunque con la creazione di una startup ma di una società tradizionale. La startup company non deve inoltre essere confusa con lo start up di un nuovo business: con il verbo “to start up” si fa riferimento alla fase di avvio di un nuovo business, o di una business unit all’interno di una società consolidata.” [1]
Le startup companies sono di solito imprese appena costituite, nelle quali vi sono ancora processi organizzativi in corso e, essendo state appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di capitale, lavoro e terreni. Questo tipo di imprese, in caso di insuccesso, non sono particolarmente rischiose data l’esigua quantità di capitali investiti. Start-up è diventato nel tempo un termine molto inflazionato per indicare un’azienda fondata da poco tempo, che generalmente – ma non sempre – lavora sul web, alla ricerca di un modello di business scalabile (attività facilmente replicabile con la possibilità di aumentare le dimensioni e il giro di affari in maniere anche esponenziale.)
Queste aziende, molto spesso fondate e dirette da giovani imprenditori, sono spesso in fase di sviluppo e ricerca sul mercato, oppure di test dello stesso. Sono, nella gran parte dei casi, finanziate da Business Angel o Venture Capitalist che credono nel progetto e decidono di investirci somme di denaro che vanno dalle poche migliaia sino alle decide di milioni di euro.
Il finanziamento di una start-up può avvenire con interlocutori, modalità, implicazioni e tempi diversi, a partire da esigenze e criticità legate allo stadio di sviluppo dell’impresa. Il fabbisogno finanziario in genere nasce dalla necessità di proseguire attività di ricerca o studi di fattibilità, di sviluppare software per la costruzione di piattaforme tecnologiche, di sostenere spese vive per avviare le prime attività in marketing e pubblicità. Nella pratica questi sono tutti elementi molto intangibili, quindi di difficile valutazione per il finanziatore esterno.
Ogni start-up affronta una o più fasi di finanziamento e per poter accelerare la propria crescita è fondamentale avere un buon network di relazioni.
Le fasi di finanziamento di una startup si possono suddividere in 4 step principali:
I soggetti disposti a finanziare una startup sono molteplici. Esiste il mondo dei Venture Capital gestito da investitori che operano investendo capitali di terzi. Forniscono il capitale finanziario agli stadi iniziali, ad alto potenziale e ad alto rischio, alle imprese a forte crescita. Il fondo di venture capital guadagna attraverso il possesso di partecipazioni in società nelle quali ha investito. Il Venture Capitalist di solito fornisce capitali per la crescita e acquisendo quote di minoranza.
Se l’idea è particolarmente interessante e innovativa potrebbe anche attirare l’interesse di qualche Business Angel, in genere ex imprenditori e manager che dispongono di mezzi, esperienza e conoscenze da investire in progetti innovativi e start-up promettenti con capitali propri.
Una forma di raccolta fondi che va sempre più diffondendosi nel mondo e, a poco a poco anche in Italia, è quella del crowfounding (reinterpretazione della raccolta fondi nell’era digitale), un vero e proprio finanziamento “dal basso”.
Il canale tradizionale per avviare un’impresa resta comunque quello delle banche, molte delle quali prevedono finanziamenti agevolati per start-up avviate o in fase iniziale, ognuna con le sue condizioni e offerte particolari da studiare e valutare molto attentamente Esistono infine i finanziamenti pubblici dedicati all’avvio delle imprese, che in genere passano attraverso bandi a livello regionale o nazionale.
In Israele sono presenti circa 3.850 start up che, con la loro attività impiegano oltre 70.000 persone (praticamente una start up ogni 1.844 persone) [2] . I campi principali nelle quali si concentrano le loro attività sono: software, internet, media, elettronica, tecnologia militare, biotecnologia, apparati clinici e clintek (tecnologie per migliorare l’qualità dell’ambiente)
I maggior parte dell’aziende sono concentrate nella zona ormai battezzata “Silicon Wadi” che si estende lungo la costa d’Israele. L’area totale di questa zona è di circa 6.000 km2 e si concentra nel centro d’Israele nei dintorni di Tel Aviv e in altri piccoli cluster nelle città di Ra’anana, Petah Tikva, Herzliya e Netanya.
È seconda come importanza solo alla Silicon Valley in California, sia per la sua estensione sia per impatto sul mondo hi-teck. L’interesse per le startup è nato negli anni novanta, con la decisione del Governo Israeliano di investire grossi capitali in questo campo. Da quegli anni il numero di aziende è continuato a crescere con numerosi progetti che hanno avuto successo su scala mondiale come: Waze, Babylon, Conduit e tanti altri.
Riferimenti
[1] Steve Blank e Bob Dorf, The Startup Owner’s Manual, Pescadero, California, K and S Ranch Inc., 2012
[2] Dan Sinor e Shaul Zinger, Start up Nation: the story of Israel’s Economic Miracle, Tel Aviv, 2009
Come funziona un incubatore
Secondo la definizione data dalla Commissione Europea, un incubatore d’impresa è un’organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione di nuove imprese fornendo loro una vasta gamma di servizi di supporto integrati che includono gli spazi fisici dell’incubatore, i servizi di supporto allo sviluppo del business e le opportunità di integrazione e networking.
L’erogazione di tali servizi e il contenimento delle spese derivante dalla condivisione dei costi e dalla realizzazione di economie di scala, fanno sì che l’incubatore d’impresa migliori in modo significativo la sopravvivenza e le prospettive di crescita di nuove start up. [1]
L’Associazione Nazionale degli incubatori d’impresa degli Stati Uniti, sebbene ponga maggiore accento sugli aspetti intangibili che caratterizzano un incubatore d’impresa “definisce in modo analogo gli incubatori di impresa come delle organizzazioni che accelerano lo sviluppo delle imprese attraverso una serie di servizi e risorse di supporto al business organizzati e sviluppati dal management dell’incubatore e offerti sia nell’incubatore che attraverso la sua rete di contatti.” [2]
Gli incubatori d’impresa mirano a promuovere lo sviluppo economico e la creazione di lavoro integrando talenti, tecnologie, know-how e capitale all’interno di una rete che favorisce la crescita di nuova impresa. Per realizzare tali obiettivi gli incubatori forniscono sia servizi di struttura che consulenziali a elevato valore aggiunto che vanno dall’affitto di moduli per ufficio alla consulenza sulla definizione e lo sviluppo del business plan e la formazione imprenditoriale, dalla consulenza legale al monitoraggio dei finanziamenti, dal networking con altre imprese ai servizi di comunicazione e marketing. Nel corso degli anni si sono sviluppate metodologie che hanno caratterizzato diverse fasi di sviluppo dell’Incubazione. Si possono infatti riconoscere tre generazioni di supporto alla nascita di nuova imprenditoria.
La quantità di tempo che trascorre una società in un programma di incubazione può variare notevolmente a seconda di una serie di fattori, tra cui il tipo di attività e le conoscenze specifiche dell’imprenditore. Le attività di “Life Sciences”, e altre imprese con lunghi cicli di ricerca e di sviluppo, richiedono più tempo in un programma di incubazione rispetto alle attività manifatturiere, o di quelle di fornitura di servizi che possono immediatamente produrre e portare un prodotto o un servizio al mercato. In media, i clienti degli incubatori passano 33 mesi in un programma.
Molti programmi di incubazione fissano i requisiti di conclusione del programma tramite lo sviluppo di parametri di riferimento, come ad esempio i ricavi societari o i livelli del personale, piuttosto che la durata del programma stesso. Circa un terzo dei programmi di business incubation sono sponsorizzati da organizzazioni di sviluppo economico. Enti di governo (ad esempio, città o contee) rappresentano il 21% dei programmi di sponsorizzazione. Un altro 20% sono sponsorizzati da istituzioni accademiche, tra cui college, università e istituti tecnici.
In molti paesi, i programmi di incubazione sono finanziati dalle amministrazioni regionali e dai governi nazionali come parte di una strategia di sviluppo economico. Negli Stati Uniti, tuttavia, la maggior parte dei programmi di incubazione sono indipendenti, a base comunitaria e progetti dotati di risorse. La Economic Development Administration statunitense è una frequente fonte di fondi per lo sviluppo di programmi di incubazione, ma una volta che un programma è aperto e operativo di solito non riceve finanziamenti federali; pochi stati offrono un finanziamento centralizzato agli incubatori. I canoni di locazione e/o le rette dei clienti costituiscono il 59% dei ricavi di un incubatore, seguiti da contratti per la fornitura di servizi (18%) e da sussidi in contanti (15%).
Molti programmi di incubazione a fini di lucro o privati sono stati avviati alla fine degli anni novanta da investitori che cercano di schiudere rapidamente le imprese e incassare grandi ricavi. All’epoca, l’NBIA stimava che quasi il 30% di tutti i programmi di incubazione sono stati investimenti a scopo di lucro. In seguito al collasso delle dot-com, tuttavia, molti di questi programmi sono stati chiusi. Nel sondaggio dell’NBIA del 2002 sullo stato della business incubation, solo il 16% degli incubatori che hanno risposto erano a scopo di lucro. Nel SOI (State of Incubation) del 2006, solo per il 6% degli intervistati si trattava di attività a fini di lucro. Anche se alcuni programmi di incubazione (indipendentemente dal fatto che il loro status fosse o meno a scopo di lucro) acquisiscono partecipazioni nelle imprese clienti, la maggior parte non lo fanno. Solo il 25% dei programmi di incubazione riportano di acquistare partecipazioni in alcuni o in tutti i loro clienti. [4] In Israele sono presenti 26 incubatori attivi, grazie soprattutto al programma del Governo avviato nel 1990 per l’apertura di incubatori al fine di dare lavoro alla nuova ondata migratoria proveniente dall’unione sovietica composta da un alto numero di ingegneri [5]. Con il programma “Business Incubators Tecnology” sono stati avviati sei incubatori a Dimona, Ofakim, Ramat Ha’Golan, Rehovot e Technion con un investimento iniziale di un milione di Shekel (circa 200.000 Euro). Dopo un anno il programma è stato ampliato ad altri quattro incubatori disposti nelle zone periferiche. Dopo altri tre anni c’erano 28 incubatori in Israele che ospitavano ogni anno tra gli 80 e i 100 nuovi progetti. In totale, nel 2009, si potevano contare circa 2.000 startup con un budget di 186 milioni di Shekel (circa 37.2 milioni di Euro). Nel 2010 molti di questi incubatori sono stati privatizzati e ad oggi sono presenti 24 incubatori sul territorio Israeliano, ognuno dei quali conta circa 150- 200 startup che lavorano al suo interno investendo soprattutto nel settore tecnologico, ingegneristico e di industrial design. Inoltre sono presenti altri 2 incu batori industriali militari. In questi anni, il Governo israeliano tende ad investire annualmente il 4.5% del bilancio economico del paese nello sviluppo di startup e incubatori (negli U.S.A. l’investimento è pari al 2.7% del bilancio economico.[6] Il successo di questo modello è dettato soprattutto dal networking tra gli incubatori i quali, scambiandosi le informazioni utili, riescono a sviluppare i progetti in più velocemente e con un maggior tasso di successo. Questo modello è stato adottato anche da altri paese con dimensioni simili a quello d’Israele come l’Ungheria, l’Irlanda e la Finlandia. In quanto permette agli imprenditori di fare il primo salto (dove si trova maggior rischio) in modo più preparato e sicura.
Il successo degli incubatori, e delle start up in generale, viene associato alla politica adotta in Israele con la quale si cerca di mettere al centro il “nuovo Ebreo”, colui che crea e costruisce per un futuro migliore. La continua guerra per la sopravvivenza insegna fin da piccoli a prendersi le proprie responsabilità e a combattere fino al raggiungimento dello scopo. Inoltre, il servizio militare che viene assolto da tutti i cittadini crea una base comune e rafforza le reti sociali tra le persone provenienti da diversi background e zone geografiche. In particolare si può affermare che il Kibbutz [7] sia un catalizzatore di rapporti umani grazie alla ideologia della vita comune caratterizzato dalla vita sociale e dall’istruzione comune.
Gli incubatori sono diretti sotto la supervisione del Governo e sono previste delle regolamentazioni molto precise per lo sviluppo delle startup e del loro possibile Exit (il momento in cui una start up decide di vendere il business a una grossa aziende oppure viene quotata in borsa)
Ogni progetto può essere ospitato in un incubatore per un periodo massimo di due anni durante i quali sono previsti costi che vanno dai 350.000 ai 600.000 Dollari dei quali l’85% vengono coperti dal Governo. Ogni startup detiene una quota che può variare dal 25% al 65% per i gli imprenditori mentre il 35%-75% va ai direttori dell’incubatore. Il Governo ha preferito costruire degli incubatori in periferia, per beneficiare dei costi minori legati all’acquisto del terreno e per sfruttare l’opportunità di sviluppare una nuova area dal punto di vista sociale ed economico. Mishmar Ha’Emek entra nelle zone interessate dal Governo per la costruzione e sviluppo di nuovi incubatori proprio per questi motivi. La sua posizione strategica vicina alla città di Haifa, sede dell’Università di Technion, presente un’opportunità di scambio di conoscenze, know-how grazie alle gradi aziende che offrono i loro servizi d’informazione e istruzione in campo tecnologico.
Riferimenti
[1] European Commission Entreprise Directorate General, Benchmarking of Business Incubators, Centre for strategy and evaluation services, February 2002
[2] INBIA ,State of the Business Incubation Industry, 2006
[3] Rapporto sistema d’incubazione in Toscana
[4] State of the Business Incubation Industry, 2006
[5] Israeli-Hungarian Technology Incubation and Technology Transfer
[6] Sito del ministro dell’economia e industia d’Israele
[7] Dan Sinor e Shaul Zinger, Start up Nation: the story of Israel’s Economic Miracle, Tel Aviv, 2009
ALLEGATO 6 – RESOCONTO DELLA RICOGNIZIONE DI LOCALI NON UTILIZZATI NEL RIONE DI PORTA SANT’ANGELO DEL 2 MAGGIO 2018 CON ADRIANO PIAZZOLI
Si parte dall’inizio di Corso Garibaldi, a Piazza Braccio Fortebracci (piazza Grimana) .Al n. 7: abitazione sfitta al primo piano di proprietà del prof. Univ. Bufori. Mq presunti: 90 mq. Al N. 9 : vecchio locale adibito a vendita di pelletteria. Proprietario parente di Leandri (piazza Matteotti: Mq. 30. Al n. 11. Locale per att. commerciali. Ora biblioteca privata del prof. Mancini. Si passa in un vicolo a destra , Via della Spina dove troviamo una serie di fondi per un vicolo che porta in via del Bulagaio (vedi foto) mq 30 . Al N. 21 vi era un calzolaio. Il locale sfitto e abbandonato è di ca. 20mq. Si passa in via dei Pellari dove ai n. 2,3,4 e 11 sono rimasti locali destinati alla concia delle pelli. Così pure ai n. 8,10. Ai n. 14 e 2/g vi sono ampli locali , vi era una falegnameria, sul retro della Chiesa di Sant’Agostino di proprietà della Congregazione Agostiniana. L’insieme di tutti questi locali somma a non meno di 400 mq.
Poi si passa in Via dei Barutoli, che sbocca in via del Bulagaio. In via dei Tornitori (nomen omen) al N. 5 un magazzino abbandonato (mq. 50). Così pure in via del Senso (vedi foto).In Via Lupattelli 3 ci sono appartamenti sfitti. (Mq 80) e grandi locali al n. 15-19 dove avevano sede alcuni idraulici. (mq. 80) (vedi foto). in Via Graziosa al n. 7 e 13 locali di una vecchia falegnameria di proprietà di Gasdia Renzo (. mq 50). In via Gentile al N. 13 magazzini e al n. 5 un orologiaio: tot. mq. 40. Poi dove abitava Regnicoli un grande magazzino di falegname. Al N. 2 vendevano le rose in occasione dell’anniversario di Santa Rita.In Corso Garibaldi, dal N. 36 al 42 tutti locali sfitti da almeno 2 anni di proprietà del Preside Alunni . (mq. 150). A livello n. 56 di Via Garibaldi, cartello vendesi Al n. 58-60 vi era un elettricista; al n. 45 grande locale dismesso (mq 60) al 64-66 un fondo (mq 30) ; al n. 64-68 botteghe e abitazione di Osvaldo Peccini (mq 70) ; al n. 70 casa terra- cielo da tempo disabitata di proprietà del dr. Pampanelli (mq 60) : Sempre in Corso Garibaldi al n. 65: casa terra/cielo del sig. Mommarelli. E’ abbandonata. (mq. 80). In Via dell’oro N. 5 dove abitava il Gorini , alcuni fondi abbandonati (mq. 30). In corso Garibaldi, angolo Via dell’oro al n. 73 grande locali dove teneva i prosciutti Cascioli. Proprietario Pierini (ricercare se era mio compagno di scuola) mq. 60. In corso Garibaldi, N. 83 locali di Gerbi, parente del macellaio di Piazza Matteotti ampi magazzini (mq. 70). In via Lucida 2°, casa cielo terra. Vi abitava e sede di lavoro un falegname. in Corso Garibaldi da l 96 al 102 , di proprietà del Collegio della Mercanzia e del Cambio via era una falegnameria , Passeri, per casse da morto (mq. 300); al 103 ex negozio alimentari di Angelella Adenore (mq. 30). In Via della Cera n. 12,
13, fondi (mq. 30). Corso Garibaldi N. 106: ex falegameria. Corso Garibaldi N. 137,139,141: locale di un tappezziere ) Pimpinelli) ora Bartolini proprietario. (mq. 70) .Via del Moro 1 : immobile cielo e terra (mq. 60). Via Benedetta N. 23: Magazzino e abitazione (mq. 90). al n. 35 Garage di Ciurnalla Pirro. Al N. 39 vi era un tornitore, Canestrelli che realizzò il baldacchino della Madonna Maria Ausiliatrice.
to del sig. Adriano Piazzoli: tutta la terra dopo gli ex Telefoni di Stato (Strda Ponte Doddi, finoa Cenerente) di proprietà di tale Apponi è vincolata.
Torniamo a corso Garibaldi: al N. 156: 80 mq di un locale fronte strada sfitti da tempo al N. 169: Monastero di santa Caterina , esperte di rilegatura libri (come Piazzoli); al n. 180; ex circolo PSI (mq. 50) proprietari io un avvocato. al N. 187 Soprintentendenza archivistica carabinieri al 191 monastero della Beata Colomba. Specializzate in collane. al 197 ex falegnameria; al 226 : ex tintore; al 236 : ex iutaio; al 238: ex negozio di riparazione computer ora vuoto; al n. 225 e 244 ex tornitore. Tot. mq. 150.
Al Bulagaio: casa del boia dopo ristorante cinese (segnalazione folkloristica del Piazzoli)
IL totale Mq. sfitti e/o abbandonato sono all’incirca 2.500. I costi
Alcuni scorci di vie e vicoli visitate sotto l’ esperta guida del sig. Adriano Piazzoli memoria storica del borgo Sant’Angelo.
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ALLEGATO 7
(…a proposito di smart city e Perugia 4.0-Banda larga)
Ho chiesto all’amministrazione comunale , nella persona dell’ass. Fiorucci , postato su fb, quanto segue: “Gentile Assessore, siccome, come esperto pluriennale e multifunzionale di marketing ho un qualche scetticismo verso i progetti della P.A.A sulla visione di qualsiasi progetto esteso alle dimensioni di target group, per il conseguimento dell’obiettivo anche in termini di successo nel rapporto costi/benefici, chiedo cortesemente di indicarmi dove possa trovare copia del Progetto Perugia Ultradigitale al fine di poterlo visionare e , se del caso, emendarlo e/o integrarlo secondo le mie considerazioni che, dato il mio curriculum pluriennale in materia di progettazione di terziario avanzato, saranno tuttaltro che peregrine. Resto dunque in attesa di Vs, corstese input e porgo cordiali saluti. Dr. Rino Fruttini -Esperto emerito di economia e finanza del MEF” . Attendo risposta .
Sarà una coincidenza che con l’avvento della fibra 1 Gbps a Perugia adesso il Comune è riuscito a siglare un accordo con Cisco per smart city, start up, industria 4.0 e formazione?
Poche ore fa (14 dicembre 2016) il sindaco di Perugia, Andrea Romizi, e l’Amministratore Delegato di Cisco Italia, Agostino Santoni, hanno siglato un accordo biennale che prevede lo sviluppo di progetti dedicati al mondo smart city, start up, industria 4.0 e formazione. Prevista anche la collaborazione dell’Università di Perugia, che è sede di eccellenza proprio in questi ambiti, e di K-Digitale, una start up innovativa perugina.
“La firma di questo Memorandum rappresenta un ulteriore passo verso la realizzazione dell’ambizioso progetto ‘Benvenuti nella Perugia Ultra Digitale’, e rappresenta il primo passo in un’ideale integrazione tra hardware e software”, ha commentato il sindaco.
“Perugia è una città ricca di storia e di eccellenze nella formazione, al centro di un tessuto di imprese molto ricco e dinamico. In più, ha una rete di comunicazione a banda ultra larga in costante sviluppo, capace di sostenere oggi e in futuro la creazione di servizi digitali innovativi per i cittadini e le imprese”, ha aggiunto l’AD di Cisco Italia.
Nello specifico si parla di un impegno per lo sviluppo di nuovi servizi digitali per tutti i cittadini usando video e collaborazione online. Su tutti la circoscrizione 2.0, quindi comunicazioni più immediate tra circoscrizioni e Comune – partendo sperimentalmente dalla zona di Ponte Felcino.
Poi didattica da remoto per gli studenti, utilizzando strumenti per la collaborazione, la comunicazione in video e la condivisione di applicazioni.
Il progetto Smart Gate invece punta alla creazione di un luogo per i professionisti e i talenti del digitale. Nell’area di Fontivegge nascerà una struttura che diventerà “punto di riferimento per i professionisti del digitale, della tecnologia e della creatività, per offrire loro strumenti con cui lavorare, connettersi, apprendere”.
Per quanto riguarda l’Industria 4.0, sempre nella stessa area, nascerà un laboratorio dedicato alla digitalizzazione delle imprese.
Infine per la formazione Cisco “sceglierà uno o più istituti tecnici cittadini in cui sviluppare dei percorsi di formazione orientati alle professioni del futuro, dedicati ai temi dell’Internet delle Cose e della Cybersecurity”. Il tutto sfruttando l’esperienza del Programma Cisco Networking Academy, che l’azienda porta avanti da 20 anni in Italia per offrire ai giovani le competenze digitali più richieste nel mondo del lavoro.
Per Cisco, il protocollo di intesa con il Comune di Perugia è un nuovo impegno che fa parte del programma Digitaliani, il piano di investimenti che Cisco ha lanciato nel gennaio 2016, mettendo a disposizione 100 milioni di dollari in tre anni per accelerare la digitalizzazione dell’Italia, a partire dai suoi diversi territori.
Il mondo sta cambiando. La tecnologia sta rivoluzionando quasi tutti gli aspetti delle nostre vite. L’unico ostacolo che può fermarci in questo momento è costituito dalle conoscenze specifiche. Le aziende di tutto il mondo hanno bisogno di persone esperte, dotate delle capacità e delle conoscenze necessarie per raggiungere il successo nella Internet economy. Per informazioni scrivi a netacad@cisco.com
l corso offre una piattaforma pratica che permette agli studenti una continua interazione con il materiale a loro disposizione, aumentando così il loro coinvolgimento e le loro conoscenze.
“LPI è orgogliosa di sostenere questo nuovo corso Linux offerto da Cisco Networking Academy e dal nostro partner NDG. Il miglioramento della qualità e il corso pratico interattivo di formazione Linux disponibile per la comunità globale, contribuirà ulteriormente allo sviluppo di nuove iniziative open source e a dare più opportunità agli utenti Linux di prepararsi per una futura carriera professionale ” – ha detto Jim Lacey, CEO del Linux Professional Institute.
La disponibilità del corso nell’ambito del sistema di gestione Cisco NetSpace Learning aiuterà le istituzioni accademiche ad inserire l’istruzione open source nel loro curriculum di studi, fornendo un’offerta che elimina la necessità di hardware aggiuntivo per sviluppare un laboratorio di computer Linux.
“Abbiamo progettato questo corso per aiutare gli studenti a migliorare e consolidare la conoscenza di Linux, necessaria al completamento del programma di certificazione LPI Linux Essentials. La nostra piattaforma interattiva aiuta gli studenti ad esercitarsi in quegli argomenti che sono spesso ostici o difficili da conoscere a fondo” – ha detto Rich Weeks, presidente di NDG –. “Fornendo un ambiente di laboratorio integrato nel corso, abbiamo reso più facile per le istituzioni accademiche l’introduzione al corso di Linux, consentendo agli istruttori di concentrarsi sulle lezioni con tutor a disposizioni degli studenti. NDG è entusiasta di lavorare con Cisco e LPI per aiutare gli studenti a sviluppare la conoscenza di Linux, strumento importante per il futuro successo professionale ”, ha aggiunto.
Il corso NDG Linux Essentials è ora disponibile per tutti i Cisco Networking Academies in tutto il mondo.
Il corso indirizza gli studenti ad una professione nel mondo ICT, e prepara come tecnico di computer, amministratore Linux e sviluppatore software.
CHECK LIST RIFERIMENTI INTERESSATI
Dr. Rino Fruttini
Perugia, maggio 2018
[1] Di seguito indicato con C.S.
[2] Vedi allegato 7
[3] Vedi allegato 1A
[4] In rione di Porta Dant’Angelo
[5] Per incubatori, start up e formazione professionale vedi allegato 5.
[6] Vedi allegato 6
[7] (Il corame, dal latino corium, è un cuoio lavorato e stampato a motivi decorativi usato prevalentemente sotto forma di pannelli destinati all’arredamento, nel rivestimento di libri, seggiole, cofani, astucci e vari oggetti. Viene chiamato anche cuoio cordovan.)
[8] Vedi allegato 6
[9] Vedi allegato 6
[10] “Usi e Costumi nel Territorio Perugino agli inizi del ‘900”- Luigi Catanelli- Ed. Dell’Arquata.
[11] Torta di pane grattugiato, sangue di maiale, lardo, uvetta, pinoli e aromi.
[12] Per alcuni suggerimenti sull’uso multifunzionale del minimetrò, esteso anche alle merci si veda il blog: www.rinofruttini.it. e l’allegato 4
[13] Si veda all’allegato N. 1, l’avant progetto per un recupero del Mercato Coperto di Piazza Matteotti.
[14] Mobile usato per riporvi biancheria, indumenti, oggetti d’uso domestico o anche provviste, usato in varî tipi dall’antichità fino all’Ottocento
[15] Un’attività artigianale di antiche origini come è quella del laterizio fatto a mano. Il mestiere del fornaciaio si è tramandato nei secoli a partire dal 1500 ed è per questo che, ben prima dell’arrivo di qualche accorgimento tecnico, il maggior alleato di questi artigiani è sempre stato il sole, che asciuga i mattoni e le terrecotte.
[16] «Ricerca industriale»: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Comprende la creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui alla definizione di sviluppo sperimentale.
«Sviluppo sperimentale»: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e altro, allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione oncettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi. Tali attività possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale.
Rientra nello sviluppo sperimentale la realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici e/o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. L’eventuale, ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili.
Sono inoltre ammissibili aiuti alla produzione e al collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non possano essere impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.
Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.
[17] Si veda l’allegato N.1
[18] Il riferimento all’ambito del decreto è soprattutto : “ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI: promuovere, nell’ambito del settore edilizio e in chiave sostenibile, lo sviluppo di nuove soluzioni, tecnologie e nuovi materiali ad alte prestazioni, diretti, secondo il principio dello “Zero Impact Building”, al miglioramento dell’efficienza energetica, alla riduzione dell’impatto ambientale, al controllo e abbattimento dei fattori di inquinamento, al miglioramento delle condizioni di salute nei luoghi abitativi e di lavoro, nonché ad assicurare agli utilizzatori maggiore sicurezza e comfort.” Vanno inoltre considerati anche gli altri seguenti ambiti, come riferimento secondario, ovvero: SICUREZZA DEL TERRITORIO,INVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ; DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; SMART GRIDS; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI; CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT .
[19] C.S.: viene indicato con C.S.
[20] Ai sensi dell’articolo 3 dell’Avviso D.D. 391/Ric del 5 luglio 2012, la Pubblica Amministrazione è il soggetto presso cui il raggruppamento proponente prevede di svolgere l’attività di sperimentazione. Essa rappresenta un partner esterno a tale raggruppamento, tuttavia è richiesta una esplicita formalizzazione del suo coinvolgimento nel progetto. Pertanto, ai sensi del comma 5, lettera h), del medesimo articolo, l’Idea Progettuale dovrà essere corredata da un atto dell’organo deliberante della stessa Amministrazione attestante la propria disponibilità alla partecipazione, l’inserimento dell’intervento all’interno dei propri strumenti di programmazione e pianificazione relativi agli ambiti dell’Idea Progettuale, nonché l’interesse ad acquisire il servizio sperimentato, eventualmente secondo le forme e le modalità del Precommercial Procurement. Non è prevista una partecipazione diretta della Pubblica Amministrazione ai costi progettuali.
[21] FAQ 7- I Progetti di Innovazione Sociale devono prevedere lo sviluppo di idee innovative per la soluzione nel breve-medio periodo di specifiche problematiche presenti nel tessuto urbano di riferimento. Si intendono innovative quelle soluzioni tecnologiche che rappresentano un avanzamento delle conoscenze rispetto allo stato dell’arte. Si precisa che il contenuto della proposta rientra nelle scelte autonome dei proponenti e sarà oggetto di valutazione in applicazione del criterio di cui all’articolo 7, comma 8, lettera a., dell’Avviso D.D. 391/Ric del 5 Luglio 2012.
[22] workpackages formativi delle Idee Progettuali: I Progetti di Innovazione Sociale, quali workpackages formativi delle Idee Progettuali, rappresentano i progetti di formazione che, ai sensi del D.M. 593/2000 e ss.mm.ii., sono previsti a corredo dei progetti di ricerca. Con l’Avviso D.D. 391/Ric del 5 luglio 2012, il MIUR ha inteso innovare le azioni di valorizzazione del capitale umano abitualmente realizzate nel quadro di detta normativa, orientando le stesse verso interventi dal carattere esclusivamente applicativo da attuarsi attraverso la realizzazione di un Progetto di Innovazione Sociale in grado di sviluppare le competenze e le abilità dei giovani destinatari attraverso un processo di apprendimento “sul campo”. Ai sensi dell’articolo 7, comma 3, del medesimo Avviso, il MIUR procederà, in base agli esiti delle valutazioni a collegare in modo strutturale e funzionale i progetti di Innovazione Sociale ai progetti esecutivi approvati di cui al precedente articolo 6, comma 7.
[23] Vedi allegato 6
[24] Si veda al riguardo l’elenco di progetti di innovazione sociale già ammessi ai finanziamento nell’ambito di un D.D. uguale al nostro in oggetto ma conferente benefici solo alle regioni dell’obiettivo convergenza (Puglia, Campania, Calabria, Sicilia)
[25] (fonte: http://www.insetticommestibili.it/page.html?Id=36)
SINTESI DELLO “STUDIO DI FATTIBILITA’ PER LA REALIZZAZIONE DI UN CENTRO INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DELL’UOMO ”
I prodromi di un’idea forza
Una struttura architettonica significativa per la sua impostazione originale; un esempio di strumento funzionale, nell’organizzazione di vita associata (per quanto coatta), come quella di un penitenziario; la memoria di secoli di “diritti negati”, dal Settembrini fino ai confinati antifascisti.
Ecco, solo per questi motivi di memoria storica e di interesse per le sue potenzialità strutturali, innovative , il panottico 1dell’isola di Santo Stefano, nel comune di Ventotene merita di essere recuperato a ruoli di grande importanza e prestigio, come la sede permanente di un “Centro internazionale dei diritti dell’uomo”.
Immaginate il teatro San Carlo di Napoli, quasi raddoppiato nella sua capienza complessiva. Pensate ai palchi , in una stridente trasformazione di destinazione d’uso: da spettatori di una pièce teatrale a detenuti di pene da scontare, in piccole celle di detenzione . Apprezzate l’idea geniale, sotto l’aspetto dell’organizzazione “taileriana” del lavoro, di una postazione di controllo e monitoraggio della vita quotidiana dei detenuti al centro della platea, la quale diviene anche , opportunamente suddivisa a raggiera, un luogo per l’ora d’aria dei vari gruppi di detenuti. Immaginate poi nel palcoscenico, nel proscenio e nell’area dei servizi di scena, vi siano allocate tutte le funzioni organizzative di un carcere: dalla direzione, fino alle cucine e alla sala mensa per i dipendenti, dai servizi di prima assistenza, fino all’armeria dei secondini, dalle celle di punizione, fino agli uffici della matricola ed ai magazzini della sussistenza.
L’ex penitenziario di Santo Stefano è dunque , ancora oggi, nonostante lo stato di grave degrado che lo caratterizza, un esempio unico di architettura per lo svolgimento organico di funzioni di vita associata che va non solo salvaguardato come tale, ma reso attivo per innovazioni di attività del turismo culturale che solo con la costituzione di un centro studi può prendere vita. E nessun luogo ha caratteristiche strutturali e storico – culturali come l’ex carcere di Santo Stefano, per essere destinato a Centro Internazionale dei Diritti dell’Uomo.
La valenza politico-culturale di elaborazione e coinvolgimento tematico- organizzativo sui : “Diritti dell’Uomo”
Nel momento storico attuale, governi, organismi internazionali e la stessa opinione pubblica riservano molta attenzione alle problematiche connesse “ai diritti dell’uomo”, comprendenti, secondo la distinzione proposta nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, i diritti civili e politici da un lato e i diritti sociali, culturali ed economici dall’altro. I primi sono considerati classici diritti dell’uomo, spettano a tutti gli esseri umani in quanto tali, a prescindere da qualunque riconoscimento giuridico o legislativo. Tra questi citiamo il diritto alla vita, alla libertà, il diritto di manifestare il proprio pensiero, di riunirsi od associarsi. Essi si traducono sostanzialmente, in un obbligo di non ingerenza da parte delle istituzioni pubbliche che può essere definito con sufficiente precisione e che può trovare immediata applicazione: lo Stato deve, in pratica, astenersi dal porre in essere comportamenti che possano limitare ingiustamente questi diritti: non può, ad esempio, detenere persone in carcere senza un giusto processo, riservare trattamenti disumani, impedire riunioni, fare discriminazioni tra gli individui.
Alcuni importanti diritti riconducibili alla tipologia dei diritti sociali, culturali ed economici sono, invece, il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’informazione, alla sicurezza sociale; essi, per la loro attuazione, richiedono necessariamente l’intervento attivo dello Stato e la loro realizzazione non può essere immediata ma richiede uno sviluppo progressivo in quanto collegata a vari fattori economici e non, interni ed esterni allo Stato; i diritti “sociali” sono strettamente collegati ai diritti civili: a cosa servirebbe, infatti, ad un cittadino esprimere il proprio voto o manifestare liberamente la propria opinione se allo stesso non fosse garantito un posto di lavoro, una casa, la possibilità di istruirsi o un luogo dove curarsi?
La differenza tra le due tipologie di diritti si ripercuote, oltre che nella definizione e nella diversa natura degli obblighi che gli Stati devono assumere, anche nei meccanismi di controllo. Per i diritti civili è, infatti, possibile realizzare un procedimento di verifica che ha quasi un carattere giurisdizionale, per i diritti sociali è possibile soltanto monitorare periodicamente il grado della loro attuazione.
Lo stato di degrado dell’intero complesso ex carcerario di Santo Stefano
Da quando nel 1965 il penitenziario ha cessato di svolgere le sue funzioni, la struttura è stata abbandonata, senza manutenzione e interventi di restauro e/o di consolidamento. Oggi il suo recupero significa , dopo aver definito e progettato le sue nuove destinazioni d’uso e le possibili alternative di programma gestionale, una spesa in termini di investimento di notevole entità la cui sostenibilità, in termini di costi/benefici, potrà essere giustificata solo grazie all’intervento di una forte valenza politica e culturale, che renda il complesso bene monumentale a tutti gli effetti, e ne faccia emergere i pregi ambientali e architettonico – funzionali, finalizzati ad attività legate al turismo culturale.
Le ipotesi di attività di turismo culturale per il Centro Internazionale dei Diritti dell’Uomo
Lo schema di panottico secondo innovative destinazioni d’uso
Per seguire una logica di sostenibilità alternative, anche sul piano economico-finanziario, sono state elaborate tre ipotesi progettuali, in tre varianti di : base, intermedia, integrata.
L’ipotesi di base prevede sul piano strutturale il recupero del solo panottico (come da progetto originario del Carpi del 1792) e la eliminazione di tutte le altre strutture, compresa la Palazzina del direttore , e le superfetazioni.
Sul piano gestionale tale ipotesi prevede la costituzione del Centro Studi, limitata all’attività di visite guidate e attività caratteristica di solo ricerca ed editoria e con le attività funzionali minimali per i servizi di alloggio e sussistenza ai dipendenti del centro.
L’ipotesi intermedia prevede sul piano strutturale un intervento come per l’ipotesi di base.
Sul piano gestionale la costituzione del Centro Studi, estesa dall’attività di visite guidate ed attività caratteristica di ricerca ed editoria, alle attività di stage e convegni con il supporto di attività funzionali minimali, per i servizi di alloggio ai dipendenti del centro, e di alloggio e ristorazione agli ospiti interessati (attività business).
Il budget investimenti e funzionale, a regime, di tale ipotesi è il seguente:
L’ipotesi integrata prevede sul piano strutturale un intervento di recupero del panottico nella sua dimensione attuale , con l’aggiunta della palazzina del direttore.
Sul piano gestionale prevede la costituzione del Centro Studi, estesa oltre all’attività di visite guidate e attività caratteristica (di ricerca , editoria, stage e convegni) anche alle attività integrate come il centro museale, l’esposizione attività artigianali nel mondo quale espressione del diritto al lavoro, centro musicale, centro osservazione degli astri, etc. Il supporto delle attività funzionali sarà articolato al massimo delle potenzialità di ricettività (max. 200 presenze giornaliere nell’isola) per i servizi di alloggio ai dipendenti del centro, e di alloggio e ristorazione agli ospiti interessati per le attività “consumer” e “business” .
Le fonti di finanziamento per le strutture sono state individuate nel Docup, az. III, 1.2. per 186 Meuro e sempre nel Docup, Az. III, 2.1 e Az. III, 2.2.; per la gestione nel POR , Misura C2 e C3 (formazione) rispettivamente per €.125.000 ed €. 170.000 per ogni corso.
Se facciamo un confronto fra le tre ipotesi, a livello budget funzionale, si raccomanda la ipotesi integrata, anche se presuppone il massimo impegno organizzativo e gestionale. Ma essa rappresenta la soluzione più idonea sul piano sia della valorizzazione del bene, sotto l’aspetto monumentale, sia fruizionale e socio economico, in quanto verrebbe a soddisfare le attese di sviluppo di un turistico di qualità della zona. Inoltre i presupposti di marketing, per un’attività di successo, anche da un punto di vista di equilibrio costi/ricavi di una gestione privatistica, ci sarebbero tutti, come si evince dal capitolo B dello Studio di fattibilità.
Se teniamo poi conto del rapporto fra costi di investimento e ricavi funzionali dell’ipotesi integrata, essa può avere uno sbocco realistico di fattibilità solo con un forte, consistente e convinto intervento dello Stato, anche mediante una Joint venture.
Resta da valutare l’approccio alla sostenibilità finanziaria del progetto di demolizione, consolidamento , restauro e ristrutturazione dell’edificio, nonché quella delle infrastrutture, legate alla logistica: approdi ed utilities di supporto alle attività gestionali: energia, smaltimento rifiuti, approvvigionamenti, mobilità che tuttavia, secondo le linee tracciate nello studio di fattibilità si presentano, si, come problemi, ma con altrettante soluzioni percorribili.
Perugia, giugno 2003
1 Francesco Carpi, architetto del penitenziario, quasi contemporaneamente al diffondersi in Europa del progetto del “Panopticon” ideato dai fratelli Samuel e Jeremy Bentham, progetta e costruisce questo gioiello architettonico: un panottico a cielo aperto, una struttura emiciclica, una esedra, un anfiteatro a matroneo…. una grande arena di derivazione spagnola, sulle cui gradinate anziché gli spettatori della corrida, prendono posto le celle facilmente controllabili da poche unità di personale disposte in posizioni strategiche: “che nel mezzo di esso muro in alto sta una loggia coverta, che comunica con l’edifizio esterno, e su la quale sta sempre una sentinella che guarda e domina tutto in giro” (L. SETTEMBRINI, 1961:).
L’intervista dell’Assessore Giottoli che Pasquale ci propone, un personaggio a me poco noto che dimostra una certa competenza in materia di marketing territoriale, è il focus dell’approccio coerente e correlato a tutti i fattori di successo, perché le funzioni programmatorie e gestionali di cui la Giunta Comunale dispone siano ottimizzate negli obiettivi. Costui ha mostrato di conoscere bene le leve del MKT, soprattutto quelle gestionali. Tuttavia noto, da esperto di economia e di MKT , alcune lacune che mi piace sottolineare. Innanzi tutto l’Assessore non ha fatto alcun riferimento in un’analisi Swot, a lui nota come metodologia, ai fattori di debolezza che caratterizzano il nostro Centro Storico; ed in particolare l’Acropoli : i residenti. L’acropoli perugina, in un “bench marking” con altre città d’arte ad essa omogenee ha registrato negli ultimi decenni una caduta verticale dei residenti. Da cui la crisi di un Mercato Coperto che ancor oggi appare in gravi difficoltà, a recuperare la sua originaria destinazione d’uso. Un altro fattore di debolezza è la logistica. L’orografia del nostro centro storico è tale per cui l’uso dell’auto privata per le sue arterie medievali non può essere a livelli di “drive in” sia per i residenti sia per lo shopping di turisti e passeggeri. La Z.T.L. (Zona a traffico limitato) sembra quasi aver fatto il suo tempo. Tant’è che i suoi vincoli sono sempre più mal tollerati, nonostante la riduzione dei suoi tempi di rispetto da quando venne deliberata nel 2001. L’Assessore Giottoli nel suo dire trova spunti di strategia efficace per il Centro storico con strumenti tipo: attrattività paesistica, eventi di massa, coinvolgimento delle associazioni. E tuttavia nell’intervista non ho sentito pronunciare mai la parola “residenti”. Più volte ho sollecitato l’Amministrazione comunale a replicare ad alcuni miei avant progetti, in chiave di recupero di vivibilità e qualità della vita , in un centro storico che si consolidi nella sua vocazione a residenze stabili, mestieri dell’artigianato artistico, predisposizione all’incoming turistico che fa perno sulle permanenze alberghiere ed extra alberghiere piuttosto che sugli arrivi del “mordi e fuggi”. In questa sede ripropongo le mie sollecitazioni con i seguenti link contenuti nel mio blog: www.rinofruttini.it : 1) Mercato coperto: https://www.rinofruttini.it/avant-progetto-p…perto-di-perugia/. 2) Casa &bottega a Porta sant’Angelo: https://www.rinofruttini.it/come-sboccia-un-…porta-santangelo/ 3) Logistica intermodale per l’Acropoli : https://www.rinofruttini.it/per-lo-shopping-…orico-di-perugia/ 4) Train de vie -Stazione di sant’Anna :https://www.rinofruttini.it/2020/11/26/__trashed-5/. 5) LINEE DI UN PROGETTO SMART CITY CENTRO STORICO DI UNA CITTA’ D’ARTE : PERUGIA : https://www.rinofruttini.it/2022/01/11/9548/
LE TRANSUMANZE DI SUINI IN TOSCANA. ALCUNE INDICAZIONI PER LA FORMAZIONE DI IBRIDI MAIALE/CINGHIALE ED IL LORO ALLEVAMENTO
Transumanze di suini, infine, alla ricerca di nuovi pascoli a ghianda, sono note sia dal contado volterrano verso Prata (1413), sia verso il confine col Patrimonio di S. Pietro (1415), mentre sono noti movimenti di bovini e ovini dalla Val di Chiana alla vicina Val d’Orcia[1].
Le denunce degli animali razziati e delle evasioni dell’erbatico attestati nei registri consiliari senesi costituiscono una delle poche fonti affidabili per conoscere le dimensioni medie di mandrie e greggi transumanti e il loro valore per la Toscana tardomedievale162. Il totale degli animali denunciati fra 1353 e 1419 nei registri del Consiglio generale e del Concistoro di Siena segnala circa 12.000 fra pecore, castroni, agnelli e montoni e 2.000 fra vacche, vitelle, buoi e bufale – cioè 1 bovino fidato in Dogana ogni 6 ovini –, mentre i suini registrati sono 5251.
Le greggi erano formate di norma da 200-500 ovini, esclusi gli agnelli, sebbene alcune raggiungessero dimensioni più ampie, soprattutto nel Quattrocento, come le 1.718 pecore di Antonio di Compagnuccio da Sarteano e le 2.900 di Pighetta da Firenze165. Il valore di ogni capo si aggirava intorno a 1 fiorino, mentre quello dei suini, riuniti anch’essi, a volte, in centinaia di animali fra scrofe e porcelli, era di poco superiore.[2]
La transumanza era effettuata da conversi e pastori specializzati, che ricevevano un salario e potevano imbrancare il proprio bestiame bovino con quello del monastero in cambio di una quota di prodotti o in moneta; entrate e uscite erano invece controllate dal camerlengo di Vallombrosa. Il gregge, costituito da 450 ovini, non risiedeva sempre e solo in val di Cornia, ma si recava anche nella Maremma pisana e senese: i conversi ricevevano lettere di cambio per il pagamento in fiorini delle pasture invernali e per l’acquisto di suini da ingrasso, allevati poi da un porcaio sul Pratomagno. Qui, in estate, il gregge era integrato con bestiame di altri proprietari fino a 400 pecore, generando ulteriori entrate per il monastero199 .
Dimensione produttiva e mercati Entità della produzione e della distribuzione, ovvero le dinamiche della domanda e dell’offerta, come il valore dei prodotti legati al movimento stagionale di bestiame in Toscana, sono scarsamente conosciuti e possono essere compresi solo all’interno della più ampia economia dell’allevamento regionale, un settore fondamentale per questa «terra di città», a fianco della produzione laniera e di quella vitivinicola. Da questo settore, è banale ripeterlo, derivavano carne, lana, pellami, prodotti caseari, grassi e animali da lavoro, fondamentali per l’annona, il tessile, la conceria, l’agricoltura nella Toscana all’acme del suo sviluppo economico e produttivo231. Nel quadro dell’allevamento toscano del Quattrocento, la transumanza era un ambito rilevante ma non maggioritario: i capi stanziali – ovini, bovini, suini –, erano probabilmente la maggioranza, come in età moderna232. Il calcolo di 63-90.000 pecore transumanti nei pascoli della Dogana fra 1417-18 e un «quadernuccio di dare e avere» di don Antonio Tricerchi, parroco in Valdarbia, nel contado di Siena, nella seconda metà del XV sec., hanno costituito il punto di partenza per quantificare, o meglio ipotizzare, le dimensioni produttive di questo fenomeno per il bestiame ovino, mentre mancano dati affidabili per i bovini233 .
Nel 1312 in seguito all’omicidio di Naldo di Arcolano Ruffaldi di Siena, ucciso a Norcia mentre si recava in Puglia per comprare del bestiame, i parenti e soci chiesero al governo senese il diritto di rappresaglia, ricordando che era grazie a uomini come loro se la città di Siena veniva rifornita di grasciam et victualiam. Nel 1329 una compagnia per il commercio del bestiame fu stipulata fra Lapuccio di Tieri beccaio di Incisa e Zanobi di Pacino beccaio di Firenze: in 7 anni acquistò bestiame in tutta Italia per 30.000 f. Dalla Puglia erano recati ogni anno, entro la prima metà del Trecento, 30.000 castroni a Siena e 15.000 ovini a Firenze (Costantini, «Carnifices sive mercatores bestiarum», cit., pp. 130-131; De La Roncière, Firenze e le sue campagne nel Trecento: mercanti, produzioni e traffici, cit., pp. 167-192, 272, 544). In Abruzzo, tra 1453-1470, dalle fiere di Lanciano vennero esportati 48.206 capi di bestiame e da quelle Castel di Sangro 16.472 animali verso Umbria, Romagna e Marche. Lanciano esportava sopratutto bovini e suini, oltre a 1/3 del totale degli ovini esportati e pochi equini; Castel di Sangro forniva quasi esclusivamente ovini (B. Dini, La circolazione dei prodotti (secc. VI-XVIII), in Storia dell’agricoltura italiana: Il medioevo e l’età moderna, cit., pp. 383-448: 413-414)
Al di sopra della “linea gotica”, che, in una immagine classica, dividerebbe l’Italia continentale dei bovini e dei suini da quella mediterranea della tradizione pastorale, la pecora è tutt’altro che assente. A partire dalla catena alpina, la cui economia, poggiata sulla utilizzazione multipla di risorse scarse, è riscattata nella storiografia recente dalle interpretazioni miserabilistiche e riproposta come un ambiente di insediamento saldamente strutturato e regolato da bassi tassi demografici. «Il medesimo paesano – scrive a proposito dell’alto comasco Melchiorre Gioia, uno dei maggiori costruttori di immagini pessimistiche dell’economia montana – è talvolta nel tempo medesimo proprietario, mezzatico, affittuario, livellario a patti diversi con diversi padroni in terreni simili»,6 oltre che utilizzatore dei vasti demani comunali che si inerpicano verso le cime
Saverio Russo Biagio Salvemini Ragion pastorale, ragion di stato Spazi dell’allevamento e spazi del potere nell’Italia di età moderna
Nei vasti paesaggi “a campi ed erba”, viceversa, gli animali diventano una presenza costitutiva. Gli ovini dominano ovunque, limitando lo spazio degli animali concorrenti, in particolare dei suini, con i quali la convivenza è particolarmente difficile: ad esempio, nel Cinquecento la pattuizione di tempi di accesso differenziati nel bosco di Ruvo di Puglia fra i porci del feudatario e le pecore dei locati abruzzesi fallisce perché, dopo il passaggio nelle mandrie suine, non c’è più erba da brucare;31 e quando, all’inizio del Settecento, si tenta di rispondere alle grandi invasioni di cavallette nel Tavoliere precettando i porci del Subappennino dauno, del Gargano, delle Murge, della Basilicata, perché, lasciati al pascolo, mangino anche le uova dei “bruchi”, i pastori reagiscono con la violenza perché trovano le erbe strappate dalle radici.32 Ma il maiale domestico popola le strade dei borghi, e diventa una presenza significativa, organizzata in grandi “morre” allevate al pascolo vagante, ovunque le risorse di erba sono sufficienti ad evitare contiguità strette con le pecore: ad esempio nei boschi di querce siciliani. Come dice Galanti, è la diffusione dei boschi ghiandiferi che rende l’“industria” dei suini «facile e abbondante».34 All’interno di queste “morre” la selezione delle razze è pressoché nulla data l’impossibilità di controllare il “commercio”, oltremodo frequente, fra maiali e cinghiali.35 Comunque, a parte l’autoconsumo, questi animali variegati producono carne ampiamente assorbita dalla domanda urbana, soprattutto nella fase precedente la quaresima. Le forme contrattuali affidano mandrie di animali a “buccieri” urbani che li nutrono e li macellano man mano, e consegnano ai proprietari il ricavato della vendita della carne di ciascun animale trattenendo il proprio compenso.36
Note:
In Calabria nel patrimonio dei principi di Bisignano al 1594 ci sono 14261 pecore e capre, 657 buoi, vacche e bufali – animali questi ultimi con pretese maggiori sulle risorse ma più efficaci nei terreni pesanti49 – ed una mandria di suini;50 ed i duchi di Corigliano posseggono nel 1700 19.746 capi, nel 1740.
Persino i suini, che nelle pratiche odierne sono emblematicamente legati allo spazio ristretto della porcilaia, si muovono spesso a lunga distanza durante le fasi del loro allevamento. Quelli che, ad esempio, ancora nel primo Ottocento si allevano in Abruzzo citra «non tutti nascono nella Provincia, ma dalla Puglia per lo più vengono le cosiddette morre, le quali si ingrassano in questa provincia, ed ingrassate si vendono nei mercati e nelle fiere per lo più ai negozianti di Capua».2
Nella pontificia Bologna, tra fine Cinquecento e fine Settecento, netta – sia pure in calo nel XVIII secolo – è la prevalenza della carne bovina, mentre un buon numero di suini macellati è utilizzato soprattutto per la produzione di insaccati. Limitato sul mercato felsineo, sia pure in netta crescita nel Settecento e nel primo Ottocento, è il numero di agnelli, capretti, castrati e pecore macellati.71
C’è poi da considerare la produzione di carni lavorate, di salumi e “salate”, ovviamente particolarmente importante per i suini. Nel Mezzogiorno il solo Cilento produrrebbe a fine Settecento 50 mila cantaia di carne salata di maiale, ma importante è la produzione di salumi anche in Abruzzo, in Terra di Lavoro, ad esempio a San Germano, dove si producono «gustosi e dilicati salami»,155 in Calabria citra, da dove in tempi di commercio normale ci sarebbero significative estrazioni in Sicilia e a Livorno, oltre che in direzione della vorace Napoli.156
Nella Toscana medicea, nella Dogana della Maremma senese e grossetana svernano a fine Cinquecento 18 mila vacche, alle quali vanno aggiunte, oltre agli equini transumanti, i suini, rigorosamente banditi invece dai pascoli pugliesi: dei 13 mila porci censiti in Maremma a fine Cinquecento, almeno un quarto sono “forestieri”.15 Nel Settecento anche nel Granducato di Toscana la transumanza sarà più marcatamente ovina, essendo divenuta pressocché nulla la presenza dei suini e ridottissima quella dei bovini e degli equini.
Gruppi di individui, comunità locali dotate di livelli vari di istituzionalizzate, casate feudali di primo piano, ufficiali provinciali e centrali del viceregno napoletano, concorrono e confliggono per l’accesso alle risorse agro-silvo-pastorali, con la solita sequela di “appadronamenti” di demanio per la semina che prolungano l’esclusione del bestiame al pascolo sul suolo “appadronato” anche dopo la raccolta, costruzione di “parchi” e “difese” invase dagli animali di chi non ne riconosce la legittimità, costituzione di “parate” dei frutti pendenti che tentano invano di escludere l’accesso dei suini al bosco, appropriazione di acque, aggressione al bosco, sequestri di animali: una dialettica serrata, spesso cruenta, che dà vita ad un gioco mutevole di alleanze e contrapposizioni sottolineato con forza dalla storiografia recente.11(142 Ragion pastorale, ragion di stato)
Le “molte differenze” non solo fra l’università di Martina e quelle contermini, ma anche fra l’università ed il duca rimangono ben evidenti nella sistemazione degli anni Venti del Settecento, ed emergono con forza nel documento che la dovrebbe sancire. Non è certo sorprendente che negli anni Quaranta, quando questo centro di circa 9000 abitanti fa registrare nel catasto conciario, oltre ai soliti asini e muli, circa 20.000 ovini, 5.000 suini, grosse mandrie di bovini ed una cospicua produzione di cuoi e lane, la contesa sugli spazi pastorali fra Martina ed il suo duca riesploda fragorosamente, e che quest’ultimo debba farsi proteggere da una guardia armata composta da cinquanta artigiani ripagati a spese altrui, con l’esenzione dalla “tassa inter cives” imposta dall’università stessa.23
Ovviamente non si tratta di una pratica solo napoletana. “Gravissimo” è, ad esempio, a fine Seicento, il “dispendio” per l’allevamento dei fagiani nelle due bandite granducali di Coltano e San Rossore, presso Pisa;50 non meno rilevante è – nella seconda metà del XV secolo – la quantità di ghiande consumata per alimentare i cinghialetti nel Barco estense di Belfiore, presso Ferrara, o di fieno, cereali inferiori, melica, fave che servono per il nutrimento di daini, cervi, caprioli, anatre “selvadege”, conigli, pernici, fagiani e animali esotici che ne popolano i boschi e i giardini.51
Gli animali selvatici, in attesa del Sovrano e del suo numeroso seguito, frequentemente dilagano. Lo stesso Duca di Bovino, nel 1768, è costretto a protestare per i gravi danni ai seminati all’esterno della riserva, provocati dai daini e dagli altri animali selvatici «cresciuti in numero eccessivo». I daini – denuncia un massaro di campo – si introducono nei campi seminati «a guisa di morra di pecore»,44 mentre non è possibile “smacchiare” o “spurgare” la difesa di Cervellino, asservita alla Regia Caccia, benché si sia «resa tanto boscosa, cispigliosa e spinosa che li suoi [di Orsara] cittadini non ci possono praticare li animali vaccini», perché in queste condizioni viene ritenuta perfetta per accogliere i cinghiali.45
La lavorazione di un ibrido
Il programma di Ricostituzione del Suino Nero Cinghiato è stato finalizzato al raggiungimento
di un obiettivo preciso: far rivivere nelle campagne Nursine una razza antica presente,
come mostrano le numerose testimonianze iconografiche, già dal XV secolo. L’attività
di 3A-PTA, in piena sinergia con il DSAAA dell’Università degli Studi di Perugia, ha permesso
di ottenere ad oggi buoni risultati improntando il progetto non solo su di una linea
prettamente selettiva ma aprendo la strada ad una valorizzazione del prodotto carne nel
mercato locale. La Regione Umbria è stata parte attiva in rassegne divulgative e convegni di
settore per ridare valore e speranze ad un territorio dove le antiche tradizioni locali stanno
gradualmente scomparendo, tutto a discapito dell’Agricoltura autentica di queste popolazioni.
La strada è ancora lunga per poter rivedere questa “Razza” distribuita nell’areale di
appartenenza, ma sarà nostro impegno valorizzarla a livello locale con azioni specifiche ed
interventi mirati alla ripresa della suinicoltura tradizionale volta soprattutto alla valorizzazione
di quelle aree boschive che difficilmente troverebbero altra destinazione d’uso e che
tanto si adattano all’allevamento brado o semi-brado.
Per il consumer test condotto su prosciutto, spezzatino e bistecche di Suino Cinghiato Nero
(campione A) e ibrido commerciale (campione B) sono state compilate delle schede riportate
nell’allegato 2 che, per ogni voce, prevedevano un punteggio che andava da 5 (insufficiente)
a 10 (ottimo). Tutti i parametri sono stati calcolati con il software Excel, i valori di
riferimento sono stati reperiti in bibliografia.
Il peso vivo medio alla macellazione (110,20 kg) risulta inferiore sia a quello dell’ibrido commerciale
leggero che pesante (tabella 3); l’età media alla macellazione è più avanzata (14
mesi) rispetto a quella di entrambe le tipologie commerciali, va però sottolineato che tra i
cinghiati ce n’era uno di età piuttosto avanzata.
Il peso medio della carcassa è risultato pari a 87,00 kg e quindi inferiore sia ai 92 kg del suino
leggero che ai 130 kg di quello pesante; la resa alla macellazione è stata piuttosto simile
(79 vs 80%) a quella delle altre due tipologie, va inoltre tenuto conto che tali valori sono
tipici delle razze rustiche, come il Suino Cinghiato Nero.
Per altri approfondimenti , vedi link: file:///C:/Users/User/Downloads/Quaderno%20Biodiversit%C3%A0_4%20(6).pdf
https://www.forumdiagraria.org/suini-f19/incrocio-tra-cinghiale-e-maiale-t6064.html
https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/tag/ibrido-cinghiale-maiale/
Nella nostra fattoria alleviamo un buon numero di cinghiali, dei cugini dei maiali che hanno un’indole più selvatica e una maggiore rusticità. Alcuni di questi animali sono cinghiali puri, molti altri, invece, sono incroci con i maiali. In particolare tendiamo a favorire l’accoppiamento del cinghiale maschio con la scrofa, perché, mentre una femmina di cinghiale tende a generare una cucciolata di massimo cinque o sei cuccioli, la scrofa arriva facilmente a partorire dieci o dodici maialini.
Lo scopo dell’incrocio è quello di valorizzare le carni degli animali da macello. La crne di cinghiale, infatti, ha un sapore leggermente diverso da quella del maiale, con un tono un po’ più selvatico, ma sempre gradevole. E’ di colore rosso più intenso, rispetto a quella normalmente più pallida del maiale, per la maggiore presenza di ferro. L’incrocio del maiale con il cinghiale ci permette di avere carni più ricche di ferro, di sapore più interessante, ma ingentilite dal carattere del maiale.
I cinghiali si adattano particolarmente alle tecniche di allevamento della nostra azienda: mettiamo a loro disposizione un intero ettaro di terreno all’interno del quale possono pascolare liberamente. Le loro carni, dunque, non sono grasse come quelle di animali allevati in maniera intensiva, all’interno di spazi angusti. La sola idea ci fa tristezza e non è per nulla in linea con il nostro modo di fare agricoltura.
L’età di macellazione di un cinghiale allevato con i sistemi estensivi (cioé in semilibertà) come nella nostra azienda è di almeno un anno. Solo in alcuni casi si può macellare animali dell’età di dieci mesi. La ragione è che un animale allevato secondo i sistemi tradizionali, e cioé alimentato con i cereali che coltiviamo nella nostra azienda, libero di muoversi e di consumare energia ogni giorno della sua vita, solo nell’arco di un anno riesce a raggiungere il peso di circa ottanta, novanta chili. E’ solo allora che raggiunge un livello di accrescimento che garantisce il giusto grado dimaturazione delle carni e la produzione della quantità ideale di grasso.
La componente della carne di cinghiale è la più preziosa per produrre salami e salsicce. Questi insaccati, infatti, hanno una qualità organolettiche migliori quando le carni sono più tenaci. La carne del maiale, infatti, al confronto, risulta più flaccida.
Vi invitiamo a visitare la nostra fattoria, ad ammirare questi bellissimi animali al pascolo e ad assaggiare i deliziosi salumi che vendiamo sul bancone della nostra macelleria. (da: http://www.agriturismosiracusaitalia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=188:agriturismo-a-siracusa-con-animali-i-cinghiali-e-gli-incroci-con-i-maiali&catid=36&Itemid=112.
[1] Si vedano i seguenti casi: nel 1413 Checco di Michele porcaio di Castelnuovo Val di Cecina venne arrestato per violenza contro Giovanni di Stefano contadino di Prata (ASS, Consiglio generale, Delibere, 206, c. 74v 3 ottobre 1413); nel 1415 Pietro di Simonello da Pereta subì il furto dei porci che aveva condotto nei paschi di Siena presso Montagutolo del Patrimonio (ASS, Concistoro, Scritture concistoriali, 2142, c. 48r 9-25 ottobre 1415); nel 1417 Giacomo di Neri e Domenico di Vannuccio da Chianciano immisero 40 bestie vaccine e oltre 300 ovine nei pascoli di Contignano in Valdorcia (ASS, Consiglio generale, Delibere, 208, cc. 19r-19v 20 giugno 1417).
[2] Il gregge di 500 capi di Batista di Lando da Montalcino valeva 500 f. (ASS, Consiglio generale, Deliberazioni, 192, c. 90r 17 maggio 1383). Le 50 scrofe e i 100 porcelli di Agnolo di Nuto sono valutati complessivamente 200 f. (ASS, Consiglio generale, Deliberazioni, 192, c. 88v 17 maggio 1383). Un’ampia e dettagliata panoramica sull’allevamento e il valore di mercato senese di animali transumanti e non è presente in Costantini, «Carnifices sive mercatores bestiarum», cit., pp. 105-135. 167 .
LINEE DI UN PROGETTO SMART CITY CENTRO STORICO DI UNA CITTA’ D’ARTE : PERUGIA [1]
(Documento riservato)
SOMMARIO
1 Strategia
2 Breve introduzione alla filosofia della smart city ed alle sue implicazioni, in un contesto di città caratterizzata da un patrimonio di centro storico di pregio.
3 Premessa :Opportunità di fruizione di un incentivo per progetto di analisi critica, soluzioni innovative e obiettivo di riqualificazione del centro storico di Perugia.
5 Ipotesi di strategia per l’innovazione del sistema organizzativo : “Inserimento nel contesto urbano”, “Qualità delle infrastrutture e degli spazi pubblici”, “Equilibrio degli interessi”
6 Ipotesti di business plan per una stima dei costi/benefici progettuali
7 Metodologia di Project Management per l’elaborazione del progetto
8 Un progetto per il centro storico di Perugia: spunti metodologici e concettuali di “smart city”per schede operative di rappresentazione analitica e strategica. Strumenti del decreto “smart cities and communities” per il rilancio del centro storico di Perugia.
9 Il progetto con le sue implicazioni metodologiche sulla “smart city”.
10 Check list degli input, frutto di un brain storming fra opinion leader e stakeholders , da rilevare ed analizzare nella ricerca.
11 Ipotesi di strategia per la riqualificazione e la realizzazione del progetto “Smart city” del centro storico di Perugia: S.T.U. (societa’ di trasformazione urbana) e project financing.
12 CONCLUSIONI
1 Strategia
1.1 Obiettivo primario
L’idea di base è quella di “calare ”, con la partecipazione democratica della comunità cittadina, nel centro storico di Perugia, e sue propagini storico-culturali-economiche e sociali, un progetto di “ricerca industriale e sviluppo sperimentale” che punti alla sua riqualificazione in strutture e infrastrutture ,in termini di ammodernamento, ampliamento e/o riconversione delle loro destinazione d’uso , secondo ipotesi funzionali , propulsive di innovazioni tecnologiche che ne valorizzino, per una migliore qualità della vita dei cittadini, le antiche risorse paesistico-monumentali , di città e comunità medievale e rinascimentale, espressione della civiltà cristiana, imperniata sulla “historical governance” del potere temporale della Chiesa. Realizzare, dunque, strutture e infrastrutture del centro storico di Perugia, innovate secondo le linee di intervento del decreto Smart City e piano di marketing territoriale, per la loro implementazione di soggetti propulsivi di produzione di beni ed erogazione di servizi. Il progetto dovrebbe essere compatibile e/o complementare a “Perugia Assisi capitale delle cultura europea 2019”.
1.2 Obiettivo secondario
Performare, con ricerche e attività di marketing territoriale , i presupposti attrattivi della domanda dei fruitori potenziali (residenti, studenti, operatori economici, turisti) verso un’offerta di spazi di edilizia innovativa abitativa, residenziale , commerciale e artigianale.
1.3 Mezzi per il conseguimento degli obiettivi
Elaborazione di un progetto per razionalizzare e articolare in studio di fattibilità e sue implicazioni esecutive, una “…idea progettuali di ricerca industriale, estesa a non preponderanti attività di sviluppo sperimentale, riferita agli ambiti di cui al Decreto Direttoriale 5 luglio 2012 n. 391/Ric. AVVISO PER LA PRESENTAZIONE DI IDEE PROGETTUALI PER SMART CITIES AND COMMUNITIES AND SOCIAL INNOVATION”.[2]
2) Breve introduzione alla filosofia della smart city ed alle sue implicazioni, in un contesto di città caratterizzata da un patrimonio di centro storico di pregio.
Oltre la metà della popolazione mondiale vive nelle città, ed è una percentuale destinata a crescere velocemente. Circa quattro quinti dell’energia, secondo la commissione europea, viene consumata nelle città dove si concentrano i luoghi della produzione. E per uno sviluppo sostenibile affrontare i problemi dell’urbanizzazione è cruciale. Una delle strade da percorrere è quella identificata oggi come ‘smart city’: interventi di progettazione sistematica che vedono la città come un insieme coordinato e che utilizzano le tecnologie ‘intelligenti’ per rendere i centri urbani sostenibili sia dal punto di vista energetico ed ambientale che dal punto di vista sociale.
Auto elettriche ricaricabili con l’energia prodotta negli edifici, zone low-carbon e messa in rete dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, riqualificazione edilizia dei centri storici. Preservare il patrimonio architettonico degradato e il suo tessuto sociale, attraverso l’operazione di tutela dell’ambiente e l’uso di nuove tecnologie, progettazione e installazione di sistemi energetici a bassa emissione. Integrazione di sistemi passivi per il riscaldamento e il raffreddamento, architettura bioclimatica, progettazione del paesaggio e altre strategie per riqualificare l’identità culturale locale. Sono alcuni esempi delle tecnologie suggerite per un diverso sistema edilizio e di mobilità urbana. Ma che cos’è davvero una “città intelligente“? E’ una città in cui c’è un elevato livello di qualità della vita, dove gli spazi urbani ci aiutano a realizzare i nostri progetti e a muoverci in maniera più agevole, risparmiando tempo. Il tutto con un occhio di riguardo per l’Ambiente e la sua salvaguardia.
Tra i temi al centro del dibattito proposto dal bando “Decreto Direttoriale 5 luglio 2012 n. 391/ric. : Avviso per la presentazione di idee progettuali per smart cities and communities and social innovation “ che si pongano in “overlapping” come quelli dello sviluppo e riqualificazione del centro storico di Perugia, abbiamo.:
3) Premessa
Opportunità di fruizione di un incentivo per progetto di analisi critica, soluzioni innovative e obiettivo di riqualificazione del centro storico di Perugia.
3.1 Analisi critica
Avendo in evidenza il dibattito e le polemiche sul degrado del centro storico perugino, si possono estrapolare, seppure in estrema sintesi, in un’ ottica critica di marketing territoriale , alcune valutazioni che, con rigoroso metodo di analisi del fenomeno, possano fornire qualche spunto di terapia, volta al miglioramento dell’attuale stato di degrado, determinato anche dal conclamato, annoso ed endemico fenomeno di spaccio e consumo di droga.
3.1.2 Cause esogene: crisi socio-economica .
Tale contesto nazionale incide ben poco su tale fenomeno, se è vero, come è vero che esso proliferava , in misura più che proporzionale, rispetto alla media dei centri storici dei comuni del centro nord. Oltre dieci anni fa il Dr. Fausto Cardella, allora PM a Perugia, ora Capo della Procura della repubblica de L’Aquila, denunciò l’entità preoccupante e in netto incremento dello spaccio di droga, in particolare nel centro storico di Perugia. Il magistrato è tornato poi sull’argomento in una recente intervista (esattamente un anno fa) affermando fra l’altro: che “… reprimere non basta. Ecco perché bisogna decidere che tipo di frequentatore del centro si vuole avere. Se si accetta di trasformare l’acropoli in un grande caffè a cielo aperto, non ci si può poi stupire del fatto che venga invaso da gente col bicchiere in mano o in cerca di stupefacenti“. Ed inoltre suggerendo come rimedi strutturali :” Politica residenziale e decoro del centro. Ecco, decoro. Se questo è l’obiettivo: riportare famiglie, professionisti e anche un certo tipo di attività commerciali in centro, bisogna intervenire e non tollerare più che alle 2 del mattino ci sia chi suona il tamburo sulle scale del Duomo o chi occupa le piazze trasformandole in un’immensa pattumiera…”. “Più cultura e meno kebab?” Domanda il giornalista. E Cardella risponde “Non sono razzista. Ma il fatto che ce ne siano tanti è un’ulteriore prova che qui gravitano molti clienti di quel target. Intendiamoci, a me non dispiace avere gente giovane in giro la sera. Mi dà molto fastidio però svegliarmi la mattina e vedere la piazza lastricata di cicche di sigarette, bicchieri di plastica e bottiglie vuote. A proposito, che fine ha fatto l’ordinanza che vietava di girare con le bottiglie in mano?”.
3.1.3 Cause endogene
3.1.3.4 Passività di una cittadinanza soprattutto di residenti (poco meno di 9.000 persone) che non si identifica , ormai da tempo, con una amministrazione comunale che per decenni ha tollerato che il continuo abuso del centro storico in “consumi” massivi di terziario cosiddetto culturale, come, ad esempio, i mega concerti di Piazza IV Novembre, o turistico-commerciale, come il fenomeno dei banchi della “superfetazione” di marketing territoriale di Eurochocolate potesse far aggio su iniziative dell’alternativa cultura-arte-paesaggio-storia come, prima fra tutte, la mostra sul Pintoricchio e gli itinerari ed eventi ad essa collaterali.
3.1.3.5 Carenza ( se non assenza) di presidio del territorio, soprattutto nelle ore notturne data la progressiva erosione delle residenze, la scomparsa delle botteghe artigiane, la crisi della attività commerciali tese al decentramento della loro attività , piuttosto che ad una diversificazione e/o riconversione e/o ammodernamento di struttura e di metodo della propria offerta commerciale.
3.1.3.6 Staticità e degrado dell’offerta commerciale . E’ emblematico l’abbandono a se stesso di una struttura come quelle del mercato Coperto di Piazza Matteotti che, in un’altra città d’arte , come Arezzo, o Bergamo o Siena avrebbe rappresentato da tempo una risorsa e non un problema come invece sembra essere da decenni . Fa specie vedere decine di saracinesche e attività commerciali chiuse per la caduta della domanda in ultima istanza di beni e servizi e conseguentemente il degrado della edilizia abitativa.
3.1.3.7 Gestione approssimata e incoerente della logistica sia di routine che degli “eventi”. Senza voler entrare nella polemica, minimetrò si/no, e comunque ribadendo comunque il concetto, secondo il quale un minimetrò esisteva da tempo; era sufficiente infatti un piccolo intervento strutturale, con il potenziamento della linea ferroviaria della Mediterranea Centrale Umbra che da Ponte san Giovanni poteva collegare al centro storico un bacino d’utenza dell’area sud est dell’hinterland perugino, ben più importante di quello che usufruisce della linea del Minimetrò da Pian di Massiano; senza dunque approfondire il perché di tali scelte fondamentali per il futuro dei collegamenti cittadini ; avendo dunque specificato tutto ciò, ci si domanda perché il collo di bottiglia che si frappone fra l’area di prossimità alla Z.T.L. (zona a traffico limitato) impedisca una strategia di implementazione del centro storico in soggetti delle residenze, delle attività economiche (Commercianti, artigiani), delle attività professionali, della burocrazia degli enti locali, del mondo della cultura e della conoscenza (università, accademie, centri ricerca…) e, last but not least, della domanda turistica (turisti, alberghi, ristoranti). E, per quanto attiene alla “logistica degli eventi”, resta sempre il fenomeno abnorme di un Eurochocolate , con le sue strutture provvisorie di oltre 60 banchi di vendita monoprodotto che , se da una parte provoca un flusso di turisti eccezionale concentrato in due fine settimana all’anno , dall’altra non porta alcun valore aggiunto all’economia cittadina, stante la comprovata destinazione della capacità e propensione di spesa dei suddetti verso un’offerta commerciale che non si identifica con l’economia locale, provenendo gli standisti da altre regioni .
3.1.3.8 Mancanza di una lungimirante, efficiente ed efficace strategia dell’implementazione strutturale e gestionale di soggetti delle permanenze residenziali e alberghiere ,attive–innovative.
E’ sotto gli occhi di tutti il processo di desertificazione e abbandono di strutture e attività del centro storico. Negozi con le serrande abbassate; appartamenti con le persiane chiuse. Ebbene, prima ancora che attivarsi per un loro doveroso restauro conservativo e ricercarne, attraverso i canali dell’intermediazione immobiliare tradizionale, nuovi fruitori, magari senza la precisa conoscenza di quale e quanta sia la crisi della domanda di beni e/o servizi attesi, è bene che si prenda in carico il compito di elaborare un piano di marketing territoriale, non come quello teorico e approssimato che leggiamo sul sito www.comune.perugia.it ma che sia approfondito e specifico in una corretta analisi critica che magari tenga conto di bench marking , quale buona sponda di best practice di amministrazioni comunali virtuose. A volte una compiuta e non acritica conoscenza di ciò che fanno altri comuni, città d’arte come la nostra, può essere di ammaestramento.
Analisi critica per soluzioni innovative
Sulla base delle analisi suddette e delle suggestioni di percorsi strategici che da essa si possono prefigurare ,si potranno sviluppare due modelli di “sviluppo sostenibile” : statico-strutturale e dinamico-funzionale.
4.1 Analisi critica del modello statico-strutturale, per un progetto di innovazione della configurazione dell’esistente.
4.2 Analisi critica del modello dinamico-funzionale, per una strategia di ammodernamento, diversificazione e riconversione a implementazione nel rapporto domanda/offerta in prodotti,merci e servizi della nuova configurazione dell’esistente statico.
4.3 Analisi critica dell’esistente socio-economico, per una strategia di implementazione delle risorse gestionali
4.4) Analisi Swot per il supporto scientifico alla modulazione della strategia: mezzi/obiettivi
5 Ipotesi di strategia per l’innovazione del sistema organizzativo : “Inserimento nel contesto urbano”, “Qualità delle infrastrutture e degli spazi pubblici”, “Equilibrio degli interessi”
6 Ipotesti di business plan per una stima dei costi/benefici progettuali
7 Metodologia di Project Management per l’elaborazione del progetto
La organizzazione del lavoro di progettazione , secondo i work package del Work Breakdown Structure, potrà essere adottata per la realizzazione del progetto , secondo le funzioni e i fattori evidenziati nei capitoli precedenti. Le funzioni a cui abbiamo fatto riferimento, suddivise per tre fasi : analisi, mezzi e obiettivi, per la scomposizione in pacchi di lavoro è la seguente :
La Work Breakdown Structure
Un sistema o un prodotto complesso è di norma costituito da numerose componenti (elementi di attività), ognuna delle quali deve essere progettata, realizzata, collaudata e monitorata; tutte queste attività devono essere “governate”, tramite il processo di project management, in termini di risorse, tempi e risultati. Per far questo è utile suddividere il complesso dei componenti in gruppi omogenei (pacchi di lavoro), dal punto di vista delle attività di progettazione e controllo, secondo una logica gerarchica top-down.
Le varie attività da svolgere, devono essere organizzate gerarchicamente ed inserite nel piano del progetto, per completare il prodotto finale previsto.
Questa struttura gerarchica è la “Work Breakdown Structure”, cioè la struttura in cui le varie attività da svolgere per completare il prodotto finale vengono organizzate in fasi, sottofasi ed attività di dettaglio. La WBS aiuta pertanto ad identificare tutte le attività necessarie a completare il processo di gestione delle attività del progetto, e quindi anche ad effettuare una stima basata sulla valutazione dell’impegno di risorse umane richiesto per lo svolgimento delle singole attività identificate, da mettere a confronto con la stima effettuata in base al “dimensionamento” del prodotto.
I “pacchi di lavoro”, ovvero raggruppamenti di elementi di attività, rappresenteranno il primo livello di scomposizione al termine dei quali vengono effettuati dei controlli formali dello stato di avanzamento del progetto e prese conseguentemente delle decisioni su come procedere nelle fasi successive. La struttura delle WBS, cioè delle fasi e sottofasi da inserire nel piano di realizzazione, corrisponde nella sostanza alla struttura del processo di progettazione e realizzazione del prodotto.
8 Un progetto per il centro storico di Perugia: spunti metodologici e concettuali di “smart city”per schede operative di rappresentazione analitica e strategica. Strumenti del decreto “smart cities and communities” per il rilancio del centro storico di Perugia.
8.1 Premessa Metodologica
Il Progetto “Smart city -Centro Storico di Perugia” dovrebbe fare perno sui risultati di specifiche ricerche , volte ad indagarne gli aspetti demografici, sociali, urbanistici ed architettonici, economici, culturali. Nel progetto si cercherà di fare una netta distinzione fra progetto estetico- architettonico-strutturale, ovvero il contesto di scenario, necessariamente statico, in cui si andrà a storicizzare e movimentare l’evoluzione social-popolare dei comprimari che riparte dalla narrazione rinascimentale del Pellini prima e ottocentesca del Bonazzi poi, per giungere, attraverso la parentesi pre e post bellica del’900, fino a giorni nostri. L’altra distinzione sarà rappresentata dal progetto nella sua implementazione di proposte e contenuti in chiave di marketing territoriale: si parte da una corretta analisi fra offerta attuale e potenziale di merci e servizi per correlarla alla analoga domanda dei soggetti di cui ai precedenti punti evidenziati. Si eviterà, in sostanza, di concludere proposte di innovazione struttura e/o infrastrutturale, senza aver prima focalizzato nel centro di interesse “centro storico” le funzioni socio-economiche che possano dar vita al dinamismo di una sua ripresa. Una particolare attenzione sarà pertanto dedicata allo studio delle attività economiche (private e pubbliche) , culturali e ricreative insediate secondo i seguenti parametri: i campi di indagine, le metodologie seguite, i risultati ottenuti. I risultati delle indagini saranno svolti mediante la metodologia dell’analisi Swot (l’acronimo sta per Strengths, weaknesses, opportunities, threats) atta a fornire uno schema logico molto efficace e soprattutto rispondente all’esigenza di interpretare e portare a sintesi i risultati delle indagini svolte, delle informazioni raccolte ed anche delle indicazioni emerse nei focus group e nelle altre occasioni di consultazione dei cittadini. Con l’analisi Swot si rilevano ed evidenziano: punti di forza o debolezza: per l’analisi delle risorse ; fattori di impedimento o di successo : per il conseguimento dell’obiettivo della strategia, concretizzabili nell’identificazione delle categorie di soggetti interessate al miglioramento della qualità della vita nel centro storico ed all’innovazione delle opportunità di business . Soggetti che evidentemente si identificano in altrettanti obiettivi progettuali. La metodologia che verrà eseguita per sviluppare le funzioni operative di ricerca industriale e sviluppo sperimentale sarà quella del marketing research, propria della dinamica aziendale, volta a ricercare nuove forme di diversificazione di prodotti, di riconversione industriale e soprattutto di innovazione di impresa. In tale senso diamo per scontato che, al momento in cui la ricerca e la sperimentazione avrà dato un esito positivo alla strategia da intraprendere, ci sarà pieno “accordo che definisca con chiarezza gli aspetti relativi alla proprietà e all’utilizzo dei risultati” come richiesto dai partner al bando di gara e per il quale si rimanda al contenuto della Dichiarazione di intenti a cui farà seguito il contratto in ATI, dei partner che fanno capo al presente Progetto, al momento di emissione del decreto del suo finanziamento. Il quadro interpretativo della realtà che ne risulterà ci porterà una sorta di mappa cognitiva cui rapportarsi al momento di svolgere l’analisi di scenario, sulla quale elaborare una strategia di rilancio del centro storico perugino che terrà conto della metodologia di project management del WBS (work breakdown structure) , già collaudata in altri progetti finanziabili dal Mise e dal Miur[4] ,che il Dr. Rino Fruttini ha messo a punto, necessaria per programmare e gestire il progetto di riqualificazione del centro storico, secondo un preventivo di Piano di Sviluppo Cittadino, secondo una contaminazione privato/pubblico basata su una contabilità costi/benefici con la quale il rapporto economico di convenienza spese/costi viene integrato dal parametro di valutazione del valore aggiunto : che deriva dalla coniugazione “benefici sociali” nella redditività di capitali privati e pubblici investiti nella realizzazione del progetto.
8.2 Schema dell’Analisi Swot propedeutica alla sviluppo delle funzioni del marketing research
L’analisi Swot si svilupperà dunque prendendo in considerazione due piani, uno di carattere spaziale, distinguendo tra ambiente interno e ambiente esterno, e l’altro di carattere temporale-dinamico distinguendo le funzioni di attività tra presente e futuro. L’incrocio dei piani di analisi porterà ad identificare punti di forza e di debolezza, riferiti all’ambiente interno nella situazione attuale, nonché opportunità e minacce, ampliando la considerazione al futuro e all’ambiente esterno, ovvero al più generale contesto territoriale, economico, sociale, …, con cui il Centro Storico interagisce (il resto della città, la realtà provinciale, quella regionale, ecc.).
L’esplicitazione di tali elementi è funzionale all’elaborazione delle seguenti linee di evoluzione della strategia:
– esaltare i punti di forza del contesto locale, sintesi della correlazione strutture/funzioni (Plus) ;
– minimizzare ed elidere i punti di debolezza laddove esiste la correlazione strutture/funzioni (Minus) ;
– approfittare delle opportunità che si potranno presentare, anche secondo il bench marking (Fattori di successo) ;
– cercare di contrastare le minacce future, in relazione a ipotesi (Fattori di vincolo).
L’analisi del Centro Storico sarà articolata in sette ambiti:
La ricerca si articola in:
Dimensioni geo-demografiche :va rappresentato il contesto geografico come da PRG.; va rappresentato il contesto socio-culturale dei soggetti che si interagiscono; ne va contestualizzato il ruolo e vanno misurate le priorità verso l’assesment organizzativo-gestionale dell’area, identificata nelle sue strutture e infrastrutture, secondo le categorie dei seguenti fruitori , attuali e/o potenziali :
8.3 SCHEDE OPERATIVE DI IDEE PROGETTUALI . LORO RAPPRESENTAZIONE ANALITICA E STRATEGICA PER IL RILANCIO DEL CENTRO STORICO DI PERUGIA CON RISORSE PUBBLICHE E PRIVATE
Qualsiasi iniziativa di riqualificazione strutturale e sviluppo organizzativo – gestionale si vada a pensare di realizzare nel centro storico di Perugia, occorre partire da alcune premesse di base che, alla fine di un qualsiasi iter di valutazioni strategiche, rappresentano comunque un “fattore K”, quasi una costante di risorse economico – patrimoniali- monumentali- culturali, talmente concatenate fra loro e da loro con la comunità cittadina, che è impossibile prescinderne e non prenderle in seria considerazione per il conseguimento di qualsiasi obiettivo di sviluppo cittadino. A maggior ragione se la valorizzazione di tali risorse è comunque indicata in diverse posizioni degli “ambiti di intervento” cui l’ “articolo 1 Finalità e oggetto dell’intervento” del bando “smart city….” [6]. Pertanto le schede di idee progetto che seguono, pur nella loro esigenza di innovazione in punta di prodotto/servizio, metodo, ammodernamento e/o ampliamento e/o riconversione di MKT territoriale e/o merceologico, partono da presupposti e condizionamenti di mera esigenza territoriale (ancorché orografica) e strutturale del centro storico di Perugia, altrimenti destinato al degrado e depauperamento patrimoniale, alle infestazioni di superfetazioni architettoniche e di marketing territoriale, alla sub-riconversione verso un centro espositivo di basso livello di connotazione tecnologica.
IDEE PROGETTUALI | SETTORE DI INTERVENTO E SOGGETTI BENEFICIARI | IMPLICAZIONI STRUTTURALI E LOGISTICHE VS. DECRETO “SMART CITY”.[7] | ORGANIZZAZIONE GESTIONALE | 1) RISORSE, ECONOMIE DI SCALA E SINERGIE.
2) Riferimento all’ambito del decreto |
PROGETTO CASA E BOTTEGA | 1)Settore: Tessile- Abbigliamento(Maglieria), Calzature ; Agroalimentare (Dolciario) ,Oreficeria, Restauro mobili; Restauro libri; Stamperia, altre ipotesi di connotazioni merceologiche artigianali.
2) Soggetti beneficiari dell’offerta: artigiani , soprattutto giovani. Soggetti beneficiari della domanda: residenti, turisti delle presenze e/permanenze alberghiere ed extra alberghiere; frequentatori occasionali del centro storico |
1) Strutture : vecchi negozi, botteghe artigiane delle aree direttamente limitrofe alle due arterie Via Baglioni e Corso Vannucci; delimitate dalle 5 porte medievali : Porta Sole, Susanna, Eburnea, Sant’Angelo,San Pietro.Aree limitrofe.
2) Organizzazione della logistica di persone e merci vs. il centro storico (Minimetrò per merci e persone; piattaforma allo ex mercato coperto…)[8]. |
1)Organizzazione e promozione dell’offerta ( know-how imprenditoriale, layout , certificazione qualità, formazione imprenditoriale,…).
Sviluppare sistemi ICT 2)Organizzazione e promozione della domanda: turismo, “e market”, afflusso eventi (attrazione marketing territoriale). . |
1) Risorse: Decreto Smart City (Idea progetto e progetti di innovazione sociale).
2) Risorse: Società di trasformazione urbana 3) Risorse : Capitale di rischio e fondi di rotazione Sviluppumbria. 4) Finanziamenti imprenditorialità giovanile. 5) Finanziamenti imprenditorialità femminile. 6)Economie di scala vs. PMI del settore. 7) Sinergie vs. PMI di settore e di indotto trasversale (Grande Distribuzione e Distribuzione Organizzata, Franchising). 2) Riferimenti all’ambito del decreto: SICUREZZA DEL TERRITORIO INVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ; DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; SMART GRIDS; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI; CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT |
PROGETTO CAMPUS UMBRIA
(vedi progetto Brizioli) |
1)Settore cultura e formazione (Università e scuole medie superiori).
2) Soggetti beneficiari: studenti, giovani diplomati, laureati
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Vedi progetto Brizioli | Vedi progetto Brizioli | Vedi progetto Brizioli |
PROGETTO RESIDENCE | 1) Settore edilizia residenziale
2)Soggetti beneficiari dell’offerta : proprietari (privati e pubblici) di immobili ; imprese dell’innovazione tecnologica nell’edilizia dei materiali e delle costruzioni. Soggetti beneficiari della domanda : residenti nuovi attratti dal livello di qualità della vita e residenti consolidati. |
1) Strutture: recupero innovativo-tecnologico, anche da sicuro degrado, di immobili con destinazione d’uso abitazione, per nuovi insediamenti abitativi nelle aree cittadine come da Progetto Casa e Bottega.
2) Organizzazione della logistica ,come da Progetto Casa e Bottega. |
Iniziative promozionali di marketing territoriale per rendere attrattivo un processo di nuovi insediamenti residenziali, secondo i vantaggi che ne derivano come illustrato nel presente documento.
Sviluppare sistemi ICT |
L’implementazione del centro storico con migliaia di nuovi residenti- acquirenti-consumatori determina un indotto di servizi commerciali e della logistica e nuova occupazione che si pone in modo sinergico verso qualsiasi iniziativa di sviluppo cittadino: eventi, attività culturali di routine (cinema, teatro, tempo libero, …).
Risorse: progetto casa per giovani coppie. 2) Riferimento all’ambito del decreto: SICUREZZA DEL TERRITORIO INVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ; DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; SMART GRIDS; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI; CULTURAL HERITAGE |
PROGETTO SHOPPING | 1) Settore commerciale.
2) Soggetti beneficiari della offerta : operatori del terziario; imprese edili e di arredamento, ammodernamento, ampliamento e riconversioni di destinazione d’uso. Soggetti beneficiari della domanda: residenti, turisti, operatori economici, studenti, frequentatori occasionali del centro storico.
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Lo shopping ha un parametro che è quello dei centri commerciali, dove tutto il processo di shopping, nel comportamento dell’acquirente-automobilista-consumatore ha una precisa liturgia. Si tratta di trovare soluzioni , soprattutto di innovazione logistica che, come in un moderno “hub merci”, consenta al soggetto interessato di contare sugli stessi servizi e prerogative di un centro commerciale. In altre parole il minimetrò può essere strumento di collegamento parcheggio-centro commerciale del centro storico, come di un qualsiasi ipermercato, integrato anche per il trasposto merci. | 1)Organizzazione e promozione dell’offerta ( know-how imprenditoriale, layout , certificazione qualità, formazione imprenditoriale,…).
2)Organizzazione e promozione della domanda: , residenti , turisti “e market”, afflusso eventi (attrazione marketing territoriale).
Sviluppare sistemi ICT
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1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale).
2) Risorse: Società di trasformazione urbana 3) Risorse : Capitale di rischio e fondi di rotazione Sviluppumbria. 4) Finanziamenti imprenditorialità giovanile. 5) Finanziamenti imprenditorialità femminile. 6)Economie di scala vs. PMI del settore. 7) Sinergie vs. PMI di settore e di indotto trasversale (Grande Distribuzione e Distribuzione Organizzata, Franchising) 2) Riferimento all’ambito del decreto: SICUREZZA DEL TERRITORIO INVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ; DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; SMART GRIDS; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI. CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT |
PROGETTO STAGING E START UP | 1)Settore terziario avanzato (formazione e ICT; Poli di Innovazione) e Università Italiana e per Stranieri.
2) Soggetti beneficiari dell’offerta: imprese di terziario avanzato, Università. Soggetti beneficiari della domanda: giovani diplomati, laureati ;giovani titolari di innovazione di impresa.
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Strutture: le due università presentano spazi organizzativi adeguati per un “impianto” di stages, formazione permanente e assistenza allo start up di innovazione di microimprese, legato alle eccellenze locali rilevabili anche nei poli di innovazione:
• Efficienza energetica e fonti rinnovabili;
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Le due università e i due poli di innovazione umbri dispongono di competenze e capability adatte a promuovere, organizzare e gestire un impianto di stages e formazione permanente.
Sviluppare sistemi ICT |
1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise;
Convenzioni con privati. 1a)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università. 3) Riferimento all’ambito del decreto: CULTURAL HERITAGE; CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT |
PROGETTO AUDITORIUM SAN FRANCESCO | 1)Settore : cultura (musica, danza, teatro).
2) Soggetti beneficiari dell’offerta: complessi artistici di musica , danza, folklore,… Soggetti beneficiari della domanda: residenti, turisti, studenti, operatori e lavoratori dello spettacolo. |
Il progetto auditorium è ormai completo nelle sue implicazioni strutturali. Va implementato in arredamento e strumenti di fruizione del servizio. Va studiato e progettato il processo di logistica per il suo accesso ai fruitori. | Premessa per una gestione dell’auditorium “self liquidating” è impostare una programmazione che faccia perno sui seguenti soggetti : Associazione Amici della Musica, del Teatro, Conservatorio, Fonte Maggiore, Teatro Stabile Morlacchi, Agenzie turistiche e con tutti soggetti della cultura in modo da garantire almeno il 50% di un plafond di presenze basato su un pacchetto di offerta programmata di sicuro interesse culturale, spettacolare.
Sviluppare sistemi ICT
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1) Realizzare un marketing teatrale , fra cultura e mercato , potenziando e attualizzando tutte le opportunità sinergiche fra i soggetti dell’offerta e della domanda di cultura dello spettacolo.
2) Riferimento all’ambito del decreto: CULTURAL HERITAGE. |
PROGETTO FESTIVAL HOUSE
(vedi progetto allegato) |
Settore : cultura (musica, danza, teatro). Tutte le attività legate agli eventi che si sono consolidati nel tempo in Umbria (Spoleto festival, Sagra Musicale, Umbria Jazz, festival delle Nazioni, Assisi festival Musica…)
Soggetti beneficiari: residenti, turisti, studenti, operatori e lavoratori dello spettacolo. |
Sede amministrativa e organizzativa per il coordinamento di tutti i festival più significativi della regione umbra. | Organizzazione della gestione della programmazione e coordinamento delle varie iniziative in materia di festival.
Sviluppare sistemi ICT |
Vedi documento allegato.
3) Riferimento all’ambito del decreto : CULTURAL HERITAGE; CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT |
PROGETTO EX MERCATO COPERTO
(vedi progetto del 2005 allegato ) |
1) Settore intervento: distribuzione organizzata; attività espositiva; mostra-mercato permanente delle eccellenze umbre.
2) Soggetti beneficiari della domanda: residenti, turisti, operatori economici, studenti, frequentatori occasionali del centro storico. Soggetti beneficiari dell’offerta : espositori perugini e umbri. |
Struttura del mercato coperto e Arconi del Sopramuro. Sbocco logistico del Minimetrò.
Progetto di restauro conservativo, consolidamento strutturale e riconversione funzionale. |
Un ente , mix di interessi pubblici e privati che realizzi il marketing di un centro espositivo e di distribuzione organizzata di prodotti umbri.
Sviluppare sistemi ICT |
1)Il centro di interesse di promozionare il tessuto produttivo delle PMI perugine e umbre è l’obiettivo di un progetto di sinergie ed economia di scala dei costi di marketing ad esse sotteso.
2) Riferimento all’ambito del decreto: SICUREZZA DEL TERRITORIO DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; SMART GRIDS; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI. |
PROGETTO EX CARCERE PIAZZA PARTIGIANI ED EX CASERMA FORTEBRACCIO IN CORSO GARIBALDI . | 1)Settore di intervento: dolciario e/o altri monotematici.
2) Soggetti beneficiari della domanda: residenti, turisti, operatori economici, studenti, frequentatori occasionali del centro storico.
2) Soggetti beneficiari dell’offerta: operatori umbri del dolciario e/o di altri settori merceologici della produzione artigianale. |
Struttura a stella dell’ex carcere di Piazza partigiani. Ex caserma di Braccio Fortebraccio: appendice claustrale della Chiesa di Sant’Agostino
Sbocco logistico delle scale mobili per il centro storico. Progetto di restauro conservativo, consolidamento strutturale e riconversione funzionale. |
Per le due strutture possiamo prevedere due centri di formazione e sperimentazione monotematica per il settore dolciario e/o enologico e/o tessile/abbigliamento , e/o cartotecnico sulla scia di competenze e capability Perugina, Elle Esse, Igi, Poligrafico .
Sviluppare sistemi ICT
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1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise
Convenzioni con privati. 2)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università. 2) Riferimento all’ambito del decreto: ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI. |
PROGETTO LOGISTICA[9] | Settore di intervento: trasporti su gomma, ferro ed etto metrico; Engineering:progettare la logistica urbana ed extra urbana secondo criteri di razionalizzazione delle risorse (evitare overlapping) e ottimizzazione dei risultati (servizio ai fruitori).
Soggetti beneficiari: progettisti e fruitori attuali e potenziali
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Sede operativa e amministrativa : presso uno dei siti indicati nel presente prospetto da implementare. | Organizzare la ricerca di strategie di approvvigionamento più efficaci, o di migliori politiche per la gestione di magazzino o delle scorte e per la mobilità di merci e persone nel centro storico.
Sviluppare sistemi ICT |
1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise
Convenzioni con privati. 2)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università, associazioni di categoria. 2) Riferimento all’ambito del decreto: LOGISTICA LAST-MILE |
PROGETTO RESTAURO CONSERVATIVO BENI MONUMENTALI | 1) Settore di intervento: restauro beni culturali, restauro beni monumentali, restauro beni religiosi, restauro conservativo,
restauro di pitture parietali antiche. 2) Soggetti beneficiari dell’offerta : PMI del settore; giovani impegnati nelle nuove occupazioni del restauro. Soggetti beneficiari della domanda: soggetti , permanenti e/o temporanei gravitazionali nel centro storico |
Sede operativa e amministrativa : presso uno dei siti indicati nel presente prospetto da implementare. | 1. Corsi riconosciuti di formazione, specializzazione e aggiornamento nel settore dell’arte, del restauro e del management dei beni del patrimonio culturale;
2. ricerche e indagini scientifiche; 3. campagne di restauro, scavo archeologico, documentazione e catalogazione; 4. interventi di restauro e conservazione; 5. piani integrati di valorizzazione turistica e culturale; 6. progetti per la realizzazione di attività formative; 7. redazione e stampa di pubblicazioni e studi nel settore; 8. realizzazione di conferenze e incontri tematici; 9. azioni formative e di consulenza.
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1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise
Convenzioni con privati. 2)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università, associazioni di categoria, Accademia Bellle Arti. 3) Riferimento all’ambito del decreto: CULTURAL HERITAGE |
PROGETTO INNOVAZIONE OFFERTA COMMERCIALE E DEL TURISMO INCOMING | 1) Settore di intervento: marketing della distribuzione commerciale e dell’incoming turistico e loro interfaccia funzionale.
2) Soggetti beneficiari dell’offerta: giovani in innovazione di impresa commerciale; commercianti; agenzie turistiche. Soggetti beneficiari della domanda: soggetti , permanenti e/o temporanei (turisti,studenti) gravitazionali nel centro storico. |
Sede operativa e amministrativa : presso uno dei siti indicati nel presente prospetto da implementare | -Utilizzare gli strumenti di analisi del territorio; – Gestire i rapporti con i turisti e con la popolazione residente; – Interpretare i piani turistici territoriali; – Predisporre pacchetti turistici; – Redigere piani di marketing e di accoglienza turistica – Pianificare i trasporti turistici; – Interpretare i contratti commerciali; – Redigere delle scritture contabili d’esercizio e in sede di chiusura e nella redazione del bilancio d’esercizio; – Impiegare le principali tecniche relative alla formulazione di politiche aziendali attinenti alla vendita e alla realizzazione del servizio turistico in casi concreti – Redigere i budget aziendali – Saper utilizzare gli strumenti di analisi del territorio – Predisporre e organizzare itinerari turistici e visite guidate; – Gestire una visita guidata, fornendo informazioni sull’evoluzione storica, sociale e culturale di una località o di una regione. |
1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise
Convenzioni con privati. 2)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università, associazioni di categoria, Accademia Bellle Arti.
2) Riferimento all’ambito del decreto: SICUREZZA DEL TERRITORIO INVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ; DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI; CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT
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PROGETTO UMBRIA CATERING .[10]
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1) Settore di intervento: filiera dell’agroalimentare correlata al sistema di ristorazione classico e agrituristico e sagre paesane) . Soggetti beneficiari dell’offerta: PMI dell’agroalimentare e ristorazione.
Soggetti beneficiari della domanda: soggetti , permanenti e/o temporanei (turisti,studenti) gravitazionali nel centro storico.
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Sede operativa e amministrativa : presso uno dei siti indicati nel presente prospetto da implementare.
Implicazioni logistiche: repertare un sistema ICT in overlapping con sistema integrato di acquisizione “commanda” e svolgimento servizio. |
Un vero e proprio team building creativo per impostare un metodo perfetto da applicare successivamente con gli interlocutori, siano essi collaboratori o clienti da fidelizzare: brain storming, problem solving e creative thinking i precetti fondamentali di questa parte di Campus per organizzazione gestionale che prevede: servizio di catering; l’organizzazione, la gestione, la locazione di locali adibiti alla ristorazione in genere, anche di self-Service e mense, di bar, di caffe’, di ritrovi, di tavole calde, di birrerie, di rosticcerie, di ristoranti ed esercizi commerciali, di prodotti affini, e/o l’acquisto di licenze amministrative per l’esercizio delle attivita’ suddette;La somministrazione al pubblico di alimenti e bevande anche alcoliche.
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1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise
Convenzioni con privati. 2)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università, associazioni di categoria, Accademia Bellle Arti. 3) raccordo di filiera agroalimentare vs. Coldiretti, Imprese agricole, di trasformazione (Olivicole, vinicole, specialità alimentari, …). 4) Riferimento all’ambito del decreto: CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT LOGISTICA LAST-MILE; |
PROGETTO “MONSU TRAVET” | Settore di intervento: Pubblica Amministrazione : scuola di formazione quadri – funzionari.
Soggetti beneficiari : giovani da avviare alla carriera nella P.A. |
Sede operativa e amministrativa : presso uno dei siti indicati nel presente prospetto da implementare.
Implicazioni logistiche: repertare un sistema ICT in overlapping con sistema integrato di svolgimento servizi alla cittadinanza. |
Il passaggio verso il sistema di gestione informatica del protocollo e dei documenti nelle pubbliche amministrazioni rende necessario lo svolgimento di una serie di interventi formativi che permettano al personale della pubblica amministrazione (operatori di protocollo, operatori comuni, funzionari e dirigenti) di recepire il cambiamento e di operare con la massima efficienza., per svolgere questa funzione primaria in aula e on-line per garantire ai diversi soggetti coinvolti, tutte le conoscenze tecnologiche e metodologiche necessarie. In particolare, potranno essere erogati anche i seguenti corsi:
· La gestione informatica dei documenti e gli strumenti di organizzazione degli archivi
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1) Risorse: Decreto Smart City (idea progetto e progetti di innovazione sociale). Bandi Miur e Mise
Convenzioni con privati. 2)Economie di scala e sinergie fra Enti Strumentali Regione e Università, associazioni di categoria,; Sinergia con “Scuola lingue estere dell’esercito”.
3) Riferimento all’ambito del decreto: CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT
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9 Il progetto con le sue implicazioni metodologiche sulla “smart city”
Fondamentalmente sono 6 i parametri di identificazione e misura delle smart cities, analizzati nel rapporto “European Smart Cities” realizzato dall’Università di Vienna in collaborazione con quelle di Lubiana e Delf (www.smart-cities.eu) ovvero: mobility, environment, people, living, governance, economy e riprese dal decreto ministeriale cui il presente rapporto fa riferimento.
Nel caso specifico andrebbe svolta un’analisi swot per verificare come i punti di forza e/o debolezza e i fattori positivi (opportunità) e/o negativi (condizioni) si pongono nella realtà del centro storico di Perugia. rispetto agli indicatori di smart city seguenti.
Smart mobility
Local accessibility (Inter-)national accessibility Availability of ICT-infrastructure. Sustainable, innovative and safe transport systems
Smart mobility significa spostamenti agevoli, buona disponibilità di trasporto pubblico innovativo e sostenibile con mezzi a basso impatto ecologico, regolamentazione dell’accesso ai centri storici a favore di una maggiore vivibilità, adozione di soluzioni avanzate di mobility management e di infomobilità per gestire gli spostamenti quotidiani dei cittadini e gli scambi con le aree limitrofe.
Il centro storico di Perugia, nonostante il moderno mezzo etto metrico (minimetrò) lo colleghi con un grande parcheggio periferico, presenta , per le sue caratteristiche orografiche ancor oggi notevoli problemi sulla mobilità di persone e cose.
Smart environment
Attractivity of natural conditions.Pollution.Environmental protection Sustainable resource management.
Una città smart promuove uno sviluppo sostenibile puntando alla riduzione dell’ammontare di rifiuti e alla raccolta differenziata, alla riduzione delle emissioni di gas serra attraverso la limitazione del traffico e all’ottimizzazione delle emissioni industriali. A questi obiettivi si possono aggiungere la razionalizzazione dell’edilizia ed il conseguente abbattimento dell’impatto del riscaldamento e della climatizzazione, la razionalizzazione dell’illuminazione pubblica, la promozione, la protezione e la gestione del verde urbano nonché la bonifica delle aree dismesse.
Rispetto agli indicatori suddetti vi sono alcuni sviluppi virtuosi come la raccolta differenziata “porta a porta” dei residui solidi urbani; la qualità della vita , dal punto di vista delle emissioni è accettabile; così pure rispetto agli altri indicatori, salvo quello dell’edilizia, ancora molto indietro sia per gli ammodernamenti e restauri conservati di immobili, sia per il recupero di alcune aree lasciate al degrado (mercato Coperto, ex Carcere di Piazza Partigiani, etc.) ed ancora senza una valida destinazione e implementazione di marketing territoriale .
Smart people
Level of qualification. Affinity to life long learning. Social and ethnic plurality.Flexibility.Creativity.Cosmopolitanism/Open-indedness.Participation in public life.
Una ritrovata consapevolezza e partecipazione nella vita pubblica, alti livelli di qualifica dei cittadini, pacifica convivenza di diversi portatori di interesse e comunità sono alcune delle caratteristiche smart che si possono trovare in una “città intelligente”.
Il centro storico di Perugia rappresenta due enormi contraddizioni: ampia apertura ad eventi (Umbria Jazz,Eurochocolate, Sagra Musicale; festival del Giornalismo…) e inconsistente presenza di residenti, a salvaguardia e presidio del territorio verso le “razzie” degli spacciatori di sostanze stupefacenti. La presenza di migliaia di studenti delle due università (Italiana e stranieri) non riesce a fare da virtuoso cuscinetto a tale dicotomia strutturale e culturale.
Smart living
Cultural facilities. Health conditions. Individual safety. Housing quality. Education facilities.Touristic attractivity.Social cohesion
Una città smart fonda la propria crescita sul rispetto della sua storia e della sua identità; promuove la propria immagine turistica con una presenza intelligente sul web; virtualizza il proprio patrimonio culturale e le proprie tradizioni e le restituisce in rete come “bene comune” per i propri cittadini e i propri visitatori; usa tecniche avanzate per creare percorsi e “mappature” tematiche della città e per renderle facilmente fruibili ecc.
Smart governance
Participation in decision-making. Public and social services. Transparent governance. Political strategies & perspectives
Un governo smart ha una visione strategica del proprio sviluppo e sa definire in base a questa scelte e linee di azione, è in grado di coinvolgere i cittadini nei temi di rilevanza pubblica, promuovere azioni di sensibilizzazione ed utilizzare le tecnologie per digitalizzare ed abbreviare le procedure amministrative, ecc.
Smart economy
Innovative spirit. Entrepreneurship.Economic image & trademarks.Productivity.Flexibility of labour market.International embeddedness.Ability to transform.
Dalla realizzazione di performance di politica di marketing territoriale, per rendere attrattivo il territorio del centro storico verso insediamenti di valenza economica, possono nascere diversificate ed efficaci new entries legate ai piani di restauro conservativo degli immobili, secondo criteri compatibili con le aree di intervento previste nel bando per le “aree tematiche riferibili alle sfide sociali emergent”o nuovi insediamenti di attività artigianali di eccellenza , definibili nel concetto di “casa e bottega”. Non a caso il bando prevede incentivi legati alla imprenditorialità giovanile, per un target di neo imprenditori inferiore ai 30 anni.
SULLA BASE DELLE ANALISI SUDDETTE E DELLE SUGGESTIONI DI PERCORSI STRATEGICI CHE DA ESSA SI POSSONO PREFIGURARE ,SI POTRANNO SVILUPPARE DUE MODELLI: STATICO-STRUTTURALE E DINAMICO-FUNZIONALE, COME ILLUSTRATI AL CAPITOLO 2.
10 Check list degli input, frutto di un brain storming fra opinion leader e stakeholders , da rilevare ed analizzare nella ricerca.
C.S. come salotto.
C.S. come “centro commerciale naturale”.
Sostenere la residenzialità nel C.S.
Migliorare le relazioni del C.S. con il resto della città.
Migliorare l’attrattività del C.S .che è considerato trascurato.
Favorire il recupero dei grandi valori e degli edifici fatiscenti non occupati, per esempio il carcere.
Migliorare vivibilità e accoglienza del C.S.
Organizzare eventi e interventi che coinvolgano tutti.
Rianimare con continuità strade, piazze e piazzette attraverso mercatini, spettacoli e manifestazioni.
Realizzare iniziative che non siano legate a una sola funzione d’uso.
Valorizzare monumenti e luoghi.
Migliorare la promozione.
Creare percorsi in CS per un’accoglienza culturale guidata.
Aggiornare e migliorare la segnaletica, integrandola con l’informazione, per parcheggi disponibili, funzioni, musei, eventi, edifici anni Venti, razionalisti, ecc., memoria urbana,
Installare più punti di informazione (info point) nei luoghi di maggiore affluenza dall’esterno come aeroporto, stazione, fermate autobus, parcheggi.
Capire quali possono essere vocazioni e identità degli spazi pubblici e migliorarne la fruizione.
Nuovo progetto dell’Amministrazione comunale per creare maggiori spazi a verde e utilizzare il verde con funzione antinquinamento.
Sostenere e promuovere gli spazi di relazione già presenti in CS
Sviluppare il presidio del CS da parte delle associazioni storiche della vita perugina .
Far crescere il senso di appartenenza dei PERUGINI.
Costruire un nuovo rapporto di convivenza tra pubblico-privato sugli interventi nel CS.
E’ cambiato l’abitante del CS, è in atto l’invecchiamento, i vani vuoti sono stati occupati dai nuovi arrivati (immigrati).
Evitare che si formino dei ghetti per fasce d’età o origine.
Gli affitti per gli studenti sono elevati.
Analizzare le zone considerate critiche, per capire le dinamicità dei nuovi residenti immigrati o studenti che siano.
Presenza di strade, portici e facciate degradate (non asfaltare le strade in CS).
Forte impatto ambientale dei troppi interventi edilizi in CS.
Invadenza dei parcheggi, che limita lo spazio per camminare, com’è ai Giardini Carducci e Piazza italia .
Il mercato ambulante di Eurochocolate è invasivo, per oltre 2 mesi .
La città deve vivere anche nel fine settimana, ma di domenica ci sono pochi esercizi aperti.
Ci sono problemi di accessibilità al CS. spazi segnalati, riservati e attrezzati non solo in CS
Limitare e disincentivare l’utilizzo delle auto a favore dell’utenza “lenta”.
Realizzare parcheggi sotterranei, multipiano o in aree dismesse
Più parcheggi scambiatori e a rotazione
Aumentare la tariffa per la sosta al fine d’incentivare l’uso del mezzo pubblico.
Istituire navette gratuite, dall’esterno al CS, e mettere il pagamento all’uscita.
Aumentare la dimensione dell’area pedonale.
Curare maggiormente l’arredo urbano: realizzare un’illuminazione adeguata, installare “aiuole” mobili, tipo palchi in cui effettuare spettacoli, portarifiuti, posacenere e più panchine .
Rivedere gli orari del commercio per favorirne l’utilizzo.
Favorire gli artigiani in CS.
Aumentare la varietà merceologica dell’offerta del CS, diversificare le attività e ricreare luoghi d’incontro.
Migliorare l’accessibilità dei servizi presenti in CS.
Misurare il livello di attrazione generale del CS sia da parte dei residenti nei comuni esterni sia dei residenti nel C.S..
Come è finalizzata la frequentazione del CS : al passeggio, allo shopping e per usufruire dei servizi di carattere pubblico.
Il mercato è un importante fattore di attrazione seguito dagli spettacoli e dagli incontri con gli amici.
Il passeggio è ancora la prima motivazione citata dagli abitanti nei comuni esterni, subito però seguito dallo shopping e dagli incontri di carattere amicale.
La piazza IV Novembre centrale è riconosciuta come l’elemento più rappresentativo della città anche dai residenti nei comuni esterni.
Sia tra i residenti che tra i non residenti, coloro che ritengono le vie commerciali del Centro Storico di elevata qualità sono in numero superiore a coloro che invece sono convinti del contrario.
L’attività teatrale è riconosciuta dalla più parte dei residenti o non residenti ?.
I residenti nei comuni vicini, nelle fasce giovani e adulti, è alla ricerca di soluzioni alternative a quelle offerte dal loro comune di appartenenza.
Le maggiori critiche mosse dai residenti sono:
– la mancanza di attrazioni particolari;
– la percezione di una città con scarsa offerta di servizi in generale;
– una presenza ritenuta eccessiva di popolazione “straniera”;
– presenza di aree di insicurezza;
– non sufficiente “pulizia” percepita soprattutto dai più anziani.
Le poche botteghe artigiane rimaste non rappresentano un motivo di attrazione.
I residenti nei comuni vicini non sono attratti dal CS in quanto soddisfatti dalle prestazioni del loro comune di appartenenza.
Gli aspetti più critici sono relativi ad un immagine generale “non piacevole”, soprattutto per i giovani, e a un connotato di “abbandono” e trasandatezza che unito a una scarsa attività culturale e all’impressione che ci siano stati pochi cambiamenti negli ultimi decenni connotano Perugia come città “fredda” e “poco dinamica”.
Quale % dei perugini frequenta raramente o mai il CS.
I valori di frequentazione scendono sensibilmente per i residenti nei comini limitrofi ?
Per la stragrande maggioranza, dei residenti nei comuni esterni, è impossibile identificare un palazzo particolarmente rappresentativo della città.
La ristorazione del C.S. non risulta svolgere un grande ruolo di attrazione per i comuni limitrofi.
La piazza IV Novembre e Piazza Matteotti sta peggiorando. Molto alto, soprattutto tra i residenti, il numero di coloro che condividono questo tratto negativo.
L’attività teatrale per la più parte dei non residenti non risulta conosciuta o nota.
Il CS dovrebbe essere più vivo. La richiesta di portare maggior vitalità nel Centro Storico è evidente e sembra riguardare la quasi totalità degli intervistati.
Il CS è poco illuminato.
Nel Centro Storico ci sono pochi locali aperti di sera.
Scarsa è la promozione degli eventi che si svolgono al suo interno.
Una maggiore frequentazione del Centro Storico potrebbe essere indotta da:
– una migliore illuminazione;
– più locali aperti di sera;
– una maggiore promozione degli eventi.
La riduzione della tranquillità e della vivibilità possono incidere sull’attrazione del CS nei confronti dei residenti di Perugia , ma anche dei comuni esterni.
11 Ipotesi di strategia per la riqualificazione e la realizzazione del progetto “Smart city” del centro storico di Perugia: S.T.U. (societa’ di trasformazione urbana) e project financing.
Queste sono società per azioni miste, costituite tra Comuni/Città metropolitane e privati, cui possono partecipare regioni e province e sono finalizzate a realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, attraverso un’attività di: a) acquisizione preventiva delle aree da trasformare, b) progettazione, c) realizzazione degli interventi, d) commercializzazione delle aree riqualificate, e) gestione anche degli eventuali servizi pubblici[1].
La norma in argomento, che viene a colmare una grave lacuna nella situazione italiana nella quale manca una tradizione consolidata di interventi di riqualificazione urbana, di riuso dell’esistente e di interventi di trasformazione integrata, si inserisce nel più ampio contesto normativo oramai consolidato quale è quello della esternalizzazione di attività, servizi e funzioni pubbliche[2].
Si tratta, in sintesi, di attribuire a soggetti privati competenze, fino a quel momento di pubbliche amministrazioni, che vengono esercitate con moduli di diritto privato in luogo dei tradizionali procedimenti amministrativi, anche se taluno ritiene che nel caso delle Stu sarebbe avvenuto l’esatto contrario e, cioè, si sarebbe attribuito al pubblico un ruolo da sempre riservato al privato[3]. Questa tesi tuttavia non appare condivisibile: infatti, come successivamente sarà precisato, l’attività di trasformazione urbana che le Stu realizzano è chiaramente attività di pubblico servizio che, in quanto tale, rientra tra le competenze della P.A. e che prescinde dai moduli con cui quest’ultima gestisce il servizio stesso.
L’art.120 del decreto legislativo 267/2000 contiene, seppure in termini sintetici, alcune indicazioni sull’iter procedimentale dell’intervento: l’Amministrazione, in base a quanto previsto negli strumenti urbanistici vigenti, individua l’area da trasformare, stabilisce di farlo attraverso la costituzione di una Stu, attribuisce a questa la missione e fissa i criteri da seguire nella trasformazione che viene progettata ed attuata dalla società.
Il comma 1 dell’art.120 richiamato prevede che le società progettano e realizzano gli interventi di trasformazione urbana “in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti”. Questo vuol dire che la società si pone come uno strumento che attua le previsioni generali del piano regolatore, con la rilevante conseguenza che l’intervento che intende realizzare non deve essere necessariamente e puntualmente “conforme” alle previsioni dello strumento urbanistico generale ma che, nei limiti ed alle condizioni di qualunque strumento attuativo, può anche integrarne le previsioni. In questo senso si è espresso il Ministero dei LL.PP; infatti, la già citata circolare evidenzia “l’uso del termine ‘in attuazione’ invece di ‘in conformità’ allo strumento urbanistico, dizione che normalmente si rinviene nelle leggi di settore e che trova motivazione nella volontà del legislatore di sottolineare pregiudizialmente che con gli interventi della società si devono conseguire gli obiettivi generali fissati dal piano”.
“Viene infatti precisato” prosegue la circolare “che in sede di piani attuativi possono essere contestualmente approvate varianti allo strumento urbanistico generale che riguardino una diversa allocazione di previsioni di dettaglio del piano regolatore, aventi cioè carattere prevalentemente edilizio, ovvero riguardanti la dotazione di opere pubbliche, ovvero di interesse generale.
In altri termini, si riconosce la possibilità di un adeguamento in fase attuativa delle scelte puntuali operate – alcune volte in modo inutilmente rigido – a livello di strumento urbanistico generale.
In presenza, perciò, di piani di natura strutturale, ovvero di normative che consentano adeguamenti edilizi in fase esecutiva, è possibile ricondurre il termine ‘in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti’ entro i confini interpretativi dei principi che sovrintendono alle finalità che perseguono una maggiore continuità tra le scelte di pianificazione territoriale e la componente attuativa conseguente all’attivazione delle trasformazioni urbanistiche, anche con riferimento agli aspetti gestionali”.
Si vuole con ciò significare che si individua nel piano regolatore generale lo strumento per la definizione delle scelte di fondo imprescindibili e non “negoziabili” e, contestualmente, se ne demanda a strumenti urbanistici di secondo livello la concreta attuazione mediante la definizione di una serie di parametri urbanistici concernenti l’utilizzo del territorio e le specifiche condizioni edificatorie[9]: la Stu provvede quindi ad eseguire lo strumento urbanistico attuativo.
In tal senso si è espresso il giudice amministrativo[10] ritenendo che:
1) la deliberazione che concerne la costituzione di una società di trasformazione urbana di cui all’art.17, comma 59, della legge 15 maggio 1997, n.127 non costituisce uno strumento urbanistico e non ha né natura, né funzione di piano esecutivo;
2) questa società richiede la previa esistenza di uno strumento urbanistico generale e di uno attuativo, entrambi approvati. Il suddetto piano attuativo è necessario in quanto il piano regolatore contiene, per lo più, previsioni di larga massima ed una zonizzazione la cui definizione è normalmente rinviata ai piani particolareggiati (o, in alternativa, ai piani di lottizzazione);
3) la deliberazione di individuazione delle aree e di specificazione degli interventi può essere adottata prima oppure nelle more della costituzione della suddetta società;
4) è essenziale che la delibera di costituzione consideri in modo unitario l’intervento da realizzarsi ed esterni le finalità perseguite.
In base al richiamato pronunciamento del giudice amministrativo possiamo pertanto sviluppare le seguenti considerazioni:
Nell’ipotesi in cui le aree siano di proprietà comunale l’art.17, comma 59 della legge dispone che esse possano essere attribuite alla società a titolo di concessione; ne consegue che – in virtù dei criteri e dei limiti fissati nella concessione ovvero nella convenzione – tra società e soggetti terzi potranno eventualmente essere previsti rapporti di subconcessione. Ciò soprattutto quando si tratta di immobili aventi natura demaniale o patrimoniale indisponibile; diversamente, nel caso di beni del patrimonio, questi potranno essere ceduti alla Stu.
Nell’ipotesi di proprietà privata di immobili, come accennato, è prevista una duplice possibilità, la cui scelta è rimessa alla Stu: procedimento espropriativo oppure procedura consensuale.
Nel primo caso non sembra vi siano problemi: c’è un soggetto espropriante (il Comune), uno espropriato (il proprietario), uno beneficiario della procedura di espropriazione (la Stu).
Qualche problema interpretativo sembra invece possa nascere nell’ipotesi di acquisizione consensuale. Secondo un certo indirizzo il procedimento delineato dal legislatore parrebbe assolutamente lineare: la società contratta con i proprietari l’acquisizione delle aree a fronte di un prezzo determinato, risultante dalla libera contrattazione delle parti.
Secondo l’indirizzo prevalente e, a mio giudizio, anche maggiormente convincente, la procedura consensuale va ricondotta invece al caso della cessione volontaria prevista dall’art. 12, comma 1 della legge 22 ottobre 1971, n.865. Questa infatti costituisce una fase endoprocedimentale che si inserisce nel procedimento ablativo principale, determinando l’immediato trasferimento della proprietà a favore dell’ente pubblico: in questo caso il prezzo da corrispondere al proprietario è sottratto alla libera contrattazione delle parti, essendo invece ancorato ai criteri di cui all’art. 5-bis del D.L. 333/92 (convertito nella legge 359/92)[11].
Da tali considerazioni discende che non è ipotizzabile la detenzione dell’intero capitale sociale da parte del Comune: ciò sia perché la regola generale ne fa divieto (D.Lgs. n.88 del 1993), in ossequio al principio civilistico che vuole il socio unico illimitatamente responsabile, mentre la s.p.a. è per definizione società a responsabilità limitata; sia perché la norma speciale che prevede l’unicità del socio pubblico (L.127/97, art.17, comma 51) si riferisce unicamente all’ipotesi di trasformazione dell’azienda speciale in società per azioni e, comunque, per un tempo limitato.
I soci che possono partecipare alla società possono essere di tre tipi:
Per quanto riguarda il problema specifico della partecipazione dei proprietari alla società, la circolare ministeriale ne riconosce l’ammissibilità, precisando: “le modalità di conclusione dei contratti pubblici sono nella sostanza tre: l’asta pubblica (procedura aperta), la licitazione privata (procedura ristretta) e la trattativa privata (procedura eccezionale).
Pur non stabilendo l’art.120 le modalità attraverso le quali devono essere selezionati i soci privati, è stata già evidenziata l’applicabilità analogica delle disposizioni in tema di società miste per l’erogazione di servizi pubblici e, in particolare, del Dpr 16 settembre 1996, n.533. E questo deve, dunque, essere considerato il sistema generale di scelta dei soci privati … Occorre, tuttavia, avvertire che il ricorso alla trattativa privata, in luogo della procedura degli incanti e della licitazione, è un mezzo eccezionale; pertanto, il provvedimento con il quale si decide di ricorrere alla procedura della trattativa privata deve tener conto delle speciali ed eccezionali circostanze che hanno consigliato tale procedura, attraverso una esposizione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione ad avvalersi di tale strumento, quali ad esempio le richiamate motivazioni economico-finanziarie”.
In ogni caso a prescindere dalla specifica questione concernente la possibilità di scelta dei proprietari delle aree a trattativa privata, la regola generale fissata dal comma 1 dell’art.120 è che gli azionisti privati della Stu vengano scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
Quanto alla previsione della partecipazione diretta di regioni e province, questa deve intendersi come il riconoscimento esplicito del ruolo diverso e più rilevante che viene loro attribuito rispetto ad altri possibili soci pubblici, in virtù dei poteri che sono chiamate ad esercitare con riferimento al governo del territorio latamente inteso. Nessuna preclusione, poi, anche alla partecipazione di altri soggetti pubblici, relativamente ai quali dovranno invece essere rese note le motivazioni che ne giustificano il coinvolgimento[14].
Gli altri partners privati della società per azioni dovranno essere individuati tramite procedura di evidenza pubblica. La scelta, in questo caso, sarà correlata agli obiettivi che, secondo l’ente locale, la società sarà chiamata a svolgere direttamente: è così possibile il coinvolgimento di soci costruttori se si immagina la Stu come “impresa edile” in senso stretto, ovvero di soci esperti nel projet financing, se si privilegia l’aspetto “finanziario”, di soci libero professionisti se ci si limita alla sola attività di “engineering”.
Per quanto concerne gli aspetti operativi, nello svolgimento dell’attività di progettazione e costruzione la Stu può operare attraverso due modalità: o avvalersi di una propria organizzazione interna, che provvede direttamente alla progettazione ed alla costruzione, ovvero rivolgersi al mercato attraverso l’affidamento all’esterno di queste attività. In questa seconda ipotesi, si pone il problema di eventuali vincoli cui la Stu potrebbe essere sottoposta in quanto soggetta all’adozione di procedure ad evidenza pubblica per la scelta dei progettisti e degli esecutori delle opere.
Secondo un primo orientamento che individua la mission della Stu nella realizzazione di manufatti privati e nella loro commercializzazione, considerando collaterale e strumentale la realizzazione di opere pubbliche, non sussisterebbe per tali società l’obbligo di applicare procedure di evidenza pubblica, vista la natura privatistica dell’attività da esse esercitata[15].
L’opinione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza ritiene invece che, nei rapporti tra Stu e soggetti terzi, debbano applicarsi le ordinarie procedure concorsuali (nel rispetto delle regole concorrenziali) anche in considerazione del fatto che la Stu partecipa alla funzione pubblica, concorrendo alla determinazione delle scelte circa l’assetto del territorio.
Tali considerazioni trovano riscontro anche nella sentenza del TAR Lazio 20 maggio 1998, n. 962 in cui il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sull’affidamento diretto all’Agenzia romana per la preparazione del giubileo di interventi relativi alle opere pubbliche connesse alla celebrazione di detto evento, pur affermandone nel caso specifico la legittimità, ha sostenuto che tale strumento non sarebbe stato legittimo qualora avesse riguardato una società a partecipazione pubblica che offre genericamente servizi sul mercato e non è in rapporto di strumentalità con l’ente locale. Resta quindi inteso che se la Stu non realizzasse direttamente tutti gli interventi per il raggiungimento dei quali è stata costituita, questa stessa dovrebbe individuare i soci più adatti al termine di un confronto concorrenziale, nel rispetto della normativa di settore.
La commercializzazione concreta la fase più strettamente privatistica, mirando a realizzare il ritorno economico degli investimenti: tale attività necessaria della Stu, che non esclude la possibilità per quest’ultima di gestire i beni prodotti e di non alienarli, non tollera vincoli e porta a ritenere che i beni da essa prodotti – vale a dire, fondamentalmente, le edificazioni private aventi destinazione residenziale, direzionale o commerciale – sono destinati ad essere collocati sul libero mercato, senza limitazioni nella individuazione dei contraenti, nella fissazione del prezzo di vendita o di locazione o nelle altre forme contrattuali che ne assicurino la commercializzazione, a meno che tali limitazioni non derivino dallo statuto o dalla convenzione.
Quest’ultima, com’è noto, in base alle prescrizioni di cui al comma 4 dell’art.120 del T.U., disciplina i rapporti tra l’ente locale azionista e la società.
I suoi possibili contenuti, secondo la circolare ministeriale, sono molteplici e rilevanti: riguardano le prescrizioni e le modalità cui la società deve attenersi nell’attuazione dell’intervento di trasformazione urbanistica; la previsione delle cause di scioglimento del vincolo sociale; le clausole che disciplinano più puntualmente i rapporti tra i soci (la quota di finanziamenti di ciascuna parte in aggiunta all’apporto di capitale, le modalità di anticipazione di tali finanziamenti, le modalità di remunerazione della società, ecc.).
Ultimata la commercializzazione degli edifici, le società hanno raggiunto il loro scopo e perdono perciò la propria ragione d’essere, a meno che le stesse esigenze di commercializzazione impongano un’attività da svilupparsi nel tempo: ciò potrebbe verificarsi nel caso in cui la trasformazione abbia dato luogo a struttura di servizio pubblico locale e l’ente locale ritenga che la gestione del servizio stesso debba essere affidata alla Stu, nella considerazione che proprio la gestione costituisca la migliore commercializzazione del prodotto della trasformazione[16].
12 CONCLUSIONI
Il presente documento rappresenta un tentativo per contribuire alla soluzione dell’atavica crisi del centro storico di Perugia, utilizzando gli strumenti progettuali e finanziari che il Decreto “Smart city” del MIUR prevede.
Esso parte dalla convinzione che laddove non c’è PRESIDIO DEL TERRITORIO da parte delle forze socio-economiche sane della società civile, prosperano quelle malavitose. Se tale assioma si cala in uno scenario di congiuntura economica in recessione e stagnazione come l’attuale, allora il fenomeno della droga e della sicurezza dei cittadini nel Centro Storico di Perugia si evidenzia in dimensioni ancora più eclatanti.
Il presente documento dunque può rappresentare una base propositiva e innovativa per far convergere nel Centro Storico di Perugia risorse che, se ben incanalate in un articolato progetto di strategia della crescita, magari secondo lo schema della smart city , possono rappresentare occupazione, reddito e consolidamento di benessere socio economico diffuso.
Il decreto, nell’ambito di interventi che “… devono essere in grado di sviluppare soluzioni tecnologiche, servizi, modelli e metodologie che si collocano sulla frontiera della ricerca applicata di origine industriale ed accademica. Il perimetro applicativo è quello delle Smart Communities ovvero dello sviluppo di modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana, metropolitana e più in generale territoriale tramite un insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione.”, prevede:
Scadenza del bando: “ Le Idee Progettuali di cui al precedente articolo 1, comma 5 debbono essere presentate entro e non oltre le ore 17.00 del 9 novembre 2012 e i progetti di cui al precedente articolo 7, entro e non oltre le ore 17.00 del 7 dicembre 2012, sempre comunque tramite il servizio telematico SIRIO (http://roma.cilea.it/Sirio).
Perugia, 20/08/2012
Dr. Rino Fruttini
Esperto Economico Finanziario del MEF
e-mail: rino.fruttini@gmail.com
Sito internet: www.rinofruttini.it
SCHEMA DI IMPOSTAZIONE IN RIFERIMENTO ALL’ART. 6 DEL DECRETO DIRETTORIALE 5 LUGLIO 2012 N. 391/RIC.
Parametri di valutazione | ||||
1) QUALITA’ DELLA PROPOSTA | ||||
grado di innovazione dei contenuti e delle metodologie, tenuto conto dell’articolazione delle attività proposte e del loro livello di integrazione; | ||||
novità, originalità e utilità delle attività e delle conoscenze acquisibili, con riferimento allo stato dell’arte internazionale; | ||||
congruità economica delle attività progettuali proposte; | ||||
2) Qualità dei soggetti proponenti (max 25 punti) in termini di:
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competenze coinvolte, anche attraverso lo sviluppo di forme di partenariato con soggetti pubblici e privati comunitari e internazionali nel quadro di collaborazioni in atto o in fase di avvio a livello europeo e internazionale; | ||||
meccanismi di governance e di coinvolgimento degli stakeholders locali; | ||||
3) Rilevanza e significatività delle Pubbliche Amministrazioni di cui alla lettera h) del comma 5 del precedente articolo 3 del presente Avviso, nonché grado di coerenza della proposta con la programmazione regione e di rispondenza ai fabbisogni di competitività e di crescita dei territori di riferimento, con specifico riguardo alla evidenziazione delle esigenze delle pubbliche amministrazioni coinvolte nella fase di sperimentazione e di sviluppo di potenziale “domanda pubblica”, con contestuale capacità di ricaduta su altri ambiti e altri territori regionali, così da precostituire i presupposti per successivi interventi di “PreCommercial Procurement” (max 25 punti);
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4) Grado di collegamento organico e coerente con altre azioni in corso di finanziamento o di valutazione proposte nell’ambito di programmi regionali, nazionali e comunitari con particolare riferimento alle azioni in tema di Cluster Tecnologici Nazionali e Smart Cities già avviate dal MIUR (max 25 punti).
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SINTESI PROGETTO “CENTRO STORICO CASA E BOTTEGA”
1) Premessa:
1.1 Il presente documento non ha la pretesa di individuare nuove idee progettuali , nei loro dettagli di tecnologia innovata, ma semmai di sottoporre alla attenzione degli interessati alcune ipotesi di lavoro: l’idea progettuale, nei suoi dettagli, deve venire dall’impresa impegnata alla sua realizzazione . Si vuole anche evidenziare come qualsiasi iniziativa di ricerca industriale e sviluppo sperimentale , pur necessariamente supportata da strumenti di ICT (Information ,Comunication, Technology) della moderna cibernetica, non si può esaurire in essi, confondendo mezzi strumentali e obiettivi di un qualsiasi progetto di innovazione tecnologica. Siamo invece alla ricerca di idee progettuali che rappresentino, di per sé, già nella loro genesi naturale, lo sforzo imprenditoriale di chi ricerca “nuovi prodotti, nuovi usi, nuovi mercati “.
Il presente documento viene elaborato sulla base di un “avant progetto”, elaborato in data 20/08/2012 , volta alla verifica di presentare domanda per l’ammissione ai benefici del D.D. del MIUR “Smart cities & communities”.
1.2 Sintesi descrittiva dell’idea progetto e dei collegamenti con i progetti di innovazione sociale previsti dal Decreto Direttoriale 5 luglio 2012 n. 391/Ric.
Realizzare una serie di prototipi di fulcro di attività artigianale di qualità, espressione di assetto strutturale e linee di produzione per prodotti a buon contenuto di innovazione tecnologica, nei settori del sistema moda (maglieria in particolare) , dell’arredamento, dell’agroalimentare (dolciario in particolare), o di altro settore da identificare, in cui si verifica la sintesi della qualità della vita, fra il vivere in casa-famiglia (tempo libero e degli affetti ) e il vivere la propria professione creativa nella bottega ad essa contigua. Il contesto dell’aggregazione di vita associativa e di opportunità mercatistica, con tutte le connessioni concettuali verso gli ambiti dell’art. 1 del D.D. in oggetto, è il centro storico di Perugia, in cui far rivivere l’antica tradizione di “arti e mestieri” , avendo riapprezzato gli spazi naturalmente “vocati” a dette attività e riprogettato, secondo i criteri della “Domotica” e della “Architettura sostenibile e materiali, strutture , strumenti e funzioni organizzative, diretti ad attività produttive, secondo presupposti di successo che partono dall’area della produzione (offerta del prodotto/servizio) riprogettata secondo tecnologie di avanzata impostazione strutturale delle attrezzature, con tecniche di concetto e formulazione di prodotto e con articolate attività di vendita e promozione “ marketing oriented” (destinate alla domanda) .
Tale proposta di idea progetto poggia anche su uno scenario cittadino futuribile, di “smart ciy” , in cui non vi sia contrapposizione tra visione “fat” (infrastrutture, banda, tecnologia) di città intelligente e “lean” della smart city (sostenibità ambientale, semplificazione, vivibiltà). Infatti il presupposto perché gli elementi funzionali essenziali per la nascita e lo sviluppo di una “smart city” e precostituirne il successo (lean, senseable, sustainable, green, regenerative, smartgrid oriented, CO2 footprint reducing) siano una vera potenzialità da mettere in campo è costituito da una equilibrata e consistente aggregazione di soggetti vocati, interessati, diremmo, quasi antropologicamente, a vivere intensamente il CENTRO STORICO DI PERUGIA.
1.3 I destinatari di tale documento sono imprenditori umbri interessati a rinvenire, nell’ambito dei benefici che il suddetto D.D. del MIUR prevede, uno strumento di intervento strutturale a medio termine, facente perno sull’idea progettuale : “Casa e Bottega”, da allocarsi nell’ambito principale dell’art. 1 del succitato D.D. per il comma 5: ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI (La bioedilizia utilizza materiali ecologici e non inquinanti, cercando di ridurre e limitare il più possibile il consumo di energie non rinnovabili : coibentazione, igroscopicità, isolamento e accumulo del calore) ; [13]mentre come ambiti secondari si indicano in ordine di importanza : DOMOTICA ( l’abitazione ed il luogo di lavoro antropizzati e organizzati secondo i criteri funzionali alla smart city) , LOGISTICA LAST MILE ( organizzazione infrastrutturale intermodale, materiale e immateriale, degli spostamenti di persone e merci ) , CLOUD COMPUNTING ( “I principali attributi di un’infrastruttura cloud comprendono il provisioning automatizzato e on-demand delle risorse, che garantisce il raggiungimento dei livelli di servizio, e il modello pay-as-you-go, che consente di legare le risorse ai servizi e ai costi associati in base all’utilizzo progressivo”).
Si auspica che possa aprire varchi di nuove opportunità verso ristrutturazione , ammodernamento ampliamento e riconversione edilizia nel Centro Storico [14]di Perugia. Sulla base di tale intervento e delle analisi di marketing e delle suggestioni di percorsi strategici che in essa si prefigurano, si potranno sviluppare due modelli di “sviluppo sostenibile” : statico-strutturale e dinamico-funzionale.
1.3.1 Analisi critica del MODELLO STATICO-STRUTTURALE, per un progetto di innovazione della configurazione dell’esistente. DI PRECIPUO INTERESSE DELLE IMPRESE EDILI A TECNOLOGIA AVANZATA.
1.3.2 Analisi critica del MODELLO DINAMICO-ORGANIZZATIVO/FUNZIONALE, per una strategia di ammodernamento, diversificazione e riconversione a implementazione nel rapporto domanda/offerta in prodotti,merci e servizi della nuova configurazione dell’esistente statico. DI PRECIPUO INTERESSE DELLE IMPRESE MANIFATTURIERE E DEL TERZIARIO AVANZATO.
1.4 Lo scopo del presente documento è di convincere l’ANCE di Perugia ed altre imprese del manifatturiero che un progetto di riqualificazione del C.S. di Perugia, orientato al miglioramento della qualità di vita (sicurezza, servizi, risorse per l’occupazione, valorizzazione dei beni monumentali – paesistici) dei “soggetti gravitazionali”attuali e potenziali (residenti,operatori economici, turisti,studenti, operatori della burocrazia), rappresenta una premessa per sviluppare attività di edilizia ecosostenibile e certificata con classificazione ad elevato rendimento energetico, ottenuto mediante l’utilizzo di materiali estremamente innovativi, tale da recuperare ad una destinazione d’uso attrattiva per la domanda potenziale di nuovi insediamenti gran parte del patrimonio abitativo e a destinazione artigiano-commerciale, delimitato dalle 5 porte medievali : Porta Sole, Susanna, Eburnea, Sant’Angelo,San Pietro.
2) L’idea forza del progetto “Casa e bottega”
2.1. Dimensioni concettuali e strategiche dell’idea forza : rendere attrattive le strutture di proprietà privata e/o pubblica verso nuovi insediamenti ,prototipi propulsivi di altre e più numerose “location”. Si fa riferimento a quelli di nuove attività artigiane di qualità (tessile- abbigliamento,arredamento ,restauro mobili ,agroalimentare).Il concetto di “casa e bottega” parte dal presupposto che fino a 50 anni or sono molte attività artigianali del C.S. perugino facevano perno su un’organizzazione familiare, per cui l’insediamento casa e bottega erano contigui: bottega a livello strada , come espressione di attività di trasformazione e commercializzazione, senza soluzione di continuità.
Ebbene, tale “stile di vita” si può replicare sulla scia di un rinnovamento, da contestualizzare, in chiave moderna, nell’ambito dei due modelli (statico-strutturale e dinamico organizzativo/funzionale). In altre parole, una volta verificato che i soggetti della offerta ( imprenditori-artigiani : giovani di nuova imprenditoriali e/o di esperienza consolidata) rappresentano una “massa critica”, interessante per soddisfare il fabbisogno di nuovi insediamenti nel C.S. e altresì avendo dimostrato che esiste anche una massa critica della domanda (residenti, turisti, acquirenti/consumatori occasionali) con propensione all’acquisto/consumo e adeguata capacità di reddito per soddisfare l’offerta prodotta, avremmo in tal modo dato un’assicurazione/contributo di conoscenza/indirizzo strategico :
Tali nuovi insediamenti renderanno il C.S. attrattivo (o più attrattivo di quanto non sia ora) verso nuove residenze e di conseguenza si determina la prospettiva incrementale di una “cubatura” di innovazione edilizia ,da ristrutturare, ammodernare , ampliare verso le esigenze di vivere ed operare in chiave moderna.
Ebbene , è sufficiente trovare una formula che riesca a coniugare i benefit del C.S. con l’offerta di un bene e/o servizio e sappia cogliere il target giusto nel momento giusto , che il business è assicurato. In fondo si tratta di impostare una strategia di marketing, basata anche su una ricerca che sappia individuare una domanda potenziale che riesca a rendere attrattiva l’iniziativa o il sistema di iniziative intrapreso.
Non c’è iniziativa, privata e/o pubblica che, sul tema del C.S. non riprenda temi e remake e mok up fotografici e filmati del “come eravamo”; quasi a cercare , nella memoria delle antiche radici, un nuovo stile di vita, una nuova prospettiva di crescita cittadina.
Di contro , il C.S. come appare oggi, nei suoi aspetti commerciali, si evidenzia o per le chiusure a ripetizione delle saracinesche dei negozi, con un “effetto domino” che ti immelanconisce, o con iniziative drastiche sui prezzi, quasi a voler indicare una stagione di crisi epocale, che preannunci una nuova dimensione dell’offerta commerciale. Ed il nuovo modello di commercializzazione delle risorse, anche attuali, nel C.S. dovrebbe “saldare” definitivamente la vecchia tecnica dell’”outlet e sconti-fuori tutto” ed invece fare perno, ad esempio, su un’alleanza fra artigianato e commercio, per articoli del sistema moda (maglieria, camiceria, capi spalla, calzature su misura e su commessa della domanda) dell’arredamento e dell’agroalimentare (un esempio su tutti: enfatizzare in luoghi deputati il commercio dei “rapi del lago e della fagiolina del Trasimeno”.).
Ci limitiamo a questi significativi suggerimenti, ben consapevoli che qualsiasi progetto di business comporta un serie di “plus” ed una consapevolezza dei “fattori di rischio” contrapposti a quelli di successo, per cui scendere dalle parole ai fatti può essere anche drammatico. Ma tant’è : “chi non risica, non rosica” dice il proverbio. E il peggiore dei consigli da dare, sarebbe quello di lasciare che tutto si evolva naturalmente, senza incentivi, promozioni, ricerche sulla svolta da intraprendere per superare la crisi.
Analisi dell’ Offerta
bottega “ da posizionare in start up (esercizio di costruzione) per almeno due anni dall’inizio di attività gestionale.
Analisi della domanda
TABELLA A CONTO ECONOMICO DEL PROGETTO CASA E BOTTEGA
(ipotesi di investimento minima: €. 12.000.000 di cui lo 20% per l’attività di coordinamento e impostazione scientifica dell’Università. €. 3.000.000 per n. 3 progetti di innovazione sociale giovani di età < 30 anni) N. 2 esercizi di costruzione (Start up fase organizzativo-strutturale) |
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Totale investimento di competenza dei soggetti indicati: Tot. 12.600.000 | N. 3 imprese edili | N. 3 imprese manifatturiere | N. 3 imprese di giovani * progetto innovazione sociale | TOTALE | TOTALE inc. % SU INV. |
Investimento di ricerca industriale | 2.400.000,00 | 2.400.000,00 | 0 | 4.800.000,00 | 38,1% |
Investimento di sviluppo sperimentale | 2.400.000,00 | 2.400.000,00 | 0 | 4.800.000,00 | 38,1% |
Progetto di ricerca e formazione (art. 12 D.M. 593/’00 | 3.000.000,00 | 3.000.000,00 | 23,8% | ||
A) Totale investimento | 4.800.000,00 | 4.800.000,00 | 3.000.000,00 | 12.600.000,00 | 100,0% |
MIUR: Contributo alle spese | 720.000,00 | 720.000,00 | 2.400.000,00 | 3.840.000,00 | 30,5% |
MIUR : Mutuo a tasso agevolato (65% medio) | 3.120.000,00 | 3.120.000,00 | 0 | 6.240.000,00 | 49,5% |
B) Coperture finanziarie del MIUR | 3.840.000,00 | 3.840.000,00 | 2.400.000,00 | 10.080.000,00 | 80,0% |
Autofinanziamento per costo investimenti | 960.000,00 | 960.000,00 | 600.000,00 | 2.520.000,00 | 20,0% |
Autofinanziamento per pag. interessi (in 15 anni) | 31.200,00 | 31.200,00 | 0 | 62.400,00 | 0,5% |
Autofinanziamento per start up n. 3 progetti di innovazione sociale | 0 | 0 | 200000 | 200.000,00 | 1,6% |
C) Totale autofinanziamento | 991.200,00 | 991.200,00 | 800.000,00 | 2.782.400,00 | 22,1% |
TABELLA B Conto Economico del business Centro Storico Casa e Bottega – Previsione quinquennale (con start up fase gestionale che decorre da start up fase organizzativo-strutturale). | A Previsione di giro di affari (a 5 anni) | B Previsione di costi industriali (a 5 anni) | C Margine lordo prima dell’ammortamento mutuo (a 5 asnni) | D Rate N. 5 di ammortamento mutuo MIUR | E Capitale investito dall’imprenditore (autofinanziamento) | F Margine lordo al netto di D+E |
Per le tre imprese edili: a breve termine: realizzazione delle strutture dei tre progetti di innovazione sociale .A medio termine : collocamento sul mercato di aree immobiliari ristrutturate (o ristrutturabili) di pregio secondo i parametri dello smart city . | 9.000.000,00 | 5.850.000,00 | 3.150.000,00 | 1.560.000,00 | 991.200,00 | 598.800,00 |
Per le tre imprese manifatturiere : realizzazione di franchising con le imprese di innovazione sociale. Sperimentazione di nuove forme di “e marketing” urbano . | 10.511.850,00 | 6.832.702,50 | 3.679.147,50 | 1.560.000,00 | 991.200,00 | 1.127.947,50 |
Per le tre imprese di innovazione sociale: sviluppo di n. 3 progetti innovativi da idee di interesse sociale, collegabili alle 6 imprese . | 7.500.000,00 | 5.625.000,00 | 1.875.000,00 | 0 | 800.000,00 | 1.075.000,00 |
Totale | 27.011.850,00 | 18.307.702,50 | 8.704.147,50 | 3.120.000,00 | 2.782.400,00 | 2.801.747,50 |
Nella presente tabella si evidenzia che , nell’ipotesi di accordo fra le sei imprese industriali e di sinergie con le tre imprese di giovani , si può sviluppare un business che, dopo ca. 5 anni dall’inizio della fatturazione delle commesse e delle vendite delle 3 imprese di giovani , si ottiene un margine lordo (colonna F) che va a ripagare sia le prime cinque rate dell’ammortamento del mutuo del Miur, sia il capitale proprio investito nell’iniziativa.
CONCLUSIONI
Per le imprese dell’edilizia interessate al presente progetto potremmo anche affermare, per evidenziare e motivare la loro partecipazione in profit minded, che almeno il 50% del costo del progetto potrebbe essere destinato, per la parte di riferimento allo sviluppo sperimentale, alla realizzazione di tre prototipi di “casa e bottega” ( una cifra orientativamente intorno, nel caso di soglia massima di investimento ammissibile, ai €. 3.000.000), ovvero ristrutturare e/o rimodulare e/o riconvertire una cubatura del C.S. con una tecnologia all’avanguardia, mentre l’ implementazione del processo di produzione verrebbe realizzata con attrezzature (della maglieria ad esempio) di avanzata tecnologia e con una qualche implicazione di carattere sociale[18] con i finanziamenti del Progetto di innovazione sociale , di giovani di età inferiore ai 31 da compiere, collegato alla idea progettuale in oggetto. Dovrebbe essere un progetto da “best practice “ per interventi analoghi nel C.S. come da D.D. (vedi allegato 1). Una volta resa adattabile tale location strutturale all’attività dei tre progetti di “casa e bottega”, il titolare di ciascuno di essi dovrà aver già presentato al Miur il suo progetto di innovazione sociale, ovvero di costituzione di una nuova impresa di giovani, collegato alla idea progettuale in essere, pari ad un investimento massimo di €. 1.000.000, con copertura del finanziamento in contributo a fondo perduto dello 80%. I tre soggetti delle imprese edilizie insieme agli altri tre del manifatturiero,le prime per la realizzazione delle strutture, le seconde per lo start up organizzativo-gestionale, entrambe nel ruolo di tutor nella innovazione di impresa di giovani, avranno tutto l’interesse a sostenere le tre imprese artigiane almeno per gli anni di rientro del proprio piano di ammortamento mutuo del MIUR. Nel frattempo si saranno resi virtuosi i comportamenti di altri soggetti che , per attrazione delle tre “best practice” (in gergo di MKT si definisce “me too”) vorranno investire le proprie risorse economico-finanziarie e di know how nel C.S. giunto si presume a livelli attrattivi di rilievo per nuovi insediamenti in immobili di sicura ristrutturazione, data la ripresa della domanda.
Abbiamo reso queste ipotesi in numeri che riportiamo nei conti economici delle due tabelle precedenti.
Perugia, 3/09/2012
Dr. Rino Fruttini
Esperto Emerito Economia e Finanza del MEF
ALLEGATO N.1
Decreto Ministeriale 2 gennaio 2008
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 2008 n. 119
” 24. Sono considerati ammissibili i seguenti costi:
a. Spese di personale (ricercatori, tecnici, ed altro personale ausiliario adibito all’attività di ricerca, che risulti, in rapporto col soggetto beneficiario dei contributi, dipendente a tempo indeterminato o determinato e/o lavoratore parasubordinato, e/o titolare di borsa di dottorato, o di assegno di ricerca, o di borsa di studio che preveda attività di formazione attraverso la partecipazione al progetto).
b. Costi degli strumenti e delle attrezzature nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per il progetto di ricerca. Se gli strumenti e le attrezzature non sono utilizzati per tutto il loro ciclo di vita per il progetto di ricerca, sono considerati ammissibili unicamente i costi di ammortamento corrispondenti alla durata del progetto di ricerca, calcolati secondo i principi della buona prassi contabile.
c. Costi dei fabbricati e dei terreni nella misura e per la durata in cui sono utilizzati per il progetto di ricerca. Per quanto riguarda i fabbricati, sono considerati ammissibili unicamente i costi di ammortamento corrispondenti alla durata del progetto di ricerca, calcolati secondo i principi della buona prassi contabile. Per quanto riguarda i terreni, sono ammissibili i costi delle cessioni a condizioni commerciali o le spese di capitale effettivamente sostenute.
d. Costi dei servizi di consulenza e di servizi equivalenti utilizzati esclusivamente ai fini dell’attività di ricerca.
e. Spese generali supplementari derivanti direttamente dal progetto di ricerca, anche nella misura forfettizzata del 60% delle spese di personale.
f. Altri costi di esercizio, inclusi costi di materiali, forniture e prodotti analoghi, sostenuti direttamente per effetto dell’attività di ricerca.”
6. Dopo il comma 24 dell’art. 5 è inserito il seguente comma 24 bis:
“24 bis. I costi afferenti le diverse tipologie di spesa sono al netto di I.V.A. nel caso in cui tale imposta risulti trasferibile in sede di presentazione di dichiarazione periodica; sono invece comprensivi di I.V.A. nel caso in cui tale imposta non sia trasferibile.”
7. Al comma 31 dell’art. 5 del D.M. n. 593/00, dopo la parola “Asi” sono aggiunte le seguenti parole: “organismi di ricerca”.
CONCEPT DI N. 3 PROGETTI DI INNOVAZIONE SOCIALE DA LOCALIZZARE NELL’AMBITO DEL BANDO “ SMART CITIES AND COMMUNITIES” – CENTRO STORICO DI PERUGIA
I Progetti di Innovazione Sociale indicati dal bando in oggetto devono prevedere lo sviluppo di idee innovative per la soluzione nel breve-medio periodo di specifiche problematiche presenti nel tessuto urbano di riferimento. A corredo dell’idea progetto “Casa e Bottega” riteniamo che possano inquadrarsi i seguenti progetti.
1) PROGETTO DI SMART MOBILITY PER TOUR SHOPPING NEL CENTRO STORICO DI PERUGIA
Concept del progetto: organizzare un servizio che consenta, mediante piccoli mezzi ad autotrazione elettrica (taxi car sharing ecocompatibile), ai soggetti gravitazionali nel Centro Storico di Perugia (residenti, turisti, acquirenti occasionali,operatori economci) di fare shopping anche nei piccoli negozi e botteghe artigiane, al di là del solito iter Corso Vannucci e vicoli immediatamente limitrofi. Il servizio inoltre, collegato con un sistema che , nelle opportune dimensioni assomiglia al sistema del car hube spoke, ovvero una piattaforma (presso un’area del mercato coperto) nella quale si concentra tutta la mercanzia voluminosa che è stata oggetto dello shopping nel centro storico e che, tramite il servizio merci del Minimetrò arriva all’altra piattaforma di Pian di Masssiano dove l’acquirente dello shopping ha lasciato al parcheggio il suo veicolo. Ovviamente lo shopping , per renderlo compatibile con tale sistema car hube spoke, deve essere sufficientemente programmato e guidato mediante opportuni supporti di attrattività come : offerta qualificata e integrata , itinerario informato, di enfatizzazione promozionale e di interessanti incentivi sul prezzo di vendita. Per offerta qualificata e integrata intendiamo ripristinare, sull’esempio delle antiche location di attività artigiano-commerciali specializzate come quella dei lanari, dei conciari, da cui i nomi delle rispettive vie , dei piccoli distretti di attività specializzate nei settori del sistema moda, dell’arredamento, dell’agroalimentare.
Contenuti di innovazione sociale: contribuisce alla risoluzione di due problemi di interesse sociale: rendere tutto il centro storico, delimitato dalle quattro porte medievali e identificato con i cinque rioni classici: Porta Sant’Angelo, Porta Sole, Porta San Pietro, Porta Eburnea , Porta Santa Susanna.
2) PROGETTO DI COOPERATIVA DI GIOVANI ARTIGIANI DEL SISTEMA MODA
Concept del progetto.E’ l’idea del project work concepito non solo come strumento metodologicamente rispondente all’esigenza di una formazione per gli imprenditori e i lavoratori impegnati in azienda on the job ma anche e soprattutto come strumento – per i disoccupati e gli inoccupati – di realizzazione della cosiddetta “vetrina virtuale” che consentisse ai partecipanti di mettere il proprio lavoro direttamente a disposizione delle aziende tramite il sito e di costituire una solida comunità in apprendimento pronta a trasformarsi in una vera e propria cooperativa di servizi alle imprese nel settore della moda, avendo ricevuto tutte le nozioni base nel campo della contrattualistica, della creazione d’impresa, del marketing, ecc.
Contenuti di innovazione sociale: si determinano i presupposti di base per inserire giovani inoccupati in un sistema di lavorazione manifatturiera, come quello della maglieria, in cui centinaia di faconisti possono essere supportati da servizi outsourcing tali da garantirne la continuità del processo di produzione integrato verso i rispettivi committenti
3) PROGETTO DI NANOMATERIALI PER L’EDILIZIA SOSTENIBILE
Concept del progetto. Nell’edilizia l’impiego delle nanotecnologie è destinato ad un forte sviluppo tanto che per il 2015 si prevede che quasi un terzo dei rivestimenti delle facciate impiegheranno nanomateriali. Già oggi vengono realizzati prodotti con straordinarie proprietà isolanti, con resistenza agli agenti chimici ed atmosferici, all’invecchiamento, autopulenti, etc.. Un laboratorio che sia destinato a sperimentare tali tecniche anche rivolte al restauro di beni monumentali del C.S. e, ad integrazione o alternativa, possa sviluppare le seguenti taiettorie progettuali e linee di sviluppo:
Contenuti di innovazione sociale. Realizzazione di progetti e prototipi per il miglioramento della qualità della vita nel Centro Storico di Perugia.
[1] Nel presente documento è stata individuata Perugia come format per un’analogo progetto in una qualsiasi città d’arte con caratteristiche similari.
[2] Vedi testo del decreto allegato.
[3] Vedi Decreto Miur 5 luglio 2012 n. 391/Ric. AVVISO PER LA PRESENTAZIONE DI IDEE PROGETTUALI PER SMART CITIES AND COMMUNITIES AND SOCIAL INNOVATION allegato
[4] Mise (Ministero dello sviluppo economico); Miur (Ministero della pubblica istruzione, università e ricerca)
[5] Si veda l’allegato N. 2
[6] Art. 1 aree tematiche del bando : sicurezza del territorio ,invecchiamento della società,tecnologie welfare e inclusione, domotica, giustizia,scuola ,waste management,tecnologie del mare,salute,trasporti e mobilità terrestre ,smart grids, architettura sostenibile e materiali, cultural heritage, gestione risorse idriche, cloud computing technologies per smart government
[7] Per il referimento agli ambiti di attività previsti dal decreto vedi pag. 4 e segg. del presente documento.
[8] Vedi Progetto Intermodale Minimetrò
[9] Vedi progetto Renaissance del Comune di Perugia
[10] Vedi Progetto Club del gusto.
[11] CS acronimo di Centro Storico.
[12] Si veda allegato N. 3
[13] Il riferimento all’ambito del decreto è soprattutto : “ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI: promuovere, nell’ambito del settore edilizio e in chiave sostenibile, lo sviluppo di nuove soluzioni, tecnologie e nuovi materiali ad alte prestazioni, diretti, secondo il principio dello “Zero Impact Building”, al miglioramento dell’efficienza energetica, alla riduzione dell’impatto ambientale, al controllo e abbattimento dei fattori di inquinamento, al miglioramento delle condizioni di salute nei luoghi abitativi e di lavoro, nonché ad assicurare agli utilizzatori maggiore sicurezza e comfort.” Vanno inolotre considerati anche gli altri seguenti ambiti, come riferimento secondario, ovvero: SICUREZZA DEL TERRITORIO, NVECCHIAMENTO DELLA SOCIETÀ; DOMOTICA; LOGISTICA LAST-MILE; SMART GRIDS; ARCHITETTURA SOSTENIBILE E MATERIALI; CLOUD COMPUTING TECHNOLOGIES PER SMART GOVERNMENT .
[14] Centro Storico: viene indicato con C.S.
[15] Ai sensi dell’articolo 3 dell’Avviso D.D. 391/Ric del 5 luglio 2012, la Pubblica Amministrazione è il soggetto presso cui il raggruppamento proponente prevede di svolgere l’attività di sperimentazione. Essa rappresenta un partner esterno a tale raggruppamento, tuttavia è richiesta una esplicita formalizzazione del suo coinvolgimento nel progetto. Pertanto, ai sensi del comma 5, lettera h), del medesimo articolo, l’Idea Progettuale dovrà essere corredata da un atto dell’organo deliberante della stessa Amministrazione attestante la propria disponibilità alla partecipazione, l’inserimento dell’intervento all’interno dei propri strumenti di programmazione e pianificazione relativi agli ambiti dell’Idea Progettuale, nonché l’interesse ad acquisire il servizio sperimentato, eventualmente secondo le forme e le modalità del Precommercial Procurement. Non è prevista una partecipazione diretta della Pubblica Amministrazione ai costi progettuali.
[16] FAQ 7- I Progetti di Innovazione Sociale devono prevedere lo sviluppo di idee innovative per la soluzione nel breve-medio periodo di specifiche problematiche presenti nel tessuto urbano di riferimento. Si intendono innovative quelle soluzioni tecnologiche che rappresentano un avanzamento delle conoscenze rispetto allo stato dell’arte. Si precisa che il contenuto della proposta rientra nelle scelte autonome dei proponenti e sarà oggetto di valutazione in applicazione del criterio di cui all’articolo 7, comma 8, lettera a., dell’Avviso D.D. 391/Ric del 5 Luglio 2012.
[17] workpackages formativi delle Idee Progettuali: I Progetti di Innovazione Sociale, quali workpackages formativi delle Idee Progettuali, rappresentano i progetti di formazione che, ai sensi del D.M. 593/2000 e ss.mm.ii., sono previsti a corredo dei progetti di ricerca. Con l’Avviso D.D. 391/Ric del 5 luglio 2012, il MIUR ha inteso innovare le azioni di valorizzazione del capitale umano abitualmente realizzate nel quadro di detta normativa, orientando le stesse verso interventi dal carattere esclusivamente applicativo da attuarsi attraverso la realizzazione di un Progetto di Innovazione Sociale in grado di sviluppare le competenze e le abilità dei giovani destinatari attraverso un processo di apprendimento “sul campo”. Ai sensi dell’articolo 7, comma 3, del medesimo Avviso, il MIUR procederà, in base agli esiti delle valutazioni a collegare in modo strutturale e funzionale i progetti di Innovazione Sociale ai progetti esecutivi approvati di cui al precedente articolo 6, comma 7.
[18] Si veda al riguardo l’elenco di progetti di innovazione sociale già ammessi ai finanziamento nell’ambito di un D.D. uguale al nostro in oggetto ma conferente benefici solo alle regioni dell’obiettivo convergenza (Puglia, Campania, Calabria, Sicilia)