SINOSSI DEI LIBRI DI RINO FRUTTINI

 

SINOSSI DEI LIBRI DI RINO FRUTTINI

 

Si chiamano “reminiscenze”; degli studi classici, vissute e codificate  al tempo del liceo. Volgarizzarle in ricordi : sarebbe troppo riduttivo. Il fenomeno è invece un po’ più complesso. L’odore di un profumo intenso, l’udito di un suono speciale, la vista di un panorama, il tatto di un tessuto di una fitta trama, l’insieme all’unisono di varie sensazioni, provocate da un imponderabile destino, ma in sinergia fra loro in un ambiente, magari  ad un’ora canonica. Con molteplici stimoli di questo tipo si va a scrivere uno o più libri, anche oltre i settant’anni di un autore in erba.

 

1) Parto dal primo, “La saga del Burchia” (Albatros Editore) , in cui rappresento la storia piuttosto avventurosa dei miei avi, a partire dal bisnonno, Bartolomeo Fruttini , detto “il Burchia”. Figlio di Domenico e di Pedini Maria, capostipite della famiglia : da perugino nel 1859,  ad appena  17 anni , lo racconto nel mio libro. Egli, munito di uno degli 800  sgangherati  fucili provenienti da Arezzo , ché gli chassepot a retrocarica lo avrebbero coinvolto 11 anni dopo a Mentana, era  nella difesa della città, al Borgo XX Giugno. Perugia si era ribellata al Pontefice per aderire allo Stato di Piemonte e Sardegna, proteso con la spedizione dei Mille verso l’unità d’Italia. Dopo la sfortunata reazione dei giovani perugini  alle truppe papaline, si arruola alle  truppe dei Cacciatori del Tevere al comando di Luigi Masi, intendente per l’Umbria della strategia egemone di Cavour. Il tentativo è di sollevare le popolazioni dell’Alto Lazio, come Viterbo e Bagno Regio. Ma le vicende furono anche questa volta alterne e poco esaustive. Ma nel frattempo il XIV Giugno del 1860 i bersaglieri entrano a Perugia e scacciano i papalini dalla città. Questa volta definitivamente. E Bartolomeo può rientrare alla sua magione di San Martino in Campo. Ma la sua vocazione era per la battaglia . Partecipa alla Campagna garibaldina dell’ Agro Romano al fianco di  Garibaldi . Nella battaglia di Monterotondo del 1867, fu gravemente ferito. Rientrato a Perugia divenne in breve tempo  esponente di spicco dei socialisti anarchici, sempre oggetto di indagine da parte del delegato di pubblica sicurezza, in una Perugia ora sotto l’egemonia del governo sabaudo, da poco governo d’Italia. Ma fu anche bottegaio, uomo di affari e mediatore nella compravendita di bestiame; proprietario terriero e immobiliare in  “quell‘dell’Elce” ed infine anche  imprenditore tessile  ed edile. Da rivoluzionario “mangiapreti” nel regime pontificio ad anarchico  proletario in quello sabaudo: la coerenza ideologica ci sta tutta.

 

Il movimento anarchico e le sue connotazioni internazionali, in questo scenario di contrasti sociali ed economici, avendo come comprimario il mio bisnonno, Bartolomeo Fruttini detto il Burchia, assume in se stesso i primordi di una lotta di classe, nell’alveo della dialettica del marxismo-leninismo sul “plus valore” che contrappone la rendita dei nobili e dell’alta borghesia, al reddito, nella sua articolazione e contestazione, fra reddito da lavoro del proletariato e reddito da capitale della bassa-media borghesia.

 

La Perugia della seconda metà dell’ ‘800, in cui visse il Burchia la sua giovinezza e gli anni della sua maturità, con le sue idealità e contraddizioni pragmatiche. La città e la provincia, di atavica tradizione agricola, una classe dirigente divisa in due: nostalgica papalina da una parte e vigorosa sabauda dall’altra; una classe di mezzadri, operai di filanda, garzoni di bottegai e artigiani ma nel contempo, a volte, artigiani e bottegai loro stessi: ruoli e interessi si sovrappongono per confondersi in un coacervo di ideali, interessi e comportamenti di contestazione anarchica che comunque preludono al socialismo del ‘900 e al comunismo del socialismo reale della rivoluzione bolscevica. In tale scenario Bartolomeo Fruttini dirige il movimento anarchico perugino, nel tentativo di traghettarlo ad una sponda di socialismo legalitario e riformista.

 

La metamorfosi di una cultura laica: da anarco socialista a borghese liberal-capitalista. Una scelta di gioventù di Bartolomeo, che parte dall’esperienza garibaldina dal 1859 al 1867 , volta alla realizzazione dell’unità d’Italia con il superamento della “questione romana” e che si trasforma , attraverso gli equivoci di un bottegaio- proletario, e le contraddizioni fra ideali di eguaglianza e riscatto sociale, in un personaggio unico nel suo genere. Generoso nel sostenere economicamente le famiglie degli anarchici arrestati ed attento agli affari di bottega, abile mediatore nella compra-vendita di bestiame , allora strumento di sviluppo agricolo. Da Bartolomeo si passa poi, alla fine degli anni dell’ ‘800 al figlio Ferruccio, socialista in evidenza nello scenario cittadino, ma anch’egli imprenditore commerciale, espressione di una contraddizione in termini: proletario/borghese. Nel 1893 Ferruccio Fruttini, figlio di Bartolomeo fondò la prima sezione dei socialisti a Perugia.

 

 Nel primo ventennio del ‘900, con la prima guerra mondiale , lo sviluppo dell’economia, anche di commesse belliche per la difesa nazionale e l’arricchimento post bellico della borghesia dei commerci e della finanza, accentua la differenza delle classi, seppure ne incrementi , in differenti

aliquote di giustizia sociale , nella ricezione di reddito da lavoro e da capitale, il livello della qualità

della vita. In particolare la vita della Perugia cittadina si pone, con qualche differenza di benessere e

soddisfazioni primarie, in un gradino in più rispetto alla Perugia della campagna, della povertà dei

casengoli, dei mezzadri e degli stessi, seppur rari, contadini-agricoltori proprietari della terra da loro

coltivata e abitata. Tuttavia sono i prodromi efficaci nella formazione di “uno zoccolo duro” nella

diffusione del benessere sociale ed economico. In tale prospettiva di crescita economica e sociale della classe medio borghese, Ferruccio Fruttini si inserì con molteplici interessi di attività commerciale:dalle forniture agroalimentari all’esercito, fino alla gestione del bar pasticceria , ex Baduel , poi Falci, in Corso Vannucci.

Il fascismo, già dagli anni prebellici ’15-‘18, comincia ad affermarsi nelle menti e nei cuori di coloro che rivendicano un maggior ruolo e importanza alla nazione italiana, una linea di cultura e di politica di governo, enfatizzata dall’antico vate Gabriele D’Annunzio (il cuore e l’istinto) e resa operativa, in strategia, obiettivi ed organizzazione dalla capacità di leadership di Benito Mussolini (la mente e l’azione) . La guerra vittoriosa del 15-18 se, per un verso, ha provocato centinaia di migliaia di morti, soprattutto fra le classi più povere e disagiate, dall’altro ha sollecitato nuovi interessi, aspirazioni, ambizioni. Si conferma l’idea hegeliana della guerra come fonte di rigenerazione sociale ed economica.Si sente la necessità di un cambiamento e di una rivalsa se non anche di rivalutazione culturale , verso l’anarchismo, il nichilismo, il sovversivismo; ma soprattutto una barriera della borghesia verso il pericolo bolscevico, organico alla rivoluzione proletaria del 1917. In tale scenario i figli di Ferruccio Fruttini, Manlio (detto Rino) e Lamberto , influenzati dagli antichi retaggi anarcosocialisti del padre e del nonno, divengono attivi sostenitori della rivoluzione fascista, entrambi aviatori , coraggiosi e intemerati : Manlio con “Distintivo d’onore per ferita fascista” e Lamberto con Medaglia d’oro nella guerra contro i rivoluzionari bolscevici di Spagna.

Entrambi in sintonia di ideali con il loro cognato Augusto Agostini, fascista della prim’ora, marito di Vera Fruttini, , punto di riferimento, insieme a Giuseppe Bastianini del fascismo umbro. Augusto divenne Generale della Forestale durante il ventennio.

 

2)Nasce così il secondo libro “Quasi come Forrest Gump”: anch’io ho avuto molte cose da narrare. Potrebbe essere il titolo o l’imprinting letterario di un “amarcord” autobiografico che ognuno di noi potrebbe pensare ed elaborare, se ne avesse voglia. In esso si assapora la soffice filosofia della “brezza”come metafora di un viaggio esistenziale di Zemeckis, autore del film “Forrest Gump” :“Non so se ognuno abbia il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro a caso come da una brezza… può darsi le due cose”. Le date fatidiche di  una storia, soprattutto se lunga e complessa,  seguono un itinerario a forma di parabola, nelle loro cadenze;  e, come funzione di un “modello” che gli addetti ai lavoro chiamano  “matematico”, le sue coordinate si snocciolano in un divenire quasi sempre formale e  prevedibile.  In tal modo ne risulta  più facile la lettura ; e la interpretazione degli accadimenti si evolve,  obiettiva e veritiera, quasi in uno schema classico e semplice della vita dell’umanità e allo stesso tempo personale dell’individuo, a svelare la verità storica di una comunità dinamica. I “corsi e ricorsi storici”, scientificamente delineati da  Gianbattista Vico , ne sono una teorizzazione. Emerge allora, nella profondità dell’indagine, il contesto storico di una narrazione sociale, questa si, complessa e articolata nelle classi demografiche e nelle categorie sociali ed economiche, attraverso i caratteri  e gli interessi individuali dei protagonisti e/o comprimari. Ma come cercare e rinvenire i dati, le informazioni di cronaca , le documentazioni di contesto se non attraverso i giornali locali , di provincia, reperti di vita quotidiana e di costumi  dell’epoca che fu ? Mi riferisco agli anni che scandiscono la mia età, dalla nascita, anno 1942, fino alla prima decade del II millennio. Allora la carta stampata era un efficace mezzo d’informazione, che faceva opinion. Ed in quanto tale sicuramente attendibile: pochi potevano essere i riscontri, secondo la formula : “salvo prova contraria”! Ed in quanto tale, ricca di inquadrature di situazioni, di descrizioni, di cronache locali indispensabili per la memoria storica che mi riguarda. C’era anche la radio di Stato  ed i “film        Luce” (L’Unione Cinematografica Educativa), una società per azioni italiana, creata nel 1924 durante il ventennio fascista. Soprattutto strumenti di propaganda, con input “di parte” per la storia a venire. Chi , della mia generazione, non ricorda questo prestigioso marchio della propaganda cinematografica del Duce del  Fascismo”?

 

Perugia, come tante altre città italiane, vive il primo decennio della prima repubblica parlamentare , dopo aver superato le drammatiche contraddizioni  di un’Italia, divisa in due  dalla destituzione di Mussolini con l’ordine del giorno  Grandi, presentato alla sessione  del Gran Consiglio del Fascismo del 24-25 luglio 1943. Da una parte l’Italia meridionale,  il governo del Re, con Badoglio, sostenuto dalle truppe alleate; dall’altra la Repubblica Sociale Italiana centro settentrionale, con Mussolini ancora per due anni , dittatore, sostenuto dai tedeschi, ormai  truppa  di occupazione, sebbene alleati dei fascisti. In un frastuono di cruente battaglie all’arma bianca fra partigiani, alleati angloamericani  e nazifascisti, alternate in tragiche sequenze ai bombardamenti aerei sui cieli d’Italia, in un clima di sospetti, velenose delazioni, e corse affannate al “si salvi chi può” , la vita di ogni giorno è sempre più di sopravvivenza e di fame, in progressivo arretrato, essendo il tutto razionato e controllato dall’”annona” di troppo scarse risorse.

 

Gli anni del secondo dopoguerra segnano una transizione epocale della società italiana e non solo. Dalla dittatura alla democrazia; dalla società di classe, divisa fra  un popolo proletario ed una classe della borghesia elitaria, fino alla democrazia industriale, produttrice di reddito, realizzata con i lavoratori delle competenze tecniche  e della manualità delle linee di produzione , in sinergia  con il  capitale economico-finanziario, privato e pubblico della crescita. E man mano si contrae la società conservatrice dei rentier e  dei plenipotenziari del principe, per “grazia ricevuta”. Mentre  si affermano le categorie specializzate  dei plutocrati della finanza  e delle burocrazie dell’apparato statale;  poiché il potere, da che mondo è mondo, da qualche titolare di competenze o da un’ aggregazione di mercenari degli idoli baconiani,[1] deve essere pur governato. Ma ora si tratta di un potere conquistato, nella dinamica di una lotta di classe e di serrati confronti di modelli di governo della “cosa pubblica”, per fortuna senza sbocchi rivoluzionari. Lo potremmo definire un potere che “fa sistema” e si identifica con i fantomatici e spesso evocati “poteri forti”. Con le elezioni del 2 giugno del 1946 nasce la prima Repubblica Parlamentare e l’ Assemblea per decidere sulla nuova Costituzione della Repubblica .

 

Era il 1948.  Ad appena sei anni di età, i ricordi della mia infanzia che aveva lambito  la guerra perduta, sono  rimasti legati a  motivi musicali di  pura fede fascista: “Giovinezza”, che scandiva ogni manifestazione ginnica, a cadenza settimanale, del sabato; “Faccetta nera” alternata a “Io ti saluto, vado in Abissinia” che insieme alle mitiche strofe di  “Zichipachi -Zichipù ” miravano a  tenere alto l’ umore dei  soldati, in partenza per la guerra d’Etiopia del 1936. D’altra parte tutta la società nazionale era militarizzata dal P.N.F. La mia generazione perugina allora frequentava l’asilo Santa Croce delle Montessori, al Carmine, e poi le elementari “Primo Ciabatti” di Porta Pesa, ex Littorio o “Medaglia d’oro Lamberto Fruttini”. E l’estate un mese di mare all’Adriatico, con le colonie del C.I.F. (Centro Italiano Femminile), un’organizzazione delle donne cattoliche che ricalcava l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI)  del ventennio .

Gli anni ’50 si esprimono nelle loro foto d’epoca , quasi iconografie, come da un diaframma che da una parte ne evidenzia lo sfondo immobile e tragico  di  case , monumenti, strade e case ridotte a  residui bellici , annerite, ancora sotto shock  dai bombardamenti della guerra; dall’altra giovani in posa,  sorridenti e ottimisti. Saranno la nuova generazione post bellica, i protagonisti della rinascita nazionale. Sono gli anni in cui la democrazia italiana, secondo i criteri  del pluralismo dei partiti politici e delle istanze liberali  dell’ intrapresa economica, si rafforza con l’affermazione della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati anticomunisti e antifascisti. Le parrocchie, con la loro capillarità organizzativa sul territorio e l’impegno dei cattolici,  furono determinanti per la stabilità politica di almeno 40 anni a venire.

Il cinema giapponese comincia a conquistare la platea internazionale: sono entrambi del 1954 i capolavori I sette samurai di Akira Kurosawa e Godzilla di Ishiro Honda. James Dean gira poco prima della sua morte il suo successo Gioventù bruciata . Consacrazione di Marlon Brando con il film Il selvaggio. Federico Fellini esordisce come regista: nel 1957 e nel 1958 vince l’oscar al miglior film straniero rispettivamente con La strada e Le notti di Cabiria.

La guerra fredda Usa/Urss  evocando il pericolo di una guerra nucleare, condiziona la tranquillità di tutto il mondo, ma lo preserva da un terzo  conflitto mondiale; mentre la mia adolescenza coincide con gli anni di collegio dai Padri Salesiani,al” Penna Ricci” di borgo Sant’Angelo a Perugia  e al “Vitale Rosi” di Spello (padri Somaschi). Una necessaria costrizione disciplinare, se volevo acquistare la benemerenza e il privilegio di un indispensabile diploma, meglio se di livello universitario. Nel contempo il primo satellite artificiale, lo Sputnik, con la famosa cagnetta Laika viene messo in orbita attorno alla terra dall’Unione Sovietica nel 1957. Gran titolo in prima pagina de “L’Unità”. Un duro colpo per la tecnologia   U.S.A. e la sua credibilità.

Gli anni ‘60 furono fondamentali  per il mio lavoro, ricercato e trovato , con possibilità di scelta fra diverse opzioni, quasi tutte lontane da Perugia. E’ strano che un soggetto come me, il coinvolgimento nella politica non l’ abbia portato a sperimentare una qualche contestazione durante le esperienze di vita sociale,  partecipata all’interno dell’Università e nei suoi organismi studenteschi, oltre a qualche sporadica occupazione dell’Ateneo perugino. Ma ormai la strada della famiglia e del lavoro era tracciata;  le responsabilità  e le necessità  erano anche di natura familiare, con moglie e prole al seguito. Ed allora penso  che la contestazione trovi terreno fertile soprattutto fra i perditempo di professione, nell’esemplificazione della massima “l’ozio è il padre dei vizi”.  Il riferimento ai “centri sociali” è del tutto causale !

Gli anni di questo decennio si affermeranno come sinonimo di boom di benessere, socialmente diffuso. Si temette che, compiuta la ricostruzione post-bellica, l’economia rallentasse. Invece sorprendentemente la crescita, lungi dall’ interrompersi,  s’intensificò. Basti citare ad esempio il numero delle auto: alla fine del 1961 circolavano in Italia 2.936.000 autoveicoli, e si registravano 17,2 abitanti per auto. Sei anni dopo, alla fine del 1967, gli autoveicoli, 7.311.000, si erano più che raddoppiati mentre gli abitanti per auto erano scesi a 7 (nel 1998 giungeranno a essere quasi 35 milioni, di cui 31.370.765 auto, una ogni 1,8 abitanti).

Nell’anno delle Olimpiadi a Roma, nel 1960, vinsi, nel mio piccolo, i campionati provinciali studenteschi di atletica leggera, nella corsa ad ostacoli. Allenamento nella corsa e competizione nella gara, mi videro molto determinato. L’anno dopo mi diplomai al Liceo Scientifico G. Alessi, per iscrivermi al primo anno di Chimica. Ma subito dopo passai ad Economia e Commercio. Per due motivi; avevo trovato l’indirizzo che più si addiceva alle mie potenziali caratteristiche professionali: la “ricerca di mercato”, fatta di intuito commerciale e statistiche matematiche; ed inoltre mi potevo mantenere agli studi con un incarico annuale di insegnante di ginnastica alla scuola media. Infatti alla facoltà di Economia e Commercio non v ‘era l’obbligo di frequenza. Nel 1963, all’età di 21 anni,  presi il mio primo stipendio di £.36.000 per un incarico di supplente alla scuola media di Panicale. Il governo Fanfani, uomo di punta della D.C., da poco insediato, stava realizzando l’Autostrada del Sole; congiungeva Milano a Roma in poche ore d’auto. Incrementò gli stipendi degli statali, fra i quali anche il mio. L’Autostrada del Sole. Due figure di grande rilievo, pur se tra loro assai diverse sia per ruolo che per funzione e, se vogliamo, per gerarchia dello spirito, inaugurarono il decennio diventando il simbolo internazionale delle speranze, anche illusorie, che ne caratterizzarono l’inizio: il papa Giovanni XXIII, salito al soglio pontificio nel 1958, e il presidente americano John Kennedy, eletto nel 1960.

Nel 1968 Mosca aveva potuto far intervenire in Cecoslovacchia i suoi carri armati, insieme a quelli degli alleati del Patto di Varsavia, per schiacciare la “primavera di Praga”. In Italia, le più volte celebrate ed evocate contestazioni del ‘68 nacquero dall’equivoco che il regno del Bengodi sarebbe stato senza fine, tale da soddisfare qualsiasi richiesta di maggiore distribuzione del reddito nazionale. Tali controverse illusioni trovarono terreno fertile per le rivolte studentesche del 1968 ; poi le Brigate Rosse fondate nel 1969, inaugureranno quelli che in Italia sono passati alla storia come “anni di piombo”. Ma le contestazioni delle future classi dirigenti furono soprattutto di sistema, contro un certo tipo di costume e di gerarchie sociali, consolidato dall’ordine costituito della “società del benessere”, che non intendevano più accettare. Alla crescita del ruolo politico del movimento studentesco di estrema sinistra extra-parlamentare, si contrappose una reazione di estrema destra extra-parlamentare, alla quale si addebita la strage di Piazza Fontana del 1969. Proprio quel giorno tornavo da Milano dove, appena nei pressi di Piazza Fontana, avevo superato il primo colloquio di lavoro, da laureato.

Il 1970 iniziò all’insegna di un lavoro ed una sua posizione, commisurata alle mie aspettative, economiche e di consolidamento familiare. Poter recarsi all’ufficio quasi sottocasa e per di più averne un riconoscimento gratificante  è stato come aver fatto “bingo “. Ma il contesto sociale ed economico non era dei migliori. Nel 1973 l’improvvisa impennata dei prezzi del petrolio, seguita alla guerra arabo-israeliana detta del Kippur, provoca per contraccolpo un rallentamento generale dell’economia europea che si protrae per tutto il resto del decennio, con i due, cosiddetti, “shock petroliferi”. La conseguente forte rivalutazione del dollaro, dà un ulteriore colpo di freno all’economia nel 1979. In Italia le Brigate Rosse, BR, tra il 1977 e il 1979 si rendono responsabili di una fitta sequenza di attentati e di rapimenti il cui episodio culminante è il sequestro, previa strage della sua scorta, del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Le BR contribuirono in modo determinante a impedire che democristiani e comunisti giungessero a dar vita a un’alleanza di governo: un’eventualità cui Washington si opponeva apertamente. Il mio impegno politico nella D.C. provinciale di Perugia si svolse con l’organizzazione dei G.I.P. (Gruppi di impegno politico) nei luoghi di lavoro. Nel 1973 divenni padre per la seconda volta, con la nascita della mia secondogenita, Gioia.

Gli anni ’80 furono determinanti  per le nuove tecnologie dell’informatica , con il personal computer, e della telefonia mobile, con i “cellulari”.  Fu scoperto il tracciato del DNA, una molecola  composta da cromosomi  che contengono tutte le informazioni genetiche che si trasmettono  da un individuo all’altro. In Italia il governo Craxi, il primo governo organico di democristiani e socialisti, realizza alcuni recuperi della nostra economia. L’anno 1983 segnò l’inizio di una mia nuova attività lavorativa, in gran parte ministeriale – romana, con la quale potei mettere a frutto sia le conoscenze tecniche  ed il “know how” acquisito nell’industria, sia l’esperienza in politica, come militante e responsabile del settore degli ambienti di lavoro. Interessanti sono i confronti fra i due sistemi di area organizzativa, privato e pubblico.  Epocale fu nel 1989 il crollo del Muro di Berlino. Un collega si recò a vivere di persona quei momenti, da lui storicizzati con il recupero di un cimelio: un pezzo di mattone, residuo della sua demolizione. Io non ci andai; avevo altre incombenze di lavoro .

Poi, a partire dagli anni ’90, ormai, lo stile di vita cambiò. Rispetto agli anni ’80 il modo di comunicare e di lavorare fu enormemente influenzato dalla tecnologia: basti pensare ad internet, oppure alla grande espansione della telefonia mobile. Si vive ogni giorno in maniera più frenetica. Si dà più importanza agli status symbol, per esempio i cellulari di nuova generazione, di dimensioni più contenute e le agende elettroniche (gli attuali palmari) in uso soprattutto tra coloro  che esercitano una libera professione, un settore del mondo del lavoro in continua crescita in questi ultimi anni.

Dal 2000, il nuovo millennio,  ai giorni nostri avverto  come una  evoluzione della mia personalità e delle mie competenze professionali. Nell’arco degli ultimi venti anni ho cambiato sedi di lavoro ministeriale ed infine  ruolo di professione;  mi sono messo in proprio, divenendo imprenditore di terziario avanzato a “pieno tempo”. Ora, dopo quasi cinquant’anni di lavoro,  convivono in me due anime : quella del pensionato che ha tempo di curiosare, approfondire, meditare, e quella complementare dello  scrittore.  In questi giorni  sto  mettendo a punto  queste righe di storia vissuta,  letta e documentata  nei giornali dell’epoca e nei libri,  seguendo  il  lungo percorso di  una intera vita; e qui c’entra il mitico Forrest Gump, dal titolo enigmatico ed analogico del mio libro; perché anch’io più di una volta, senza aver percorso la fantastica parabola di Forrest,  mi sono fermato perché mi sentivo “..un po’ stanchino. Credo che tornerò a casa”.[2] Per poi riprendere il racconto che di seguito a Voi, miei cari lettori, presento…….ed un altro andrò a scrivere.

 

3) Ed a seguire il terzo volume con le avventure ed il romanzo di mio zio aviatore nel 1918: “Lamberto, ragazzo perugino del ’99… e legionario alla yoga con Gabriele D’Annunzio a Fiume nel ’19”. (Albatros Editore)

Il romanzo di guerra nasce per caso. Se non fosse nato il 21 dicembre del 1899 ma solo qualche giorno dopo, nel nuovo secolo, Lamberto non sarebbe partito per il fronte italiano della Prima Guerra Mondiale, arruolato insieme ai tanti “ragazzi del ‘99”;  e neppure questo libro andrebbe a incominciare. Era, infatti, entrata in vigore una legge[3] che anticipava  la leva e l’arruolamento della classe 1899, i cosiddetti « ragazzi del ’99 » che non sarebbe stata mobilitata prima del  completamento della classe 1898. Né il romanzo avrebbe avuto un epilogo a Fiume, novello Stato Libero del Carnaro nel 1919, se Lamberto non avesse assistito, appena coscritto a  Campotenedolo

dopo le oscure giornate di Caporetto, al discorso di D’Annunzio dedicato ai nuovi combattenti . Tocca a lui infondere coraggio nei giovani della classe 1899, ragazzi diciottenni chiamati a vestire la divisa per fermare il nemico dilagante nel Veneto. Bisogna tener duro, “non piegare d’un’ugna”; non basta versare il sangue, non basta offrirsi, non basta morire: bisogna “vivere e combattere, vivere e resistere, vivere e vincere”. Lamberto rimase colpito dal carisma del Vate, abile,coraggioso  Maggiore nei ranghi  dell’aviazione ai suoi esordi; di fatto il suo eroe, mentore e propugnatore di ardimento;  e lo seguì , dopo la   battaglia di Vittorio Veneto nella missione di Fiume.

Dopo  Caporetto, la pressione del sistema militare sul Paese aveva raggiunto livelli altissimi, praticamente invalicabili. A tutti i costi si dovevano difendere i confini della patria. La  “disfatta di Caporetto” dell’ottobre- novembre del 1917 significò l’arretramento del fronte italiano orientale delle truppe, che  attestate  sull’Isonzo, si ritirarono  prima sul Tagliamento ed infine sul Piave.  Udine era ormai caduta sotto l’incalzare dei soldati austriaci, l’intero Friuli era occupato; 300.000 uomini venivano fatti prigionieri e  a decine di migliaia i soldati cercavano scampo, insieme ai civili.

Numerose le cause della ritirata. Fra quelle  interne, l’impreparazione dell’esercito, giù, giù fino alla truppa, la stanchezza dei soldati, ormai da due anni  in trincea. E su, su fino alle responsabilità di un’errata valutazione  strategica dell’alto comando, sulle conseguenze del ritiro della Russia dal conflitto e il rafforzamento del fronte austriaco  nel Veneto con truppe tedesche in Italia. Non solo. Ormai le moderne armi convenzionali di terra, per la  fanteria e artiglieria e gli strumenti per un conflitto di movimento: aeroplani da caccia,  bombardamento e ricognizione, erano da tempo presenti sul mercato per una guerra più tecnologica. Il loro approvvigionamento in tempi rapidi avrebbe significato adottare una strategia di movimento. Sul fronte francese finalmente   si erano tirate le somme di una condotta della guerra troppo statica. Da cui famoso fu  l’assioma del rinnovamento di schieramento e posizione in battaglia del generale Petain che subentrò al generale  Nivelle nell’alto comando : “L’artiglieria conquista il terreno – la fanteria deve occuparlo”. Era esattamente il contrario di quello che avvenne nei primi mesi della guerra, quando si pretendeva che reparti avanzati andassero ad aprire varchi negli sbarramenti di filo spinato con le forbici e tubi di gelatina. Pètain  come Diaz in Italia aveva capito in fretta quale era il vero stato d’animo dei combattenti, non più disposti ad essere trattati come vittime sacrificali di strategie militari, per di più perdenti.

I nostri generali invece erano rimasti agli schemi di conflitto statico, in uno stallo di contrapposizione frontale al nemico. Ed allora, dopo due anni, all’efficace rapidità delle risoluzioni, sognata  nella radiosa atmosfera interventista di entrata in guerra nel 24 maggio 1915, si era sostituito lo stazionario, demoralizzante cronicizzarsi delle operazioni di posizione nella guerra di trincea, in una deprimente quotidianità. Ma nell’ultimo anno di guerra l’ammodernamento dell’artiglieria e il potenziamento dell’aviazione furono determinanti per la vittoria finale. E’ questa la sintesi ormai riconosciuta dalla storia dei gravi limiti del generale Cadorna, comandante supremo dell’esercito italiano, culminati nel tragico epilogo della sconfitta di Caporetto. Lo storico Renzo De felice  dà una sintesi molto convincente e storicamente attendibile sulle cause della sconfitta di Caporetto: “ ..soprattutto  di ordine militare, deficienza dei comandi, scarsa fortificazione della linea del fronte, mancanza di buoni collegamenti fra le varie armate e di una vera seconda linea, mancanza di notizie precise sulla consistenza e gli spostamenti del nemico, incertezza del comando supremo nel fronteggiare l’offensiva,…”.

Fin qui le cause interne. Fra quelle esterne, fondamentale, rilevata anche da Benito Mussolini, allora direttore del giornale proletario  “Il Popolo d’Italia” :“..l’offensiva austro-tedesca è prodotta dall’inazione russa..”. Infatti, l’immediata conseguenza della rivoluzione bolscevica del 1917 fu il progressivo disimpegno delle truppe russe nel fronte orientale, ed  una pace separata con gli Imperi Centrali. Da lì, un massiccio trasferimento  delle truppe tedesche, a dar man forte a quelle austriache, sul fronte Italiano.

Si riconobbe anche nelle sfere dell’alto comando nazionale l’errore di aver sottovalutato l’importanza strategica della guerra aerea. Essa, con l’impiego di  armi delicatissime, “… provviste di grande velocità e di ampio raggio d’azione, capaci di esercitare azioni offensive efficacissime materialmente e moralmente, presenta gravissime difficoltà, d’ogni genere, sia nella sua preparazione che nella sua attuazione, difficoltà certo più gravi di quelle che presentano la guerra terrestre e quella marittima”[4]. Già nel 1884 era stato costituito il Servizio Aeronautico, aggregato al 3° Reggimento del genio, composto da aerostati da ricognizione ed avvistamento. Nel frattempo era nato un nuovo mezzo aereo: l’aeroplano. Nel 1909 su iniziativa del maggiore Moris nacque il Circolo Aviatori  a Roma;   tra il 15 e il 26 aprile 1909  Wilbur Wright eseguì alcuni voli, con uno dei suoi biplani in una dimostrazione a Centocelle. Quando Wright ripartì da Roma un aeroplano venne lasciato al campo volo e il tenente Calderara, collaboratore del maggiore,  iniziò a impartire lezioni di volo.

La nascita dell’aviazione segnò una svolta nel definire ed applicare i principi fondamentali dell’organizzazione di una guerra di offesa, delle sue implicazioni logistiche e delle scelte fra  strategia e tattica nell’azione  aerea. Perché non di corrispondere a vaghi servizi aerei di informazione e logistica, “ ma si tratta di dare corpo ed anima ad una vera e propria Armata aerea, costituendone un organismo vitale ed idoneo, quale deve essere l’alato presidio della Nazione[5]”.

 

 

4) Poi il 4 ° libro ricavato nel frattempo da “email” settimanali,quali “lettere al direttore” di politica e costume “Caro Vittorio ti scrivo… email a senso unico all’amico Vittorio Feltri”. (Albatros Editore)  Si tratta di due anni di critica nel merito ed ammirazione, per la prosa editoriale di un grande direttore di giornali.

 

“Un fedele lettore scrive di frequente al direttore di un giornale. Lo com­pra tutte le mattine, lo sfoglia e lo legge attentamente, e infine, talvolta, esercita il suo diritto/dovere civile di critica sui contenuti proposti. “Caro Vittorio, ti scrivo…” è la collezione di e-mail che l’autore, Rino Fruttini, un perugino doc, esperto ed appassionato di temi economici, sociali e po­litici, ha inviato a Vittorio Feltri, direttore di “Libero”, nell’arco degli ultimi anni. La stima per la penna graffiante e sempre polemica di uno dei mag­giori personaggi della carta stampata e dei media non è sinonimo di ap­piattimento e aderenza alla linea editoriale del quotidiano. Anzi, Fruttini mette in luce le contraddizioni di linea politica e analizza con dovizia di particolari titoli e contenuti sia degli scritti più impegnati sia di quelli di colore e costume. Ne emerge un quadro poliedrico e stimolante di fatti e opinioni al centro della cronaca politica degli ultimi due anni.”

 

5) E poi un omaggio all’amico, purtroppo da poco scomparso, dal titolo “Augusto Lemmi. Un Artigiano della moda”(Morlacchi Editore) . Il maestro di vita ed eleganza viene colto nelle sue rimembranze di artista della moda, dedicata anche a molti personaggi del mondo dello spettacolo, come Charles Aznavour o dello sport come Gianluca Vialli.

 

Gli ultimi libri si intitolano:

6)Da Perugia a Brisbane. Le avventure di un perugino in Australia. (Morlacchi editore)

Piero ogni sei mesi rientra a Perugia; il primo semestre di ciascun anno solare è a Brisbane, bella città australiana , vicino al mare. Lo possiamo definire un pendolare italo-australiano. E’ un fenomeno di camaleontismo geografico, dovuto all’ estrema vivacità del suo carattere ed alla capacità di adattamento nelle situazioni, anche le più complesse. Il dopoguerra del 1943, fra due eserciti l’un contro l’altro armato, fu un periodo di gravi difficoltà di sopravvivenza. Piero, bambino e adolescente, era uno dei tanti figli delle disgrazie della guerra: suo padre , capitano della milizia fascista nella Repubblica Sociale Italiana, al seguito di Benito Mussolini, morì in una operazione contro i partigiani sul Monte Grappa. Il piccolo Piero, orfano di padre, fu da subito artefice della propria fortuna ,in esperienze continue e diverse, seppure al seguito di una madre energica .La sequenza di birbonate e dei dispetti egocentrici, frutto della sua vivacità esuberante è senza limite.  Egli fa autocritica, come la può fare ora un quasi ottantenne, ricordando i suoi precedenti di “fedina penale delle birbonate”, commesse consapevolmente da un forchino esuberante, che nemmeno  a nove anni, già se ne stava tutto il giorno fuori casa. Il libro ne racconta numerose, durante il collegio;  vari collegi perché troppe furono le sue intemperanze , di indisciplina e quasi sovversione dei compagni di classe e camerata. I maestri ed i professori erano sempre nel suo cono d’ombra. Cosicché l’infanzia e l’adolescenza di Piero fu tutta incentrata in questa sua vivacità, di rottura verso gli schemi di una società postfascista di provincia. Tuttavia tale esuberanza di “fare e disfare”, prerogativa della sua fantasia creativa per i dispetti e gli scherzi, gli procurò molti amici. Che ancora oggi, quando rientra da Brisbane frequenta ; almeno quelli sopravvissuti alla matura età ottuagenaria . Poco più che ventenne, innamorato della sua Pamela, di buona famiglia australiana, l’aveva impalmata con rito luterano a Melbourne, dopo un lungo viaggio verso il nuovo emisfero. Era destino che un tipo così dinamico, controverso ed asociale dovesse percorrere ogni giornata della sua esistenza, non solo in Italia ma anche in Australia  secondo il motto: “ il pericolo è il mio mestiere”.

 

  • LO SGUARDO E IL DESTINO UNA SPY STORY DELLA “GRANDE GUERRA” (Albatros Editore)

La “Grande Guerra” è lo scenario della storia, di questa “spy story” che vado a raccontare. A cavallo fra il novembre del 1916 e il settembre del 1917 , prima della ritirata di Caporetto, l’Italia è da più di un anno in guerra, alleata di Francia e Inghilterra nella Triplice Intesa. Ora il nemico diviene ciò che rimane della Triplice Alleanza, un patto nato difensivo,  ormai senza l’Italia. L’alleato di ieri: l’Impero Austroungarico di Francesco Giuseppe  e quello della Germania del Kaiser Guglielmo, non è stato seguito dall’Italia, dopo l’attentato di Sarajevo, nelle sue dichiarazioni di guerra e smanie di imperialismo. La società italiana è percorsa da una divaricazione fra “germanofili”, neutralisti,  da una parte  e “anglo-francofili”, interventisti,  dall’altra. Diviene essenziale l’attività di un’organizzazione di controspionaggio, condotta con lo sguardo e l’intelligenza abile del protagonista, Lamberto, per sgominare con il “Colpo di Zurigo” tutto l’Evidenzebureau austro-tedesco , e la sua organizzazione spionistica con sede in svizzera, che ormai dilagava per tutto lo stivale. Con il “colpo di Zurigo”, al consolato austriaco,una sede  a copertura dello spionaggio, venne smantellata una cassaforte e rubati i documenti segretissimi, loro cifrari, monete  e gioielli in essa contenuti .   Venne  a cessare il progressivo sabotaggio delle nostre navi, alla fonda nei porti di Bari, Brindisi, Ancona. Molti furono i traditori italiani, smascherati ,  al soldo del nemico.

E poi, Lamberto con la sua sagace prestanza di spia, intraprese la “Missione di Carzano” detta anche “il sogno di Carzano”. Doveva provocare  una falla improvvisa di soldati italiani allo sbaraglio e all’arma bianca,  per tracimare  sul fronte nemico, in Val Sugana; almeno 40.000 uomini a dilagare la nostra truppa fino a Trento. Un mese prima di Caporetto, ne avrebbe evitato la nefasta disfatta .Lamberto infatti era riuscito ad ottenere che un intero reparto bosniaco  sul fronte di Carzano , passasse dalla nostra parte, avendo sabotato postazioni austriache, armi, reticolati, munizioni, sorveglianza e parola d’ordine delle sentinelle. Ma l’inefficienza del nostro comando, da Cadorna, Capo di Stato Maggiore,  fino ai suoi delegati alla missione, generale Etna e Fenoglio , ci fece perdere un’importante occasione, messa sul piatto d’argento dallo scaltro spionaggio,realizzata dal nostro protagonista Lamberto, maggiore dell’intelligence italiano.

Il romanzo, di azione e imprevisti  di guerra si intreccia con una profonda storia d’amore di Lamberto con una gran dama della borghesia patavina , che sarà fondamentale per il brillante successo del colpo di Zurigo. Una trama di spy story e due episodi divaricanti per il conseguimento degli obiettivi prefissati. E non solo. L’azione di spionaggio di Lamberto porterà ad occasioni d’incontro nella Svizzera, non belligerante, con Lenin, fuoriuscito dalla Russia dei menscevici, con  Marinetti, sempre alla ricerca di eclatanti eroiche occasioni e con  D’Annunzio ormai di casa a Padova, punto d’osservazione dello sviluppo bellico e sede dell’ intelligence italiano. E poi altri personaggi della nostra storia  e degli episodi di spionaggio appena accennati.

  • Nè io son per anche un manzoniano.…(Editore Aletti)

La sinossi di questo libro è un po’ paradossale. Come se in un romanzo giallo il nome dell’assassino fosse dichiarato nell’introduzione. Ma corro il rischio come segue:

Conclusioni con i lettori

E’ questo un libro privo di una trama organica, ma frutto di tre elementi convergenti e fra loro forieri di stimoli, alla ricerca ed alla completezza di ragionamenti, in cui la storia e le sue verità è il dominus del racconto. Se scopro i tre elementi con le loro valenze alchemiche, trovo anche una traccia che fornisca al libro il senso logico della sua lettura. Ne trarrebbe beneficio il lettore, per la comprensione della chiave di lettura ad esso sottesa. Ma spero che lo abbia scoperto da solo; perché altrimenti queste conclusioni avrebbero dovuto essere le premesse per una lettura iniziale.  Dunque, il primo elemento, quasi un fattore di successo, direbbe un esperto di marketing, come in fondo è stato l’autore, me medesimo, è lo scoprire ancora una volta la grandezza del Manzoni , con le sue verità, paradossi, analogie, metafore e descrizioni di campagne,città e la sua grande efficacia  nell’introspezione psicologica dei suoi personaggi. Il secondo elemento, seppure parziale e non sempre essenziale:  la storia di Perugia di Luigi Bonazzi , da confrontare , per periodi e personaggi con quella del romanzo manzoniano “I promessi sposi”. Il terzo elemento, che definisco della  logistica, si evidenzia con la navigazione “alla burchia” o, per parafrasare il romanzo della Susanna Tamaro: “Va dove ti porta il cuore”, nell’alveo del web complesso e frastagliato di  “facebook”. Durante questo iter, con una trama “in progress”, molto dinamica ed eterogenea  sono emersi molti spunti di idee che ho recepito e messo a frutto, nell’alchimia dei tre elementi. Ne è sortito il libro che avete appena letto. E spero che sia stato di vostro gradimento.

 

  • Come sboccia un amore e un mestiere al Borgo di Porta Sant’Angelo.”  

 ( Helion Editore)

 

Un gruppo di giovani universitari , di diverse facoltà, che poi divengono amici molto legati fra loro, si ritrovano una sera a parlare del loro futuro. Ambizioni, talenti nascosti, amori possibili, e perfino il tema: “io tengo famiglia”,sono gli argomenti che emergono.

Il corso dell’università non li soddisfa. Sì: giungere alla laurea. Ma poi ? Che possibilità di un lavoro, se non se ne vede una traccia, appagante delle loro attese, speranze e ambizioni ?

Si mettono a ragionare e ciascuno di loro guarda indietro, nel passato dei suoi genitori, nonni ed oltre. Ne viene uno spaccato nella Perugia che fu, dell’artigianato di qualità e delle sue ambizioni. Il gruppo inoltre è eterogeneo per educazione, estrazione sociale, intelligenza, carattere, esigenze, provenienza geografica. Fra loro c’è anche un mulatto, detto con ironia ed ammirazione “il meticcio”, perché il più intraprendente e intelligente del gruppo. Ed è quello che sarà in grado di vedere più lontano di tutti, realizzando in pieno i suoi progetti di vita e di lavoro.

Le loro riunioni, quasi frequenti occasioni di “brain storming”, man mano esteso nel tempo  anche ad altri amici, li porterà non solo ad analizzare criticamente il loro percorso universitario, nelle facoltà di economia, scienza della comunicazione, lettere classiche, scienze agrarie, ingegneria, ma alla decisione di fare un esperimento. Si dividono in gruppi di lavoro, maschi e femmine, secondo le simpatie e le potenziali talentuosità di mestiere , ricavate dai ricordi giovanili delle tradizioni vissute nelle rispettive famiglie del settore merceologico dell’artigianato o del commercio.

Da ciascun gruppo deriveranno progetti di insediamento di impresa artigiana, di qualità nella pelletteria, nel tessile abbigliamento, nell’arredamento e nell’agroalimentare  che si svilupperanno, nell’arco di quindici anni, in quell’area che loro vanno ad immaginare come un’enclave naturale, ideale, nato nel ’200 come quartiere a forte densità di popolazione,  ovvero il Borgo Sant’Angelo di Perugia detto “Borgo d’Oro”. “Nonostante nel ‘300 il borgo venga cinto da nuove mura, ben oltre quelle etrusche di piazza Grimana, e dunque inglobato nel circuito urbano, mantiene la definizione di “città bassa”, popolare, contrapposta alla nobile città “alta” .[6]

Lì, nell’incubatore presso i locali messi a disposizione dalla Parrocchia di Sant’Agostino e dall’Esercito nell’ex Distretto Militare, si applicano nelle prime esperimentazioni di mestiere, di lavorazione  di prototipi, di organizzazione del lavoro su piccoli impianti e attrezzature pilota. Nel contempo vanno alla ricerca di un insediamento “Casa&Bottega”, per l’attività economica e la vita familiare, in sintonia di evoluzione “smart” come si usa dire nel moderno linguaggio delle compatibilità ecologiche. Si fa luce, piano piano, uno scenario di aggregazione antropica, quasi un kibbutz di mestieri e di vita associativa. Infatti molte start up di mestieri, si sono combinate anche in una sintesi di affetti familiari, quasi romanticamente ,“una casa…..una capanna”.In alcuni casi addirittura con il matrimonio, tanto più impellente dato l’arrivo di un bebè, è proprio il caso di dire “in corso d’opera”. Ed ancora famiglie di artigiani che crescono, nelle quali il ciclo di vita dell’impresa si identifica con quello dei suoi titolari e della loro progenie.

Il progresso dell’esperimento è tale, che in pochi anni altri  artigiani si insediano  con  successo nel borgo, dato che i primi, pionieri d’impresa,  sono stati sostenuti con abbrivi promozionali, finanziari degli enti ministeriali e locali, per la sistemazione e ristrutturazione degli antichi “loci” della “casa&bottega” e l’acquisto degli impianti e attrezzature per l’attività, ed il sostegno alla commercializzazione del marchio e dei prodotti. Non a caso ho usato questo termine aulico: “loci”. Mi è utile per seguire, insieme ai miei giovani studenti,  nella ricognizione geografica, morfologica e antropica, la cosiddetta “tecnica dei loci di Cicerone”. Egli   creava dei percorsi all’interno di spazi che lui conosceva (casa sua, la strada per andare in Senato, e via dicendo) identificava in ciascun percorso, una dopo l’altra, delle “stazioni” o stanze, associava ad ogni stazione una delle immagini che doveva ricordare. Tradotto: il borgo Sant’Angelo,le botteghe,la loro attività in divenire.

L’idea di prodotto, per il successo del suo posizionamento di marketing  si regge su alcuni punti fermi: il processo di filiera a km. zero; la cura attenta del processo di trasformazione della materia prima e nel confezionamento del  prodotto che può consentire un’economia circolare ed ecocompatibile, con il monitoraggio “sul campo” di ogni fase produttiva; la peculiarità del design e del suo contenuto innovativo nel fare moda, etc.

A questo punto interviene l’autore (me medesimo) , che finora ha seguito e tutorato le varie fasi della trama, per spostare il racconto con un salto verso il futuro, con una simulazione.  Si ritorna nel borgo dopo quindici  anni dall’inizio dell’esperimento. L’enclave, un asse longitudinale, il Corso Garibaldi, quasi un crinale ed ai lati numerosi declivi, di vie e vicoletti,  o se vogliamo il letto di un fiume alimentato da tanti affluenti, da riva destra e sinistra, è rigoglioso di vita associativa e fiorente di attività artigianali.
E’ questa l’allegoria che emerge dalla toponomastica di Corso Garibaldi e le vie adiacenti, del lato est, in direzione del monte Subasio e del lato nord-ovest, verso il Monte Tezio; i due monti, topici per il clima e il carattere del borgo. Esso è divenuto un modello di convivenza e di attività in progress e di qualità della vita che tutti ammirano, basato sui prodotti dell’artigianato, legati all’agricoltura di prossimità. La logistica delle consegne di approvvigionamento delle botteghe, non è inquinante e oppressiva sulla naturale mobilità delle arterie del borgo e l’infrastruttura dei suoi servizi, poiché avviene con furgoncini elettrici, che fanno capo a  una piattaforma, deposito di  materiali e materie prime fuori le mura, a poche decine di metri dal Cassero di Porta Sant’Angelo. Così pure la mobilità dei residenti e dei turisti, con  parcheggi esterni per le soste di breve o lungo periodo.L’area del lavoro, delle produzioni artigianali e della vita quotidiana, della preghiera  nelle feste comandate, nella Chiesa di Sant’Agostino  e Sant’Angelo e della scansione degli affetti in  famiglia e dei doveri della scuola, dell’educazione dei figli, della spensieratezza del tempo libero e della fruizione dei servizi; tutto  si svolge nel vasto e intrigante, misterioso spazio medievale che riguarda il corso Garibaldi e le sue propaggini  ad esso baricentriche, rivolte sia verso est, che è la valle del Bulagaio e la sua campagna ,  sia verso ovest che sono le vie della sede dell’Università Italiana ,compreso il piccolo compound dove si continua ad operare, più fiorente che mai,con il  Museo-Laboratorio di tessitura a mano “Giuditta Brozzetti”.
I risultati che fin dall’inizio dell’esperimento,  ed ancor più dopo quindici  anni dall’inizio del progetto dei giovani di casa&bottega, si mostravano chiari e incontrovertibili sulla trasformazione del borgo, hanno fatto perno su un recupero, nella diramazione rionale delle  attività e mestieri artigianali, con la loro efficacia per far ripartire l’economia del Borgo, che ormai da almeno tre decenni era in profonda depressione. Nell’anno 2035 matura l’ orgogliosa constatazione che  la fattibilità di questo progetto artigianale, messo in opera quindici  anni prima, non era stato il frutto di una visione utopica. E vedendo come gli artigiani del borgo svolgono la loro attività, con metodi e strumenti molto tecnologici, si conviene  che oramai anche il mestiere di bottega di un artigiano, di buona qualità creativa può  godere dei benefici di una tecnologia, sia di produzione che di marketing;  per cui il mestiere è maturato nel processo di produzione e negli strumenti tecnologici avanzati, per fruire dei loro  supporti  e mitigare la “fatica” fisica dell’artigiano, agevolare l’ideazione e  composizione del prodotto e l’esecuzione del processo di produzione. Tutto ciò contribuisce a dare valore aggiunto all’economia del rione, organizzato in enclave;  in particolar modo per la pelletteria, il tessile-abbigliamento, l’arredamento, l’agroalimentare. Inoltre s’é sviluppata  l’idea dell’economia a “Km. Zero”, facendo  breccia nei programmi dei giovani artigiani, soprattutto per la pelletteria, con le piccole concerie non inquinanti, e per la sericoltura e bachicoltura del tessile,  che si è  realizzata nelle nostre campagne di prossimità, appena un decennio prima , ancora incolte  ed ora invece arricchite e rese fertili,  con decine di migliaia di impianti di gelsi .
Su queste linee di ricostruzione dei momenti topici della produzione artigianale, riscontrati nell’anno 2035, dopo quindici anni,  i giovani hanno sviluppato il loro progetto, combinato fra il loro mestiere, ormai appreso ed assimilato a livello “magistrale” , alla stregua di quei tanti artigiani perugini che Luigi Catanelli cita ed elenca nel suo libro “ Usi e costumi nel territorio perugino agli inizi del ‘900”, ed il coronamento del concetto di “Casa&Bottega“. Si viene di conseguenza ad implementare con ammodernamenti, ampliamenti, ristrutturazioni e riconversioni di destinazioni d’uso  il  patrimonio edilizio del rione di Porta Sant’Angelo, tolto dal degrado, con l’insediamento dei nuovi artigiani e la residenza delle loro famiglie, in corso di avanzata progenie.  Il tutto è  stato inquadrato nella fattibilità di un “project financing” cofinanziato dal MISE e dai fondi europei [7]. Fu  un progetto a medio/lungo termine. All’inizio sembrò non interessare quei politici, campioni di tatticismo,  che interpretano il loro ruolo, in relazione a risultati elettorali immediati e certi. Poi, con iniziative e riunioni, fu recepito dalle menti illuminate che ad esso dettero la stura.
Tutta la storia quasi ventennale viene poi raccontata da un testimone , egli stesso protagonista;  e ne nasce  il  “Romanzo d’amore di due giovani col sogno di una Casa&Bottega” .
Il libro sarà anche una romantica simulazione, che parte dal presente, per giungere ad una realtà concreta osservata nel futuro  della Perugia dei giovani. Si scopre il revival di un tempo antico, sconosciuto,  con tanti gelsi per le campagne ad alimentare i bachi da seta[8] e la loro trasformazione in bozzoli ; e la prestanza di cow boys perugini che si cimentano con l’allevamento di mandrie di razza chianina, buone sia per la carne che per il pellame delle concerie di prossimità, e di suini allo stato brado per i boschi, solcati da grandi querce di ghiande, alimento pregiato  per i prodotti dell’agroalimentare della filiera perugina.
Per finire, con una serie di iniziative e proposte merceologiche come quelle descritte, i negozi dell’acropoli possono farsi forti di qualche esclusiva , nel proporre ai loro clienti, anche prodotti di raffinata fattura, e di qualità di filiera  che derivano interamente dall’economia perugina. Non solo. Ma anche l’e-commerce si potenzia anche alla luce dell’ultima iniziativa di un pool di banche che puntano ad ampliare il proprio raggio d’azione e guardano al mondo tecnologico, uscendo dai servizi finanziari tradizionali. Infatti hanno concluso una trattativa con Amazon , il re dell’e-commerce, per offrire finanziamenti alle piccole e medie imprese ed artigiane. Si starebbe lavoran­do a una tecnologia che consente di offrire prestiti alle Pini tramite la piattaforma dedi­cata al credito di Amazon.Il colosso dell’e-commerce, che da parec­chi anni fornisce finanziamenti alle piccole imprese clienti che vendono prodotti sul sito, a fine 2035 ha messo a bilancio affida­menti alle Pmi ed artigiani  per oltre 2000 milioni di dol­lari.
L’accordo a cui le due parti stanno trat­tando è destinato a legare in qualche mo­do il marchio del poll di banche all’offerta Amazon e potrebbe partire già nel prossimo mese di marzo. E’questo il “plus” della distribuzione  con il quale  almeno un centinaio di prodotti locali potranno trovare il loro “posizionamento” , rispetto alla concorrenza della grande distribuzione, sempre più  indifferenziata ed appiattita sugli spot della propaganda “vieta” e scontata. Ed è allora, che  il rapporto prezzo/qualità è divenuto tutto a favore dell’economia locale e della sua offerta di prodotti particolari della filiera perugina e dell’enclave di Borgo sant’Angelo.
 
 
  • “Detto questo “  (Sinossi dell’inedito)
Antifona
Dal mio percorso di due anni in  “face-book”, prima dell’emergenza pandemica: aneddoti, aforismi, espressioni del sentiment nazional popolare. Esternazioni da protagonismo virtuale di personalità del pensiero, magari anche un po’  depresse, ma  di intelligenza caustica e brillante, che fanno opinione, anche fuori dagli schemi usuali. Ed infine la sintesi di alcuni temi di comune interesse:
  • Politica interna, Brexit, Italexit, immigrazione, ecologia e sostenibilità ambientale e polemica su Matteo Renzi e Salvini tramite e-mail al direttore di Libero, Vittorio Feltri
  • Economia e logistica del Centro Storico di Perugia : minimetrò e mobilità.
  • Storia perugina ed i suoi festival invasivi
  • I miei libri e lo spunto da riferimenti locali
CONCLUSIONI
Con l’abitudine della comunicazione digitale impressa nelle pagine del web,  si è persa quella della comunicazione epistolare: penna stilografica che scivola lungo un bianco foglio di carta di pura cellulosa; dove il segno lasciato dall’inchiostro, al di là delle parole espresse, è come l’impronta digitale , rivelatrice di una personalità, magari ben strutturata, e di un particolare stato d’animo, seppure  passeggero e impressione momentanea. Ricordo il postino della mia infanzia che si portava dietro, a tracolla una grande  borsa di cuoio, con pacchi di lettere ed i primi depliant pubblicitari di una società dei consumi in ascesa. Non solo; anche notifiche di tasse e imposte da pagare, a tal punto frequenti, per cui il “poche nuove, buone nuove” poteva anche sopperire alla curiosità di una lettera con gli interrogativi che ne seguivano: quale il contenuto; chi la manda, e che ci sarà scritto, e come  potranno essere formulate le risposte. Famosi rimasero gli epistolari di grandi scrittori, come quello che Ugo  Foscolo trasferisce in un romanzo, “Le ultime lettere di jacopo Ortis”, ed immagina una corrispondenza epistolare, dai tragici risvolti  col suo amico Lorenzo; o le elucubrazioni sentimentali da “I dolori del giovane Werther” in cui Johan Wolfang Goethe  diviene campione dello “sturm und drang” del romanticismo tedesco, con un  romanzo composto da una serie di lettere che il protagonista invia al suo amico Guglielmo nel corso di 20 mesi.

Questo mio lavoro, visto nella conclusione , è in fondo , come dire, un epistolario corale e se vogliamo un po’ “lobbistico”, dati gli interessi di status individuale e sociale emersi nei numerosi interventi. Basta una frase ad effetto in un post di Face Book che ecco appalesarsi  l’interesse di decine di “amici” o follower sull’argomento; come api alla ricerca del polline  col quale sollecitare  un concetto, elaborare un’idea, ispirare un sentimento. Emblematico è il modo di reazione e le variegate chat  al mio post sulle mascherine chirurgiche, da usare in “epoca” di corona virus.

Le numerose chat diffuse a corredo di un post, sono l’esempio di come l’umanità sia costantemente tesa a esprimere le proprie opinioni, come nel novecento  poteva accadere a quei giornali popolari e dissacranti, come il celebrato “Canard d’enchainé”;  il più impertinente dei giornali francesi, “né di destra, né di sinistra, ma soltanto all’opposizione del potere pro tempore”.

Il mio epistolario è molto eterogeneo come contenuti ; ed ancor più come referenti di lettura e di risposte ed infine di sintesi di dialoghi.

La morale da trarne riguarda il metodo del dibattito, molto spesso nato da commenti su articoli di giornale, di “Libero Quotidiano” diretto da V. Feltri, il mio direttore di giornale di riferimento; o su temi di cronaca sollevati dei talk show più popolari ; da reazioni alla politica, nei suoi aspetti di attese verso i provvedimenti economici, con   le implicazioni verso l’Unione Europea, del tipo “Italexit” o “remain”;  e l’immigrazione vista come pericolo di inquinamento od opportunità di lavoro e di sviluppo dell’economia nazionale. Ed ancora di politica estera , nei rapporti con l’U.S.A. di Trump o la Russia di Putin. Nella politica interna di questi anni, i personaggi che sono alla ribalta, oltre al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte , si confermano nella destra di Salvini della Lega e della Meloni di Fratelli d’Italia; mentre Matteo Renzi con la sua parabola dal 40% di consensi, oggi leader di un piccolo partito di centro, condiziona il Governo di Grillini e PD. Ed ancora il fenomeno delle manifestazioni di piazza delle “sardine”, nato durante le ultime elezioni regionali del 2019, e visto come la contrapposizione al presenzialismo di Salvini sui social ed a competere con la sua popolarità che lievita grazie alle frequenti  tournée elettorali.

Facebook è diventato uno strumento di comunicazione di massa e di esternazioni del “popolo sovrano” tale da far emergere fenomeni endemici di anarchismo e pur tuttavia controllabili e controllati dal Grande Fratello.  Ma poi i sottostimati presunti  pigmei dei social , quando lo vedono comportarsi male, soprattutto se contro i loro interessi consolidati,  gli si rivoltano contro. Si spiega il fenomeno del “vaffa” di Giuseppe Grillo, che da protesta di piazza,  diviene strumento di governo, secondo la via costituzionale parlamentare ; o quello delle sardine, per ora espressione corale di sommesse proteste e proposte.  E gli armigeri delle esternazioni via web fanno lobby con le TV generaliste. In tal modo il processo della democrazia TLC si evolve, anche in modelli di consenso extra parlamentare, di piazza,  almeno per la formulazione delle istanze popolari. Salvo che non abbia a degenerare in formule collaudate nella storia, come quella del Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo del 1917  o quella della Marcia su Roma del 1922. Di quest’ultima ho ritenuto di grande interesse storico riportare alcune foto , un abstract esclusivo da uno dei tanti post. La curiosità dei documenti della storia, a prescindere da ancestrali collocazioni ideologiche rimane integra e  suggestiva, a dimostrare il “come eravamo” della generazione di un secolo fa.

 

  • IL RITORNO DI GODOT NELLA FIFTH AVENUE (Edizioni Porto Seguro)  

 

Aforismi e  didattica letteraria: la manipolazione intellettuale della parola

 

Non voler dire, non sapere ciò che si vuol dire, non poter dire ciò che si crede di voler dire, e dire sempre, o quasi, ecco cosa è importante non perdere di vista, nell’ardore della stesura.”
Samuel Beckett

 Amare è soffrire. Se non si vuol soffrire, non si deve amare. Però allora si soffre di non amare. Pertanto amare è soffrire, non amare è soffrire, e soffrire è soffrire. Essere felice è amare: allora essere felice è soffrire. Ma soffrire ci rende infelici. Pertanto per essere infelici si deve amare. O amare e soffrire. O soffrire per troppa felicità. Io spero che tu prenda appunti.

Dal film “Amore e guerra” di Woody Allen

Memento

L’uomo moderno, privato dei suoi ammennicoli informatici,  spogliato delle sue “vestimenta” tecnologiche, atte a prevedere le escursioni termiche delle stagioni o ad evitare i cataclismi in arrivo, ma sopratutto a testimoniare e dimostrare lo status del suo essere, membro della società dell’immagine  e della perfezione informatica e delle interlocuzioni virtuali, si ammutolisce di fronte all’eventualità del proprio  scompenso di identità anagrafiche. A volte l’effetto del trauma psicologico subìto, può sconfinare nella perdita di memoria. Tuttavia “ L’uomo di buona memoria nulla ricorda, perché nulla dimentica.[9]

 Purtroppo Godot aveva perso la memoria; per cui aveva dimenticato tutto il suo passato. L’uomo delle società cosiddette” affluenti”, fornito di tutti gli archivi della conoscenza e gli avamposti delle previsioni, verso  un futuro scientificamente prevedibile, andava sempre più assimilandosi ad un robot; tant’è che a breve, con gli incredibili progressi della robotica, l’intelligenza artificiale sarebbe entrata in competizione con quella naturale. Ma Godot era stato anche il protagonista della commedia “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, seppure un personaggio sempre evocato  e mai presente nella scena. Una sorta di convitato di pietra, dunque.  Allora immaginiamoci come possa essere costui, in una consustanziale sintesi, fra il suo ruolo di protagonista evanescente , evocato   in commedia, seppure mai comparso nel palcoscenico,  e la sua natura umana, da me medesimo autore immaginata, e poi compromessa in un drammatico evento, che lo traumatizza con la perdita della memoria. Egli ci ricorda come la condizione dell’uomo sia fragile, di fronte alle difficoltà dello stare al mondo e quanto i legami con gli altri esseri umani siano necessari, per resistere alla difficoltà del destino e per continuare il nostro viaggio terreno con una missione da compiere.

L’uomo dei primi anni del terzo millennio, riesce a monitorare il suo passato, a seguire il percorso quotidiano del suo presente  ed avere la certezza di una  governance adeguata per il suo futuro; tutti parametri di vita vissuta e da vivere, contenuti nel suo inseparabile zainetto, a mo’ di marsupio posteriore, con gli strumenti di conforto primario: telefonini, computer, tablet e di assicurazione finanziaria come la carta di credito e di identità personale; ed ancora,  sacco a pelo ed ombrello;  non si sa mai sulle bizze di sua eccellenza, il tempo meteorologico, scandito dall’orologio a pendolo dei nostri nonni, con l’incombente “memento” scritto sul quadrante: “tempus fugit”. Eppure tali pregiudiziali di una vita scandita a ritmi regolari, in un ambiente come la sua storia ed il suo presente promettevano di accadere, per Godot non potevano valere. Da un certo momento in poi, il racconto delle sue vicende nella Fifth Avenue sarà calato in un’alchimia di realtà vissuta ed una fantasia da elaborare coerentemente ad essa.

 

12)IL GIALLO DI NORA: I GIOIELLI DE LA “MACARENA” E il FLAMENCO BLUES” (in corso di editing)

 ANTIFONA DI UNO DEGLI AUTORI

Tutto iniziò quando, rovistando nei cassetti della memoria, recuperai quattro penne stilografiche. Ormai desuete, erano state dimenticate; la digitazione da computer e tablet mise in soffitta non solo la biro, penna a sfera inventata dal famoso ingegnere László József Bíró, giornalista  ungherese naturalizzato argentino, ma a maggior ragione le penne stilografiche. Esse necessitano di una manutenzione continua: la ricarica dell’inchiostro, ed accortezze d’uso; una carta assorbente sempre disponibile. Ma provate a riprendere in mano una prestigiosa Waterman, con un pennino che scivola sulla pagina bianca di un diario, come nella magia della composizione di idee e  pensieri della mente dell’autore. Il tratto di penna stilografica è come il pennello del pittore; e quando c’è la voglia di scrivere e l’ispirazione, nel racconto di un panorama o nel tratteggio di una scena da pennellare, magari con una tecnica molto cromatica, assecondando la scuola dell’impressionismo francese, autore-scrittore e pittore si fondono in un’unica aspirazione: l’espressione creativa. La penna stilografica ne è uno strumento molto coinvolgente e intrigante .

Caso volle che abbia quattro baldanzosi nepoti. Sebbene tutti già smart worker, tuttavia ho pensato che far rivivere antichi e magici momenti della scrittura da penna stilografica, dotandoli anche di un’ agenda-diario dove descrivere le loro giornate, i loro momenti magici, potesse essere l’abbrivio per la fioritura di qualche talento della scrittura. Dato che al loro nonno tale attitudine quasi maniacale venne, alla pur sempre giovanile e verde  età della pensione da “over  settantenne”, un bel giorno li ho convocati per fornire ciascuno di una delle mie quattro  preziose penne stilografiche d’epoca: tre “Waterman” e la quarta di un artigiano napoletano: “Marlen” Casa della Penna in Corso Umberto I, a Napoli.

Ed allora, con Nora, appena 11 anni, sveglia e dinamica, di fantasia fertile ed inesauribile inizia l’avventura di scrivere a quattro mani un libro . Si tratta di decidere più che la trama, almeno per ora, in un viatico di fantasia o piuttosto un canovaccio, un abbozzo,  da seguire nella narrazione che sia per entrambi coinvolgente di ispirazioni, suggestioni, emozioni. Un viaggio, magari dell’esperienza e della fantasia. Nora già dai suoi undici anni ha già viaggiato molto; ed io so per certo,  nel vissuto della mia memoria che a quell’età i viaggi, nel profumo del treno che attraversa le campagne,  con le sue soste in pieno meriggio canicolare ed ancora, nella vista di panorami della natura e nell’ingresso suggestivo e imponente delle grandi cattedrali, realizzate dall’ardita ingegneria dell’uomo, per  dedicarle a Dio, restano impressi nella mente. C’è poi il viaggio dei sogni , tutto da decifrare per i luoghi della fantasia notturna, per gli incontri con persone , animali anche feroci; per rilevanza di oggetti ancestrali e simboli cosmici ; da cui congetture, con premonizioni magari ad orientare le scelte future. E tanto più a lungo scivola la sabbia nella clessidra del tempo e tanto maggiore sarà l’impressione di riviverli, nel rimpianto del passato, guiderdone e  vigliacco, che non ci ha dato tregua nello scandire le sue avvisaglie, di un inesorabile “Tempus fugit”,  impresso come un’epigrafe sulle mensole di quegli antichi orologi, impreziositi dallo stile di ebanisteria  Luigi XIV . Altro itinerario di ispirazione e memoria, devota e ricorrente è quello della cadenza delle stagioni, e ad esse la colleganza di abbigliamenti, profumi, incontri  dovuti alla scansione di grandi eventi religiosi, come il Natale e la Pasqua e tutto ciò che ne deriva, come liturgie, canti, processioni di patroni cittadini lungo gli anfratti degli antichi borghi.

I personaggi di questo giallo, intrigati anche da  sogni , quasi incubi notturni, in un periodo della loro vita piuttosto convulso, ne saranno coinvolti. Di più; da essi come gli aruspici, ne trarranno  segnali sul come comportarsi, di fronte ad incredibili avvenimenti della loro giornata.  L’insieme di queste impressioni e il “pungerci vaghezza” di una qualche novità letteraria, ha provocato  lo starter alla scrittura del libro, di avventure e malefatte, inventate dall’esperienza letteraria del  nonno , coniugata alla fertile fantasia della nepote. Cosicché due memorie, quella fresca, come la rugiada del mattino di Nora e quella cisposa , come gli occhi del suo nonno, me medesimo, condurranno il lettore di questo libro a percorrerne la trama.

Cinque sono i fili dell’ordito, sulla quale è tessuta la trama del “giallo di Nora”:

Il primo filo da tessere è quello del jazz e le sue implicazioni, di sospetto del regime franchista, verso la   cultura dei giovani e la loro passione di una musica ritenuta sovversiva. Ne deriva il controllo delle  attività e della  dinamica nei luoghi da loro frequentati . Dolores e Pedro, i protagonisti del giallo, fanno parte di questo ambiente. Siamo alla fine degli anni ’30 e la Spagna è appena uscita da una guerra civile : il fronte popolare (comunisti, socialisti, repubblicani ) contro i falangisti di Francisco Franco. Di pari passo si sta evolvendo un progresso del jazz e le sue contaminazioni sivigliane, poi  molto apprezzate anche a Perugia, nonostante l’antipatia della polizia fascista. Ma la musica è dirompente su ogni condizionamento. Anche i figli del Duce del Fascismo, Benito Mussolini sono appassionati di Jazz.

Il secondo filo fa capo alla storia de la Macarena, quartiere di Siviglia, con la venerata statua della Virgen de la Esperanza Macarena nella Chiesa di San Gil, opera seicentesca splendidamente vestita e ornata d’ oro, argento e pietre preziose: una meraviglia per gli occhi e stupore incredulo per la mente di qualsiasi persona le si avvicini. Misteriosa è la  sparizione di quei gioielli ed una loro parte ritrovata, in una rocambolesca avventura dei due giovani Dolores e Pedro alla fine del loro lungo viaggio, da Siviglia  a Perugia. Il tesoro de la Macarena, inestimabile,  è una tiara d’oro e diamanti,  il palio e il manto della Madonna ,tempestati di pietre preziose, incastonate in spille, collane , e orecchini,  gioielli dell’artigianato andaluso. Di tutti i suoi preziosi gioielli, mancava il diamante di 41 carati, il Verde di Macarena , unico al mondo incastonato in una tiara , donata alla Madonna da un ricco torero per ottenerne la protezione. Il suo colore non esisteva altrove;  derivava da una sua radiazione naturale. Ma la tiara non ebbe una fama pari al suo valore; che divenne famosa per una maledizione: il torero morì incornato da un toro.

Il terzo filo conduttore del giallo, si dipana nel  mistero dei gioielli rubati. Ma non è chiaro se siano  falsi o gli  originali. Il viaggio di  Dolores e Pedro da Siviglia con il suo epilogo a Perugia, dove potranno in qualche modo ricongiungersi al collezionista, il nobile Manuel de Baduel, di origine sivigliana, lontano parente di Pedro e cugino del sagrestano della Chiesa de La Macarena, Alvaro de Baduel,  sarà il momento della verità. Costui, con l’inizio della guerra civile, per evitare atti iconoclasti dei comunisti su immagini sacre, nascose la statua della vergine ed il suo tesoro in un posto sicuro e vicino alla sua abitazione. Le tappe di questo “grand tour”, Cannes, Verona, Bologna, Perugia , avranno ingredienti al calor bianco , in un alternarsi di furti di gioielli, omicidi e concerti di jazz, contaminato da musiche andaluse e creole. Misteriosi rapinatori ed assassini, non si sa bene se collegati ai gioielli o alle provocazioni della polizia del regime,  si distribuiscono, quasi in modo calcolato, lungo il tragitto dei due protagonisti, da Siviglia fino a Perugia.

 

“Annie e Robert : il naufragio del Titanic ne sconvolse la vita ” IPOTESI DI TRAMA (SINOSSI) Inedito

(Impostazione del romanzo : inquadrare il periodo storico anche attraverso molti dialoghi fra i protagonisti.)

IPOTESI DI TRAMA (SINOSSI)

Siamo nell’anno 1928, a New York nel  Long Island, un anno prima della crisi di borsa  dell’autunno 1929. Il quartiere del Queens, nella zona ovest di Long Island, uno dei cinque borough della città di New York è noto soprattutto per la sua continua e rapida crescita di popolazione, dovuta a fenomeni di “gentrificazione”[10], per i parchi sul lungofiume e  per essere la sede di una vivace comunità artistica. Long Island City ha infatti la più alta concentrazione di gallerie d’arte, istituti d’arte ed atelier di qualsiasi altro quartiere di New York.

Una giovane donna  di 25 anni,di nome Annie O’ Connor, tradisce il marito Robert Lefebvre, di 19 anni più anziano di lei , con un uomo più giovane, James, anche lui di genitori irlandesi. Annie e Robert sono uniti in matrimonio da circa 5 anni. Lui di famiglia benestante di Long Island. Lei lo ha sposato anche  per soldi. Robert ha 44 anni ed è un operatore di borsa, con un bel conto in banca. E’ collezionista ed esperto di opere d’arte; pittura in particolare. E’ intestata a suo nome  una fortuna mobiliare, con un bel contorno di immobili. Ma la crisi economica del 1929 è alle porte.  Annie  di origine irlandese, figlia di immigrati:  i suoi genitori erano sul Titanic; si imbarcarono nel grande transatlantico, al porto irlandese di Cobh. Era il primo viaggio inaugurale,  e rimase l’unico. Nel naufragio sull’Atlantico, dopo la collisione con un grande iceberg,  i suoi genitori perirono entrambi. Annie appena decenne, venne salvata perché  affidata ad una delle donne, che riuscirono a salire sulle scialuppe di salvataggio. Sua madre, Margaret,  non vi riuscì. Il perché rimarrà un mistero, fino all’epilogo di questo giallo. Infatti, donne e bambini superstiti, dovevano essere  i primi a salire sulle scialuppe di salvataggio.

Spesso Annie  ricorda quei momenti terribili. Ne hanno plasmato il carattere, ora cupo, a volte apprensivo, quello di ora, di donna sposata, acculturata all’arte ed alla moda degli anni ’20. E’  molto bella, con sprazzi di vivacità, in  un carattere altrimenti chiuso e introverso. Lui, il marito,  è figlio di un uomo d’affari, anch’egli agente di borsa.  Abitano nella villa di famiglia di lui , a Long Island,  vicino a quella di Jay Gatsby, l’uomo icona del romanzo di Francis Scott Fitzgerald.

Ad un certo punto il matrimonio si incrina. Lei si fa un amante. In fondo ha sposato il marito per interesse. Ma non sappiamo quanto sia elevata la responsabilità di questa incresciosa  situazione; di lui perché a sua volta, dopo così tanto vagare per il mondo, cade poi nella convinzione di aver ritrovato la fiamma della sua prima gioventù del Campus universitario ; o di lei, perché  a seguito del trauma psichico vissuto nel naufragio  del Titanic, è alla ricerca di compensi affettivi, intensi e protettivi , che si ripercuotano in modo alternato, come la corrente, non solo nella sfera della sessualità repressa, sebbene nell’equilibrio psichico, del pensiero e del comportamento.

La scena del romanzo, in continuo movimento, per  i riferimenti storici che il lettore si trova nel suo percorso di lettura, come la villa del vicino , Jay Gatsby; e poi la vicenda del Titanic, quasi un giallo, per se stesso. In tali scenari la storia  dei due personaggi, i coniugi Lefebvre, si ingarbuglia continuamente, in recidive tonalità, acute e persistenti del dramma della vita. Esse portano il romanzo a vagare, come un incubo  da thriller, nella cruda descrizione di azioni, a volte  raccapriccianti, e poi a decantare nel giallo tradizionale della trama cervellotica all’Agatha Christie.

I due protagonisti si sono conosciuti in un incontro fortuito  al New York Harbor, nel corso di una passeggiata fin quasi sotto la statua della Libertà. Il traghetto, dal porto all’isolotto fu galeotto.  Lei, Annie, è lì, alla ricerca, con la memoria delle vivide immagini del suo arrivo in America,  delle sue origini di immigrata  irlandese, frantumate nella disgrazia del Titanic , con la perdita dei suoi genitori. Lui, Robert, imprenditore rampante,  vuole  capire come la storia del “Grande Gatsby” si sia  insinuata in quella della sua vita  e dei suoi genitori, sempre alle prese con viaggi, di partenze e ritorni, con la statua della Libertà a scandirli nel suo vissuto.

Per i primi anni del loro matrimonio, trovano punti di incontro,  nelle loro storie e racconti di gioventù. La loro differenza di età non si nota all’apparenza.  Nella high class dei manager di fine  anni ’20 si tiene molto al fisico ed al look . Comunque, lui è  ormai in età matura  e reduce da precedenti  disillusioni d’affetto. Annie invece ha tutto il futuro di fronte a sé, ma con la  remora di un ingrato passato di orfana a Lower East Side, un quartiere del distretto (borough) di Manhattan.

La loro vita di convivenza nuziale , in una New York in cui mettere insieme il pranzo con la cena, per una coppia della “affluent high class”, non rientra in una questione economica, sebbene di compatibilità di orari e di programmi sociali e di lavoro, è costellata di nevrosi pervicaci. I  malintesi e  le continue variazioni di programmi, anche banali, nella giornata originano crisi ricorrenti nel loro rapporto. L’amore di coppia si alimenta non solo da contatti telefonici. E’ l’epoca  dello status symbol dei “telefoni bianchi”. Il telefono non è  solo novità di comunicazione , ma  strumento  inflazionato di aggiornamenti , a scansionare la giornata di lavoro dell’uomo , tanto più se sei della società benestante, “affluente” .

L’amore di coppia nella società di Long Island si alimenta di continui ammiccamenti, seguiti da corteggiamenti sempre più leggiadri ed esasperati,  per sottomettere ed inibire  l’oggetto delle manifeste brame. E poi, ottenuto lo scopo, sotterfugi anche infingardi, tutti ingredienti dell’ ingelosimento, per aggredire la passione del desiderio e vivificarlo nel tempo.   L’isolamento , la soddisfazione di un relax , lontano dalla bagarre della city  può essere una soluzione una tantum. Ma una coppia da poco sposata, in sintonia, poi deve essere partecipe di una vita di società, all’altezza di accortezze di modi e distinzione nelle scelte di tendenza della moda,  almeno uguale , se non superiore a quella dell’ambiente di lavoro. Ed allora si possono misurare i due livelli di amicizie e di confidenze che Annie e Robert  si potevano  scambiare, durante i propri impegni di lavoro. Il confronto di gruppo nelle occasioni mondane,  rimane una verifica molto efficace per misurare l’intensità di un innamoramento, perché non si dimostri essere vacuo e ondivago , ma radicato  in tutte le sue prerogative di costanza, come la stima, l’apprezzamento condiviso  della cultura, le meraviglie del comportamento, l’intelligenza del ragionamento e il carattere espresso con grinta, di fronte alle incombenze ed avversità della vita.

Non è facile per due sposi,  in una comunità così complessa ed estroversa, mentre va ad impattare con  la grave crisi del 1929, mantenere la barra diritta dei propri sentimenti . Soprattutto se la loro unione è frutto anche di valutazioni di interesse  e di “status symbol”.

[1] Il compito principale di Bacone è l’eliminazione dei pregiudizi, gli idola a cui è soggetta la nostra esperienza sensibile, dunque la nostra conoscenza: – idola tribus, comuni a tutta la specie, l’uomo è giustificazionista tende a giustificare le proprie azioni piuttosto che criticarle; – idola specus, sono i pregiudizi dell’individuo, (il nome specus si rifà al mito della caverna di Platone), ognuno di noi vive in una caverna, in una propria grotta. La nostra mente è spinta da pregiudizi che dobbiamo riconoscere, nonostante siamo portati a fare ciò che ci piace, ciò che più ci fa comodo; – idola fori, sono quei pregiudizi sociali ovvero derivati dalla “piazza”, cioè dal linguaggio e dai suoi equivoci, frutto di termini inusuali o di termini che non hanno corrispondenza nella realtà; – idola theatri, pregiudizi che derivano dalle dottrine filosofiche del passato (paragonate a scene teatrali).

[2] E’ la famosa frase dell’attore Tom Hanks  , interprete di Forrest Gump quando in corsa sulla strada Monument Valley Navajo Tribal Park ha un improvviso ripensamento sul “che fare da grande” dato che non si può correre tutta la vita.

 [3]Il  d.l. lgt. 1° febbraio 1917, n. 112.

[4] Giulio Douhet, il fondatore dell’Aeronautica Militare Italiana da : “La difesa nazionale- anno 1923”. Giulio Douhet (Caserta, 30 maggio 1869 – Roma, 15 febbraio 1930) è stato un generale italiano, teorico della guerra aerea, contemporaneo degli altri sostenitori del bombardamento strategico Billy Mitchell e sir Hugh Trenchard. Nel 1921 pubblicò il trattato Il dominio dell’aria che ebbe una grande influenza sui contemporanei e ancora oggi è oggetto di studi di ambito aeronautico-militare. (Da Wikipedia)

[5] Ibidem

[6] Fiorella Chierchia. I Borghi storici di Perugia.Edizioni Eranuova

[7] Vedi appendice 1

[8] Seta: Fibra tessile prodotta dalle secrezioni ghiandolari della larva di un lepidottero prima di iniziare la sua metamorfosi a crisalide e poi ad insetto perfetto e cioè farfalla; questo insetto ha molti nomi di origine: scientificamente è chiamato Bombix mori (per il fatto che si nutre esclusivamente di gelso), mentre comunemente è chiamato baco da seta o filugello (dal latino “follicellus“, sacchetto , alludendo alla sua abitudine a produrre bozzoli). Il baco secerne due bave di materia fibrosa che, con l’aria e tramite la sericina, si solidificano fra loro costituendo in forma di bozzoli dei filamenti continui lunghi fino a 800 mt.

[9] Un aforisma di Samuel Beckett

[10] Parola composta che deriva da gentry ‘piccola nobiltà’ (e per estensione ‘alta borghesia’) con l’aggiunta del suffisso –ification corrispondente all’italiano –ificazione, con il significato di ‘far diventare come.., prendere forma di..’.