UN CENTRO STORICO MEDIEVALE, QUASI UN’ENCLAVE CHE SI “RIPERPETUA” NELL’ANTICA TRADIZIONE DI BOTTEGHE DEL COMMERCIO E DELL’OPIFICIO ARTIGIANALE
Ogni Centro Storico (C.S.) delle centinaia di città d’arte e comuni medievali dell’Italia ha la sua storia, la cultura della propria intima antropologia e l’esteriorità dei suoi habitat paesistico-monumentali. L’insieme di questi parametri contribuisce a formare nel tempo lo “zoccolo duro” di una struttura socio-economica non facile da scalfirsi, in funzione di esigenze, anche pressanti e vessatorie, che progresso tecnologico, di mode contingenti, e di improbabili bench marking nella riconversione funzionale del rapporto risorse/impieghi, reclamano a furor di popolo. In particolare Perugia, e il suo C.S. delimitato dalle 5 porte medievali, con le sue evoluzioni di civiltà, dall’etrusco-romana-laica, alla medievale-rinascimentale-pontificia, fino alla risorgimentale-sabauda-massonica- è sempre stata gelosa della sua prerogativa di specificità identitarie.
Tuttavia, a partire dal dopoguerra degli anni ‘50 e dalle prime influenze d’oltreoceano, di capitalismo e società dei consumi, con la connessa e correlata progressività dell’automazione dei trasporti privati, Perugia, ed i perugini in particolare, hanno cambiato i propri connotati. Tutto doveva essere sacrificato al progresso della mobilità individuale. L’identità dell’individuo da valorizzare , ormai superate le classi di censo e di sangue, transitò prima nella cittadinanza, poi nel consumismo ed infine nell’automobilismo. Prova ne sia che a Perugia, per vicoli e vicoletti non vi era alcun divieto di transito per le automobili. Addirittura negli anni ’70 la magnifica scalinata che da Via Bartolo porta a Piazza Grimana, venne trasformata in un’ incredibile anaconda per automobili, lasciate in discesa ripida nell’agevolare il loro deflusso. In tal modo le attività produttive del commercio-turismo e dell’artigianato e le nicchie di cittadinanza dei residenti in “caduta libera”, riuscirono a convivere con quelle dei servizi pubblici e della pubblica amministrazione, in un clima di squilibrata ecocompatibilità.
Con l’introduzione della Z.T.L. (Zona a Traffico Limitato) ed il varo del sistema di locomozione ettometrica (scale mobili) e del Minimetrò si cercò di preservare il C.S. dall’inquinamento atmosferico ed acustico, limitando il traffico automobilistico privato. Da allora (anno 1978) ad oggi il C.S. mostra progressivi segni di declino: calo dei residenti, degli esercizi commerciali, a fronte di incremento di locali nelle tipologie di destinazione d’uso di negozi e civili abitazioni, ormai sfitti da anni.
Recentemente l’assessore al Marketing Territoriale, dr. Michele Fioroni ha focalizzato alcuni punti critici del C.S. considerato nel suo assetto odierno , ovvero di piena crisi identità strutturale e funzionale: 1) Sulla domanda: “Chi ha tempo di consumare non dispone delle risorse per farlo e viceversa”. Il che significa che non è facile trovare il target group giusto per soddisfare l’offerta del C.S. .2) Sull’offerta: il C.S. non è organizzato a sostenere “..un mix commerciale in grado di rendere l’esperienza del consumatore gratificante..”. In altri termini domanda e offerta non sono compatibili. 3) L’Assessore auspica che “.. l’esperienza di acquisto nel C.S. deve diventare più avvolgente, più ricca….perché sia i centri commerciali che l’ online …” fanno una concorrenza rilevante sia di prezzi, che di gamma che di qualità dei prodotti.
Ma il punto critico non è questo. L’Assessore parte da un C.S. nell’ottica strutturale conservativa del “sic stantibus rebus”o peggio ancora dello ”Hic manebimus optime. Io invece ribalto la questione, secondo il seguente format.
- Il C.S. ha risorse strutturali naturali da implementare con operatori dell’artigianato e del commercio e con residenti ad essi in sintonia di sinergie di funzioni e di scopo. Basta una ricerca e relativo censimento dei locali ed ambienti sfitti nei rioni, nell’ambito delimitato dalle 5 porte medievali per dimensionare il fenomeno nella sua realtà.
- Va innescato un progetto che formi giovani dalle attitudini di manualità e creatività, congeniali ad un artigianato artistico che rievochi le vocazioni settoriali e di aerea che possiamo rinvenire , ad esempio, nei lavori e ricerche di Luigi Catanelli sugli antichi opifici della lavorazione della pelle, della meccanica, dell’agroalimentare, della cosmesi, della maglieria, della cartotecnica, del restauro, della liuteria, tanto per citarne alcune sparse nei vari borghi delle 5 porte.
- Una strategia vincente potrebbe essere quella che dimostri che i nuovi insediamenti di “Casa & Bottega” divengono permanenti, in una dinamica di composizione di mestieri ed affetti familiari; cosicché l’insediamento divenga non univoco-individualista, ma biunivoco-familistico con il rifiorire di un’anima artigiana e il recupero di operatività di mestieri in locali destinati a laboratori e “lande” del C.S. da troppo tempo deserte.
- Il modello dello start up dell’insediamento artigiano lo ho già formulato e disegnato nel mio progetto “Casa & Bottega” nella categoria “Case history” del mio blog : rinofruttini.it. Tuttavia in questa sede sento la necessità di dare una visione compiuta di come vedrei un insediamento di tal fatta, già funzionante secondo linee di marketing di successo e conto economico, a saldo attivo. In primo luogo occorre mettere al bando ogni forma di trasporto privato, sia in sosta che in movimento, nell’ambito di un’area di insediamento di artigianato e di tutti quei servizi che sono di supporto sia al lavoro che alla residenza dei soggetti della comunità. Se pensiamo, ad esempio ad un borgo come quello che si estende da Piazza Grimana fino al Cassero di Porta Sant’Angelo e che assorbe un’area come quella della mappa che segue…..:
…..ebbene, potremmo identificarla e connotarla come un’“enclave polifunzionale ed autarchico” caratterizzata (o caratterizzabile) da un’autonomia socio economica in quanto i suoi componenti, che possiamo stimare, a regime del nostro progetto, in circa 1.000 soggetti, si mantengano con i proventi della propria attività. I consumi derivano da prodotti autarchici, di provenienza dalla piana tiberina, ricca di ortofrutta e carni di varia tipologia, fornite a mezzo di un addetto all’approvvigionamento ed alla commercializzazione dei prodotti in una superette che potremmo insediare in posizione baricentrica, a metà di Corso Garibaldi. Da tenere presente, ad esempio, che esiste già un produttore di tali caratteristiche di “agribusiness di prossimità”, l’impresa “L’Az. Ortofrutticola Settolmi di Zandonai Giuseppe”. L’itinerario dell’approvvigionamento è molto semplice: risale dalla strada comunale Ponte Pattoli/Ponte Felcino, risale per il Bulagaio, svolta per la strada di Fra Andrea da Perugia ed entra per Via Sperandio dalla porta Sant’Angelo. Lo stesso itinerario sarà quello seguito dai fornitori di materiali e materie prime per gli opifici e laboratori delle attività artigianali e di prodotti finiti per le esigenze dei residenti. L’area enclave, del tipo di quella dei quaccheri, anche se nel caso di specie di origine laico laburista, anche se la religione cattolica potrà avere un suo ruolo preminente tramite l’identità del rione di Porta Sant’Angelo, sarà interdetta ai mezzi privati; mentre i collegamenti di residenti, turisti, curiosi di passaggio saranno garantiti da un service tipo “Uber”, attivato e reso organico nella gestione dagli stessi residenti. Per quanto riguarda i servizi della P.A. essi saranno previsti, in un loro insediamento e potenzialità a seconda di come potrà svilupparsi l’enclave il quale tuttavia potrà beneficiare dei collegamenti innovativi cibernetici della banda larga da poco operativa a Perugia. In tal modo tutto il corso Garibaldi, libero da auto in sosta, potrà essere fruito pienamente dai soggetti interessati alla zona.
- Il marketing dei prodotti dell’enclave sarà progettato, programmato e gestito in relazione allo sviluppo che avrà il suo brand, monoprodotto o pluriprodotto. La strategia commerciale, dopo aver verificato, con una serie di blind & as market product test, la valenza dei prodotti ottenuti a “standard di produzione”, sarà orientata verso la vendita diretta dal laboratorio dell’artigiano, dal punto vendita concordato con esercenti dell’acropoli (Via Baglioni, Piazza Matteotti,Corso Vannucci, Piazza IV Novembre, Piazza danti e limitrofe) dove l’offerta si incontra , soprattutto negli eventi, con l’incoming turistico, ed infine con l’”e-commerce”, ormai molto attento ad offerte mirate a specifici target di acquirenti/consumatori.
- Come si sviluppa il progetto per il rione di Porta Sant’Angelo, così sarà anche per gli altri 4 rioni, tenendo presente che quello di Porta Santa Susanna e Porta Eburnea per le loro analogie strutturali e logistiche potranno essere conglobati in un unico progetto.
- Per i due rioni del Borgo Bello (Porta San Pietro) e Porta Sole (Porta Pesa Corso Bersaglieri) c’è molto da imparare da quello che le rispettive Associazioni sono state capaci di realizzare da qualche anno a questa parte. Manca tuttavia lo start up di iniziative stabili e consolidate in produttività e risultati economici.
- Infine il paragrafo, non peregrino, di tempi, metodi e coperture finanziarie. Posso solo dire che i tempi sono a medio-lungo termine (5-10 anni) il metodo è quello di trovare e selezionare soggetti con un profilo ben definito, che siano i proprietari degli immobili, i giovani potenziali artigiani da formare , gli esperti del marketing da affiancarli, idonei allo scopo. Il finanziamento sarà cospicuo, visto che le poste di costo sono:
- Ristrutturazione e/o restauro conservativo dei locali.
- Finanziamento dei corsi di formazione
- Finanziamento del progetto e relativo start up di ogni opificio artigianale.
- I titolari di attività artigianali e commerciali innovative : almeno 200.
La fonte dei finanziamenti non potrà che essere il Ministero dello Sviluppo Economico.
Perugia, 20 gennaio 2018.
Dr. Rino Fruttini