A tua disposizione per approfondimenti consulenziali …

 

 

Da Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviata il : venerdì 27 ottobre 2017 09:26
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Titolo: A tua disposizione per approfondimenti consulenziali (ovviamente gratuiti) e per consigli sulla innovazione della linea editoriale in materia di P.A., di “renzismo” e di “padanismo” ti saluta cordialmente il tuo….

Caro Vittorio (Feltri),

finalmente un titolo e un contenuto editoriale a firma di Giuliano Zulin, non a caso veneto di Legnago,  che risponde alle mie raccomandazioni, di almeno tre email or sono , ovvero di estendere il parametro di produttività della P.A. delle regioni del nord almeno a quelle del sud   che più si distaccano da tale performance. Ed il concetto va ben oltre l’attenersi ai costi standard semplicemente per l’acquisto centralizzato di siringhe, o commodities  per la Sanità come fa, malamente, la Consip.

 

Vediamo dunque come le regioni virtuose del nord possano  esportare a quelle del Mezzogiorno i loro standard organizzativi e gestionali  di eccellenza, come si usa dire . Una prima ipotesi. La Lombardia decide alcuni spin off in Calabria imperniati su tecnologie e know how lombardi e su finanziamenti di start up del MISE con i soldi di tutti i contribuenti. Si tratta non solo di elaborare idea di impresa e progetto esecutivo, ma anche di seguire l’esercizio di costruzione ed assicurare l’assistenza tecnica almeno per i primi due esercizi di avviamento. I padani sono pronti per svolgere tale ruolo ? Ho recenti  esempi professionali non molto confortanti al riguardo.  Una seconda ipotesi. La regione Calabria deve realizzare un progetto per le infrastrutture. Analisi dei costi di materie prime , di lavorazione e di progettazione debbono essere parametrati, secondo la tecnica del bench marking,  a quelli della regione virtuosa: la Lombardia. Così pure la realizzazione di una nuova struttura organizzativa ospedaliera nella sanità.  E pur tuttavia sia nel primo che nel secondo  e terzo caso si potrebbero porre delle  obiezioni, da parte di tutor  padani del tipo : “ma come, mi vado a fare concorrenza da solo ; e dove lo mettiamo il rischio di cannibalizzazione: non più malati del sud in pellegrinaggio verso i  centri di eccellenza padani, o pubbliche amministrazioni calabresi  che danno in appalto a imprese padane le innovazioni delle infrastrutture o target di acquirenti/consumatori calabri che acquistano beni di largo consumo nella grande distribuzione meridionale realizzati da produttori calabri con l’assistenza tecnica di produttori padani?” .

Potrei citare un esempio concreto di come si sia svolto un programma Padania/Campania in tempi antichi di normale autonomia regionale. La Parmalat nel 1984 trovò rilevanti opportunità nell’Irpinia,  a Nusco, grazie all’amicizia di Calisto Tanzi, proprietario dell’azienda , con Ciriaco de Mita segretario  della DC. Con un investimento di un miliardo di lire di capitale proprio, e 10 miliardi del MISE, Tanzi realizzò una mega struttura lattiero casearia che dava lavoro a centinaia di operai. Poi in Basilicata nacque lo stabilimento di biscotti a marchio Mr. Day.

Il cappuccino dei bar meridionali  veniva preparato “rigorosamente” con latte “uperizzato” (a lunga conservazione) Parmalat la cui materia prima proveniva anche dagli allevamenti  dell’Irpinia e degli altopiani del Pollino della  Basilicata e delle Murge di  Puglia. Nella distribuzione alimentare i prodotti Parmalat avevano raggiunto un’ottima capillarità e giro d’affari in tutto il Mezzogiorno. Poi , dopo un periodo di crisi, una volta tanto addebitabile all’imprenditore padano e non agli handicap meridionali, gli stabilimenti Parmalat sono lì in piena attività. E come questo molti altri esempi di sinergia, Nord/Sud , mediati con   finanziamenti a fondo perduto dello Stato centrale di “Roma ladrona”. Di contro molti sono gli episodi cosiddetti delle “cattedrali nel deserto” , ovvero di insediamenti industriali , finanziati con le risorse dello Stato ,  rimasti  chiusi per fallimento .

Ora i padani non vogliono continuare a finanziare questi processi di integrazione economica e di compartecipazione sociale alla crescita del Mezzogiorno. E possono anche avere ragione, poiché il gettito fiscale padano deve seguire un alveo che non sia dello spreco e dell’incompetenza. Ma l’alveo comunque ha ed avrà sempre tre direzioni: una parte rimane nella Padania, un’altra va a Roma ed una terza a Bruxelles. Forse è sfuggito ad alcuni che , data la overlapping ideologica fra padani e leghisti, anche l’alveo della fiscalità padana verso Bruxelles, in quanto  anch’essa ritenuta “ ladrona”,  è contestato.

Infine, a concludere nella linea di Giuliano Zulin  e del suo articolo, per avere la certezza che la fiscalità di competenza romana  sia controllata dai suoi titolari, ed ottenere quei risparmi di costi di gestione,ovvero del  personale, per  20 miliardi di euro all’anno, si presentano due alternative: blocco del turn over dei dipendenti della P.A. per almeno cinque anni, in modo che la produttività dell’apparato statale raggiunga i livelli della media europea; oppure recupero del personale esuberante verso nuove mansioni in prestazione di servizi della burocrazia 4.0 ,  o verso  la copertura manageriale  efficientistica di strutture di proprietà della P.A. rimaste obsolete per mancanza di implementazione di idee progettuali verso la loro innovazione di destinazione d’uso. Almeno una decina d’anni : è questo il target temporale di un simile progetto per un incremento aggiuntivo del PIL . Il che comporta una stabilità del processo di decisione della politica, ai livelli legislativi ed esecutivi che al momento sono nel libro dei sogni.

Un’altra ipotesi progettuale è quella delle macro regioni , come previste qualche decennio fa dalla Fondazione Agnelli .   In tal caso la combinazione di aggregazioni fra regioni più virtuose  e meno virtuose  e l’accorpamento di  competenze e funzioni avrebbe potuto ottenere senza alcun dubbio miglioramento di efficienza nello svolgimento delle mansione, efficacia nella prestazione dei servizi al cittadino ed economie di scala non solo di costi ma come risultato di sinergie culturali e gestionale-organizzative.

Ed infine, tanto per non infierire sulla dabbenaggine di quel 59,1% di votanti a favore del NO, con la riforma costituzionale respinta il 4 dicembre u.s.   avremmo avuto a disposizione della democrazia e della burocrazia della Repubblica un  Senato in grado di legiferare in materia regionale con quei raffronti di perfomance fra le varie regioni , fonte di economie da “bench marking” che l’amico Giuliano Zulin evoca nel suo articolo di ieri  (26 ottobre).

Al solito siamo un popolo che se la canta ( polemica contro l’Europa e l’Euro) se la suona (polemica contro lo Stato centrale identificato con “Roma ladrona” ) e se la prende nel deretano ( il 59,1% degli italiani ha respinto la riforma costituzionale). Una forma di masochismo mai prima d’ora riscontrato nello scenario della politica.

A tua disposizione per approfondimenti consulenziali (ovviamente gratuiti)  e per consigli sulla innovazione della linea editoriale in materia di P.A., di “renzismo”  e di “padanismo”   ti saluta cordialmente il tuo

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RINO FRUTTINI