E mi fa strano che un intellettuale del tuo calibro non abbia valutato questo rischio, a prescindere da un patriottismo “orobico” da italietta umbertina.
Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviata il: lunedì 23 ottobre 2017 09:20
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: E mi fa strano che un intellettuale del tuo calibro non abbia valutato questo rischio, a prescindere da un patriottismo “orobico” da italietta umbertina.
Caro Vittorio,
dalla lettura degli ultimi numeri di Libero mi pare sia stata fatta un po’ di confusione in materia di politica economica, in particolare sulla formazione del PIL e la lievitazione dell’ “economia non osservata” pari a 208 miliardi di Euro (economia sommersa, ovvero non tassata, economia criminale, economia dei soggetti che evadono , siano essi imprese o individui anche senza partita iva) e intorno agli 817 miliardi di crediti in sofferenza dello Stato . Sulla base di queste due notizie resta inspiegabile, caro Vittorio, come siano stati formulati due articoli dal titolo, e contenuto ad esso sotteso, come quello di Ugo Bertone, del 12 c.m. ( “Senza sommerso, debito /Pil sotto il 100%”) ed il tuo fondo del 20 c.m. (“Se il debito pubblico è fuori controllo, colpa di chi froda il fisco”).
Ebbene, a prescindere da questioni morali , che ci impongono di denunciare e deprecare sempre e comunque l’evasione fiscale, che sottrae risorse alla P.A. e il business del malaffare, che comunque alimenta il PIL , se vogliamo rimanere in una corretta “analisi del valore”, alternativa nei limiti di legge a tale situazione malavitosa , andiamo a ipotizzare che cosa sarebbe accaduto a PIL, Gettito Fiscale e conseguente livello del Debito Pubblico di fronte ad uno scenario virtuoso, secondo l’ipotesi di scuola di Bertone enfatizzata nel testo dell’articolo: “ Scegliete voi quel che si potrebbe fare se lo Stato potesse disporre dei 208 miliardi che secondo l’Istat finiscono ‘nell’economia non osservata’ ” . E’chiaro che la grandezza si riferisce all‘insieme della “economia non osservata” che si contabilizza nel PIL, come rilevato dall’Istat, alla voce : investimenti, consumi e risparmi. Le somme evase, tolte alla disponibilità dello Stato, potrebbero essere stimate intorno al 35% pari a 72 miliardi di Euro. Lo Stato avrebbe potuto impiegare tale gettito per interventi della P.A. , statele e locale, pari a due finanziarie : fra i 20 ed i 30 miliardi di Euro. Ma questo in teoria. In pratica le imposte evase rientrano nel circuito perverso dell’economia non osservata che, per circa la metà ovvero intorno ai 35 miliardi di Euro è semplicemente evasione di imprese e di “lavoratori in nero”. In tal caso si dovrebbe dimostrare che 35 miliardi affidati alla gestione di spese correnti o in conto capitale fatte dallo Stato avrebbero provocato maggiore valore aggiunto che non spesi dalle imprese e dai lavoratori. E’ come fare un confronto fra l’efficacia del “moltiplicatore keinesiano” della spesa dello Stato e il reinvestimento privato di inopinati profitti ricavati da cittadini evasori . E la dimostrazione non è facile da sostenere. Tu stesso, caro Vittorio, te la prendi sempre con Roma ladrona , in mano ai ..”mannaccia che sfruttano la gente settentrionale per vivere a sbafo” . Così almeno concludi nel tuo fondo di ieri, sabato 21 ottobre , quando ti avventuri a sostenere un referendum sull’autonomia di quelle regioni che, a prescindere dalla loro genesi “orobica”, hai sempre sostenuto fomentatrici di burocrazia e prima causa della lievitazione del debito pubblico degli anni ’70-’80.
Singolare è la tesi che vai a sviluppare , poi , caro Vittorio, nel tuo articolo di fondo di venerdì 20 ottobre quando affermi nel titolo sopra citato che : “Se il debito pubblico è fuori controllo colpa di chi froda il fisco”. Insieme alle tesi di Giuliano Zulin vai a completare un concetto un po’ estemporaneo : se non vi fossero gli € 817 miliardi ( e non si capisce se siano di evasione, come tu affermi, o di crediti in sofferenza degli ultimi 10 anni dell’Agenzia delle Entrate verso i contribuenti come invece li riporta Zulin) l’economa nazionale sarebbe salva. Purtroppo gli ultimi dieci anni sono stati disastrosi per l’economia reale delle imprese e così, a cascata, per le banche, come per lo Stato. I suoi debitori , evasori di imposte/tasse sono ormai decotti nell’indigenza. Per di più lo Stato non ha a garanzia beni patrimoniali, nello stesso rapporto con cui le banche lo hanno ottenuto dai loro clienti fruitori di prestiti e mutui. Se si riesce a recuperare almeno il 20% di questa massa di crediti inesigibili, in sofferenza o a garanzia immobiliare è grasso che cola. E nello specifico siamo di fronte non a imprenditori che hanno goduto di un mutuo bancario, ma di cittadini che non hanno chiuso i bilanci con profitti, ma con perdite. E basta osservare il bilancio a campione delle PMI dell’ultimo decennio o riprendere la storia dei fallimenti: è facile comprendere come il fenomeno sia stato fisiologico, in uno scenario di fattori esterni della crisi della globalizzazione dell’economia, rispetto alle limitate funzioni delle imprese a navigare a vista nei tentativi di sopravvivenza. Ed altresì è facile capire che se da una parte si soffre dall’altra gli speculatori beneficiano dei proventi della cosiddetta “economia non osservata”. In sintesi il PIL è un valore che assomma tutta la ricchezza di una nazione, comunque e qualunque essa sia. E le “pippe” mentali di percentuali, analisi del valore, etica finanziaria lasciano il tempo che trovano !
Caro Vittorio, ti prego, accantona conteggi ragionieristici di partita doppia, per la quale né io né tu siamo particolarmente adatti. Per cui le cifre sopraddette lasciamole alla valutazione della Ragioneria dello Stato , unica in grado di verificarne estendibilità ed esigibilità. Pensiamo invece come venirne fuori, da questo “cul de sac” , come quello dell’autonomia delle regioni più ricche, sulla base della loro cosiddetta “specificità”, ovvero mezzucci di fuorviante attenzione del cittadino, dai veri problemi della sopravvivenza nel quotidiano.
Mi domando dove erano i governi di centro destra , con i loro ministri della Riforma della P.A. (Calderoli e Bossi), del Bilancio e programmazione ( Pagliarini) delle Finanze (Tremonti ) dell’Interno (Maroni) tanto per citarne alcuni che in dieci anni di governo non sono stati capaci di ammodernare l’apparato dello Stato, nel senso di renderlo efficiente nella gestione delle funzioni consolidate, innovativo verso nuove funzioni che la moderna tecnologia della gestione della burocrazia comporta, tenendo presente che il personale addetto a tali mansioni è sempre stato esuberante e inutilizzato (o malamente utilizzato) rispetto alle mansioni da svolgere ? E dove sono i risultati in efficacia dei servizi da ottenere a favore della soddisfazione dei bisogni dei cittadini?
Ora , caro Vittorio, siete andati a ficcarvi nel “cul de sac” referendario sopramenzionato, che non potrà fare altro che provocare nuova burocrazia, spese ed inefficienze della P.A.A. (pubblica amministrazione allargata) che coinvolge anche quella apparentemente virtuosa delle due regioni che si ritengono depositarie di “specificità” che in corretti bench marking con le altre regioni europee rientrano negli standard usuali. La cosiddetta “devolution”, non a caso trasformata in referendum sull’autonomia/indipendenza rischia di spaccare lo Stato in una babele di piazze referendarie (altro che “piccole patrie” teorizzate dal Censis di De Rita !) questuanti e rivendicazioniste, senza alcuna remora di doverose analisi di comportamenti coerenti con le responsabilità di Status. Così si rischia l’anarchia totale, il nichilismo . E mi fa strano che un intellettuale del tuo calibro non abbia valutato questo rischio, a prescindere da un patriottismo “orobico” da italietta umbertina.
Cordiali saluti
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RINO FRUTTINI