Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviata il: mercoledì 18 ottobre 2017 13:45
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: Il punto sulla linea editoriale di Libero con la direzione dell’amico Vittorio.
Caro Vittorio,
a poco più di un anno dall’inizio della tua direzione di Libero è giunto il momento di fare un bilancio del tuo giornale del quale, come avrai compreso, sono un attento lettore. Bilancio è una parola grossa. Diciamo invece una verifica di come argomenti e approfondimenti della società e della politica siano stati offerti ai lettori negli scritti della tua interpretazione e di quelle dei tuoi collaboratori , ovvero della linea editoriale di “Libero”. La tua prosa caustica ed essenziale ,nell’argomentare fatti, fenomeni ed avvenimenti porta a conclusioni che non possono che essere di parte; eppure non parziali, ma ecumenici. Ne emerge una caratterizzazione ideologica che è pregnante per le singole tesi presentate ai lettori, e al tempo stesso soggetta a rischi di fenomenali “misunderstanding”. Provo a entrare nelle singole operazioni di informazione e di opinion leadership da te svolte e indirizzate nel corso del 2016-2017. Vado per gradi , in una sequenza di scenari ad algoritmo deduttivo.
Politica estera: la sconfitta della Clinton alle elezioni presidenziali del dicembre 2016 è stata il frutto di un sistema elettorale che sicuramente non si può definire proporzionale. Con ben 3 milioni di voti nel differenziale a favore della Clinton, Trump tuttavia ha conquistato 304 elettori contro i 227 delle Clinton. La mappa che segue è significativa:
Gli Stati Uniti d’America, da tutti vagheggiati come un esempio di democrazia diretta, quasi referendaria nelle volontà del popolo sovrano, in realtà vede soccombere la Clinton con il 48,2% dei voti, di fronte al vincitore Trump con il 46,1% . E qui, caro Vittorio occorre mettersi d’accordo sulla regola da adottare, anche in Italia. Il proporzionale è origine di ingovernabilità; il maggioritario dà garanzie di stabilità di governo; il referendario, non ultimo quello per l’autonomia fiscale e l’egocentrismo secessionista di Lombardia e Veneto , provoca caos istituzionale e complicanze gestionali della P.A. Se vogliamo una fiscalità più giusta ed equilibrata , come quella che richiede il Lombardo Veneto non è che con il decentramento possiamo trovare una soluzione. Forse che vogliamo ritornare all’Italia degli 8 staterelli prima del convegno di Plombier del 1858? (vedi mappa che segue)
E torniamo a Donald Trump, poiché il suo successo, come quello di Macron in Francia e l’affermazione dell’altro ieri del trentunenne Kurz in Austria sono fenomeni elettorali da scombinare tutte le analisi sociologiche.
Potrebbe sembrare che la sua elezione sia la sintesi del malcontento della popolazione proletaria americana. Ma non si capisce dove tale insoddisfazione nasca. Una nazione con un tasso di fecondità (numero medio di figli per donna) di 1,8, , con un trend del PIL degli ultimi cinque anni del 4% medio, e con un tasso di disoccupazione assestato al 5% ha dunque i fondamentali dell’economia, in ordine come si usa dire fra gli addetti ai lavori. In realtà le statistiche, soprattutto quelle sulla disoccupazione spesso sono formulate secondo lo schema Trilussa dei polli in tavola :
…”da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perch’è c’è un antro che ne magna due”.
La realtà è che , come accade anche in Italia, non tutti i giovani in età da lavoro sono anche in cerca di lavoro comunque e dovunque. E lo scontento che nasce da tale condizione , non propriamente di grave indigenza economica si chiama “populismo”, ovvero la protesta di coloro che , pur non essendo indigenti, dedicano il loro tempo disponibile, invece che a cercare lavoro ,a protestare sui social network. Un populismo che Trump è stato molto abile a cavalcare.. Si tratta di quel populismo, caro Vittorio, che anche tu hai stigmatizzato con il titolo di Libero del 14 ottobre: “ Gli studenti protestano: non vogliono lavorare”.
Anche Salvini in Italia è molto accorto nell’alimentare e strumentalizzare uno scontento del cittadino verso la politica che costa troppo e non produce posti di lavoro, almeno sotto casa dell’inoccupato (o disoccupato). E come lui anche l’insieme “sinistro” delle opposizioni ai Dem di Matteo Renzi produce quell’aggregato di fermentazione del malcontento nazionale, che ormai è divenuto uno sport nazionale. E le partite di insulti e dichiarazioni polemiche sono all’ordine del giorno nei campi della competizione sciovinista dei social network. Renzi lancia gli 80 euro mensili a famiglia. Pronta la replica: è un’elemosina , un’offesa alla dignità della famiglia italiana. Renzi finalmente (Berlusconi ci aveva provato più di una volta a superare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori) rende più flessibile il mercato del lavoro con il Jobs act. Il sindacato lo attacca , dicendo che è una porcheria perché baratta il contratto e termine con il part time. Renzi trova le risorse per finanziare l’innovazione d’impresa giovanile nel Mezzogiorno. Ed ecco che i leghisti protestano, perché con i loro soldi li va a spendere malamente in investimenti al sud.
Cito solo alcune delle questioni aperte sul tappeto che emergono dalla lettura quotidiana di Libero. Altro tema all’ordine del giorno, ormai da anni, è quello dell’immigrazione, che ora , nell’analisi degli input/output , coinvolge anche l’emigrazione dei giovani talenti dall’Italia. Ebbene, per questo tipo di output chi ne scrive come di un fenomeno negativo, ha preso un colossale abbaglio. Quasi tutti i giovani che hanno voglia di lavorare vanno alla ricerca di un posto di lavoro, congeniale alle loro competenze, capacità, attese di carriera. E che male c’è se trovano una soluzione quasi al 100% in altri paesi dell’EU. In fondo è una eccezionale prova della validità di questa Unione e Integrazione degli Stati Europei, che sempre più vanno amalgamandosi nel plafond essenziale degli scambi con la moneta unica. Certo, tale fenomeno è in contrasto con il populismo dei vari Salvini, Maroni , Zaia, ed ora ci si mette anche Emiliano per la Puglia. Ma che vuoi fare, caro Vittorio, c’è chi rema con l’algoritmo della storia e chi invece ne inceppa il motore, con piccole quisquiglie da cortile. Ma c’è l’altra questione dell’immigrazione. Il suo pericoloso input dal continente africano per il quale la posizione che ha preso Libero mi trova completamente d’accordo. Dobbiamo evitare che si presentino sui nostri mari, sulle nostre coste di confine nel Mediterraneo con l’Africa emergenze di immigrati con minori, donne , potenziali terroristi . Non possiamo correre il rischio di diffondere per le nostre città, in un pericoloso scenario di buonismo e carità cristiana, centinaia se non migliaia di disgraziati che pensano di avere trovato una soluzione ai loro problemi di sopravvivenza elemosinando e/o delinquendo. Occorre invece portare a compimento quella cooperazione internazionale che seriamente sappia intervenire nelle economie degli stati africani con incentivi agli investimenti ed al lavoro, avendo poi la possibilità di controllare che il loro sbocco economico avvenga con criteri di democrazia e almeno un minimo di produttività.
Infine , caro Vittorio, un piccolo e modesto suggerimento di politica economica. Quando si parla di fondamentali di economia evitate titoli assurdi, come quello di Libero del 12 ottobre pag. 3: “Senza sommerso debito/Pil sotto il 100%” perché se il reddito nazionale fosse stato privato dei 208 miliardi di euro definiti dall’Istat “ Economia non osservata” in realtà il PIL non si sarebbe incrementato di pari importo, e il rapporto Debito/PIL di conseguenza sarebbe aumentato. In buona sostanza anche il magma del sommerso “produce PIL”. Certo meglio sarebbe se quei 208 miliardi fossero stati frutto di attività legali e come tali soggette a prelievo fiscale. E ancor meglio sarebbe se l’apparto dello stato fosse organizzato in modo tale che tutti i suoi componenti, strutturali e gestionali, fossero produttivi , incrementando il numero delle pratiche (o di altre funzioni dei servizi al cittadino ) svolte, nell’unità di tempo e per unità di lavoro secondo i famosi “costi standard” tanto reclamati dalla Lega.
Spero che questo mio dire abbia contribuito a fare chiarezza sulla linea editoriale di Libero, un quotidiano che seguo sempre con simpatia
Tuo aff.mo
Rino Fruttini