“… ma la carta stampata (e tu me l’insegni) è un’altra cosa”.

Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: giovedì 27 luglio 2017 16:29
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: Caro Vittorio, “… ma la carta stampata (e tu me l’insegni) è un’altra cosa”.

 

Caro Vittorio,

la lettura odierna ( giovedì 27 luglio) di Libero con il tuo “doppio fondo” : “Onorevoli Fancazzisti” e “ Macché populista………..”,  mi ha consentito una piacevole apertura di prima mattina, tanto più in vacanza marina, nei pressi dell’Argentario. A proposito : qui Libero non arriva in edicola, se non espressamente richiesto.

Dunque un buon caffè e il tuo articolo di fondo, centrato sull’interpretazione dei dati Istat, delle  povertà più o meno latenti e  farraginosamente rilevabili  con gli strumenti demografici poco significativi nell’ottica empirica della tua esperienza, poteva essere un buon “incipit” di inizio giornata.  Anche se il tema all’ordine del giorno  non è di quelli che tengano alto il morale. Ma almeno mi sono letto una prosa di brillante esemplificazione sul modo di arrangiarsi di  questo target di “ italiani brava gente”. La pensione del nonno, il pollaio con l’uovo fresco della gallina  della nonna; il buono postale a scadenza  e copertura di qualche avvenimento imprevedibile  e magari, non si sa mai, un vitalizio “grillino”  per giovani in cerca di prima occupazione.  Ma i nodi al pettine sono ben altri, come il tuo articolo lascia capire nelle more della sua morale.  Giavazzi  dunque non ti convince , con il suo schema giacobino sul populismo  di “Lega” e “Cinque stelle”. Ed allora il tuo ragionamento ti porta a concludere che siamo pur sempre un popolo di piagnoni. E  le nuove povertà in fondo sono un’invenzione di qualche modello di econometria statistica, tanto caro al  professore  bocconiano,  in cerca di allocazioni governative, sperimentali per ricette di rilancio di PIL e quant’altro, funzionale a detta ripresa. Ed anch’io potrei convenire con te che, stante le rilevanti frange di economia sommersa, certi fenomeni  andrebbero quantificati con maggiore oculatezza e minore presunzione scientifica. In sintesi con maggiore “over all feeling”, ovvero quella nasometria che ci ha fatto tanto apprezzare gli Einaudi, i Merzagora senza voler risalire ai Quintino Sella! Tuttavia, caro Vittorio, mi sorprendi quando con il tuo secondo fondo esordisci: “Mentre in Italia la gente muore di fame…” a proposito di una nuova categoria socio-economica ad essa contrapposta : i “fancazzisti” ; ed un buona sostanza prendi per buoni gli allarmi di Boeri, Grillo, Giavazzi & C. sulle “nuove povertà”. Mi sia consentito rilevare una certa contraddizione concettuale fra i due articoli.

Ed allora colgo l’occasione per una tiratina d’orecchi al dr. Paragone laddove, in un recente articolo sulla Boschi dimostra nei confronti della giovane,bella e preparata “ex Ministro

 per le Riforme Costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento” un’acrimonia degna di miglior causa, essendo stata colta dal predetto, in una manifestazione dei DEM,  a difendere la Riforma Costituzionale ed il Jobs act del Governo Renzi. Ormai è chiaro a tutti; e lo sarà ancor di più nei prossimi  anni cosa gli italiani  con il loro 60% a favore del NO alla riforma abbiano perso di snellimento del processo burocratico, di riduzion e dei costi della politica e di moralizzazione nelle gestione della “cosa pubblica” . Poi, per il jobs act, se Paragone fosse stato più al dentro di microeconomia, ovvero di sistema dei fattori di conto economico aziendale delle PMI e di snellimento nelle procedure di flessibilità del “fattore lavoro”, si sarebbe reso conto, come d’altro canto anche tu, caro Vittorio te ne sei reso nel tuo articolo su Giavazzi, che i dati delle statistiche , anche quelli del lavoro, vanno saputi leggere nei loro valori assoluti e interpretare per il trend semestrale ed annuo da essi sotteso ed estraibile con il buon senso dell’esperienza: “cum granu salis” del buon padre di famiglia, come ci hanno insegnato al liceo.

Ma si sa: Paragone è un bravo conduttote di “talk show” dove si esterna prima di aver pensato. Ma la carta stampata (e tu me l’insegni) è un’altra cosa: prima di scrivere si ha tempo per pensare.

Con l’affetto di sempre

 

RINO FRUTTINI