Le fesserie di Renzi e il fondo di Eugenio Scalfari

Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: lunedì 23 gennaio 2017 18:43
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: Le fesserie di Renzi e il fondo di Eugenio Scalfari

 

Caro Vittorio,

appena letto il tuo fondo di oggi debbo vergare la seguente frase :  Anche tu come tutti i tuoi colleghi che fanno opinione con  sentenze problematiche  del tipo : “che avverrà dopo Renzi? Che ne sarà dell’Europa dopo la Brexit? Che scenario disastroso dopo Obama?”;  anche tu come tutti tuoi colleghi, dovete per  una inconsapevole visione pessimistica del futuro, evocare il “tanto peggio”, comunque e dovunque, quasi per definizione. Dopo Renzi? Eccoti il tanto dileggiato  conte Gentiloni Silverj. E’ come ai tempi della prima repubblica; in fondo la governabilità veniva garantita dal perno delle alternanze sulla D.C.. Se non è pappa, è pancotto. E così via, fino alla politica dei due forni, dalla quale derivò un mercimonio di finanziamenti ai partiti. Una bazzecola al confronto con il conflitto di interessi che emerge ogni volta che l’elettorato, il popolo sovrano, decida di assegnare uffici e competenze della PA a qualche esperto in  materia di economia, nelle sue varie applicazioni nel marketing, nell’organizzazione,   nelle opere infrastrutturali di pubblico interesse. Voglio vedere che tipologia di interessi verranno ad emergere nei confronti di Ronald Trump quando firmerà atti legislativi in materia immobiliare con tutti i suoi derivati: edilizia,commercio,  grande distribuzione, agenzie immobiliari, turismo alberghiero ed extra alberghiero, editoria, banche commerciali . Certo non è quel miserabile bancarottiero, indebitato fino ai capelli,  descritto recentemente da Carlo De Benedetti nell’intervista a Lilli Gruber su 8 e 1/2. Al confronto  lo spettro delle ipotesi berlusconiane di conflitto di interessi  impallidisce.

Vado poi a leggere il fondo su Repubblica,  oggetto del tuo “rapporto conflittuale  di carta stampata”, alias Eugenio Scalfari. Ebbene il cappello del suo dire sta al contenuto del suo fondo come il cilindro del vecchio Frak di Modugno sta alla coppola di don Ciccio Tumeo nella battuta di caccia con il principe di Salina nel romanzo Il Gattopardo.

Allora mi viene in mente qualche passaggio nel mio terzo libro, un romanzo di guerra in fase di magmatica elaborazione, laddove sto narrando il clima  del primo dopoguerra, farcito di novità culturali del futurismo e della prosopopea del superuomo Nietzschiano,  secondo la liturgia di Gabriele D’Annunzio  nella repubblica del Carnaro. In tale contesto sto inquadrando il personaggio protagonista  che risponde al profilo di un mio zio aviatore, uno dei “ragazzi del ‘99” che dopo un anno di ricognizioni aeree sugli  scenari di guerra del Carso, dopo la ritirata di Caporetto visse l’esperienza fiumana. E dovrò attrezzarmi in fantasie guerriere e in  retrovie di comportamenti borghesi e proletari , per narrare intorno ad una comunità eterogenea, disinibita e  dannunziana, appunto, e far risaltare il clima culturale che condizionò l’Italia, da lì fino agli epigoni della seconda guerra mondiale.

Un accenno a tutto ciò, non per una narrativa fine a se stessa, ma a capire come può maturare una cultura, come quella contemporanea ;  e poi non sappiamo  spiegarci  come il malcontento della società statunitense,  ad esempio ,con un PIL ed un livello di disoccupazione , dimezzati rispetto al nostro, possa aver votato a favore di un miliardario pantagruelico ed affluente come Trump. E tanto meno mi so rendere conto come in Italia  il 60% dei votanti, che fino all’altro ieri si lamentava del costo della politica e della burosaurocrazia  da essa scaturita , abbia potuto respingere  il referendum sulla riforma costituzionale, da anni richiesta a gran voce.

E diagnosi in tal senso, se quella di Scalfari è pleonastica, la tua è superficiale e pertanto insufficiente a spiegare alcunché.

Soltanto da un’analisi seria , la società italiana dopo essere stata  dispiegata  sul  lettino di un psicanalista, esperto di sociologia potrà trovare una risposta razionale alle rilevanti fesserie commesse negli ultimi venti anni. Che vedi caso sono quelle di Berlusconi, D’Alema, Prodi. Da Monti in poi è stato più facile cercare di rimediarne gli effetti. E quelle che tu dici “le fesserie di Renzi”, al confronto sono bazzecole.

Un caro saluto,

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RINO FRUTTINI