Il pessimismo leopardiano di Vittorio Feltri

Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: sabato 7 gennaio 2017 19:15
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: Il pessimismo leopardiano di Vittorio Feltri

Caro Vittorio,

la lettura di oggi , sette gennaio, del tuo giornale mi dà come al solito l’esigenza di una breve replica , su due punti. Il tuo articolo mi riporta agli anni della nostra giovinezza. E’in stampa  un mio libro autobiografico , con i tipi di Albatros (“Quasi come Forrest Gump”). Mi ci ritrovo ,  quasi fraternamente,  nelle tue rievocazioni , compresa quella un po’ pedestre, nel senso etimologico e paragnostico  di “chiuso in trite consuetudini” , come fu quella del surrogato di ”rettangoli di carta di giornale “ alla carta igienica.

Nell’anno scolastico 1959-1960 vinsi la corsa ad ostacoli nei campionati studenteschi . La coppa provinciale andò al Liceo Scientifico G Alessi di Perugia . Vedi la foto opportunità, con Preside ed autorità varie. Io sono accovacciato, il primo da destra. Dunque, almeno per me  un anno più che positivo, propedeutico alla brillante licenza liceale dell’anno dopo .

 

 

A scuola, come tutti gli studenti  ho studiato il Leopardi. Mi pare, leggendo il tuo articolo fino in fondo, che il grande poeta del romanticismo  con il suo pessimismo abbia  fatto  proseliti insigni.

E vengo al secondo punto : l’Incorniciato  “Appunto di Filippo Facci”. Mi congratulo con lui. Ti prego di fartene partecipe. Infatti la morale che ne traggo la ritrovo tutta nella mia e mail del  10 dicembre 2016   che riporto integralmente: