Ed allora consentimi di parafrasare il leitmotive della canzone di Battisti :”Tu chiamali se vuoi, algoritmi !”, dove algoritmi sta per “emozioni”.

De: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Enviada em: venerdì 29 settembre 2017 09:04
Para: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Assunto: Ed allora consentimi di parafrasare il leitmotive della canzone di Battisti :”Tu chiamali se vuoi, algoritmi !”, dove algoritmi sta per “emozioni”.

 

Caro Vittorio,

proprio non ci voleva la tua dissertazione, quasi una “lectio magistralis” sull’algoritmo, quale strumento logico che sovraintende ai  fenomeni  dell’universo intero. Il termine, con il suo etimo “al-Khwarizmi“, impersonato nel nome di un  importante matematico arabo del nono secolo, è di  natura islamico –musulmana. (Te ne devi fare una ragione).  Forse per questo te lo poni nei tuoi stilemi , peraltro molto acuti e coinvolgenti, come una pregiudiziale in un sillogismo aspramente critico , il quale si erge sulla comunità tutta, “..in questi primi  pleniluni del millennio.. come una specie di drago sputa fiamme al guinzaglio dei sapientoni per incantare la plebe e trasformarla in gregge ossequiente”. Con questa metafora chissà quanti soloni, scribi e pennivendoli, me compreso avrai messo in crisi. Anch’io mi sento in colpa, avendo rilevato ben dodici menzioni della parola “algoritmo” nella mia corrispondenza con te, datata dal 2009. Ma il mio è un caso particolare, quasi di deformazione professionale.

Per diversi anni ebbi a che fare  con  elaborazioni  di numeri, ad analizzare e interpretare  fenomeni  sociali  e demografici,  espressioni normali e paradigmatiche di comportamenti  di acquirenti e/o consumatori. L’imprenditore prima di  spendere  in investimenti di impianti e in campagne pubblicitarie voleva conoscere per tempo i comportamenti del suo  target group , altro termine tecnico poi volgarizzato dai mass media,  che stava ad indicare  il bacino dei potenziali fruitori del suo prodotto o servizio. Allora , anni ‘70-‘80, il computer non aveva assunto  il livello di perfezione di funzioni e programmi informatici  come quelli odierni. L’algoritmo di allora era semplicemente un modello matematico, fatto di sistemi di equazioni che davano soluzioni  , secondo calcoli  di probabilità che molto spesso erano fuori misura. Infatti troppe e imprevedibili  erano le variabili da tenere sotto controllo durante la simulazione di un processo di marketing (altro termine volgarizzato nella completa ignoranza del suo vero e complesso significato)volto al conseguimento del budget aziendale..

Oggi, e ormai almeno da tre lustri, l’algoritmo ha assunto il ruolo di un’espressione che indica trend, andamento,  “tendenza” e il termine stesso “fa tendenza” nel senso di dotta e inclusiva manifestazione verbale.

L’amico Vittorio che mi legge , sempre attento ai fatti di costume della nostra società, giustamente ne stigmatizza l’abuso. Oggi è l’algoritmo; ieri erano le allocuzioni del “latinum, latinorum” dei vari azzeccagarbugli che tenevano sottoscopa il popolaccio infame.

Ma almeno oggi abbiamo gli algoritmi di Google i quali, ognuno per settore, per segmento , per gruppi e gruppuscoli consentono al popolaccio infame di Face book e di Twitter, del quale anche tu fai parte,  di nutrirsi di allocuzioni mass mediatiche sempre  più necessarie, almeno in apparenza,  del pane quotidiano, se non addirittura di lanciare algoritmici  giochini di azzardo  della finanza dei derivati,domiciliati ad alto rendimento  e basso rischio.

Ed allora consentimi di parafrasare il leitmotive della canzone di Battisti :”Tu chiamali se vuoi, algoritmi  !”, dove algoritmi sta per “emozioni”.

Un caro saluto,

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RINO FRUTTINI