CNEL, ovvero: “che fare?”

Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: lunedì 31 luglio 2017 14:40
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: CNEL, ovvero: “che fare?”

Caro Vittorio,

ho letto l’interessante articolo del sempre ottimo Bechis sul Cnel e la sua quasi “coatta” implementazione di esperti al fine di renderne efficace ed efficiente l’organigramma gerarchico-funzionale.

La mia esperienza politica , sia di partito (PLI prima e DC poi) sia di conoscitore del sistema Italia, nei suoi aspetti di processi decisionali sia della sfera pubblica che della privata mi porta a fare le seguenti considerazioni che porgo volentieri a te ed al tuo vice.

Premessa: il Cnel è una protesi para sindacale di quella che fu la Camera dei Fasci e delle Corporazioni in cui si incardinava il processo di area geografica e di settori dell’economia nazionale. Un organismo fortemente voluto da Meuccio Ruini, del Partito Democratico del Lavoro, di matrice radicale. L’idea forza era quella di farne un organismo di esperti dell’economia e del lavoro , come dire uno staff dei migliori cervelli delle nostre università e centri di ricerca, per proporre iniziative legislative a favore di un’economia di crescita imprenditoriale e sociale.

Ebbene, caro Vittorio, mi sento di consigliare a Libero ,in un’ottica di integrazione alle sue felici intuizioni di approfondimenti tematici ,  visto che il Cnel  è un costo strutturale ormai definitivamente a bilancio che va saputo ammortizzare in un oculato equilibrio di costi/benefici, le seguenti ricerche e conseguenti proposte di riforme di leggi nell’economia:

Mappatura delle risorse idriche potenziali  e del loro “sfruttamento a scorta”(falde, vene,bacini,  ) e analisi dei costi per la  loro attualizzazione in previsione di periodi di siccità. Si tratta di stabilire tempi , strutture e modi per prevenire fasi di siccità, ovvero porsi la domanda: quanto ci costa la cattiva manutenzione di pinete ed aree ad alto rischio di incendi e la contrazione di raccolti ortofrutticoli a causa della non disponibilità di fonti idrologiche di fattibile adduzione ?

Progetto terre incolte  , per il  ritorno al presidio di aree interne con la loro valorizzazione ai fini di colture a “Km. zero” ovvero recupero di reddito da investimento agricolo quasi immediato, con una proposta mercantile nelle aree di consumo di prossimità con l’insediamento produttivo. In Italia sono tre milioni e mezzo gli ettari di terreno inutilizzati, di cui 380 mila in mano a privati: «Perché lasciarli improduttivi quando c’è qualcuno che vorrebbe coltivarli?»

Spending review: elaborazione di un progetto nel quale non si teorizzino semplicemente tagli , più o meno verticali ai costi del lavoro, ma si dia uno sbocco di innovazione funzionale e settoriale all’esuberante “forza lavoro” dello Stato che opera come una zavorra su una barca che invece che rallentarne la navigazione, la deve rendere velocemente decisa. In altri termini lo Stato deve trovare nuovi sbocchi di efficientismo con interventi  imprenditoriali finora preclusi. In tal modo si riuscirà a colmare due gap a costi zero : quello del me too technology (nell’innovazione tecnologica lo Stato  deve fare da battistrada alle imprese) e quello dell’inefficienza della burocrazia.

Protocollo organizzativo di interventi “pre, during & after terremoti”. Ormai l’esperienza della Protezione Civile è giunta ad un tale livello di conoscenza per cui urge la sua razionalizzazione in protocolli attuativi che diano l’esatta dimensione e prospettiva dell’algoritmo che deve presiedere tali attività nel breve e medio periodo.

Molte altre potrebbero essere le ipotesi di fattibilità e relativi progetti e programmi esecutivi. Ma l’elenco sarebbe troppo lungo. E qui mi fermo.

Cari saluti

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RINO FRUTTINI