Un intervento di Epicarmo Corbino a Perugia nella campagna referendaria del 1946

Da: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Inviato: lunedì 21 novembre 2016 20:44
A: ‘direzione@liberoquotidiano.it’
Oggetto: Un intervento di Epicarmo Corbino a Perugia nella campagna referendaria del 1946

 

Caro Vittorio,

ti invio in anteprima un ‘abstract” del mio nuovo libro autobiografico dal titolo “Quasi come Forrest Gump” in  uscita  a gennaio p.v. E’ una chicca sulla questione referendum, quello del 1946, la  politica economica e risorse nazionali del dopoguerra. Buona lettura.

Rino Fruttini

“Nazionalizzazione: Corbino rileva che già fin troppo si è nazionalizzato in Italia. E il richiamo alla politica economica fascista è fin troppo evidente. Semmai si tratta di “snazionalizzare” e tendere a sistemi che “…nell’assetto futuro delle forze economiche mondiali, si voglia o non si voglia (e il non volere potrebbe essere fatale per la civiltà europea) non vale portare l’esempio della Russia”. E qui Corbino è davvero tranchant rispetto ai fanatici decantatori del benessere sociale dell’economia sovietica: “Nove abitanti per chilometro quadrato, con un tenore di vita evidentemente non molto elevato. Pretendere che l’esperimento, altrove, vada egualmente bene, significa ignorare che nel resto dell’Europa la densità media della popolazione è di cento abitanti per chilometro quadrato. Domando come saranno nutriti gli altri novantuno. (applausi). Noi avremo bisogno per almeno due o tre anni di crediti esteri per cifre non inferiori a cinquecento milioni di dollari all’anno. Ora potete voi concepire che questi prestiti siano fatti ad un paese che non sa dar prova di sapere amministrare le sue cose nel senso di spingere la sua produzione al massimo possibile?”.

Vedete bene cari amici lettori come tale criterio valga anche ai giorni nostri quando pretendiamo, nell’ambito delle strategie di politica economica del consesso europeo, di ottenere elargizioni, seppure in termini di elasticità di bilancio, senza aver dimostrato capacità gestionali di “buon governo”, con la riduzione del debito sovrano e il contenimento del deficit primario di bilancio al di sotto del 3 per cento.

E rimane sacrosanta la formula di Corbino: “…senza lavorare non si produce reddito, e senza produzione di reddito non vi è possibilità alcuna di restare in vita. E tale impostazione è in contrasto con quella che vuole l’intervento dello Stato in economia. Badate che chi parla di pianificazione, … di forma quasi da Divina Provvidenza che lo stato dovrebbe assumere oggi rispetto allo svolgimento della attività private, non tiene conto della enorme incapacità dello Stato ad assolvere non dico le funzioni e le mansioni più ampie che gli si potrebbero concedere, ma perfino quelle che sono le sue mansioni fondamentali. Uno Stato che non riesce a garantire la tranquillità della vita e dei beni entro la propria casa, uno stato che non riesce a mantenere i detenuti nelle carceri, uno Stato che non riesce a tutelare la incolumità nelle vie dei più grandi centri, al di là di una certa ora della notte è uno stato al quale io, di fronte a proposte di espansione delle sue attività comincerei a dire: ‘Senti, caro Stato, comincia a fare bene quello che tu hai il dovere fondamentale di fare, e il resto lasciacelo fare a noi’ (Si grida: bravissimo! Applausi, ilarità)”. L’interlocuzione di Corbino sembra calzare perfettamente sulla politica economica attuale, con le sue raccomandazioni di produttività e efficienza. Infine Corbino pone sul tappeto due altri problemi, “… ancora più importanti. Uno è il problema delle spese di occupazione e l’altro quello delle indennità e riparazioni”. Un dare ed un avere il cui saldo, dico io, non si sarebbe potuto colmare senza l’aiuto degli USA. E qui viene a cadere, almeno parzialmente, la pregiudiziale di Corbino circa l’abbrivio della nostra economia che, o molla della produzione liberale e di mercato, o pianificazione dell’intervento dello Stato, comunque aveva necessità di una spinta iniziale agli investimenti e all’occupazione, per fare reddito. E l’America, come riconosce anche Corbino, fece la sua parte con il piano Marshall ed altri incentivi”.