Intercettazioni telefoniche, emigrazione, caso Regeni

 

 

De: Rino Fruttini [mailto:rino.fruttini@gmail.com]
Enviada em: sabato 9 aprile 2016 10:05
Para: ‘Segreteria Il Giornale’
Assunto: Alcune puntualizzazione a l direttore Sallusti e all’amico Vittorio Feltri

 

Caro Direttore,

(e p.c. al caro Vittorio Feltri),

mi corre l’obbligo come lettore di “lungo corso”  de Il Giornale” portare alla Sua attenzione i seguenti argomenti .

  • Intercettazioni telefoniche. Non si può continuare con processi mediatici, svolti con istruttorie sommarie sulla base di frasi telefoniche , fuori contesto, rubate due volte ai loro titolari – protagonisti: la prima da un orecchio infido come quello di un magistrato, dal momento  che poi non si assume la responsabilità di secretare comunque quella conversazione da destinare, eventualmente in caso di rinvio a giudizio, e se funzionale , al dibattimento processuale; la seconda da altrettanto infide “manine” che su quelle parole e frasi carpite agli inconsapevoli e spesso queruli potenziali imputati, allestiscono il “business dei processi mediatici”. A quali livelli  sarebbe l’audience di Radio, TV, carta stampata  se venissero meno, a intervalli di una frequenza impressionante nel tempo, gli scoop del giustizialismo giacobino ? Lei , caro direttore, sa meglio di me che senza audience, ovvero, come dice il proverbio: “Senza lilleri un si lallera”. Lei mi potrebbe obiettare, alla Humfrey Bogart “Questa è la stampa, bellezza”. Ma a tale obiezione, replicherei: il giornalista deve ricercare la verità. E l’intercettazione ,nella fattispecie , non basta a dare un contenuto credibile alla questione “business petrolio” e suoi “annessi e connessi”. Si cominci a capire come si sono evolute le concessioni petrolifere in Basilicata; come funzionano le lobby; quali siano i loro contorni leciti e illeciti. Non lasciamo campo aperto al solito Travaglio, Robespierre della carta stampata, il quale senza le “infidezze “ di cui sopra sarebbe  “nessuno”.
  • Sere fa , in un celere zapping Tv mi sono imbattuto in un servizio delle Jene, in Siria, in territorio da poco riconquistato all’Isis. Veniva intervistato un  anziano arabo, che imbracciava un kalashnikov. Era rimasto nella sua terra per difenderla dai predoni dell’Isis. Mi domando: dove erano quelle decine di migliaia di giovani siriani che , renitenti alla leva , o comunque vigliaccamente fuggitivi dal teatro di guerra, venivano a chiedere asilo, dopo drammatiche traversate marine, con gommoni fatiscenti, mettendo a rischio donne, bambini e vecchi? E mi domando: che posizione prendete voi giornalisti, su questo fenomeno di plateale vigliaccheria dei giovani arabi? Si, in Siria, in Iraq, in altri paesi sottosviluppati ci sono situazioni di guerra civile. Ma i giovani di quei luoghi non devono fuggire, ma prendere una posizione, o da una parte o dall’altra, e combattere nelle loro terre,  per una causa, pro o contro il potere costituito. Donne, bambini e anziani vanno salvati dalla guerra senza, decimarli nelle traversate marine . L’Onu deve creare campi profughi esclusivamente per loro.
  • All’indomani dell’ 8 Settembre 1943, ( è  questo un periodo che sto ricostruendo, nella storia mia e della mia famiglia , nel prosieguo del mio libro “La saga del Burchia” del quale ho omaggiato l’amico Vittorio, che, appena letto,  penso che glielo faccia leggere) i giovani italiani avevano tre opzioni: nascondersi, ed evitare di prendere una posizione aspettando tempi migliori; schierarsi con i partigiani, ovvero il Governo Monarchico di Badoglio o con la R.S.I di Mussolini. Non mi risulta che ci furono rilevanti fenomeni di emigrazione all’estero. Ciò per dire che ognuno faccia il proprio dovere o si nasconda vigliaccamente, ma comunque   in tempi e luoghi compatibili con il proprio “status”, che non è certo quello dell’emigrante.
  • Caso Regeni: qui l’amico Vittorio mi trova pienamente d’accordo con il suo articolo di ieri. Ma io vado più oltre. Quando venni a sapere del rapimento di questo giovane a me e ad altri miei amici venne in mente una domanda “Ma chi gliel’ha fatto fare” . Non prendiamoci in giro. Uno studio di ricerca universitaria sul sindacato egiziano, in un regime come quello tutt’ora in atto, che significato può avere ? Lo sanno anche i bambini che in un regime come quello egiziano non sono consentiti  libertà sindacali come le intendiamo noi. Ed è appropriato il riferimento di Feltri, nel suo articolo, alle due Simona. Io avrei aggiunto anche quello della vostra collega giornalista Giuliana  Sgrena, per la salvezza della quale il servitore dello Stato , il compianto Nicola Lipari ci rimise la vita. E ciò non vuol essere una critica all’imprudenza che può comportare il lavoro di voi giornalisti. Ma mi pare che il corrispondente sui teatri di guerra, tale Montanelli Indro non incappò mai in simili disavventure, soprattutto a danno di terzi.

 

Un caro saluto e buon lavoro dal tuo  aff.mo

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RINO FRUTTINI