QUASI COME FORREST GUMP
Introduzione
Potrebbe essere il titolo o l’imprinting letterario, di un “amarcord” autobiografico che ognuno di noi potrebbe pensare e scrivere, se ne avesse voglia. Io ne ho voglia e lo propongo ai miei lettori. E condivido la soffice filosofia della “brezza”, come metafora di un viaggio esistenziale di Zemeckis2, autore del film “Forrest Gump”: “Non so se ognuno abbia il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro a caso come da una brezza… può darsi le due cose”.
La condivisione del “soffice” destino, segnato dalla capricciosa leggerezza di una piuma, in “caduta libera”, mi porta a parafrasare, nelle scansioni del film, gli episodi della vita di Forrest Gump con quelli del mio racconto storico “amarcord”. Ne deriva un sommario, per capitoli nella cronologia commentata degli avvenimenti, “rivisitati” e interpretati con la lente d’ingrandimento autobiografica della storia, di Perugia in particolare, dal 1943 in poi.
L’espressione, “brezza esistenziale”, merita una chiosa poetica ispirata da una poesia di Stephane Mallarmé.
BREZZA MARINA
Come è triste la carne…. E ho letto tutti i libri!
Fuggire! laggiù fuggire! Ho udito il canto di uccelli
Ebbri tra l’ignota schiuma e i cieli! Nulla,
Neppure gli antichi giardini riflessi negli occhi,
Potrà trattenere il mio cuore che s’immerge nel mare.
O notti! Neppure il deserto chiarore della mia lampada
Sul foglio ancora intatto, difeso dal suo candore
E neppure la giovane donna che nutre il suo bambino.
Partirò! Vascello che dondoli l’alberatura
l’àncora sciogli per una natura straniera!
Una Noia, crede ancora, tradita da speranze crudeli,
Nell’ultimo addio dei fazzoletti!
Gli alberi che attirano la tempesta
Il vento farà inclinare sopra i naufragi
Perduti, senz’alberi, lontani da fertile isole.
Ma ascolta, o mio cuore, il canto dei marinai!
La consapevolezza dell’età, smarrita nei ricordi e nelle illusioni di un evergreen senza fine, mi porta a filosofeggiare sul paradosso di Zenone della corsa fra Achille e la tartaruga che parte con alcuni metri di vantaggio, secondo il racconto di Aristotele: “Un mobile più lento, la tartaruga, non può essere raggiunto da uno più rapido, Achille; giacché quello che segue deve arrivare al punto che occupava quello che è seguito e dove questo non è più (quando il secondo arriva); in tal modo il primo conserva sempre un vantaggio sul secondo”.
Ebbene, se tentiamo una parafrasi del paradosso di Zenone, sulla “vita dell’uomo” e la sua “speranza di vita”4, possiamo coltivare l’illusione che la “vita dell’uomo”, che corre veloce come Achille (“tempus fugit”, il monito impresso sulle antiche pendole), non raggiungerà mai la seppur lenta tartaruga, alias la “speranza di vita”, intesa come “spes ultima dea”, per estinguerla. “Ma ascolta, o mio cuore, il canto dei marinai!” conclude il poeta nella metafora della speranza che, al di là di ogni difficoltà contingente, egli continua a coltivare.
Infatti il tifo dell’uomo per la tartaruga è pari solo alla sua caparbia fede verso la propria sopravvivenza. Il fenomeno, nei suoi riferimenti matematici al calcolo infinitesimale, si rappresenta con il diagramma che segue, ovvero la sintesi laica di un ciclo di vita perpetuo: